domenica 3 marzo 2024

PESO (DOVE SI PARLA DI UNIVERSITA', SCUOLA, RIFORME...)

Quale peso? Quello delle lauree di chi ha collaborato con la sigla CS, per esempio. Ci siamo trovati per caso, o forse no. Alcune collaborazioni arrivarono pochi mesi dopo l'apertura della pagina facebook. Si diceva che la competenza riconosce la competenza, o almeno lo fa quando non è in malafede (e di soggetti in perfetta malafede ce ne sono stati tanti). Questa è una cosa che ovviamente riguarda gli "skilled in the arts". Quelli senz'arte con parte, tipo il debunker o il divulgatore medio, causa mancanza di terreno comune non ci potevano arrivare. Soprattutto non ci potevano arrivare che pochi prodotti delle riforme dell'università italiana, un fallimente certificato (https://www.roars.it/flop-del-32-lettera-del-cun-a-repubblica-non-pubblicata-sullinconsistenza-dei-dati-citati/). Alcuni, fuori dal numero esiguo delle collaborazioni, ci arrivarono: studenti universitari che si interrogavano su quello che studiavano e sul loro futuro lavorativo (al che mi viene da dire che ci sarebbe speranza, ma è molto poca e tende a lasciare i confini italiani espatriando).

Di recente è venuto fuori un gran can can (probabilmente giù esaurito) su illo:

https://www.deejay.it/articoli/roberto-burioni-studenti-bocciati/

Ora, io non sono in nessun modo sospettabile di simpatie nei confronti del soggetto, però a questo giro nulla da rimproverare a nessuno. E poi, che diavolo, tosto un esame di microbiologia? Sul serio? E allora nel vecchio ordinamento un Analisi II o Chimica Fisica II o un Metodi Matematici della Fisica che cosa erano, roba inumana?. 

Ma il problema qua non è né il professore né gli studenti. Il problema è il sistema scolastico prima di quello univesitario. Il discorso non è semplicemente: non hanno studiato. Il punto è che quanto alle basi. a partire dalla comprensione del testo, la media odierna non solo è inferiore a quella degli anni '90:  è più bassa anche rispetto anche a soli cinque anni fa. La cosa è stata certificata dal rapporto PISA2022 e non credo che in questa rilevazione l'Italia costituisca un'eccezione in positivo, anzi.

Quindi quando arrivi al test o all'esame o avevi qualcosa di tuo o se tutto quel che hai te l'ha dato la tua formazione scolastica sei in difficoltà più o meno serie. Non si può scaricare su un professore universitario, qualunque egli sia, il fallimento della scuola italiana (un fallimento in cui i docenti sono vittime quanto gli alunni). E non gli si può chiedere di emendare i danni inflitti agli studenti nei precedenti anni. Se poi invece gli si chiede di uniformarsi adattandosi al livello medio dei nuovi studenti io non sono minimamente d'accordo. Questo vuol dire meno lauree (il principale problema che le politiche universitarie si sono poste negli ultimi decenni)? Chi se ne frega, tanto le idiote politiche per aumentarne il numero sono già fallite.

E a questo proposito...

Da un certo punto di vista è un discorso di bilancio di massa. Se hai un sistema con la massima capacità di produrre x tonnellate, l'unico modo di produrre un numero maggiore di unità è passare da unità che pesano x/100 a nuove unità riformate che pesano meno. Diciamo che tu te ne stavi tranquillo con il tuo sistema che produceva unità da x/100 e 4x/100 erano quelle che si perdevano per strada (ma non c'era alcuno sbarramento all'ingresso). Poi hai sentito da qualche parte che con unità da x/100 i numeri erano troppo, troppo bassi. Non garantivi una quantità sufficiente di lauree ai tuoi giovani e quindi avevi troppo pochi laureati. La soluzione più immediata? Passare da x/100 a x/1000. Decuplicare il numero dei laureati, ma il laureato unitario pesa dieci volte di meno. Poi per amor di sistema su 1000 candidati 100 li seghi con i test di ingresso, in modo più o meno arbitrario.

