lunedì 16 aprile 2018
DIETA E TUMORI - LE CRUCIFERE, SENAPE INCLUSA
(Dove, a scanso di equivoci, si continua a parlare di chemoprotezione, ovvero di prevenzione)
Quando si parla di crucifere di solito si parla di glucosinolati e mirosinasi, che vengono in contatto quando la pianta è danneggiata, producendo sulforafano.
Ma le crucifere contengono anche 1,2-ditiolo-3-tioni. L'attività chemoprotettiva di questi composti sarebbe correlata allo stimolo del metabolismo di fase due, il principale pathway di eliminazione degli xenobiotici (o se vogliamo usare la parola che crea così tanto scandalo di questi tempi, la detossificazione). Studi su un'analogo sintetico, l'Oltipraz, un agente sviluppato come antielmintico, hanno verificato che questa classe di composti stimola la produzione di GST (glutatione-S-trasferasi), che è l'enzima che si occupa di "attaccare" una molecola di glutatione agli xenobiotici elettrofilici, tra cui ci sono per esempio i prodotti ossidativi del metabolismo di fase I delle aflatossine (epossidi) e altri metaboliti cancerogeni. Una volta che l'"estraneo" è stato coniugato al glutatione, è inattivato e "taggato" per l'eleminazione via escrezione.
Considerata la stabilità media della classe di composti, questi dovrebbero resistere quanto basta a trattamenti termici prolungati (cottura)
Torniamo ai glucosinolati. Principalmente si parla di glucorafanina, trasformata dalla mirosinasi (sempre presente nella pianta, ma in cellule diverse, che la rilasciano in seguito a stress meccanico) in sulforafano. E quindi stiamo parlando di quella frazione solforata che viene distrutta/ossidata durante la cottura. Quindi, se parliamo di alimenti, i benifici esistono solo in caso di insalata di cavolo crauto (detto anche cappuccio) e probabilmente anche nei crauti propriamente detti. E nella senape (il che forse spiegherebbe qualcosa sul fatto che le abitudini alimentari dei tedeschi non conducano a un numero incredibile di esiti nefasti sulla loro salute). E questo alla faccia di chi ha fatto questioni di principio sulle manie crudiste dicendo "meglio cotto comunque".
La glucorafanina ha senso come integratore alimentare puro? A regola no, visto che manca l'attivazione della mirosinasi. Il sulforafano invece? Forse. Anche lui come i 1,2-ditiolo-3-tioni, eserciterebbe la sua azione potenziando l'attività del metabolismo di fase due, ma non esistono ad oggi evidenze cliniche di precisi benefici. Quindi, meglio insalata di cavolo. Saltando di ortaggio in ortaggio, il sulforafano è parente strettissimo della rafanina, contenuta in broccoli, cavolo rosso ma soprattutto nei ravanelli. La rafanina esula dal discorso chemoprotettivi: ha proprietà antivirali ed antibatteriche. Isolata manifesta una tossicità troppo alta per l'uso terapeutico, ma le proprietà antiinfettive e antimicotiche dei ravanelli erano ben note alla medicina tradizionale cinese.
Effetti collaterali delle crucifere sono noti da tempo e messi nero su bianco nel XIX secolo da Pellegrino Artusi (L'arte del mangiar bene), che parlando del cavolfiore lo definisce "il re dei venti".
Fonte prevalente anche stavolta "The medicinal chemistry of Anticancer Drugs" (C.Avendano, J.C. Menendez, Elsevier, 2008)
ONCOLOGIA, DALLA PROSPETTIVA DEL LABORATORIO: OSIMERTINIB
Interessante articolo su come sono stati gestiti dal lato clinico gli inibitori di EGFR per i tumori del polmone.
https://www.facebook.com/roberta.villa.94/posts/10211998588340193
EGFR è una chinasi, uno dei più famosi target oncologici assieme a VEGFR (altro fattore di crescita, altra chinasi). EGFR fu scoperto da Stanley Cohen, che per questo prese il Nobel assieme alla Montalcini (che aveva scoperto un altro fattore di crescita), ed è passata una trentina d'anni.
Quindi un inibitore EGFR ( o VEGFR) non sarebbe una novità eclatante (ce ne sono in giro da più di quindici anni, tra piccole molecole e anticorpi). Ma osimertinib, approvato ad Astra Zeneca nel 2015, è un rappresentante dell'ultima generazione: inibitori covalenti di chinasi.
