lunedì 16 aprile 2018
THINGS THAT GO "BOOM!" - II - I CHIMICI FISICI
Di solito si pensa alle esplosioni come a fenomeni prodotti da composti esplosivi o miscele esplosive.
Nei laboratori universitari più intensivi e stressanti (duravano mesi, all'epoca) durante i tempi morti c'era chi si dava all'attività ricreativa: azoturo di iodio, correttamente denominato nitruro di iodio (esplosivo poco potente ma molto instabile, quando secco, che detona rilasciando nuvolette viola di vapori di iodio), variazioni sulla termite, combustibili solidi per razzi, fumogeni e via dicendo. Un professore di chimica industriale, di scuola nattiana (riposi in pace) raccontava di un suo tesista fortemente avverso ai fumatori che faceva lotti di fulminato di mercurio da qualche grammo, e ci minava i posaceneri dell'Istituto. Quando uno spengeva una sigaretta, BAM, rumore di fucilata e posacenere per aria.
Ma le esplosioni si possono verificare anche per aumento di pressione in un contenitore chiuso. Potete gonfiare un palloncino fino a farlo scoppiare, ad esempio. Vedere un reattore da 3000 l deformarsi perché qualcuno ha caricato velocemente bicarbonato per neutralizzare una miscela acida lasciando chiusi gli sfiati è molto più spaventoso, da quel che mi hanno raccontato.
Dalle nostre parti chimici fisici e chimici teorici non erano animali da laboratorio e sicuramente non avevano attitudine per preparazioni e sintesi. Ma non erano alieni al fascino dei botti. A causa delle loro inclinazioni, usavano mezzi diversi.
Si raccontava di un austero professore che in gioventù, da fan del ghiaccio secco, era uso con molta pazienza inserire pezzettini di anidride carbonica solida in palloncini sgonfi, d'inverno. Li chiudeva legandoli e li inseriva tra gli elementi dei termosifoni delle aule. Quando il calore trasformava il ghiaccio secco in anidride carbonica gas, BAM!.
Un altro incredibile soggetto aveva un autentico amore per l'azoto liquido. L'unico che abbia mai visto sgattaiolare fuori dall'Istituto a sera con un dewar da cinque litri di azoto liquido sotto l'impermeabile. "Uso scherzi", diceva lui.
In realtà stava perfezionando il suo botto all'azoto liquido.
Usava bottiglie di plastica, di quelle stondate, a sezione circolare. Il problema era che il tappo non era a tenuta, e sfiatava, rilasciando gas e impedendo l'accumulo di pressione nella bottiglia. Colpo di genio, risolse il problema con un sigillo di ghiaccio. Riempì la bottiglia di azoto liquido quasi completamente, poi aggiunse acqua che immediatamente ghiacciò, espandendosi, e garantendo così la perfetta tenuta.
Mi raccontò che solo dopo averlo fatto si rese conto di avere un botto innescato in mano. Velocemente aprì la porta di casa, lo mise a una buona distanza dalla soglia, e corse di nuovo dentro chiudendosi la porta alle spalle.
I minuti passavano e non succedeva niente. Pensando di aver ancora fallito nell'esecuzione aprì la porta per vedere cosa stava succedendo. La bottiglia era ancora lì, ma non era più una bottiglia, era una sfera con un tappo blu. Chiuse velocemente la porta, giusto un'attimo prima del boato. Il vicinato si affacciò alle finestre, in allarme, pensando ad una fuga di gas.
Niente del genere, nessun danno a nessuna cosa. "Uniche tracce rimaste, un tappo di plastica blu e qualche goccia d'acqua", mi disse.
Nel video, rischi connessi alle bombole di gas compresso: questa aneddotica non deve far venire idee balorde a nessuno, i gas compressi sono PERICOLOSI.
THINGS THAT GOO "BOOM!" - PICRATI
L'acido picrico (o TNP, che sta per TriNitroPhenol) è perlopiù noto come esplosivo secondario, ma ha una lunga storia di altri usi (da colorante in biologia-microscopia a disinfettante).
Negli anni ruggenti veniva usato dai chimici organici per caratterizzare le ammine, con la formazione del relativo picrato di ammonio. Perché, come vedete dal video, è un potente mezzo per tirar giù sali cristallini (nel video il picrato di ammonio cristallizza da acqua).