In realtà le cose non sono andate così. Il numero di laureati non è decuplicato. I conteggi che mettono insieme lauree brevi e magistrali, senza contare la sovrapposizione tra le due, mostrano un conto raddoppiato (https://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/convegni/Bergamo2021/04_sintesi_rapportoalmalaurea2021.pdf). Quindi, come altri hanno già rilevato, hai dei bei grafici per far vedere l'impennata delle lauree dopo le riforme, ma la percentuale dei laureati magistrali è più o meno quella di prima. Ma non è solo questione di lauree brevi: l'impatto delle riforme sul sistema è stato profondo (e profondamente negativo). Un vecchio amico rimasto all'università e ancora professore associato a 50 anni (come quasi tutti gli altri, in quel dipartimento)  sintetizzava così i risultati del processo: "A noi ci massacravano e siamo usciti che qualcosa sapevamo. Loro siamo costretti a mandarli avanti ed escono che non sanno una sega". 

Nel frattempo c'era altro che cresceva, per esempio il numero delle facoltà:

Piccolo particolare, i numeri del personale docente non crescevano di pari passo:

 


Si è semplicemente passati dai 23 iscritti per docente del 1989 ai 31 iscritti per docente del 2013 (fonte https://seriestoriche.istat.it/index.php?id=1&no_cache=1&tx_usercento_centofe%5Bcategoria%5D=7&tx_usercento_centofe%5Baction%5D=show&tx_usercento_centofe%5Bcontroller%5D=Categoria&cHash=1b020e5419ca607971010a98271e3209 ). Wow, le riforme hanno aumentato la produttività dei docenti universitari italiani del 33%! Ops, non proprio. Forse forse una qualche conseguenza sulla qualità media del laureato italiano c'è stata. Provate a collocare in queste sequenze cronologiche la mitologia de lascienza con i suoi eroi (tipo ilricercatore https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/11/ilricercatore-lignoranza.html), ricordando sempre che "correlation is not causation" ma anche che "absence of evidence is not evidence of absence" (il motore perpetuo esiste, è il generatore di buzzword vuote e non bada troppo alla coerenza di quel che produce).

Parlando di chimica, queste sono le immagini di un sistema che può produrre gente col pieccedì ma che non sa diluire acido cloridrico concentrato per ottenere una soluzione 1 molare (storia vera). In pratica ci siamo allineati alla tipologia di istruzione universitaria anglosassone, o meglio ai suoi aspetti peggiori. A metà anni 90 sul lavoro rimasi sinceramente stupito da PhD britannici preparatissimi sulla loro area di specializzazione, ma che non avevano idea di come si potesse eseguire una titolazione acido base in solventi non acquosi. E con gli ingegneri chimici le cose non andavano molto diversamente. Ho conosciuto contesti in cui l'ingegnere chimico modellava il pennacchio di un camino da cui usciva CO (ma il detto ingegnere era vicino alla pensione). E altri contesti in cui gli ingegneri, vecchi o più giovani che fossero, si erano scordati cosa fosse un numero di Nusselt, perché magari da dieci anni o da una mezza vita si erano immersi nel continous improvement. O ancora master in ingegneria chimica che in un'equazione cinetica non distinguevano tra variabili e costanti.

Inutile dire che tutto questo ha una ricaduta anche sul know how industriale. Ho detto più di una volta che il know how industriale cammina sulle gambe delle donne e degli uomini che nell'industria lavorano. Non esiste sistema di procedure o workflow che lo possa sostituire, anche se questa è un'illusione persistente di molti management.

Più in generale la conoscenza e soprattutto il saper fare caratteristico di una società non sono un bene accumulato e immutabile. Ci sono fasi storiche in cui questi beni crescono ed altre in cui questi beni vengono lentamente dispersi. Per esempio nel passaggio da questo

www.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/...
Augusto, circa 20 A.C.

a questo


Teodosio II, V secolo

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