Vedete quella codina, il gruppo più in basso nella formula qua sotto? E' la "testata". E' un'acrilammide, e quindi un accettore di Michael. Il che significa che prende nucleofili presenti sui residui degli amminoacidi di una proteina e ci si lega con un legame covalente. E questo è uno dei motivi per cui fino a pochi anni fa davanti agli accettori di Michael si avevano perlopiù reazioni scomposte. Sunitib stava per essere scaricato nell'immondizia, dopo che Pfizer comprò la Sugen, perché a qualcuno sembrava che potesse avere un carattere di accettore di Michael.
Poi però davanti ai risultati preclinici di composti del genere ci si è dovuti arrendere all'evidenza: se la molecola è costruita nel modo giusto, riesce ad essere selettiva.
E osimertinib è selettivo, perché il resto della molecola è costruito come una chiave per una specifica serratura. La serratura è il sito catalitico della proteina (EGFR, in questo caso), costruito dall'evoluzione per coordinare una molecola di ATP. Osimertinib grazie alla sua struttura trova la "serratura" e con la "testata" ne blocca irreversibilmente l'ingranaggio (precisamente "catturando" lo zolfo della cisteina C797 di EGFR). Qual'è la sua utilità? E' con la mutazione T70M che caratterizza in molti casi le cellule tumorali che hanno acquisito resistenza agli inibitori di vecchia generazione
(e la resistenza a osimertinib si sviluppa ovviamente con mutazioni di C797).
Per cui il suo uso è diretto ai tumori che presentano questa specifica mutazione, T70Mm, che deve essere verificata prima del trattamento. E di questo e simili parlano i medici intervistati da Roberta Villa.
https://www.facebook.com/roberta.villa.94/posts/10211998588340193
EGFR è una chinasi, uno dei più famosi target oncologici assieme a VEGFR (altro fattore di crescita, altra chinasi). EGFR fu scoperto da Stanley Cohen, che per questo prese il Nobel assieme alla Montalcini (che aveva scoperto un altro fattore di crescita), ed è passata una trentina d'anni.
Quindi un inibitore EGFR ( o VEGFR) non sarebbe una novità eclatante (ce ne sono in giro da più di quindici anni, tra piccole molecole e anticorpi). Ma osimertinib, approvato ad Astra Zeneca nel 2015, è un rappresentante dell'ultima generazione: inibitori covalenti di chinasi.
Vedete quella codina, il gruppo più in basso nella formula qua sotto? E' la "testata". E' un'acrilammide, e quindi un accettore di Michael. Il che significa che prende nucleofili presenti sui residui degli amminoacidi di una proteina e ci si lega con un legame covalente. E questo è uno dei motivi per cui fino a pochi anni fa davanti agli accettori di Michael si avevano perlopiù reazioni scomposte. Sunitib stava per essere scaricato nell'immondizia, dopo che Pfizer comprò la Sugen, perché a qualcuno sembrava che potesse avere un carattere di accettore di Michael.
Poi però davanti ai risultati preclinici di composti del genere ci si è dovuti arrendere all'evidenza: se la molecola è costruita nel modo giusto, riesce ad essere selettiva.
E osimertinib è selettivo, perché il resto della molecola è costruito come una chiave per una specifica serratura. La serratura è il sito catalitico della proteina (EGFR, in questo caso), costruito dall'evoluzione per coordinare una molecola di ATP. Osimertinib grazie alla sua struttura trova la "serratura" e con la "testata" ne blocca irreversibilmente l'ingranaggio (precisamente "catturando" lo zolfo della cisteina C797 di EGFR). Qual'è la sua utilità? E' con la mutazione T70M che caratterizza in molti casi le cellule tumorali che hanno acquisito resistenza agli inibitori di vecchia generazione
(e la resistenza a osimertinib si sviluppa ovviamente con mutazioni di C797).
Per cui il suo uso è diretto ai tumori che presentano questa specifica mutazione, T70Mm, che deve essere verificata prima del trattamento. E di questo e simili parlano i medici intervistati da Roberta Villa.
