Confesserò che da qualche tempo ho in mente il post con cui chiuderò l'esperienza di questa pagina.
I motivi?
Stanchezza, nel vedere gli stessi meccanismi ripetersi uguali senza mezzo ripensamento. I ruoli si scambiano, cambiano le poltrone e le posizioni, ma le dinamiche rimangono assolutamente identiche.
Disgusto, per il dilagare inarrestabile di un moralismo di infima lega che si spaccia per etica, o addirittura per scienza, per sistemi autoreferenziali e intrinsecamente stupidi che sanno sempre trovare il PR man o la PR woman di turno (e una folla di volenterosi candidati al ruolo è sempre disponibile).
Poi ho visto un tweet di David Carretta (https://twitter.com/davcarretta/status/1322848436463558657), che non mi trovava d'accordo, ma quello che mi ha illuminato è stato un commento a quel tweet: "contribuisci a una narrazione molto pericolosa. Quindi non sei soltanto patetico, sei una merda."
Che stupido che sono. Quante volte l'ho detto che era di nuovo 2017? La lotta per l'egemonia della narrazione. Di questo si tratta, e tutto quello che non è funzionale alla narrazione, vero o no, fondato o no, è da combattere perché pericoloso. Mentre, di nuovo, qualsiasi cazzata funzionale alla narrazione va benone, perché è comunque "giusta" (e di individui con titolo o cattedra pronti a contribuire non c'è mai carenza).
Poi mi fanno notare che sotto certi post "scientifici e responsabili" (leggasi: catastrofisti) convivono felicemente troll, star di pubpeer, accademici e medici che rilanciano quelle barzellette che Corvelva volle spacciare per analisi.
E allora scusate, se il gioco è questo, io non condivido la fiducia di Silvestri nei mAB ma sono contento che finisca in prima pagina. Per qualcuno è "narrazione pericolosa e sbagliata"? Ottimo! ( in realtà qui non si è mai ragionato così e non si ha intenzione di cominciare).
Poi mi sono ricordato che su Nature, NEJM, Science per motivi politici si è incominciato a prendere a calci nei denti quel che rimane del gold standard della regolazione farmaceutica occidentale, con il plauso di chi è politicamente allineato. E che la cosa ha trovato ampi consensi in Europa e da noi, dove è da un pezzo che ci si porta avanti con il lavoro.
Poi mi arrivano messaggi da alcuni dei famosi "sanitari in prima linea", che esprimono gratitudine da una parte e costernazione sui protocolli farmacologici che vedono in opera dall'altra.
Poi mi arriva un messaggio da un parlamentare, che dice che sta provando a spiegare cosa sia EC50 a una platea di medici (è dura, anzi, durissima).
C'è un focolaio di sostenitori di idrossichinolina, a Montecitorio. Lui dice che deve fronteggiare roba così: "ESITI: ricoveri 22 (6.4% del campione), deceduti 9 (2.6%) Casi attesi per ricovero in base a OMS/ISS: 68 di cui almeno 4 in rianimazione (20%)." (Ovvero, a che serve un gruppo di controllo? Prendiamo una media da qualche parte come riferimento, che va più che bene). Ma del resto se senti diversi medici dire "i numeri sono numeri, la clinica è un'altra cosa" prendi atto: buona parte del sistema è rimasta con la testa nel XIX secolo (e poi tutti a riempirsi la bocca di "scienza", che fa figo).
Poi mi parlano di corsi di formazione su COVID, oggi, dove il docente decanta le virtù di oseltamivir e lopinavir, e di medici che vogliono, di nuovo, prescriverli ai pazienti COVID. Ondata epidemica nuova, ma il letame è quello di sempre.
E quindi, ripercorrendo lirici arcaici, ritrovo le parole che servono.
«Butta la lamentela sul piolo(?),
camerata e fratello,
fa’ offerte sul braciere,
attaccati alla vita come ho detto.
Desiderami qui,
rinvia per te l’Occidente.
Quando giungerai all’Occidente
dopo che il tuo corpo si sarà unito alla terra,
mi poserò quando sarai stanco
ed allora abiteremo insieme».
(Dialogo del disperato con la sua anima, Papiro 3014, Museo di Berlino)
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