Non ti veniva il cloridrato, il solfato o l'emifumarato? Col picrato passava la paura, impossibile fallire.
La formazione del picrato era uno dei saggi di una disciplina di fatto estinta, l'analisi qualitativa organica.
"L'acido picrico si combina con le ammine per dare composti (picrati) che hanno punti di fusione caratteristici.", così il Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry.
Il punto di fusione. E vi giuro, che ogni volta che ho letto riportati punti di fusione del picrato di questa o quella ammina ho sempre riso. C'era scritto il più delle volte accanto "dec.", che sta per "decomposizione". Quindi immaginavo qualcuno che infilava qualche cristallo polverizzato in un capillare, lo collocava assieme al termometro in un tubo di Thiele e poi con un bunsen iniziava a scaldare l'olio. 195, 196,197,198,199,200, 201 °C, capillare esploso, registrato sul quaderno di laboratorio "punto di fusione 201°C, dec.".
Negli anni ruggenti veniva usato dai chimici organici per caratterizzare le ammine, con la formazione del relativo picrato di ammonio. Perché, come vedete dal video, è un potente mezzo per tirar giù sali cristallini (nel video il picrato di ammonio cristallizza da acqua).
Non ti veniva il cloridrato, il solfato o l'emifumarato? Col picrato passava la paura, impossibile fallire.
La formazione del picrato era uno dei saggi di una disciplina di fatto estinta, l'analisi qualitativa organica.
"L'acido picrico si combina con le ammine per dare composti (picrati) che hanno punti di fusione caratteristici.", così il Vogel's Textbook of Practical Organic Chemistry.
Il punto di fusione. E vi giuro, che ogni volta che ho letto riportati punti di fusione del picrato di questa o quella ammina ho sempre riso. C'era scritto il più delle volte accanto "dec.", che sta per "decomposizione". Quindi immaginavo qualcuno che infilava qualche cristallo polverizzato in un capillare, lo collocava assieme al termometro in un tubo di Thiele e poi con un bunsen iniziava a scaldare l'olio. 195, 196,197,198,199,200, 201 °C, capillare esploso, registrato sul quaderno di laboratorio "punto di fusione 201°C, dec.".
THINGS THAT GO BOOM! - CUBI, CUBANI, NITROCUBANI
E non si parla di sigari (anche se magari, un Montecristo n° 5...)
Il cubo. Solido platonico, nella sua variante quadridimensionale (ipercubo, tesseract) qualcuno se lo ricorderà animato come screensaver di Linux Slackware.
E esiste un idrocarburo cubico, il cubano (ovviamente un C8).
In realtà esisterebbe la serie degli idrocarburi platonici: tetraedrano (mai sintetizzato senza derivatizzazioni), cubano, ottaedrano (non esistente e di esistenza improbabile, dai calcoli energetici), dodecaedrano (sintetizzato, e con tensione dei legami pressoché nulla), e andando avanti col numero di atomi di carbonio si va verso fullereni e bucky balls. Poi esistono altri idrocarburi poliedrici, come cuneano e prismano.
Mi sono a lungo chiesto, ai tempi, il senso del cubano, al di là della conferma sperimentale delle previsioni teoriche etc. Finché non fu annunciata la sintesi dell'ottanitrocubano.
Breviter, è universalmente noto, o dovrebbero esserlo, che l'idridazione sp3 del carbonio ha struttura tetraedrica.
Parlando di centri di simmetria, nel cubano i carbonii dovrebbero avere il centro di simmetria degli orbitali idridati nel proprio nucleo, ma così non è. La molecola ha simmetria ottaedrica (visto che è un cubo, ed essendo da sempre allergico a simmetrie e teorie di gruppi qui mi fermo). L'angolo di 90° dei legami del cubano è una bella forzatura della "norma" visto che il naturale angolo dell'ibridazione sp3, tetraedrica, è 109.45°.E questo rende il composto endotermico e termodinamicamente sfavorito MA... esistente perché cineticamente stabile.
I suoi derivati eptanitrocubano e ottanitrocubano sono stati studiati come esplosivi sperimentali, ma per la non facile sintesi tali sono rimasti, e le quantità prodotte sono state minime. Però l'ottanitrocubano, stabile se non innescato, è l'esplosivo con la più alta velocità di detonazione al momento nota, 10.100 m/sec. Merito di quei legami tensionati.
