mercoledì 23 maggio 2018

DALLA PARTE DELLA RICERCA CLINICA

di Viviana Sità
(originariamente commento a https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2096242743927935&id=1971621999723344 NdCS)

Allora, funziona così: esiste questo meraviglioso strumento che è la ricerca clinica (sono di parte, lo so), grazie alla quale possiamo valutare la dose efficace, la dose più sicura, poi la sicurezza ed efficacia su larga scala e dopo anche la sicurezza su larghissima scala di tutti i farmaci che intendono ottenere o hanno già l'autorizzazione alla immissione in commercio.
Tutti gli studi clinici devono essere approvati da AIFA e dai comitati etici locali. Abbiamo sempre un centro coordinatore, a cui poi altri centri si accodano. Prima che venga approvato, tutto il materiale dello studio viene esaminato dal comitato etico locale. NB: in Italia non esiste un comitato etico nazonale...magari esistesse: i tempi di attivazione dei centri sarebbero molto meno lunghi e macchinosi!
Comunque, ottenuta apprivazione etica e di AIFA, abbiamo da finalizzare il contratto con l'ente in cui la sperimentazione di svolge. Nel contratto sono dichiarati i fee/paziente e le modalità di pagamento.
All'epoca dello studio in oggetto (sperimentazione di antipneumococcico 13valente Wyeth, 2006 - NdCS), con la firma del contratto si doveva avere anche una delibera per poter attivare il centro (ora solo alcuni enti la richiedono, per molti basta solo AIFA come autorità competente).
In linea di principio, tutti gli studi sperimentali devono seguire le ICH-GCP (GCP: Good Clinical Practice, NdCS), che spiegano passo passo ciò che il medico, il comitato e le CRO devono fare (CRO: Clinical Research Organization, NdCS).
È scandaloso che i centri vengano pagati per uno studio sperimentale? È bello che si parli di compenso per paziente? Che è, siamo carne da macello? No, è tutto più che giusto. I medici che seguono una sperimentazione lo fanno in aggiunta al loro lavoro stipendiato (tant'è che gli enti richiedono anche le proiezioni dei costi vivi, ovvero quanto perdono in soldi e tempo). I pazienti che partecipano alle sperimentazioni sono i miei eroi, e sono anche molto più seguiti dei "normali" pazienti.
Ancora: il fatto che abbiano fatto uno studio sul profilo di sicurezza ed efficacia su in vaccino non è così brutto, anzi! (sempre riguardo a sperimentazione Wyeth 2006, NdCS). Li facessero più spesso, ne saremmo tutti più felici. Perché? Perché i genitori sono stati debitamente informati, con tanto di consenso informato lungo e dettagliato, hanno raccolto anamnesi medica e familiare prima del trattamento, cosa che ci augureremmo facessero già normalmente (ma non lo fanno mai). Gli eventi avversi sono stati raccolti TUTTI, sempre che i monitor che andavano ai centri fossero cacacazzo come me.
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La sperimentazione clinica è una benedizione, non una cosa segreta che va avanti solo a mazzette. Abbiate più fiducia!


sabato 19 maggio 2018

IL LABORATORIO WELLCOME

"Henry Wellcome dell'azienda farmaceutica Burroughs Wellcome aveva attrezzato  un laboratorio di ricerca fisiologica nel 1894, principalmente per produrre l'allora nuovo siero anti difterite (l'anticorpo, non il vaccino, fu il grande passo avanti nella lotta a quella patologia, NdCS). Incoraggiato dal suo successo, installò in parallelo un laboratorio di ricerca chimico che sarebbe stato diretto dal suo amico dei tempi dell'università a Philadelphia, Frederick Power. Inizialmente incastrato a forza  negli uffici della direzione Burroghs Wellcome a Snow Hill, Holborn, venne traslocato nel 1896 nella vicina King Street... il laboratorio occupava quattro piani di area abbastanza piccola. Al pian terreno c'era l'ufficio del direttore, collegato agli altri piani via telefono, assieme alla biblioteca e alla stanza dei campioni. Sugli altri tre piani c'erano laboratori per la chimica pura e applicata delle sostaze medicinali (per usare la terminologia dell'epoca). Nel seminterrato c'erano la stanza della fornace e un motore elettrico che faceva funzionare gli agitatori, più una camera oscura per la fotografia e una per la polarimetria"
Peter J.T. Morris, "The matter factory"

La Burroughs Wellcome aveva quindi i suoi laboratori a Londra, e in città. Notare la faccenda del motore per gli agitatori: un solo motore, che distribuiva il moto agli agitatori (fissi) dei laboratori tramite un sistema di cinghie. Qualche laboratorio industriale, in Italia, usava ancora questo sistema fino a una venticinquina di anni fa, e chi l'ha incrociato lo ha descritto come un incubo, da usare. Alla Burroughs Wellcome lavorarono Gertrude B. Elion e George H. Hitchings, che nell'88 divisero il nobel per la medicina con Sir James Black.
Burroughs Wellcome si fuse con Glaxo nel 1995.


