https://www.ansa.it/…/bozza-protocollo-cure-a-casa-no-antib… |
Fin dall'inizio di questa faccenda pandemica era chiaro che nessuno stava facendo le cose "by the book" (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/…/il-foyes-e-i-case-…)
Oggi ne sento di tutte le razze. Medici di base che trattano pazienti
COVID con antiasmatici (montelukast - antileucotrieni, per la
precisione) da quando gli hanno impedito di usare idrossiclorochina.
Altri che insorgono a favore dell'uso indiscriminato di antibiotici nel
trattamento domiciliare dei pazienti COVID. E via dicendo.
E'
arrivato il protocollo per il trattamento domiciliare, o meglio una sua
bozza, ed è arrivato dall'alto, dall'apposito comitato governativo
presieduto da Bassetti (davvero serviva? ISS e il minisan incapaci di
produrre una linea guida, una direttiva?). E la montagna ha partorito un
topolino, e pure un po' rachitico.
Ci vuole un Nobel per la medicina per prescrivere tachipirina o aspirina in caso di febbre?
Non credo. Il punto è quale delle due e per quanto.
Da maggio sappiamo che il desametasone funziona abbastanza in caso di
ARDS (e per estensione i "cicloesadienoni", ma non il cortisone), quindi
il punto non è prescriverlo, il punto è se e quando farlo assumere. La
bozza di protocollo specifica il come e il quando, ma c'è un problema...
Il problema è che il protocollo dovrebbe essere applicato da un medico
che visita il paziente. Al telefono o simili ci ritroviamo al limite
dell'automedicazione. Servirebbero le famose USCA, che però sono quasi
un fantasma, a seconda della regione e della provincia in cui si vive.
I medici di base alla pubblicazione insorgono: in primis perché non
sono stati interpellati, poi in quanto "sconvolti" dal protocollo.
Chissà perché.
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