All'inizio del millennio, quando la sua sintesi venne annunciata, per alcuni l'intento non era stato sviluppare la sintesi di un esplosivo, bensì misurarsi con la difficoltà dell'impresa.
http://www-news.uchicago.edu/releases/01/010320.explosive.shtml
Il cubo. Solido platonico, nella sua variante quadridimensionale (ipercubo, tesseract) qualcuno se lo ricorderà animato come screensaver di Linux Slackware.
E esiste un idrocarburo cubico, il cubano (ovviamente un C8).
In realtà esisterebbe la serie degli idrocarburi platonici: tetraedrano (mai sintetizzato senza derivatizzazioni), cubano, ottaedrano (non esistente e di esistenza improbabile, dai calcoli energetici), dodecaedrano (sintetizzato, e con tensione dei legami pressoché nulla), e andando avanti col numero di atomi di carbonio si va verso fullereni e bucky balls. Poi esistono altri idrocarburi poliedrici, come cuneano e prismano.
Mi sono a lungo chiesto, ai tempi, il senso del cubano, al di là della conferma sperimentale delle previsioni teoriche etc. Finché non fu annunciata la sintesi dell'ottanitrocubano.
Breviter, è universalmente noto, o dovrebbero esserlo, che l'idridazione sp3 del carbonio ha struttura tetraedrica.
Parlando di centri di simmetria, nel cubano i carbonii dovrebbero avere il centro di simmetria degli orbitali idridati nel proprio nucleo, ma così non è. La molecola ha simmetria ottaedrica (visto che è un cubo, ed essendo da sempre allergico a simmetrie e teorie di gruppi qui mi fermo). L'angolo di 90° dei legami del cubano è una bella forzatura della "norma" visto che il naturale angolo dell'ibridazione sp3, tetraedrica, è 109.45°.E questo rende il composto endotermico e termodinamicamente sfavorito MA... esistente perché cineticamente stabile.
I suoi derivati eptanitrocubano e ottanitrocubano sono stati studiati come esplosivi sperimentali, ma per la non facile sintesi tali sono rimasti, e le quantità prodotte sono state minime. Però l'ottanitrocubano, stabile se non innescato, è l'esplosivo con la più alta velocità di detonazione al momento nota, 10.100 m/sec. Merito di quei legami tensionati.
All'inizio del millennio, quando la sua sintesi venne annunciata, per alcuni l'intento non era stato sviluppare la sintesi di un esplosivo, bensì misurarsi con la difficoltà dell'impresa.
http://www-news.uchicago.edu/releases/01/010320.explosive.shtml
BUCARE LE GOMME A HCV
Nonostante qualcuno abbia focalizzato in passato l'attenzione sulla glicoproteina E2, i recenti passi da gigante nel campo della terapia dell'epatite C sono stati fatti con inibitori di NS5B (il famoso sofosbuvir, per esempio), di NS5A (ledipasvir, per esempio, che assieme a sofosbuvir è contenuto in Harvoni), inibitori di NS3/4A (come il glecaprevir, contenuto nel Mavyret di AbbVie, la cui struttura vedete nell'immagine, altro esempio di chimica medicinale estremamente sofisticata).
Gli inibitori di NS3/4A di prima generazione, aciclici, come il boceprevir (Merck) erano stati spazzati via da Sovaldi e Harvoni, nettamente superiori.
Ma il germe della nuova generazione era stato seminato con ciluprevir (Boehringer Ingelheim), il cui sviluppo fu interrotto da problemi di tossicità. Però era stato il primo inibitore macrociclico di NS3/4A: sono seguiti grazoprevir (Merck), paritaprevir (AbbVie), simeprevir (Jansenn), vaniprevir (Merck) voxilaprevir (Gilead). E ovviamente glecaprevir, che in combinazione con pibrentasvir costituisce quel Mavyret di AbbVie che ha ha tolto a Gilead il monopolio tecnologico sull'area terapeutica.
Tutto l'onorevole lavoro svolto su HCV/E2 si è quindi verificato ben lontano dai target su cui si stava costruendo la rivoluzione nel trattamento dell'epatite C. E in questo non c'è niente di strano.
