E alla fine hanno dato il Nobel per la fisica a Penrose.
Glielo hanno dato per "la scoperta che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria della relatività". Roba degli anni 60, ha dovuto aspettare mezzo secolo.
Per quel che riguarda la chimica Carolyn R. Bertozzi resta al palo per l'ennesima volta.
Inciso: le due laureate Nobel per la Chimica sono in realtà biologi. Io da anni mi sono fatto un'idea precisa: Bertozzi indaga da decenni, e da chimico, quello che il 99% della biologia trascura, cioè la glicosidazione post traduzionale. E' un'attività che mina alle basi quello che molti ritengono la pietra d'angolo della biologia moderna, cioè gene=proteina. Quindi c'è un problema di ordine, diciamo così, culturale. Eppure così Bertozzi ha individuato l'altro modo in cui le cellule tumorali ingannano i leucociti. Spiegata facile: "individuato il gene della malattia X, presto la cura" quante volte l'avete sentita? Ma si curano i fenotipi, non i genotipi... (dopo la traduzione le proteine subiscono una gamma di modifiche posttraduzionali, ed è con queste proteine che si ha davvero a che fare).
Ma torniamo al Nobel per la fisica.
Mi verrebbe da dire che Penrose sta alla fisica come Prigogine sta alla chimica.
I due in pratica non si sono mai incrociati. All'incirca nello stesso periodo (anni 60-70 dello scorso secolo) entrambi si sono sono occupati di freccia del tempo entropia e secondo principio, arrivando a concezioni più che alternative parallele: Prigogine con la termodinamica del non equilibrio, Penrose con la sua ipotesi della curvatura di Weil. Prigogine ha ottenuto il Nobel per la chimica, e da decenni si pensava che Penrose avrebbe dovuto ricevere quello per la fisica, se non altro per la "penrosità" (comprendente varie cose che portano il suo nome, ma IMHO anche la tendenza a inserire raccontini di fantascienza nei suoi libri).
Due anni fa lessi questo post di Sabine Hossenfelder (http://backreaction.blogspot.com/2017/07/penrose-claims-ligo-noise-is-evidence.html) e rimasi colpito dal titolo citato “Fashion, Faith, and Fantasy in the New Physics of the Universe.” (che mi era sfuggito).
Gli ultimi tempi sono stati l'occasione per "mettermi in pari", o meglio per iniziare a farlo. almeno. E voglio riportare questo passo dal titolo citato:
"Ognuno degli eponimi "moda", "fede" e "fantasy" suggerisce una qualità che sembra in disaccordo con le procedure normalmente considerate appropriate quando applicate alla ricerca dei principi profondi alla base del comportamento dell'universo ai suoi livelli più elementari.
...
La stessa natura dopo tutto non ha alcun interesse negli effimeri capricci della moda umana. Né si dovrebbe pensare alla scienza come fede, essendo i "dogmi" della scienza continuamente riesaminati e soggetti al rigore dell'indagine sperimentale, per essere abbandonati nel momento in cui sorga un conflitto con quel che troviamo essere la realtà naturale."
PS. E' facile notare come anche in situazione di emergenza la componente "fede", nella migliore delle tradizioni, tende a dilagare...
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