ENTROPY (IN THE UK)
Il Regno Unito non c'entra, ma non ho resistito alla tentazione. E poi la termodinamica è figlia della rivoluzione industriale e della macchina a vapore, quindi un po' di accento inglese gli è restato e tra i grandi nomi che ne hanno costruito l'impalcatura nel XIX secolo ci sono due inglesi (tra cui un Lord) e uno scozzese.
Dato che è capitato di parlare di entropia, e che ancora se ne parlerà, mi sembra giusto spendere due parole al riguardo.
L'entropia viene correntemente definita come una "misura del disordine".
Dimensionalmente è un'energia fratto una temperatura, e costituisce il nucleo del secondo principio della termodinamica. Principio che può essere espresso in vari modi, e quello più conciso è questo: dS≥0, dove S è appunto l'entropia. Il che dice che l'entropia di un sistema chiuso (o dell'universo, anche se questo è stato motivo di discussione) o resta costante o cresce. Non diminusce mai.
Si potrebbe dire che tra l'altro l'entropia è il prezzo pagato per lo svolgimento di lavoro meccanico, qualcosa che un ingegnere di macchine a vapore dell'800 doveva avere ben presente.
Qual'è il rendimento (η) di una macchina di Carnot ?(Chi non sa di cosa si tratti può tranquillamente non preoccuparsene e considerarla una black box, basti sapere che funziona con due fonti termiche e T1>T2). η=(T1-T2)/T1. Il rendimento è 1 (ovvero tutto il calore viene trasformato in lavoro) solo a T2=0°K. Per temperature maggiori di 0°K nella trasformazione del calore in lavoro si perde qualcosa, che va a finire in entropia (o meglio in T*S).
Aneddoto: quando ero giovane e pendolare usavo un treno locale su cui viaggiava un trio di ingegneri giovani quanto me che lavoravano tutti e tre nella stessa azienda (anni in cui la disoccupazione non era a due cifre). Un giorno parlando di un vecchio grosso motore a nafta pesante uno di loro dichiarò ridendo "Una volta partito puoi anche alimentarlo a ghiaino fine, tanto va a entropia".
Esiste un'entropia specifica, per la materia. Cristallo di ghiaccio, basso contenuto entropico, aria rovente, alto contenuto entropico. E i sistemi viventi? Qualcuno provò ad inquadrarli da un punto di vista termodinamico...
Dato che è capitato di parlare di entropia, e che ancora se ne parlerà, mi sembra giusto spendere due parole al riguardo.
L'entropia viene correntemente definita come una "misura del disordine".
Dimensionalmente è un'energia fratto una temperatura, e costituisce il nucleo del secondo principio della termodinamica. Principio che può essere espresso in vari modi, e quello più conciso è questo: dS≥0, dove S è appunto l'entropia. Il che dice che l'entropia di un sistema chiuso (o dell'universo, anche se questo è stato motivo di discussione) o resta costante o cresce. Non diminusce mai.
Si potrebbe dire che tra l'altro l'entropia è il prezzo pagato per lo svolgimento di lavoro meccanico, qualcosa che un ingegnere di macchine a vapore dell'800 doveva avere ben presente.
Qual'è il rendimento (η) di una macchina di Carnot ?(Chi non sa di cosa si tratti può tranquillamente non preoccuparsene e considerarla una black box, basti sapere che funziona con due fonti termiche e T1>T2). η=(T1-T2)/T1. Il rendimento è 1 (ovvero tutto il calore viene trasformato in lavoro) solo a T2=0°K. Per temperature maggiori di 0°K nella trasformazione del calore in lavoro si perde qualcosa, che va a finire in entropia (o meglio in T*S).
Aneddoto: quando ero giovane e pendolare usavo un treno locale su cui viaggiava un trio di ingegneri giovani quanto me che lavoravano tutti e tre nella stessa azienda (anni in cui la disoccupazione non era a due cifre). Un giorno parlando di un vecchio grosso motore a nafta pesante uno di loro dichiarò ridendo "Una volta partito puoi anche alimentarlo a ghiaino fine, tanto va a entropia".
Esiste un'entropia specifica, per la materia. Cristallo di ghiaccio, basso contenuto entropico, aria rovente, alto contenuto entropico. E i sistemi viventi? Qualcuno provò ad inquadrarli da un punto di vista termodinamico...