Basta non fare intendere altrimenti o quasi...
Gli inibitori di NS3/4A di prima generazione, aciclici, come il boceprevir (Merck) erano stati spazzati via da Sovaldi e Harvoni, nettamente superiori.
Ma il germe della nuova generazione era stato seminato con ciluprevir (Boehringer Ingelheim), il cui sviluppo fu interrotto da problemi di tossicità. Però era stato il primo inibitore macrociclico di NS3/4A: sono seguiti grazoprevir (Merck), paritaprevir (AbbVie), simeprevir (Jansenn), vaniprevir (Merck) voxilaprevir (Gilead). E ovviamente glecaprevir, che in combinazione con pibrentasvir costituisce quel Mavyret di AbbVie che ha ha tolto a Gilead il monopolio tecnologico sull'area terapeutica.
Tutto l'onorevole lavoro svolto su HCV/E2 si è quindi verificato ben lontano dai target su cui si stava costruendo la rivoluzione nel trattamento dell'epatite C. E in questo non c'è niente di strano.
Basta non fare intendere altrimenti o quasi...
LA SFIDUCIA SUDAFRICANA SUGLI ANTIRETROVIRALI? MOTIVATA
Negli anni 80 un titanico sforzo di ricerca congiunto tra pubblico e privato portò allo sviluppo dei primi antiretrovirali. Erano inibitori delle trascrittasi inverse del virus ed erano il primo strumento disponibile contro quella che fu definita "la peste di fine secolo": AZT fu approvato da FDA nell'87. Nel decennio successivo, mentre arrivavano sul mercato altre molecole di questa classe, come la lamivudina, fu il turno dei primi inibitori di proteasi, e circa dieci anni dopo il primo inibitore dell'integrasi, raltegravir, fu sviluppato nei laboratori di IRBM, a due passi da Roma (come ricompensa per il lavoro svolto Merck chiuse la struttura, immagino con caloroso "non expedit" di Peter Kim). La storia non è finita, perché ora sono allo studio stabilizzatori/destabilizzatori del capside dell'HIV (https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2006730379545839&id=1971621999723344) Ed è una storia con pochi eguali, e come ogni storia di questo genere è una collaborazione tra biologia, chimica medicinale, medicina, chimica di processo.
Ma...
Ricordo bene negli anni 90 le polemiche per il costo dei farmaci, le filippiche contro Big Pharma che rendeva inaccessibili le cure alle popolazioni degli stati africani in ragione del loro costo. Ricordo in seguito un'azienda indiana che venne ritenuta un eroe contro i cattivi capitalisti occidentali quando firmò un accordo col Sud Africa per la fornitura di antiretrovirali generici. Il caso non fu isolato. La Clinton Foundation si adoperò molto per rendere disponibili in africa antiretrovirali a prezzi abbordabili (http://www.who.int/workforcealliance/members_partners/member_list/clinton/en/). E la cosa fu possibile solo grazie ai genericisti indiani, Ranbaxy in primis.
E così i sudafricani ed altri ebbero accesso ad antiretrovirali generici e tutti avrebbero dovuto essere contenti, tranne i cattivoni detentori dei brevetti. E gli antiretrovirali generici in seguito arrivarono su tutti gli altri mercati.
Allora, come diavolo è possibile che anni dopo ci sia stato un presidente sudafricano negatore dell'esistenza dell'HIV, e gente come Mathias Ratt che ha fatto i soldi tra l'altro dicendo ai sudafricani di buttare nel cesso gli antiretrovirali e prendere vitamine?
Colpa di loschi figuri che adescano i malati su internet raccontando favole per vendere olio di serpente?
No. E' stato possibile perché gli antiretrovirali generici di Ranbaxy erano IMMONDIZIA, con profili delle impurezze allucinanti, bioequivalenze false, analisi presentate al regolatore fatte su campioni di farmaci branded. Ecco come è stato possibile.
http://fortune.com/2013/05/15/dirty-medicine/
Ma...
