https://www.youtube.com/watch?v=x0UqTZcuFdE |
I'm a natural born process guy, il fatto che per alcuni anni mi sia
occupato di drug discovery (e quindi di chimica medicinale) è stato
largamente casuale. Per un chimico di processo il chimico medicinale è
quello contro cui mandi tutti gli accidenti di questo mondo quando ti
arriva la sua sintesi del magico candidato clinico e tu vedi che è tutto
da rifare perché pieno di separazioni cromatografiche, rese basse,
reagenti costosi o improbabili, reazioni non scalabili (perché scalate
tendono a fare BOOM!), eccetera eccetera.
Ma del resto lo scopo del
chimico medicinale è avere un buon candidato, potente, selettivo, con
buone proprietà quanto a farmacocinetica, tossicità etc etc ( quello a
cui ci si riferisce con l'acronimo ADMET , Absorption, Distribution,
Metabolism, Excretion, Toxicity). E sarebbe il lavoro con cui il grande
pubblico dovrebbe avere più familiarità, perché è quello che tira fuori
"il nuovo farmaco, la nuova molecola" di cui spesso parlano i giornali.
Come produrre per chili la nuova molecola senza far saltare in aria un
impianto e con costi e rese accetabili è il lavoro invece del chimico di
processo. Ed è quello di cui quasi tutti ignorano l'esistenza. Poi
arriva una pandemia e l'unico farmaco approvato è poco disponibile
presso l'originatore ANCHE perché prodotto con una sintesi lunga e poco
ottimizzata e tutti "Oh! Chissà chi se ne occupa di queste cose". Già,
chissà.
Qua sopra finisco per parlare quasi sempre di medchem e
praticamente mai di chimica di processo, ma ho notato che spesso i post
di medchem (che sono quelli più rilevanti per il "dibattito" per
eccellenza del 2020) risultano poco letti o capiti, "difficili".
Mi sono guardato in giro per cercare video di introduzione alla chimica medicinale ma non ho trovato gran che.
Però ho trovato questo, che può costituire un buon colpo d'occhio su
cosa sia il lavoro della chimica medicinale. E' la storia di come è
venuta fuori l'enzalutamide (https://en.wikipedia.org/wiki/Enzalutamide),
raccontata dall'inizio. E andrebbe fatta imparare a memoria a certi
soggetti che pontificano su mee-too e costo e inutilità dei nuovi
antitumorali (che appena diventano generici invece si trasformano in
strumenti utilissimi).
Nota bene: questa è una storia nata
nell'accademia e cresciuta in collaborazione con l'industria. Ce ne sono
di storie del genere ma sono l'eccezione, non la regola. Quindi non
crediate che qualunque accademico che si occupi di chimica farmaceutica
faccia queste cose in questo modo e con questi risultati (di solito si
accontentano di fare carta-articoli).
In più esemplifica la
differenza tra drug discovery e drug development: la prima ha
costi/valori variabili nell'ordine dei milioni (tipicamente tra due e
dieci), e in USA i due milioni di dollari sono la misura tipica di un
grant NIH.
La seconda invece ha costi di ordini di grandezza più
grandi (svariate centinaia di milioni, fino a due miliardi). Tra l'altro
se alcuni gruppi accademici svolgono attività di drug discovery
efficace, praticamente nessun gruppo universitario è in grado di
effettuare il lavoro di sviluppo chimico necessario nella fase di drug
development (e non si tratta, come si è visto, di un dettaglio
accessorio).
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