L'ATTIVITA' DELLA TRASCRITTASI INVERSA IN MPR E ALTRO: UN EXCURSUS STORICO
Sempre su segnalazione di Joe di Baggio, un' interessante review storica sul problema della contaminazioni virali e retrovirali nei vaccini. E' lungo e ben articolato ma, per ricollegarsi al post di ieri, riassumo in breve su MPR e sospetti di retrovirus.
Nel 1995 viene trovata attività di trascrittasi inversa (da ora in poi RT) nei vaccini MPR. Il che fa sospettare contaminazione da retrovirus ignoto con ignoto impatto sulla pubblica salute. Il punto è nel metodo. All'università di Zurigo mettono a punto un protocollo di altissima sensibilità per rilevare RT, il protocollo PERT. E si cominciano a trovare tracce di RT dove prima non se ne vedevano. Viene messa sotto la lente di ingrandimento la linea cellulare di pollo che viene usata per la produzione di MPR e si trovano le medesime tracce. Per MPR si usa pure una linea cellulare umana e lì nessuna traccia. Nell'antiinfluenzale prodotto con le uova, nemmeno.
A questo punto si sono mosse FDA e WHO e tutti cercano di capirci qualcosa. Se si levano di mezzo le cellule di pollo non c'è abbastanza MPR per supportare i programmi di immunizzazione in corso, quindi considerando che da un punto di vista epidemiologico non ci sono segnali preoccupanti, si continua ad indagare. E quello che viene fuori, nel tempo, è che quella bassissima attività di RT rilevata è endogena, ovvero prodotta dalle stesse cellule di pollo - il pollo come altre specie presenta nel proprio DNA sequenze retrovirali rimaste lì in centinaia di migliaia di anni di evoluzione. E traduco la parte finale della sezione, "Lesson learned":
"Nel trattare con possibili contaminazioni virali dei vaccini in commercio, la verifica scientifica delle evidenze riportate, la valutazione del rischio e varie possibili opzioni di azione hanno bisogno di un veloce input da parte degli esperti, e i risultati devono essere trasparenti. Quando sono coinvolti vaccini di importanza globale, i benefici della discussione a livello internazionale, della condivisione di informazione, e della cooperazione durante tutto il processo sono di immensa importanza.
Quando vengono sviluppati nuovi metodi per la rilevazione di agenti avventizi (contaminanti biologici, NdCS), questi devono essere valutati dal punto di vista della specificità. In questo caso il nuovo metodo stava rilevando un marker di retrovirus endogeni, elementi LINE, e anche polimerasi cellulari, invece che un retrovirus infettivo. Le informazioni sulla performance di ogni nuovo test devono essere disponibili prima dell'applicazione di questi test a vaccini, substrati cellulari e materie prime al fine di evitare interpretazioni errate e sopravvalutazione dei risultati dei test"
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1045105614000748
Nel 1995 viene trovata attività di trascrittasi inversa (da ora in poi RT) nei vaccini MPR. Il che fa sospettare contaminazione da retrovirus ignoto con ignoto impatto sulla pubblica salute. Il punto è nel metodo. All'università di Zurigo mettono a punto un protocollo di altissima sensibilità per rilevare RT, il protocollo PERT. E si cominciano a trovare tracce di RT dove prima non se ne vedevano. Viene messa sotto la lente di ingrandimento la linea cellulare di pollo che viene usata per la produzione di MPR e si trovano le medesime tracce. Per MPR si usa pure una linea cellulare umana e lì nessuna traccia. Nell'antiinfluenzale prodotto con le uova, nemmeno.
A questo punto si sono mosse FDA e WHO e tutti cercano di capirci qualcosa. Se si levano di mezzo le cellule di pollo non c'è abbastanza MPR per supportare i programmi di immunizzazione in corso, quindi considerando che da un punto di vista epidemiologico non ci sono segnali preoccupanti, si continua ad indagare. E quello che viene fuori, nel tempo, è che quella bassissima attività di RT rilevata è endogena, ovvero prodotta dalle stesse cellule di pollo - il pollo come altre specie presenta nel proprio DNA sequenze retrovirali rimaste lì in centinaia di migliaia di anni di evoluzione. E traduco la parte finale della sezione, "Lesson learned":
"Nel trattare con possibili contaminazioni virali dei vaccini in commercio, la verifica scientifica delle evidenze riportate, la valutazione del rischio e varie possibili opzioni di azione hanno bisogno di un veloce input da parte degli esperti, e i risultati devono essere trasparenti. Quando sono coinvolti vaccini di importanza globale, i benefici della discussione a livello internazionale, della condivisione di informazione, e della cooperazione durante tutto il processo sono di immensa importanza.