IL LABORATORIO DI CHIMICA ORGANICA

Agli inizi del novecento l'impostazione del laboratorio era ancora quella nata in Germania mezzo secolo prima.
Notare l'onnipresenza del legno. Ho conosciuto gente che ha svolto il lavoro per la propria tesi in laboratori del genere. In un caso cappe e banchi erano realizzati in massello di ciliegio e ospitavano tra l'altro attrezzi che ho avuto la fortuna di non usare mai, tipo la trafila per il sodio. Il filo di sodio metallico non è/era solo usato nella purificazione di solventi, ma anche per reazioni. Nel tardo dopoguerra in Italia e nel mondo si continuava a preparare sabbia di sodio: in una procedura classica il sodio metallico (preferibilmente in pezzi piccoli, fettine o filo) veniva riscaldato a riflusso in xylene con agitazione energica per poi raffreddare mantenendo l'agitazione. Le gocce di sodio fuso, tanto più piccole quanto più efficace e veloce l'agitazione, in questo modo tornano solide senza coalescere. La procedura prevede in seguito la decantazione dello xylene e ripetuti lavaggi con etere etilico, parimenti decantati (Ralph Mozingo, "2-ethylchromone", 1941, DOI: 10.15227/orgsyn.021.0042). Agghiacciante (la fine suddivisione  rende il sodio metallico tendenzialmente piroforico, unite ad un solvente con flash point a -45 °C, tirate le vostre conclusioni).

(Immagine tratta da "The Matter Factory", Peter J.T. Morris, 2015)

FOSFORO E LUCE

E' curioso che la scoperta del fosforo sia associata da un punto di vista iconografico ad un dipinto realizzato un secolo dopo. Eppure è così.
Il fosforo, "portatore di luce" (dal greco φῶς, luce, e φέρω, porto),dà il suo nome alla fosforescenza, fenomeno di emissione luminosa caratterizzato da una certa persistenza che per essere spiegato ha bisogno dei concetti della spettroscopia atomica, e quindi della meccanica quantistica - e invece questo è un post che parla di iconografia. Ma è bene precisare che la luce ritratta nel quadro non è fosforescenza, ma è provocata dalla lenta combustione del fosforo bianco a contatto con l'ossigeno presente nel pallone.
L'autore di questo quadro di ispirazione caravaggesca è Joseph Wright of Derby (https://it.wikipedia.org/wiki/Joseph_Wright_of_Derby), di fatto il pittore ufficiale della rivoluzione industriale - e uno dei padri dell'illustrazione scientifica moderna. Notare l'attenzione nella riproduzione della luminosità (trattamento pittorico esattamente agli antipodi della luce "mistica" di William Turner, parlando di pittori inglesi di quel periodo). Altro punto chiave, la documentazione storico iconografica. Per ricostruire l'attrezzatura dell'alchimista senza dubbio Wright è andato a documentarsi su testi alchemici, e sulla base delle incisioni di quei testi ha prodotto la sua ricostruzione della storta nella fornace in una specie di rendering, completo di dettagli principalmente ricavabili dai testi originali (la giunzione tra storta e pallone di raccolta sigillata con il luto, un tipo di mastice usato in tempi antichi).
Questa attenzione alla fedeltà del dettaglio naturalistico dovrebbe essere propria dell'illustrazione scientifica, che ha radici italiane e rinascimentali (si pensi a Leonardo). Mentre Wright cantava sulle sue tele la nuova epica della rivoluzione industriale con ammirevole accuratezza iconografica, in Italia Clemente Susini produceva le sue cere anatomiche...

https://it.wikipedia.org/wiki/Alchimista_che_scopre_il_fosforo

MALPIGHI VS SBARAGLIA

"Replica il solito intercalare. 'aliud est philosophari, aliud mederi'. Et io replico la sentenza data da Ippocrate a sua Istanza "Necessarium esse videtur, ut omnis medicus de natura sciat, et omni studio annitatur, ut cognoscat, si modo aliquid eorum, quae fieri debent, recte praestare velit". (...) La medicina ha avuto il suo nascimento dall'esperienza, ma con tal rozzezza et oscurità che vi è stato bisogno dell'arte, che, trovando altra strada, ha ridotto le cose osservate a metodo e regole, con le quali compone e divide la materia medica."

