https://www.fiercepharma.com/pharma/gilead-to-start-testing-inhaled-remdesivir-eyeing-earlier-covid-19-use |
FDA ha dato l'ok all'inizio di una fase I per una formulazione nebulizzata di remdesivir, pensata per pazienti non ospedalizzati.
Già, perché, quanto a sviluppo farmaceutico, non è che un'azienda o altri possano prendere e iniziare ad arruolare per un trial a piacer loro. Devono presentare un dossier al regolatore (INDA, Investigational New Drug Application), e se il regolatore lo respinge niente da fare (anche se francamente non ricordo episodi eclatanti di respingimento della pratica esiste un sottobosco di spin off e startup che ogni tanto ci prova e riceve picche come risposta).
Farmacocinetica e farmacodinamica sono da sempre state la croce degli antivirali contro le infezioni respiratorie.
Ricordo che nel caso di peravimivir (antiinfluenzale) la sperimentazione era iniziata con somministrazione via iniezione intramuscolo, e con la costernazione di tutti i coinvolti non venne osservato alcun effetto. Solo quando qualcuno pensò di passare all'endovena le cose cambiarono radicalmente.
Per questo non mi sono stupito del fatto che remdesivir sia stato sviluppato come endovena: il modo più semplice per levare di mezzo i problemi correlati a vie di somministrazione più semplici. Ma la somministrazione endovena ne confina l'uso al contesto ospedaliero.
Questo inizio di sviluppo clinico (fase I) di remdesivir nebulizzato potrebbe cambiare il panorama, e consentire quel trattamento dei pazienti sintomatici non gravi a casa loro. E' lo stesso scopo che si prefigge EIDD-2801, al momento l'unico antivirale anticovid in sviluppo come formulazione orale (pillola).
Immagino che remdesivir nebulizzato non sia un'idea peregrina, e che FDA abbia accettato l'INDA sulla base di un solido modello animale (rhesus).
Ma l'unica è aspettare e stare a vedere: gli sviluppi clinici sono strade lunghe, piene di ostacoli ed arrivare alla meta non è per niente facile.
Sempre a proposito di remdesivir la stampa nostrana (e non solo) con la solita competenza perlopiù titola "EMA approva il primo farmaco per il COVID".
E non è proprio così.
Ai primi di Aprile EMA aveva approvato nel silenzio generale l'uso compassionevole di remdesivir. A metà aprile NIAID in USA aveva dichiarato remdesivir lo Standard Of Care per COVID. Il primo maggio FDA aveva concesso l'Emergency Use Authorization alll'antivirale Gilead.
EMA con la massima calma (tanto ormai non c'è più fretta, in Europa) il 25 giugno concede a remdesivir una conditional marketing authorisation , che è lo strumento europeo (inefficiente a questo fine) più vicino all'Emergency Use americano.
Non si tratta dell'autorizzazione all'immissione in commercio vera e propria, ma di un'autorizzazione che ha la durata di un anno e può essere rinnovata (https://www.ema.europa.eu/en/news/first-covid-19-treatment-recommended-eu-authorisation). Da EMA sappiamo che Gilead ha presentato la New Drug Application (continuo a non ricordarmi le nuove sigle europee) il 5 giugno. Il comunicato EMA magnifica l'operato dell'agenzia, che aveva avviato il lavoro dell'autorizzazione condizionale ben prima che Gilead presentasse l'NDA. Finendo per arrivare quasi due mesi dopo FDA.
Applausi scroscianti.
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