Quando vengono sviluppati nuovi metodi per la rilevazione di agenti avventizi (contaminanti biologici, NdCS), questi devono essere valutati dal punto di vista della specificità. In questo caso il nuovo metodo stava rilevando un marker di retrovirus endogeni, elementi LINE, e anche polimerasi cellulari, invece che un retrovirus infettivo. Le informazioni sulla performance di ogni nuovo test devono essere disponibili prima dell'applicazione di questi test a vaccini, substrati cellulari e materie prime al fine di evitare interpretazioni errate e sopravvalutazione dei risultati dei test"
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1045105614000748
COLCHICUM, COLCHICINA, TIOCOLCHICOSIDE
La tubulina è una proteina dimerica che polimerizzando costistuisce i microtubuli, filamenti intracellulari di una certa importanza, anche perché durante la mitosi formano il fuso mitotico.
I dimeri di tubulina sono in costante equilibrio dinamico coi microtubuli. Bloccare l'equilibrio da una parte o dall'altra (inibire la polimerizzazione o stabilizzare il microtubulo) provoca l'arrestamento della mitosi alla transizione metafase/anafase, portando alla morte della cellula. Stabilizzatori e destabilizzatori di microtubulo, in quanto antimitotici, sono stati quindi sviluppati come antitumorali. Ne esistono tre classi, che si legano a siti diversi della tubulina. Ci sono il sito della vinca, il sito dei tassani, e il sito della colchicina. Ma la colchicina, pur avendo avuto un gran ruolo negli studi sulla mitosi, non è stata usata come antitumorale, se non in veterinaria.
E' l'alcaloide che rende tossico il colchico, e il suo uso non è precisamente una cosa recente.
L'estratto di colchico è citato nel papiro Ebers (Egitto, 1500 AC) come antireumatico. Dioscoride, I sec, in De Materia Medica, lo cita come rimedio per la gotta. L'uso dell'estratto di colchico continua nei secoli ma solo nel 1833 si arriva alla purificazione dell'alcaloide, battezzato colchicina da Geiger, il chimico che lo cristallizzò. Ma per arrivare a determinarne la struttura si dovettero attendere gli anni 50 del secolo scorso.
L'effetto anti gotta della colchicina è comunque dovuto alla sua affinità per la tubulina (la depolimerizza ad alte concentrazioni, mentre a basse concentrazioni stabilizza i microtubuli). Questo deprime la motilità dei neutrofili con effetto antiinfiammatorio.
La storia della colchicina una decina di anni fa incrocia la Unapproved Drug Initiative: ci sono in giro farmaci vecchissimi, che non sono mai stati sottoposti ai test e ai trial richiesti dai farmaci moderni. Le agenzie federali americane non hanno soldi per recuperare i prodotti di reale utilità finanziando i trial, e così offrono incentivi ai privati. E nel 2009 URL, una piccola farmaceutica di Philadelphia, presenta una NDA (New Drug Application) per la colchicina. Il farmaco viene approvato e il prezzo di una compressa sale da 9 cent a quasi 5 dollari. Poi nel 2012 arriva Takeda che compra URL e il prezzo sale ancora.
Come vedete dalle formule esiste un'altro alcaloide parente stretto della colchicina, la tiocolchicina. Poche differenze, uno zolfo al posto di un ossigeno. E infatti l'attività è all'incirca la stessa, ma la tiocolchicina è più nota per il suo 3-O-glucoside, meglio noto come tiocolchicoside. Con il glucosio attaccato cambia tutto. I glicosidi sono abbondanti nelle specie vegetali, e quelli che hanno attività farmacologica spesso la devono all'aglicone (ovvero alla molecola senza lo zucchero attaccato), che si forma durante il metabolismo del composto - esempio classico tra i classici, la salicina. Ma nel caso del tiocolchicoside il glucosio fa parte del cosiddetto "farmacoforo".