Da "Risposta del dottor Marcello Malpighi alla lettera intitolata 'De recentium medicorum studio dissertatio epistolaris ad amicum' ", pubblicata con autore anomino, che era in realtà Giovanni Gerolamo Sbaraglia, medico galenista e professore all'Università di Bologna.

Marcello Malpighi, che in un trienno di insegnamento all'Università di Pisa entrò in contatto con esponenti della scuola galileiana, assorbendone la filosofia e le opinioni sul metodo scientifico, scoprì gli alveoli polmonari ed il reticolo di capillari che li circonda grazie alla microscopia, attirandosi le ire dei medici galenisti che ritenevano i polmoni fatti di sangue e fornitori di pneuma al cuore.

Di Giovanni Gerolamo Sbaraglia resta poca memoria, testimoniata da una sua statua nell'università dove insegnò, da qualche conio commemorativo e da qualche ritratto nell'iconografia dell'epoca. Della sua opera non resta alcun ricordo.

TORRICELLI VS DON FAMIANO MICHELINI

Evangelista Torricelli non fu uomo da niente. Fisico e matematico "di professione e di setta galileista" (lettera a Galileo dell'11 settembre 1632) costruì il primo barometro. Un'unità di misura della pressione, il Torr, prende da lui il nome. Più spesso citata come mmHg, è l'unità di misura standard in una serie di circostanze, dai valori di pressione ridotta (chimica) alla misura della pressione arteriosa.
Il nome di Don Famiano Michelini, matematico e fisico, invece lo conosciamo perlopiù perché con Torricelli si "azzuffò" in merito ad un problema posto dal potere politico. Leopoldo de' Medici si era proposto di bonificare la Chiana, e aveva richiesto relazioni e progetti destinati a risolvere il problema. Alcuni avevan proposto la costruzione di un canale di scolo a fondovalle che convogliasse le acque in Arno o l'abbassamento del livello della Chiusa dei Monaci, per aumentarne la portata. Torricelli era contrario a queste soluzioni, Michelini ne era un accanito sostenitore (nihil sub sole novum).
Torricelli aveva prodotto una "Scrittura sopra la bonificazione della Chiana", Michelini un sua risposta. Torricelli, che immaginiamo dalle sue parole eminentemente scocciato, cominciava così la propria replica:

"Se, in cambio del negozio importantissimo del rasciugare le Chiane, si trattasse di qualsivoglia controversia privata, o per esercizio di filosofia o per gara d'ingegno intrapresa, io confesso che senza procedere più innanzi, vorrei desistere affatto dalla fatica, e forse anco chiamarmi convinto..."

Ma alla fine gli eventi diedero ragione a Michelini, e la Chiana fu bonificata grazie al progressivo abbassamento della Chiusa dei Monaci, che collega il Canale Maestro della Chiana all'Arno.

Nota: la Chiana era uno palude creata involontariamente dall'uomo, anzi dagli Orvietani, che avevano voluto allagare la valle per isolare Chiusi tra il 1052 e il 1055.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a8/Torricelli-Mercury-Tube.png

venerdì 18 maggio 2018

SMALL MOLECULE COUNTER

Dopo le analisi quantitative al microscopio, è stato introdotto un rivoluzionario strumento per la conta di molecole. Mai più senza.

