lunedì 29 giugno 2020

COVID-19 - REMDESIVIR SPRAY NASALE? E EMA ARRIVA DOPO I TITOLI DI CODA.

https://www.fiercepharma.com/pharma/gilead-to-start-testing-inhaled-remdesivir-eyeing-earlier-covid-19-use


FDA ha dato l'ok all'inizio di una fase I per una formulazione nebulizzata di remdesivir, pensata per pazienti non ospedalizzati.
Già, perché, quanto a sviluppo farmaceutico, non è che un'azienda o altri possano prendere e iniziare ad arruolare per un trial a piacer loro. Devono presentare un dossier al regolatore (INDA, Investigational New Drug Application), e se il regolatore lo respinge niente da fare (anche se francamente non ricordo episodi eclatanti di respingimento della pratica esiste un sottobosco di spin off e startup che ogni tanto ci prova e riceve picche come risposta).

Farmacocinetica e farmacodinamica sono da sempre state la croce degli antivirali contro le infezioni respiratorie.
Ricordo che nel caso di peravimivir (antiinfluenzale) la sperimentazione era iniziata con somministrazione via iniezione intramuscolo, e con la costernazione di tutti i coinvolti non venne osservato alcun effetto. Solo quando qualcuno pensò di passare all'endovena le cose cambiarono radicalmente.
Per questo non mi sono stupito del fatto che remdesivir sia stato sviluppato come endovena: il modo più semplice per levare di mezzo i problemi correlati a vie di somministrazione più semplici. Ma la somministrazione endovena ne confina l'uso al contesto ospedaliero.

Questo inizio di sviluppo clinico (fase I) di remdesivir nebulizzato potrebbe cambiare il panorama, e consentire quel trattamento dei pazienti sintomatici non gravi a casa loro. E' lo stesso scopo che si prefigge EIDD-2801, al momento l'unico antivirale anticovid in sviluppo come formulazione orale (pillola).
Immagino che remdesivir nebulizzato non sia un'idea peregrina, e che FDA abbia accettato l'INDA sulla base di un solido modello animale (rhesus).
Ma l'unica è aspettare e stare a vedere: gli sviluppi clinici sono strade lunghe, piene di ostacoli ed arrivare alla meta non è per niente facile.

Sempre a proposito di remdesivir  la stampa nostrana (e non solo) con la solita competenza  perlopiù titola "EMA approva il primo farmaco per il COVID".
E non è proprio così.
Ai primi di Aprile EMA aveva approvato nel silenzio generale l'uso compassionevole di remdesivir. A metà aprile NIAID in USA aveva dichiarato remdesivir lo Standard Of Care per COVID. Il primo maggio FDA aveva concesso l'Emergency Use Authorization alll'antivirale Gilead.
EMA con la massima calma (tanto ormai non c'è più fretta, in Europa) il 25 giugno concede a remdesivir una conditional marketing authorisation , che è lo strumento europeo (inefficiente a questo fine) più vicino all'Emergency Use americano.
Non si tratta dell'autorizzazione all'immissione in commercio vera e propria, ma di un'autorizzazione che ha la durata di un anno e può essere rinnovata (https://www.ema.europa.eu/en/news/first-covid-19-treatment-recommended-eu-authorisation). Da EMA sappiamo che Gilead ha presentato la New Drug Application (continuo a non ricordarmi le nuove sigle europee) il 5 giugno. Il comunicato EMA magnifica l'operato dell'agenzia, che aveva avviato il lavoro dell'autorizzazione condizionale ben prima che Gilead presentasse l'NDA. Finendo per arrivare quasi due mesi dopo FDA.
Applausi scroscianti.

giovedì 25 giugno 2020

E QUI SI CONCLUDE LA SETTIMANA DELLO SCIOLISTA


Premessa: al solito la faccenda ha a che fare con l'informazione funzionale, i drogati della medesima e le bolle o echo chambers (https://theconversation.com/the-problem-of-living-inside-echo-chambers-110486). E' politica travestita da scienza o da sua promozione . Ricordate che qualcuno ebbe a dire che ogni totalitarismo ha bisogno di una base di idioti militanti, perché è di questo che parlo, a questo giro.

