martedì 5 maggio 2020

Il FOYE'S E I CASE STUDIES


Dopo anni dalla prima volta che l'ho aperto non posso dire che Foye's Principles of Medicinal Chemistry sia un libro che ho poi molto usato, sul lavoro. Riaperto di recente dopo uno scambio su twitter ho notato quello che al tempo (e si parla di una quindicina di anni fa) saltavo a piè pari: i riquadri "Significatività clinica" e sopratutto i "Case studies". Il Case studies presentano il caso di un paziente e sono concepiti come esercizi. Alla fine le domande, che sono uno schema di approccio al problema, sono sempre le stesse.
Pensate all'emergenza COVID ma non solo.
Vi sembra che un approccio del genere sia comune i medici o farmacologi?
La domanda è retorica e la risposta è "No!"
Perché? Forse perché la farmacologia in Italia (e non solo) è una questione di medicina, e quindi nella media l'approccio tecnico al problema è del tutto differente e il criterio prevalente è quello della pratica medica o clinica. Che comunque per quanto tecnico resta comunque troppo spesso empirico.
Il caso classico è quello del medico che dopo un ciclo di amoxycillina/acido clavulanico per un bronchite, in assenza di miglioramenti cambia farmaco, e prescrive non un carbapenemico o un macrolide, ma un'altra penicillina.
Oppure un altro esempio è dato da chi ha continuato a usare per COVID inibitori di proteasi di HIV, perché "hanno fatto così". Senza pensarci, senza riflettere.
E quelli che dovrebbero in teoria pensarci al posto loro?
Società Scientifiche: SIMIT (http://www.simit.org/medias/1569-covid19-vademecum-13-03-202.pdf) continua a tenere nel suo protocollo per COVID gli anti HIV, sulla base di un articolo dei tempi della SARS (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14985565). E che dice l'articolo? Che dai dati in vitro degli autori risultava attivo a 48 ore (come non è specificato)  e a una concentrazione di 4 microgrammi per millilitro, che passando alle concentrazioni molari fa 6,4 micromolare. Quindi attivo, sì, per modo di dire. E l'articolo concludeva parlando di un apparente effetto clinico positivo che avrebbe dovuto essere riesaminato alla luce di un trial con braccio di controllo. Su queste basi (nulle), SIMIT cita l'articolo concludendo: "’efficacia dimostrata nei confronti di SARS-COV". Alla faccia del Foye's (e di tutti gli altri libri). E AIFA, ISS? Lasciamo perdere...

C'è un'altra cosa da notare: i case studies del Foye's prevedono opzioni terapeutiche multiple: non "la cura" ma una serie di strumenti tra cui scegliere il più adatto alla situazione (sulla base di criteri analitici). Quindi la pluralità di opzioni è un bene, perché per un paziente sarà più adatta una soluzione, per un altro una differente.
Queste considerazioni sono state completamente ignorate non solo dal dibattito (troppi farmaci simili tra loro e quindi inutili, la famosa tesi di Garattini) ma anche dal dettato legislativo, quando con la Nuova Governance Farmaceutica la soluzione al case study diventa facile e immediata: è da prescriversi il farmaco più economico.

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