sabato 1 febbraio 2020

LE ZONE CALDE



"The Hot Zone" è una serie TV dell'anno scorso che romanza (moltissimo) un episodio realmente accaduto (https://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/00001512.htm). Il finale è abbastanza suggestivo: il medico che per primo ha identificato Ebola Zaire risalendo il fiume su una piroga pilotata da una guida passa vicino ad una grande isola. "Che isola è?" chiede. "L'isola della morte", risponde la guida.
Un isola disabitata coperta dalla giungla: un'ottima immagine di un serbatoio di zoonosi letali.
Ma una remota caverna dello Yunan piena di pipistrelli può essere ugualmente terrificante. E sicuramente chi analizzando campioni di feci di quei pipistrelli ha trovato coronavirus affini a quelli della SARS (e di 2019-nCoV) ha avuto i brividi (https://www.nature.com/articles/d41586-017-07766-9).
Questo per dire che non c'è bisogno di andare a cercare storie di armi biologiche sfuggite a laboratori, riguardo al coronavirus di Wuhan. Le spiegazioni più semplici sono molto più inquietanti.
L'influenza aviaria del 1997, con focolaio nell'Asia meridionale (https://en.wikipedia.org/wiki/Influenza_A_virus_subtype_H5N1) aveva una terribile letalità del 55%. Restò fondamentalmente una zoonosi, cioè un'infezione trasmessa dagli animali all'uomo. Fosse diventata trasmissibile da uomo a uomo avrebbe fatto sembrare la spagnola una passeggiata di salute.
L'Asia del sud e specialmente la Cina del sud hanno un'alta densità di "hot zone". Per cui la "profezia" di Bill Gates (verra una pandemia dall'Asia del sud e ucciderà milioni di persone in tutto il mondo) non è né una profezia, né la dichiarazione di un complotto contro la popolazione mondiale: è un "worst case scenario" che esiste da decenni (chi fosse interessato ad approfondire il tema può leggersi "il virus buono" di Guido Silvestri).

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