Ma partiamo dall'inizio. Cos'è una molecola? Una concatenazione di atomi legati da legame covalente. La più piccola H2, peso molecolare 2 (2 Unità di Massa Atomica Unificata, o da, dalton). E quanto può essere grande la più grande molecola? Molto. La più grande molecola sintetizzata, PG5, ha il diametro di un nanometro, quindi è visibile al microscopio elettronico a scansione (https://www.newscientist.com/article/dn19931-tree-like-giant-is-largest-molecule-ever-made/). Poi ci sono i polimeri, classica materia di studio della chimica macromolecolare, anche loro con pesi molecolari (medi) molto grandi, componenti di materiali che ci circondano, come plastiche, gomme. per esempio.
E le macromolecole biologiche? Proteine, filamenti di DNA etc sono a tutti gli effetti singole molecole, ma la loro massa arriva fino a migliaia di Kilodalton: da decine di migliaia ad un milione di volte più massive (e grandi) di una molecola di idrogeno.
Queste grandi molecole,hanno un comportamento fisico abbastanza diverso da quelle piccole, e molte proteine possono essere contate sperimentalmente (cosa che viene fatta in biologia, con tecniche immunochimiche e laser).
Ma le molecole più abbondanti, in natura, sono piccole, con pesi molecolari che vanno da 2 a 500 (basti pensare ad acqua, anidride carbonica, ossigeno, azoto, zucchero, metano, acido acetico, etanolo, fino a serotonina, colesterolo, dopamina, vitamina E etc etc).  E queste non si contano.
Chi lavora sulle piccole molecole e su altra chimica non biologica, fin da quando il famoso conte tirò fuori il suo famoso numero, non le ha mai contate.
Usa le moli. E le concentrazioni molari, che sono usate in buona parte delle leggi della chimica. Una mole è la quantità di una sostanza pura il cui peso è uguale numericamente al suo peso molecolare (definizione non conforme, ma efficace). Esempio: H2O, peso molecolare 18. 18 grammi di acqua sono una mole di acqua (e contengono quel numero lì di molecole di acqua, quello del conte).
Un paio di  note sulla concentrazione molare: è una grandezza intensiva, non estensiva. Quindi solo una incomprensione può far confondere questo aspetto col fatto che derivi da un rapporto tra volume di solvente e peso del soluto (e quindi suo numero di moli). E se prelevo un ml da un litro di una soluzione 1M di qualcosa, il titolo del millilitro continuerà ad essere 1M di qualcosa.
Inoltre avere una grandezza continua, cioè la concentrazione, proporzionale al numero di moli (e quindi al numero di molecole, che sono enti discreti) ha permesso l'elaborazione della cinetica chimica ( che non può fare a meno del calcolo differenziale). Nessuno si è mai chiesto quante molecole ci fossero in d[A], e questo differenziale è stato usato molto, ed in modo intensivo, anche da qualcuno non esattamente privo di qualifiche (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/ordine-entropia-caos-la-lezione-di-un.html).
La mole torna comoda, perchè se A reagisce con B per dare C significa che una mole di A reagisce con una mole di B per dare una mole di C. Se conosco le formule di A e di B posso calcolare il loro peso molecolare, e quindi sapere quanto A devo pesare e quanto B devo pesare per ottenere una mole di C (la cui massa sarà uguale a massa di A + massa di B, ma sempre una mole sarà).
E se devo analizzare? Come faccio a sapere quanto di un componente è presente in un campione? Da tempo immemore sono stati elaborati metodi che non contano molecole che non abbiamo modo di contare, ma che ritornano grandezze proporzionali al numero di moli o alla concentrazione molare. In breve, se aprite un libro di chimica per le superiori, il numero famoso lo trovate in un paragrafo e poi non lo vedete più. Non si usa, da nessuna parte (mentre pesi molecolari e un vasto assortimento di grandezze molari, dal coefficiente di estinzione all'entalpia di formazione quelle sì, si usano).
Poi, per carità: c'è chi non crede alla chimica, chi non crede alla medicina, chi non crede alla statistica e alla matematica (molti di quelli che non credono alla matematica o che la ritengono poco utile sono quelli che hanno difficoltà con la materia). E lo dice, ed è affar suo finché non va a stressare in giro.
Ma ci sono anche quelli che si sono presi una laurea in biologia, medicina, scienze politiche, legge, lettere antiche: tutte materie a contenuto basso o nullo di analisi matematica, e non c'è niente di male, finché non si sentono obbligati a sparare la qualunque (tipo dire che se f(x) tende a M per x che tende a infinito vuol dire che da un certo punto in poi f(x)=M - classica uscita che in sede d'esame costa cara). Quando lo fanno, fanno la figura che si può immaginare davanti agli occhi di quanti qualcosina del genere se la sono ritrovata, che so, nel programma di V scientifico e ancora si ricordano (con matematici, fisici e ingegneri ca va sans dire...) - magari poi però vanno a ciarlare in giro di metodo scientifico.
In conclusione, se proprio proprio volete contare, c'è sempre il nuovo, rivoluzionario strumento...


CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...