giovedì 20 giugno 2019

FAIR/UNFAIR




Riconsiderate la vicenda Lundbeck/Dr Reddy sull'escitalopram (post di due giorni fa, http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/06/indiani-generici-paper-e-risse.html), e nell'ottica in cui l'ho raccontata. Da una parte c'era gente che ragionava di cinetiche di formazione e termodinamica di sali diastereoisomerici, dall'altra cialtroni che dicevano di bollire basi forti in acetone. E in quell'occasione i cialtroni hanno vinto. Da un punto di vista tecnico questo era un chiaro indice di quanto la faccenda generici fosse diventata completamente "unfair": l'eccellenza non premiava, quel che premiava era il prezzo più basso anche se frutto di cialtroneria condita con sloppy science..
La questione della proprietà intellettuale fondamentalmente interessa l'industria (e di riflesso chi ci lavora) e basta. Si brevettano processi, si brevettano specifici polimorfi (forme cristalline del solido), si brevettano formulazioni. Tutte azioni tese a ritardare l'ingresso sul mercato del generico equivalente, e quindi a mantenere per quanto possibile il fatturato connesso al prezzo praticato dall'originatore (che è il più alto possibile, ovvero il più alto accettabile per il mercato, e questo è un fatto a cui non si può girare intorno).
Ma se ci pensate bene l'episodio dell'escitalopram metteva in luce un grave problema sistemico: implicava che le dichiarazioni del genericista asiatico sul processo impiegato fossero false. Un caso isolato, non statisticamente significativo? Non direi. Erano già venuti fuori gli orrori sugli antiretrovirali generici Ranbaxy (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/la-sfiducia-sudafricana-sugli.html) e sulle sue bioequivalenze taroccate. Ancora si stava cercando di contare i decessi collegati al caso dell'eparina Baxter (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/06/vaccini-eparina-politica.html). A dieci anni di distanza è venuto fuori che nessuno dei produttori di sartani (ormai solo asiatici) usava il processo dichiarato in sede di registrazione del DMF. Nessuno. Quindi verrebbe da dire che tutto ciò è completamente, irrimediabilmente unfair (in primis nei confronti dei pazienti).

Eppure in questo quadro per qualcuno il genericista asiatico è il "buono", e ad essere "unfair" sono i prezzi praticati dall'industria farmaceutica occidentale, che impediscono l'accesso alle cure a chi non se le può permettere (visione sposata come mai prima dall'attuale Ministero della Salute). Il problema dei prezzi esiste, che la soluzione "fair" a tale problema sia il genericista asiatico è l'ennesimo esempio di ideologizzazione di un tema sanitario. Se il sistema occidentale di regolazione farmaceutica è nato per garantire efficacia e sicurezza dei farmaci ricorrere a chi sostanzialmente non lo ha mai sottoscritto davvero per garantire accesso alle cure (cioè prezzi stracciati) significa solo una cosa: l'accesso alle cure di cui si parla è un accesso a farmaci meno efficaci e sicuri di quanto non fossero 20 anni fa. O questo è falso, oppure no, non è affatto fair il "fair price". E' assolutamente unfair. Ma l'ideologia non si cura di questi dettagli e permea ONG come Médecins Sans Frontières (https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2022209374664606&id=1971621999723344) e altre semisconosciute da noi come I-MAK (https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2022535684631975&id=1971621999723344) . Per loro vicende come quella che ha fatto sparire Ranbaxy è come se non fossero mai accadute (ripropongo Dirty Medicine, apparso sei anni fa su Fortune a firma proprio di Katherine Eban, l'autrice di "A bottle full of lies", il libro di cui si sta parlando sempre di più, http://fortune.com/2013/05/15/dirty-medicine/).

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