Il 3-O-glicoside della tiocochicina è un antagonista GABAA, del recettore della glicina, di nAChRs - un rilassante della muscolatura striata, il muscoril. Utile in quelle situazioni traumatiche in cui la contrattura muscolare, che sarebbe un meccanismo di difesa dell'organismo, diventa un problema serio e debilitante. Ma come già accennato nel nostro corredo enzimatico (e in quello della nostra flora intestinale) ci sono glucosidasi e glucositrasferasi, cioè enzimi che si preoccupano di staccare molecole di glucosio (ed eventualmente trasferirle altrove). E quindi il principale metabolita del muscoril è la 3-O-demetiltiocolchicina, che essendo praticamente tiocolchicina esercita la propria attività citotossica. Per questo per compresse o infusione il muscoril può essere somministrato solo per pochi giorni, mentre con pomate e simili le cose vanno molto meglio.
THINGS THAT GO "BOOM!" - I
La sintesi chimica non è cosa semplice: solventi per lo più infiammabili e tossici o irritanti, reagenti corrosivi, caustici, piroforici, tossici. E in più l'inaccortezza e l'ignoranza possono provocare incidenti la cui gravità cresce con la scala della sintesi. Le cose possono prendere una piega esplosiva quando meno te l'aspetti.
Anni fa accanto a me, alla stessa mia cappa, un collega provava a recuperare altro prodotto dalla cristallizzazione di un nitrofenilglicoside; aveva concentrato le acque madri, e non era successo niente, aveva raffreddato il concentrato e ora stava filtrando. All'improvviso, BOOM!. La quantità era piccola, quindi fu un boom! in tono minore, ma comunque polverizzò una piccola beuta da vuoto. La cosa fece storia. Dopo l'episodio saresti potuto entrare in laboratorio chiedendo a gran voce "Quando si recupera un secondo crop di un nitrofenilzucchero?" e avresti ottenuto come risposta all'unisono un sonoro "MAI!".
Pure azidozuccheri, si facevano, e finivano in un progetto di proteomica che veniva portato avanti dall'università. Sintetizzavano analoghi peptidici. Ci stava dietro una post doc. Un giorno mi chiamò.
"Visto che avete fatto tutti questi azidozuccheri ci servirebbe un'altra azide, tipo la glicina, ma con l'azide al posto dell'ammina"
"Cioè acido azidoacetico."
"Sì, potete farlo?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode. Estremamente instabile. Si potrebbe fare l'estere etilico, ottenerlo come soluzione al 10%"
"Concentrato no?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode."
"Oddio, e ora come facciamo, non riusciamo a finire la sintesi"
"Potreste usare acido cloroacetico, o bromoacetico, e come ultimo passaggio sostituire cloro o bromo con l'azide."
"Grande idea, grazie!"
"Ah, ma non fatelo in diclorometano a caldo"
"Ma noi di solito usiamo diclorometano a caldo. Perché?"
"Perché si forma diazidometano."
"E che fa?"
"ESPLODEEEEE!"
Nel video uso ludico del potassio metallico da parte di un gruppo in un laboratorio universitario yankee
Anni fa accanto a me, alla stessa mia cappa, un collega provava a recuperare altro prodotto dalla cristallizzazione di un nitrofenilglicoside; aveva concentrato le acque madri, e non era successo niente, aveva raffreddato il concentrato e ora stava filtrando. All'improvviso, BOOM!. La quantità era piccola, quindi fu un boom! in tono minore, ma comunque polverizzò una piccola beuta da vuoto. La cosa fece storia. Dopo l'episodio saresti potuto entrare in laboratorio chiedendo a gran voce "Quando si recupera un secondo crop di un nitrofenilzucchero?" e avresti ottenuto come risposta all'unisono un sonoro "MAI!".
Pure azidozuccheri, si facevano, e finivano in un progetto di proteomica che veniva portato avanti dall'università. Sintetizzavano analoghi peptidici. Ci stava dietro una post doc. Un giorno mi chiamò.
"Visto che avete fatto tutti questi azidozuccheri ci servirebbe un'altra azide, tipo la glicina, ma con l'azide al posto dell'ammina"
"Cioè acido azidoacetico."
"Sì, potete farlo?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode. Estremamente instabile. Si potrebbe fare l'estere etilico, ottenerlo come soluzione al 10%"
"Concentrato no?"
"No."
"Perché?"
"Perché esplode."