Ricordo bene negli anni 90 le polemiche per il costo dei farmaci, le filippiche contro Big Pharma che rendeva inaccessibili le cure alle popolazioni degli stati africani in ragione del loro costo. Ricordo in seguito un'azienda indiana che venne ritenuta un eroe contro i cattivi capitalisti occidentali quando firmò un accordo col Sud Africa per la fornitura di antiretrovirali generici. Il caso non fu isolato. La Clinton Foundation si adoperò molto per rendere disponibili in africa antiretrovirali a prezzi abbordabili (http://www.who.int/workforcealliance/members_partners/member_list/clinton/en/). E la cosa fu possibile solo grazie ai genericisti indiani, Ranbaxy in primis.
E così i sudafricani ed altri ebbero accesso ad antiretrovirali generici e tutti avrebbero dovuto essere contenti, tranne i cattivoni detentori dei brevetti. E gli antiretrovirali generici in seguito arrivarono su tutti gli altri mercati.
Allora, come diavolo è possibile che anni dopo ci sia stato un presidente sudafricano negatore dell'esistenza dell'HIV, e gente come Mathias Ratt che ha fatto i soldi tra l'altro dicendo ai sudafricani di buttare nel cesso gli antiretrovirali e prendere vitamine?
Colpa di loschi figuri che adescano i malati su internet raccontando favole per vendere olio di serpente?
No. E' stato possibile perché gli antiretrovirali generici di Ranbaxy erano IMMONDIZIA, con profili delle impurezze allucinanti, bioequivalenze false, analisi presentate al regolatore fatte su campioni di farmaci branded. Ecco come è stato possibile.
http://fortune.com/2013/05/15/dirty-medicine/
LO STATO E LO SVILUPPO FARMACEUTICO - UN CASO DI SCUOLA
L'epidemia H1N1 detta "influenza suina" del 2009 è stata ingiustamente derubricata a barzelletta, a epic fail dell'OMS nelle previsioni, ad allarme creato ad arte per far vendere antiinfluenzali a Big Pharma (un'altro feticcio metafisico, come SanVaccino). I motivi di allarme c'erano, perché il focolaio messicano aveva dimostrato tassi di mortalità fuori della norma.
Quindi l'amministrazione federale americana era giustamente preoccupata. C'era in fase di sviluppo uno specifico vaccino, ma in alte sfere non erano soddisfatti. In primis perché non erano sicuri che lo sviluppo si sarebbe concluso in tempi utili. In secondo luogo perché i vaccini antiinfluenzali nella loro storia non hanno dimostrato questa incredibile validità nel far fronte alle epidemie. Quindi si guardarono intorno per vedere se esistevano opzioni farmacologiche valide.
Gli antivirali antiinfluenzali esistono da un po'. Quelli ancora validi sono inibitori di neuraminidasi che rendono impossibile al virus l'adesione alle cellule umane, impedendogli di riprodursi e consentendogli di venire smaltito velocemente dal sistema immunitario.
Solo che oseltamivir (Tamiflu) è da sempre di disponibilità limitata, perché il materiale di partenza proviene da una pianta asiatica per cui è limitata la capacità produttiva. E zanamivir (Relenza) ha un meccanismo di somministrazione macchinoso e non sempre usabile dai pazienti (aspirazione della polvere).
Ma in Texas c'era una piccola farmaceutica, Biocryst, che aveva in sviluppo clinico il suo nuovo inibitore di neuroaminidasi, il peramivir.
La storia del peramivir rischiava di finire prima del tempo quando fu scelto come modo di somministrazione l'iniezione intramuscolare. I risultati furono più che deludenti: non ci furono proprio. Ma a qualcuno venne in mente di passare alla somministrazione endovenosa, e l'effetto fu eclatante. Una singola iniezione bastava a ripulire il paziente dal virus, tanto che ulteriori dosaggi del farmaco risultavano inutili.
