lunedì 16 aprile 2018

EQUIVALENTI -1

Cioè generici. Si sono sperticati a dire che un generico è uguale a un farmaco griffato e hanno cominciato tempo fa. I livelli di argomentazione sono stati vari: medici che dicevano che la molecola è uguale, quindi i farmaci sono uguali (idiozia), farmacisti che dicevano e dicono che la molecola è uguale e la bioequivalenza è garantita (e dicevano/dicono una cosa corretta, in teoria). Ma in questi casi, come avrete capito dalla vicenda Ranbaxy e dallo scandalo GVK Bio (http://www.thehindubusinessline.com/companies/ema-recommends-suspending-300-drugs-tested-by-indian-cro-firm/article9601315.ece) la teoria è una cosa, la realtà un'altra.
Perché abbiamo avuto anni di pressione mediatica sui generici, culminati nell'infame decreto del governo Monti sul principio attivo in ricetta? (Mai una singola legge ha immediatamente prodotto tanti disoccupati, segnatamente tra gli informatori scientifici del farmaco, categoria che non mi è mai stata particolarmente simpatica, ma questo non vuol dire)
Il motivo è semplice: i generici costituiscono il 20% del consumo farmaceutico, ma il 10% della spesa. E visto che i farmaci a brevetto scaduto nel loro complesso fanno il 70% dei consumi e il 50% della spesa, tutti coloro che fanno del contenimento della spesa farmaceutica una delle loro ragioni di vita (e sono in tanti) pensano a quanto ancora può essere fatto.
Probabilmente lo snodo è stato la direttiva 2004/27/CE. Nella prassi quale situazione ha creato? Che per i produttori occidentali di principi attivi generici non cambiava niente: regolarmente ispezionati come sempre. Ma un produttore extraeuropeo (che di solito era asiatico) per avere l'autorizzazione all'importazione doveva presentare una autocertificazione di compliance alle Norme di Buona Fabbricazione e tanto sarebbe bastato. Chi ha implementato queste norme si rendeva conto delle conseguenze? Probabilmente sì. Ma ai fini del taglio della spesa farmaceutica qualsiasi cosa andava bene. Se FDA riusciva a malapena ad ispezionare il 10% degli esportatori indiani e cinesi di principi attivi sul mercato americano, pensate che EMA (all'epoca EMEA) riuscisse a far meglio? Ovviamente no.
Tra l'altro, mettete assieme questo con il fatto che fuori dall'Europa si ragiona in USD e che nell'autunno del 2005 per la prima volta l'euro superò 1.30 sul dollaro, e otterrete la tempesta perfetta per i produttori di API generici europei.
Il CPhI Worldwide è l'evento fieristico cardine per produttori e acquirenti di API . In quel periodo l'area della fiera era occupata per metà da indiani e cinesi. Tutti quelli che fino a poco prima rifornivano i produttori europei con intermedi stavano vendendo principi attivi, a prezzi stracciati. Una grande opportunità per abbassare la spesa farmaceutica? No. Una grande opportunità per i broker, che si sono riempiti le tasche, e un colpo alla qualità media del prodotto farmaceutico sul mercato europeo. Sì, proprio così. Ho visto di tutto in quel periodo. Questo aneddoto non riguarda la qualità dei principi attivi , forse, ma è significativo. A un CPhI conobbi un indiano che aveva messo su una società ad Hong Kong e vendeva topotecano (camptotecina) a prezzi assurdi.  Alla domanda "Ma come è possibile?" mi rispose "Ah, do lavoro a tante donne che macinano a mano la corteccia, poi si fa l'estrazione; costano niente" "Ma è ad alta potenza, altamente tossico" "Anche la vita umana costa poco o niente da noi" rispose ridendo.

Una parziale correzione di rotta dal punto di visto normativo c'è stata nel 2010, ma era ormai troppo tardi e soprattutto, per l'Italia, arrivò Monti: due miliardi all'anno di tagli alla spesa sanitaria per 5 anni e come già detto legge sul principio attivo in ricetta. Il settore tutto ringraziò di cuore, davvero. L'immagine è una "infografica" che a molti dovrebbe ricordarne altre elaborate per altre cause

http://www.area-salute.it/wp-content/uploads/2013/05/Assogenerici_campagna_farmacigenerici.gif

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