Avete voglia di dire "metodo scientifico", si è fatta divulgazione, si è promossa la scienza.
E' stata gettata un'esca, qualche anno fa, i boccaloni l'hanno fiutata e se la sono ingoiata: gente che non non sa né capisce un beep di questo e di quello ha preso come sacre scritture le parole di chi troppo spesso non sapeva né capiva un beep di questo e di quello.
Il risultato è stato anche un mettere il booster a gente proveniente dalle retrovie delle discipline più soft (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/08/hard-science-hard-life.html) che si è sentita in dovere di pontificare sulla natura della scienza.
Ma chi è lo sciolista? Un praticante dello sciolismo, parola che non esiste nel vocabolario italiano, ma ha cittadinanza in quello inglese: "sciolism (countable and uncountable, plural sciolisms) The practice, or an instance, of expressing opinions on something which one knows only superficially or has little real understanding of." (https://en.wiktionary.org/wiki/sciolism).
Sembrerebbe che la latinità abbia coniato il sostantivo sciolus, diminutivo dispregiativo di sciens, nella sua età più tarda, nella sua decadenza. Significativo.
Il frontista proscienza medio di solito non interviene sui post tecnici, ma piglia il via sotto quelli ordinari. Non se la sente neanche di intervenire quando si parla di attività in vitro (e un EC50 è roba semplice, mica si parla di esponenti di Lyapunov).
Poi arrivano gli sciolisti, o se volete i piccoli theologi in munere alieno: l'ingegnere aeronautico che pretende di discettare di regolazione dello sviluppo farmaceutico, il nutrizionista e l'informatico che si sentono in dovere di parlare di Dispositivi di Protezione Individuale (del resto li usano e ne prescrivono l'uso ogni tre per due) o di nuovo l'informatico, che parlando di modelli produce questa assoluta perla : "limitarsi ai dati è uno stop alle capacità di analisi" (giusto, perché mettere freni alla fantasia?). Tutta bella gente convinta di parlare di scienza, anzi, in nome della Scienza.

Perché questa spinta al commento a casaccio o capzioso (o tutti e due), tra l'altro spesso su post commentati e/o condivisi da professionisti che lavorano o hanno lavorato sul tema di cui si parla?
Perché si toccano argomenti ideologizzati, e un loro esame laico urta certe sensibilità .
E gli argomenti sono stati ideologizzati dalla narrazione prevalente.
Esiste in tante questioni inerenti la sanità, COVID compreso, un blocco di opinione che è o vorrebbe restare unico, egemonizzare la narrazione, e reagisce male alle critiche pur se circostanziate. Se non credete all'anonimo scrivente leggete nelle parole di Sara Gandini cosa può succedere a chi esprime valutazioni critiche (https://www.facebook.com/sara.gandini/posts/10223283583220602)
Nel mio piccolo posso solo dire che "a bocce ferme", cioè nell'autunno dell'anno scorso, il blog collegato a questa pagina è stato oscurato su fb e tutti i post che lo linkavano sono stati cancellati dalla piattaforma: e non fu un effetto di una violazione dei termini o di nuovi algoritmi (gli autori dell'operazione si sentirono in dovere di metterci la firma, di fatto). La cosa durò circa tre mesi.
Per scambiarmi (o volermi scambiare) per nanocontatori e simili occorre essere idioti. Idioti militanti, appunto.

lunedì 22 giugno 2020

DARE SPAGO AI NO MASK PERCHE' LAGGENTE E' STUPIDA?




E invece i sostenitori dell'obbligo di mascherina indistinto sono molto intelligenti, vero?