E a questo punto arrivò di corsa lo Zio Sam, nella persona del Dipartimento della Salute federale, con finanziamenti per un totale di 180 milioni di dollari, per aiutare Biocryst con lo sviluppo clinico del farmaco. In cambio l'amministrazione federale ottenne 1200 dosi di peramivir. Per completare lo sviluppo clinico del peramivir IV (endovena) l'amministrazione federale è intervenuta di nuovo nel 2013, nella forma della Biomedical Advanced Research and Development Authority ,con ulteriori 234 milioni di dollari, e nel 2014 è arrivata la definitiva approvazione da parte di FDA. E ora abbiamo un antivirale salvavita per i casi gravi di H1N1, grazie all'intervento finanziario del pubblico https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4815007/
Quindi l'amministrazione federale americana era giustamente preoccupata. C'era in fase di sviluppo uno specifico vaccino, ma in alte sfere non erano soddisfatti. In primis perché non erano sicuri che lo sviluppo si sarebbe concluso in tempi utili. In secondo luogo perché i vaccini antiinfluenzali nella loro storia non hanno dimostrato questa incredibile validità nel far fronte alle epidemie. Quindi si guardarono intorno per vedere se esistevano opzioni farmacologiche valide.
Gli antivirali antiinfluenzali esistono da un po'. Quelli ancora validi sono inibitori di neuraminidasi che rendono impossibile al virus l'adesione alle cellule umane, impedendogli di riprodursi e consentendogli di venire smaltito velocemente dal sistema immunitario.
Solo che oseltamivir (Tamiflu) è da sempre di disponibilità limitata, perché il materiale di partenza proviene da una pianta asiatica per cui è limitata la capacità produttiva. E zanamivir (Relenza) ha un meccanismo di somministrazione macchinoso e non sempre usabile dai pazienti (aspirazione della polvere).
Ma in Texas c'era una piccola farmaceutica, Biocryst, che aveva in sviluppo clinico il suo nuovo inibitore di neuroaminidasi, il peramivir.
La storia del peramivir rischiava di finire prima del tempo quando fu scelto come modo di somministrazione l'iniezione intramuscolare. I risultati furono più che deludenti: non ci furono proprio. Ma a qualcuno venne in mente di passare alla somministrazione endovenosa, e l'effetto fu eclatante. Una singola iniezione bastava a ripulire il paziente dal virus, tanto che ulteriori dosaggi del farmaco risultavano inutili.
E a questo punto arrivò di corsa lo Zio Sam, nella persona del Dipartimento della Salute federale, con finanziamenti per un totale di 180 milioni di dollari, per aiutare Biocryst con lo sviluppo clinico del farmaco. In cambio l'amministrazione federale ottenne 1200 dosi di peramivir. Per completare lo sviluppo clinico del peramivir IV (endovena) l'amministrazione federale è intervenuta di nuovo nel 2013, nella forma della Biomedical Advanced Research and Development Authority ,con ulteriori 234 milioni di dollari, e nel 2014 è arrivata la definitiva approvazione da parte di FDA. E ora abbiamo un antivirale salvavita per i casi gravi di H1N1, grazie all'intervento finanziario del pubblico https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4815007/
2009: HOUSTON, WE HAVE A PROBLEM
*I semi della crescita del fatturato vaccini come area terapeutica sono stati gettati tempo fa e il "paradigm shift" nel modello di business ha riguardato prevalentemente le aziende quasi sparite dalle aree terapeutiche economicamente più importanti.*
Nel 2009 il Pharmaceutical Journal, organo della Royal Society of Pharmacology raccoglieva pareri in merito al paradigm shift prossimo venturo del bussiness farmaceutico mondiale
Premetto che per il settore in generale non tirava una buona aria, e che in Europa il vento era pure peggiore. L'outsourcing e l'offshoring verso l'Asia erano diventati intensivi appena l'euro aveva raggiunto 1.35 sul dollaro. Bang. Tutte le multinazionali grandi e piccole impegnatissime a ristrutturare le proprie filiere. Nel 2008 anche le piccole CRO e CMO (ricerca e produzione conto terzi) avevano iniziato a cercarsi partner indiani o cinesi. Tough business climate, per i piccoli.
Il Pharmaceutical Journal neanche faceva finta di scoprire l'acqua calda. Tutti lo sapevano, tutti ne parlavano (beh, quasi tutti). Il patent cliff del 2012 incombeva. Tra 2011 e 2012 i brevetti di molti blockbuster (farmaci con fatturato maggiore o uguale al miliardo di dollari) sarebbero scaduti. Primo tra tutti il Lipitor, la statina Pfizer, qualcosa tipo 14 miliardi di dollari all'anno.
La truppa, regolare e mercenaria, si chiedeva cosa sarebbe successo. Il Pharmaceutical Journal faceva i conti: 140 miliardi di vuoto finanziario, flusso di cassa che sarebbe evaporato dall'oggi al domani.