"Oddio, e ora come facciamo, non riusciamo a finire la sintesi"
"Potreste usare acido cloroacetico, o bromoacetico, e come ultimo passaggio sostituire cloro o bromo con l'azide."
"Grande idea, grazie!"
"Ah, ma non fatelo in diclorometano a caldo"
"Ma noi di solito usiamo diclorometano a caldo. Perché?"
"Perché si forma diazidometano."
"E che fa?"
"ESPLODEEEEE!"
Nel video uso ludico del potassio metallico da parte di un gruppo in un laboratorio universitario yankee
THINGS THAT GO "BOOM!" - II - I CHIMICI FISICI
Di solito si pensa alle esplosioni come a fenomeni prodotti da composti esplosivi o miscele esplosive.
Nei laboratori universitari più intensivi e stressanti (duravano mesi, all'epoca) durante i tempi morti c'era chi si dava all'attività ricreativa: azoturo di iodio, correttamente denominato nitruro di iodio (esplosivo poco potente ma molto instabile, quando secco, che detona rilasciando nuvolette viola di vapori di iodio), variazioni sulla termite, combustibili solidi per razzi, fumogeni e via dicendo. Un professore di chimica industriale, di scuola nattiana (riposi in pace) raccontava di un suo tesista fortemente avverso ai fumatori che faceva lotti di fulminato di mercurio da qualche grammo, e ci minava i posaceneri dell'Istituto. Quando uno spengeva una sigaretta, BAM, rumore di fucilata e posacenere per aria.
Ma le esplosioni si possono verificare anche per aumento di pressione in un contenitore chiuso. Potete gonfiare un palloncino fino a farlo scoppiare, ad esempio. Vedere un reattore da 3000 l deformarsi perché qualcuno ha caricato velocemente bicarbonato per neutralizzare una miscela acida lasciando chiusi gli sfiati è molto più spaventoso, da quel che mi hanno raccontato.
Dalle nostre parti chimici fisici e chimici teorici non erano animali da laboratorio e sicuramente non avevano attitudine per preparazioni e sintesi. Ma non erano alieni al fascino dei botti. A causa delle loro inclinazioni, usavano mezzi diversi.
Si raccontava di un austero professore che in gioventù, da fan del ghiaccio secco, era uso con molta pazienza inserire pezzettini di anidride carbonica solida in palloncini sgonfi, d'inverno. Li chiudeva legandoli e li inseriva tra gli elementi dei termosifoni delle aule. Quando il calore trasformava il ghiaccio secco in anidride carbonica gas, BAM!.
Un altro incredibile soggetto aveva un autentico amore per l'azoto liquido. L'unico che abbia mai visto sgattaiolare fuori dall'Istituto a sera con un dewar da cinque litri di azoto liquido sotto l'impermeabile. "Uso scherzi", diceva lui.
In realtà stava perfezionando il suo botto all'azoto liquido.
Usava bottiglie di plastica, di quelle stondate, a sezione circolare. Il problema era che il tappo non era a tenuta, e sfiatava, rilasciando gas e impedendo l'accumulo di pressione nella bottiglia. Colpo di genio, risolse il problema con un sigillo di ghiaccio. Riempì la bottiglia di azoto liquido quasi completamente, poi aggiunse acqua che immediatamente ghiacciò, espandendosi, e garantendo così la perfetta tenuta.
Mi raccontò che solo dopo averlo fatto si rese conto di avere un botto innescato in mano. Velocemente aprì la porta di casa, lo mise a una buona distanza dalla soglia, e corse di nuovo dentro chiudendosi la porta alle spalle.
I minuti passavano e non succedeva niente. Pensando di aver ancora fallito nell'esecuzione aprì la porta per vedere cosa stava succedendo. La bottiglia era ancora lì, ma non era più una bottiglia, era una sfera con un tappo blu. Chiuse velocemente la porta, giusto un'attimo prima del boato. Il vicinato si affacciò alle finestre, in allarme, pensando ad una fuga di gas.
Niente del genere, nessun danno a nessuna cosa. "Uniche tracce rimaste, un tappo di plastica blu e qualche goccia d'acqua", mi disse.
Nel video, rischi connessi alle bombole di gas compresso: questa aneddotica non deve far venire idee balorde a nessuno, i gas compressi sono PERICOLOSI.
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CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)
Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...