"Tra le migliaia di commenti che riceviamo (ed a quali non è umanamente possibile rispondere) ce n’è uno al quale voglio dare risposta “pubblica”. Il commento è che sarebbe “pericoloso mettere in discussione la necessità delle “chiusure” in quanto, se queste fossero di nuovo necessarie, la gente non le accetterebbe”. Per quanto mi riguarda questo modo di ragionare è al contempo illogico, pseudo-scientifico ed anti-democratico.
Illogico, in quanto parlare di “necessità dei lockdowns” presuppone una valutazione di tipo scientifico che non può esistere se tale necessità non può essere esaminata e criticata scientificamente. Pseudo-scientifico, in quanto conferisce un alone di validità ed autorità “scientifica” ad affermazioni che scientifiche non sono, in quanto sottratte alla valutazione critica che la scienza fa di sé stessa. Anti-democratico, in quanto presume che i cittadini non abbiano il diritto né siano in grado di decidere cosa è meglio per loro."
Così Guido Silvestri in una sua precedente pillola. Condivido pienamente - e tra l'altro questo è sempre stato l'orientamento di questa pagina da tre anni a questa parte.

Sotto questo post invece tra i commenti brillano quelli in tono "Non si osi mettere in dubbio la mascherina, così si dà ragione ai no-mask".
Argomento di fulgida idiozia in quanto completamente privo di significato.
Perché?
Perché la vulgata ha casualmente fatto dimenticare che, quanto a COVID, esistono tipi diversi di mascherine DIVERSE PER CARATTERISTICHE ED EFFETTI:
1) FFP2/FFP3 con valvola: Dispositivo di Protezione Individuale (DPI), protegge chi lo indossa ma non gli altri dall'eventuale contagio (per via della valvola).
2) FFP2/FFP3 senza valvola: Dispositivo di Protezione Individuale (DPI), protegge chi lo indossa E gli altri dall'eventuale contagio .
3) Mascherine Chirurgiche: presidio medico-chirurgico, proteggono gli altri dall'eventuale contagio di chi le indossa.
4) Mascherina di Comunità: non proteggono chi le indossa e in linea di massima poco o niente gli altri: Non sono certificate in alcun modo e si tratta di un nonsenso creato ad arte dall’articolo 16 comma 2 del DL del 17 marzo 2020.Sono state rese obbligatorie negli spazi pubblici chiusi e all'aperto qualora non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza tra individui.dal DPCM del 26 Aprile 2020. Poi nella vulgata è stata ampiamente stigmatizzata l'assenza di mascherina quando le distanze di sicurezza c'erano o in mezzo al deserto o giù di lì.

Si è creato il quasi inutile per dire "abbiamo fatto!", e poi lo si è reso obbligatorio (sembra uno sport molto praticato, questo). Dati sulla capacità delle mascherine di comunità di frenare il diffondersi del contagio non esistono.
E allora chi è contrario all'obbligo della mascherina di comunità ha anche ragione. Se l'obbligo fosse per mascherine chirurgiche se ne potrebbe discutere (e discutere delle latitanti prove di un effettivo ruolo nel rallentamento del contagio ), ma l'obbigo per "una qualsiasi mascherina" è un obbligo per laqualunque, da archiviare alla voce: prescrizioni demenziali (i primi a lanciarlo furono la premiata ditta Fontana&Gallera, quando lo prescrissero in Lombardia dicendo che anche una sciarpa davanti alla bocca andava bene, e allora piovvero le critiche pubbliche, ma sui laqualunque di Comitato Tecnico Scientifico e governo non è educato eccepire, pare).


venerdì 19 giugno 2020

REMDESIVIR E GLI ALTRI, LA QUESTIONE DELLA DISPONIBILITA'