Chi lesse quell'articolo, o altri simili (ce ne furono parecchi), capì l'antifona. "Derischificare e diversificare", avrebbe detto in altra sede Sir Andrew Witty, a lungo CEO di GSK. Tradotto, per un chimico o un biologo con una posizione nel settore: munitevi di vasellina, sta arrivando di nuovo.
GSK: un nome, una garanzia. Non ricordo quando fu la prima ristrutturazione della sua rete mondiale di centri di ricerca. Mi ricordo la fusione tra Glaxo e Smithkline and Beecham e quando le strutture si chiamavano CEDD (centri di eccellenza nello sviluppo farmaceutico). Moncef Slaoui, il loro direttore mondiale delle ricerche dell'epoca, ne aprì uno a Shangai, dedicato formalmente alle malattie neurodegenerative, promettendo grandi passi in avanti entro cinque anni (dieci anni dopo siamo ancora in attesa di un qualche schifo di candidato clinico). Il management di GSK pagò 700 milioni di dollari e spiccioli per Sirtris, i supposti maghi delle sirtuine, per un asset che non aveva neanche una molecola pronta per la sperimentazione umana, sperando di avere nelle mani l'elisir di lunga vita. Si ritrovarono col resveratrolo a cui qualcuno, forse per non perdere del tutto la faccia, fece fare una fase IIa sul carcinoma del fegato, con risultati vergognosi. Oggi il CEDD di Verona non esiste più, è stato ceduto, e ci lavora forse la metà di quelli che ci lavoravano prima, spesso con contratti peggiori.
Ma torniamo al Pharmaceutical Journal. Il punto è questo:
"A further change that is set to transform future pharmaceutical activities and operations irrevocably is the increased emphasis on preventive rather than curative healthcare. As the population ages and demand on healthcare budgets increases, pre-empting rather than reacting to illness and disease constitutes the prevailing aspirational mission statement driving the direction of modern healthcare policy"
"Un ulteriore cambiamento destinato a trasformare le future attività ed operazioni farmaceutiche è l'aumentata enfasi sulla sanità preventiva anziché curativa. Man man che la popolazione invecchia e aumenta la richesta per i budget sanitari, anticipare invece che reagire alle malattie costituisce la dichiarazione di intenti prevalenti che guida la rotta delle moderne politiche sanitarie"
Comincia ad essere chiaro il punto? E' la politica sanitaria che stabilisce la direzione, su indirizzo della politica economica (da cui l'enfasi dalle nostre parti sulla sostenibilità del sistema). La medicina preventiva promette risparmio sanitario. Con la prevenzione, ovvero col maggior numero possibile di vaccini. Quindi GSK ha acquisito da Novartis il ramo vaccini, cedendogli la propria oncologia. Non ha fatto altro che seguire l'indirizzo delle politiche sanitarie. Visto che nel 2017 in Italia ci saranno 300 milioni in meno per la spesa farmaceutica ma trecento milioni in più per i vaccini, se voi foste un fornitore del sistema sanitario provereste a vendergli antivirali o vaccini? Gilead Sciences coi suoi antivirali anti epatite C in Italia ha avuto tonnellate di problemi e pessima stampa (legati solo e soltanto ai costi del farmaco). Avete mai sentito qualcuno lamentarsi sui costi della vaccinazioni? Non credo. http://www.pharmaceutical-journal.com/opinion/comment/goodbye-blockbuster-medicines-hello-new-pharmaceutical-business-models/10966185.article2009: 66185.article
Nel 2009 il Pharmaceutical Journal, organo della Royal Society of Pharmacology raccoglieva pareri in merito al paradigm shift prossimo venturo del bussiness farmaceutico mondiale
Premetto che per il settore in generale non tirava una buona aria, e che in Europa il vento era pure peggiore. L'outsourcing e l'offshoring verso l'Asia erano diventati intensivi appena l'euro aveva raggiunto 1.35 sul dollaro. Bang. Tutte le multinazionali grandi e piccole impegnatissime a ristrutturare le proprie filiere. Nel 2008 anche le piccole CRO e CMO (ricerca e produzione conto terzi) avevano iniziato a cercarsi partner indiani o cinesi. Tough business climate, per i piccoli.
