Tra le amenità (ideologiche) che girano attorno alle recenti vicende di remdesivir questa è molto gettonata. Chiaramente proviene dalla solita area "uova gratis per tutti, abbasso le galline", e quindi in quel tipo di discorso se ne capisce alla perfezione la valenza, che è sempre la solita (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/07/e-se-prima-si-nazionalizzasse-una-banca.html). Stiamo parlando di gente che ti curerebbe a interferone, azitromicina e cortisone (https://theintercept.com/2020/05/26/coronavirus-gileand-remdesivir-treatment/). Ho sempre odiato il termine "trinariciuto", ma negli ultimi tempi inizio a comprenderlo.
Però "gli antivirali non funzionano" è anche un pregiudizio medico piuttosto diffuso (il che dovrebbe dire qualcosa su quanto siano aggiornati molti medici). E a questo punto è il caso di fare una carrellata sugli antivirali negli ultimi 40 anni.
Fino a metà anni 90 il capitolo antivirali era in effetti una nota dolente. Aciclovir, approvato nel 1981 contro l'herpes simplex era forse l'unico con un'efficacia risolutiva. Amantadine, ribavirina etc etc da un punto di vista moderno non erano gran che, ma comunque, all'epoca, costituivano il meglio che c'era (ed era un "meglio" piuttosto scarso).
La grande svolta ci fu a metà anni 90, e ci fu con HIV: l'approvazione dei primi inibitori di proteasi dell'HIV cambiò radicalmente le prospettive quanto a trattamento dell'AIDS.
Seguirono poi inibitori di integrasi e varie altre molecole, nuove generazioni di classi più vecchie. Ebbene, gli AntiRetroVirali sono un tipo particolare di antivirali. Qualcuno vuol dire che non funzionano?
Il nuovo millennio sul tema ha portato grandi novità. Di solito per dire "gli antivirali non funzionano" si citano i primi inibitori di neuroaminidasi (oseltamivir, cioè Tamiflu, in particolare). E in effetti, pur essendo un passo avanti rispetto alle amantadine, non erano gran che. Poi è arrivato peramivir, e la situazione sarebbe cambiata, in teoria, in pratica è molto più complicato (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/06/la-sindrome-influenzale-europea.html).
Ma il grande game changer è arrivato nel 2014: da un momento all'altro l'epatite C divenne curabile (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/ci-aspettavamo-le-acclamazioni-e-invece.html). E lo divenne sempre di più con l'introduzione degli inibitori ciclici di NS3/4A (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/epatite-c-lo-sviluppo-degli-inibitori.html).
Quindi ad oggi di antivirali che funzionano ce ne sono parecchi. Remdesivir è solo l'ultimo di una lista ormai molto lunga.E "gli antivirali non funzionano" è un'idiozia.
Per remdesivir, come per sofosbuvir a suo tempo, sta venendo fuori la solita tesi: privatizzazione di ricerca pubblica pagata con soldi pubblici. Una affermazione in puro stile no-vax, per il modo in cui la realtà viene presa e distorta.
All'inizio del decennio che si è appena concluso l' U.S. Army Medical Research Institute of Infectious Diseases (USAMRIID) avvia una collaborazione con Gilead: screening di agenti terapeutici contro virus RNA con potenziale pandemico. In questo progetto l'amministrazione federale USA mette 70 milioni, una cifra generosa per un programma di screening. Il programma finisce per produrre una libreria di 1000 composti la cui proprietà resta a Gilead. Educated guess: a Gilead è stata sintetizzata la libreria, a USAMRIID sono stati eseguiti i saggi biologici, visto che tra i virus esaminati c'è anche Ebola e quindi parliamo di laboratori in BSL-4, e in USA ce ne sono solo tre (https://www.the-scientist.com/technology/science-under-glass-inside-a-biosafety-level-4-lab-50522), due governativi e uno privato con qualche problemino di sicurezza (https://en.wikipedia.org/wiki/Texas_Biomedical_Research_Institute#Controversy)
Nel 2014, con l'inizio dell'epidemia di Ebola nell'Africa Centrale, la libreria viene sottoposta ad un ulteriore screening, prioritarizzando i risultati per Ebola. Da qua viene fuori GS-5734 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7202039/), poi noto come remdesivir.
Se tizio progetta e sintetizza i composti e lo stato li testa nella sua struttura BSL-4, il fatto che la proprietà dei composti resti a tizio è privatizzazione di ricerca pubblica? Magari se lo stato non avesse messo soldi nessun privato sarebbe stato interessato al progetto. Certo che se invece del privato tu avessi avuto industria pubblica le cose sarebbero state assai diverse, ma provate a parlare di industria pubblica negli USA... (vieni immediatamente bollato come comunista e finisce lì).
E comunque qua siamo nella prima parte del preclinico. Prima di arrivare nell'uomo c'è da fare tutto il profilo del candidato farmaco, farmacocinetica in vivo compresa, il modello animale (e qua probabilmente ancora USAMRIID in BSL-4), le tossicologie ufficiali su due specie animali (e quindi la sintesi dei batch tossicologici), lo sviluppo processo sufficiente da inserire nella Investigational New Drug Application. E poi ci sono i trial clinici, che sono quelli che fanno il grosso delle spese dello sviluppo farmaceutico, che contrariamente a quel che molti dicono sono mediamente dell'ordine di centinaia di milioni di dollari (e spesso si arriva tra uno e due miliardi). Per poi rimanere con in mano un pugno di mosche, se guarda il caso Ebola.
In tutto il successivo lavoro su remdesivir per SARS-CoV-2 l'amministrazione federale è stata di nuovo coinvolta, "riarruolando" Gilead (e questa volta di mezzo c'è stata NIAID). NIAID ha sponsorizzato un trial, ma la maggioranza degli altri li ha sponsorizzati Gilead. Come già detto, lo sviluppo clinico rappresenta la maggior voce di costo dello sviluppo farmaceutico: un grosso rischio per lo sviluppatore, ma un guadagno certo per qualcun altro, che negli anni ci guadagna sempre di più (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/inflazione-medica-e-costo-dei-farmaci.html).
Quindi remdesivir come "privatizzazione di ricerca pubblica" è "leggermente" esagerato. In cambio di 70 milioni messi in circa 10 anni l'amministrazione USA ha ottenuto un milione e mezzo di dosi gratuite, che farebbe 280 dollari per ciclo di trattamento. Uno schema già visto con BioCryst e peramivir, Caso in cui però le agenzie federali hanno finanziato l'intero dello sviluppo clinico con un totale di circa mezzo miliardo di dollari. Ci sarebbero stati questi risultati senza l'impegno pubblico? No, quasi di sicuro. E' dimostrato che in certe aree investire del proprio non conviene - se ne è accorta con la TBC Otsuka Pharmaceuticals, con delamanid. Ecco, la TBC offre un ottimo esempio di quel che riesce a fare la ricerca pubblica (non industriale): Stop TB Partnership ci ha messo vent'anni a ottenere pretomanid, spendendo un paio di miliardi in tutto, e ottenendo un prodotto dal profilo decisamente peggiore di quello di delamanid. Ma costa molto meno ed è stato usato per ottenere da Otsuka prezzi più bassi per delamanid. Quindi la ricerca pubblica non industriale è l'ideale in chiave antipandemica. Due decenni sono un tempo di risposta perfetto, per il problema.
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