Ai primi di aprile, mi pare, un portavoce di Gilead disse che l'azienda non si aspettava un uso di remdesivir in chiave antipandemica, per cui il farmaco disponibile era destinato in primo luogo ai trial.
Questo è un problema di cui si è parlato, ma solo negli USA ed è un problema tecnico.
All'incirca nello stesso periodo un medico mi aveva chiesto quanto tempo ci sarebbe voluto a mettere su in Italia una produzione capace di coprire il nostro fabbisogno massimo.Avevo risposto: tre mesi, con fulmini di guerra sull'impianto pilota e alla manifattura iniettabili e porte spalancate al ministero e ad AIFA. Era rimasto stupito: così tanto?
E col conto della serva a coprire il fabbisogno italiano sarebbe servita una decina di chili o due di principio attivo.
Pensate a metter su una produzione per quintali, destinata al fabbisogno mondiale. Un film completamente differente.
E questa è una faccenda di chimica di processo e produzione, con la sua logistica: due cose a cui di solito, parlando di farmaci, non pensa nessuno. E spesso non ci pensano neanche coloro che le sintesi chimiche le hanno fatte solo e soltanto in laboratorio.
Ad aprile si parlava del problema su CEN (https://cen.acs.org/biological-chemistry/infectious-disease/Scaling-remdesivir-amid-coronavirus-crisis/98/web/2020/04). Una nota: se ci fate caso gli intervistati da CEN sono chimici di processo attualmente collocati in università USA, ma provenienti da grandi farmaceutiche. Le ristrutturazioni degli ultimi 15 anni hanno pesantemente colpito la chimica di processo, anche perché la filosofia che ha preso piede è "allo scale up ci penserà la produzione conto terzi", ed essendo ormai il nocciolo della produzione conto terzi in Asia...
Comunque, in breve, Gilead con remdesivir non era pronta all'uso antipandemico, e il processo produttivo era stato ottimizzato "quanto basta" per le precedenti necessità (ovvero a naso non era andato oltre l'impianto pilota).
Né era stato messo a punto il network dei terzisti, che non è cosa che si risolve banalmente inviando i master batch record dicendo "fate così". Il trasferimento di tecnologia deve essere seguito e assistito in loco, per essere sicuri che la produzione dell'intermedio sia in grado di dare un prodotto costantemente conforme alla qualità richiesta.

Insomma, prepararsi a forniture antipandemiche è complicato, ed è più complicato oggi che venti anni fa, con le piccole molecole. Con i biologici è anche peggio, perché stando alla regolazione vigente di fatto non è possibile affidarsi a terzisti per parte della produzione. In questa ottica va esaminata la faccenda degli anticorpi monoclonali anti SARS-CoV-2. Che ce ne siano diversi in sviluppo è una buona cosa, ma i tempi dello sviluppo clinico dicono che è improbabile che un singolo anticorpo venga approvato entro il prossimo inverno (considerate che remdesivir, che già era in sviluppo clinico avanzato, ha collezionato due approvazioni in emergenza ma nessuna approvazione definitiva, e siamo a giugno). Al momento le migliori chance per una eventuale prossima ondata di COVID in inverno restano due: la combinazione remdesivir-baricitinib, e i risultati del trial NIAID dovrebbero essere annunciati a breve, e remdesivir-tocilizumab (trial Gliead-Roche, e se va bene ne sapremo qualcosa a settembre).

DESAMETASONE (E IL-6)



Titolo "leggermente impreciso" di Nature, in quanto senza tener conto degli studi osservazionali il trial NIAID aveva dimostrato un 30% di mortalità in meno nei trattati con remdesivir. Ma qua sopra è stato detto e ripetuto: data la complessità della patologia indotta da SARS- CoV-2 un farmaco a buona attività antivirale è necessariamente solo un pezzo di una terapia efficace, perché blocca la replicazione virale ma non tocca in alcun modo la tempesta citochinica che provoca le polmoniti gravi, se è già in corso.
RECOVERY, che è un trial inglese molto serio, ha mostrato che desametasone riduce del 33% la mortalità nei pazienti COVID gravi (intubati) e migliora del 20% le condizioni di quelli meno gravi. Nessun miglioramento nei pazienti con decorso medio-leggero.
Allora i cortisonici funzionano? No. Funziona il desametasone.
Negli anni 50, quando venivano definiti i rapporti struttura-attività degli steroidi (e i cortisonici fanno parte della famiglia) si valutava la potenza antiinfiammatoria sapendo poco o nulla della biologia dell'infiammazione.e delle reazioni immuni. Le cicloossigenasi 1 e 2 e NFkB erano ancora da scoprire, etc etc. Fin dalla loro scoperta (isolamento dalle capsule surrenali) si era capito che gli steroidi erano coinvolti in un gran numero di processi fisiologici, ed erano legati a doppio filo anche agli ormoni steroidei (testosterone, progesterone).
Ne consegue che le cognizioni della chimica medicinale al riguardo sono piuttosto ferme da decenni. Ma la letteratura biomedica no (la ricerca di base serve, e molto).
E paradossalmente è stato fatto qualcosa (non molto) su desametasone e citochine, specie in ambito pediatrico . E a differenza di idrocortisone e cortisone desametasone inibisce la produzione di IL-6 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/10026370/ , https://www.jcvaonline.com/article/S1053-0770(17)30179-9/abstract e https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/2253684/). Notare che anche in letteratura si parla dell'effetto dei glucocorticoidi su IL-6, ma poi lo si dimostra con il solo desametasone...