Il Pharmaceutical Journal neanche faceva finta di scoprire l'acqua calda. Tutti lo sapevano, tutti ne parlavano (beh, quasi tutti). Il patent cliff del 2012 incombeva. Tra 2011 e 2012 i brevetti di molti blockbuster (farmaci con fatturato maggiore o uguale al miliardo di dollari) sarebbero scaduti. Primo tra tutti il Lipitor, la statina Pfizer, qualcosa tipo 14 miliardi di dollari all'anno.
La truppa, regolare e mercenaria, si chiedeva cosa sarebbe successo. Il Pharmaceutical Journal faceva i conti: 140 miliardi di vuoto finanziario, flusso di cassa che sarebbe evaporato dall'oggi al domani.
Chi lesse quell'articolo, o altri simili (ce ne furono parecchi), capì l'antifona. "Derischificare e diversificare", avrebbe detto in altra sede Sir Andrew Witty, a lungo CEO di GSK. Tradotto, per un chimico o un biologo con una posizione nel settore: munitevi di vasellina, sta arrivando di nuovo.
GSK: un nome, una garanzia. Non ricordo quando fu la prima ristrutturazione della sua rete mondiale di centri di ricerca. Mi ricordo la fusione tra Glaxo e Smithkline and Beecham e quando le strutture si chiamavano CEDD (centri di eccellenza nello sviluppo farmaceutico). Moncef Slaoui, il loro direttore mondiale delle ricerche dell'epoca, ne aprì uno a Shangai, dedicato formalmente alle malattie neurodegenerative, promettendo grandi passi in avanti entro cinque anni (dieci anni dopo siamo ancora in attesa di un qualche schifo di candidato clinico). Il management di GSK pagò 700 milioni di dollari e spiccioli per Sirtris, i supposti maghi delle sirtuine, per un asset che non aveva neanche una molecola pronta per la sperimentazione umana, sperando di avere nelle mani l'elisir di lunga vita. Si ritrovarono col resveratrolo a cui qualcuno, forse per non perdere del tutto la faccia, fece fare una fase IIa sul carcinoma del fegato, con risultati vergognosi. Oggi il CEDD di Verona non esiste più, è stato ceduto, e ci lavora forse la metà di quelli che ci lavoravano prima, spesso con contratti peggiori.
Ma torniamo al Pharmaceutical Journal. Il punto è questo:
"A further change that is set to transform future pharmaceutical activities and operations irrevocably is the increased emphasis on preventive rather than curative healthcare. As the population ages and demand on healthcare budgets increases, pre-empting rather than reacting to illness and disease constitutes the prevailing aspirational mission statement driving the direction of modern healthcare policy"
"Un ulteriore cambiamento destinato a trasformare le future attività ed operazioni farmaceutiche è l'aumentata enfasi sulla sanità preventiva anziché curativa. Man man che la popolazione invecchia e aumenta la richesta per i budget sanitari, anticipare invece che reagire alle malattie costituisce la dichiarazione di intenti prevalenti che guida la rotta delle moderne politiche sanitarie"
Comincia ad essere chiaro il punto? E' la politica sanitaria che stabilisce la direzione, su indirizzo della politica economica (da cui l'enfasi dalle nostre parti sulla sostenibilità del sistema). La medicina preventiva promette risparmio sanitario. Con la prevenzione, ovvero col maggior numero possibile di vaccini. Quindi GSK ha acquisito da Novartis il ramo vaccini, cedendogli la propria oncologia. Non ha fatto altro che seguire l'indirizzo delle politiche sanitarie. Visto che nel 2017 in Italia ci saranno 300 milioni in meno per la spesa farmaceutica ma trecento milioni in più per i vaccini, se voi foste un fornitore del sistema sanitario provereste a vendergli antivirali o vaccini? Gilead Sciences coi suoi antivirali anti epatite C in Italia ha avuto tonnellate di problemi e pessima stampa (legati solo e soltanto ai costi del farmaco). Avete mai sentito qualcuno lamentarsi sui costi della vaccinazioni? Non credo. http://www.pharmaceutical-journal.com/opinion/comment/goodbye-blockbuster-medicines-hello-new-pharmaceutical-business-models/10966185.article2009: 66185.article
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