Visti in questo modo questi risultati di RECOVERY sono un'altra proof of concept sull'importanza dell'azione sul'asse IL-6/JAK/STAT.
Il desametasone costa niente ed è largamente disponibile, e questa è un'ottima cosa. Ma non risolutiva: serve anche l'altro pezzo (l'antivirale), e l'eparina.

PS: ho avuto torto (come OMS, e come diversi articoli) a fare di tutti i cortisonici un fascio, tempo fa, come aveva torto chi arrivava qua volendo dimostrare l'efficacia del cortisone con COVID.

mercoledì 17 giugno 2020

LA RESA DEI CONTI - O IL CONTE DELLE RESE







"Ti strumentalizzano" è un argomento che ha rotto quel che non dico.
"Guarda chi ti condivide!" non so quante volte l'ho sentita. Pinco e pallino scoprirono l'esistenza di May & Anderson o Poincaré e Prigogine su questa pagina, senza capirci una mazza, però? E con questo? Cosa successe, al tempo?
Successe che vennero fuori affermazioni tipo "le teorie del caos sono il nuovo marker dell'antivaccinismo".
Cioè, una mole di letteratura scientifica di importanza non comune in quanto in contrasto con la vulgata mainstream del momento veniva scaricata nel cesso degli argomenti complottari. Il problema è che la vulgata mainstream dell'epoca aveva i piedi d'argilla ma era alle fondamenta di un progetto politico E PARTITICO.
Che ora lo stesso servizio ("guarda a chi dai armi") venga riservato a Guido Silvestri (https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10221812454396607) e altri è significativo: si tratta una rodata linea di azione.
Non parlo per altri, ma per me nel mio piccolo: per quale motivo si dovrebbe ballare alla musica di quanti a fine gennaio dicevano "Il problema non esiste, e comunque siamo preparati" (https://www.lastampa.it/rubriche/lato-boralevi/2020/03/26/news/conte-e-il-giudizio-della-storia-1.38640207) e oggi dicono che il problema è grave e persistente?
I fatti dicono che a fine gennaio il problema esisteva e non eravamo in alcun modo preparati, né si è fatto niente, lockdown a parte, per limitare il danno, iniziando un teatro dell'assurdo che ha coinvolto tutto il paese è che è andato in crescendo man mano che il picco epidemico si esauriva. Il problema oggi non è grave come lo era a marzo e più che persistere va scemando giorno dopo giorno (come è naturale).
E dà il voltastomaco vedere individui con responsabilità e incarichi scientifici che si rifiutano di confrontarsi con i dati, cercando anzi di negarli, perché comunque nella migliore ipotesi preda di un pensiero magico che viene trasformato in qualcosa di scientiforme con l'etichetta "interpretazione stocastica dell'epidemia" (cioè, riaprendo in men che non si dica ci ritroviamo come nel marzo scorso).
L'assurdo di "è grave e persistente e la seconda ondata può arrivare in qualsiasi momento" è ben incarnato dall'obbligo in vari gradi delle cosiddette "mascherine di comunità", che non sono né Dispositivi di Protezione Individuale né Presidio Medico Chirurgico (e quindi di fatto un nulla liscio). Questo nonsenso creato dal nulla si ritrova attribuito un ruolo preciso e quantificato nella diminuzione dei contagi. Scienza? Sì, di sto par di sfere. Ancora una volta pensiero magico al suo meglio.
Man mano che l'outbreak finisce di esaursi e che si avvicina la possibile nuova ondata invernale ci si avvicina al redde rationem. Non per il paese, ma per un governo che ha così brillantemente gestito una delle peggiori crisi dalla fine della seconda guerra mondiale.
E iniziano a volare gli stracci: per mesi ormai il governo ha detto "seguiamo le indicazioni del CTS", ora il coordinatore del CTS (che la mascherina non riesce a tenerla su) alza le mani dicendo "noi abbiamo solo dato pareri, è il ministero che redige le linee guida" (https://www.camera.it/leg18/1132?shadow_primapagina=10699). Miozzo pensava ad una audizione, invece gli è toccato correre il gauntlet, esercizio a cui evidentemente non era preparato. Al minuto 1.31 del video l'esemplare intervento di Marco Bella, che non ha bisogno di commenti.

martedì 16 giugno 2020

MODELLI, ANCORA




In tempi ormai lontani mi ricordo una riunione di gruppo di lavoro in cui si iniziò a parlare di modelli per un processo chimico dallo scale up particolarmente rognoso. Quello che oggi si chiamerebbe il Team Leader ad un certo punto disse: "Ok, ma queste due-tre settimane di lavoro sul modello produrranno grafici e tabelle o forniranno soluzioni?"
(si parlava di Design Of Experiments, o DOE che dir si voglia, https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/duro-o-morbido-dove-non-si-parla-di.html).
Furono prodotte soluzioni, all'epoca.
I modelli a cui ho lavorato negli anni sono sempre stati descrittivi ed avevano due caratteristiche: dati sperimentali ne delimitavano il perimetro di definizione e l'influenza dei parametri considerati veniva pesata, sempre a partire dai dati sperimentali.
La scelta dei parametri da osservare, in questo campo, era vitale: una scelta inopportuna poteva portare ad un'elaborata dimostrazione dell'ovvio, con una scelta intelligente si potevano avere sorprese, e scoprire che parametri creduti importanti in realtà non avevano alcun impatto. Nella scelta era di primaria importanza la capacità di osservazione dell'esperimento, un qualcosa di difficilmente schematizzabile (e quindi difficilmente schematizzabile da un algoritmo).
Per farla facile, i punti chiave erano
1) dati solidi
2) efficiente analisi dei dati
3) Nessuna estrapolazione: non ti avventuri nello spazio oltre i dati disponibili.

L'enfasi era quindi sul potere descrittivo, e nessuno pensava al potere predittivo (inteso come il potere di prevedere risultati nel citato spazio al di fuori dei dati disponibili, perché con un set limitato di dati sperimentali la previsione di quel che succedeva nello spazio preso in esame era mediamente eccellente). Quindi il fatto che le previsioni siano sopravvalutate per me è sempre stato piuttosto scontato (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/05/sopravvalutare-le-predizioni.html).

Quindi arriviamo a COVID19 in Italia e modelli. Tutti si sono concentrati sulle predizioni, ma quanto a potere descrittivo?
Dati solidi non ce n'erano, loro analisi non se ne sono viste ed è stato fatto un numero impressionante di assunzioni ("assumiamo che questo parametro sia importante", "assumiamo che il valore di questo parametro sia x").
Tirate le vostre conclusioni.

Il modellista "puro" dei nostri tempi presta mediamente poca attenzione ai dati, al processo che li genera, alla loro qualità. E il suo ruolo non prevede capacità di osservazione del fenomeno: quella è roba da sperimentali. Ma se si parla di scienze galileiane il dato e le modalità impiegate nell'ottenerlo sono il cardine del processo.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...