lunedì 5 ottobre 2020

TRATTATIVA POLITICA?

 
S'è capito che nella gestione della pandemia prevale la ragion politica? Sì.
Credo che anche Guido Silvestri l'abbia capito, e da tempo.

" Leggo ora della decisione del governo di rendere obbligatorie le mascherine all'aperto (ma ammetto di non sapere i dettagli del provvedimento) -- a questo punto, cercando d'essere ottimista a tutti i costi, interpreto questo provvedimento come un segno della loro forte volontà di evitare nuovi lockdowns, ed invito tutti a stringere i denti e mettersi 'sta benedetta mascherina anche dove non servirebbe, se questo è il modo per tenere aperte scuole, uffici, fabbriche, servizi, chiese e la società tutta."

Cosa stia succedendo nel governo lo sa Iddio. I 5* sembrano in pieno disfacimento, e una forza politica in pieno disfacimento non si sa cosa sia disposta a fare per garantire la propria sopravvivenza. C'è una dialettica in corso sul prossimo DPCM? Di sicuro. E di sicuro coinvolge anche il CTS.
Accetto la mascherina all'aperto 24/24 così non rimetti il lockdown è un approccio politico. Un approccio politico che non condivido, ma un approccio politico.
Non lo condivido minimamente perché crea un precedente.
Accetto X inutile o inefficace purché si tenga aperto tutto potrebbe portare, e in tempi brevi, a "accetto l'obbligo del vaccino Y, di scarsa efficacia e utilità, purché si tenga aperto tutto.
Ai malati in terapia intensiva e ai soggetti in quarantena importa poco della popolarità del Presidente del Consiglio, ma le scelte di quest'ultimo influiscono pesantemente sulle loro sorti.
E quando leggo di ipotesi di coprifuoco ed esercito in strada, beh... penso che qualcuno sia guidato dall'idea "Fare lo sceriffo ha funzionato per De Luca, funzionerà anche per me". Perché che "è come a febbraio, è come a marzo" è un clamoroso falso.



sabato 3 ottobre 2020

COVID-19, I FARMACI - NEGAZIONISMI CHE VANNO E VENGONO


 
 
Dunque, finalmente abbiamo saputo dal Corriere che in Italia per trattare i pazienti COVID si usano desametasone, eparina e remdesivir, ma remdesivir non ce ne è (https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/20_settembre_30/coronavirus-come-si-puo-curare-oggi-l-infezione-poche-opzioni-efficaci-c74c8442-0169-11eb-af0b-6e1669518b1a.shtml?appunica=true)

Visto che pare vada di moda "L'avevo detto, io", mi accodo. Qua sopra si è parlato per la prima volta di remdesivir il 26 gennaio (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/01/coronavirus-vaccini-che-non-lo-sono-e.html). Nessun merito mio, era stata NIAID a pescare Gilead e remdesivir per contrastare il coronavirus cinese.
Quando Remdesivir ha avuto l'EUA da FDA in molti sono arrivati con "tu l'avevi detto". Ma il punto non era quello, il punto era che allo stato dell'arte di febbraio remdesivir appariva come una delle migliori opzioni, per quanto non approvato. E in un'emergenza come quella che abbiamo avuto tra febbraio e aprile non c'era da dire "aspettiamo e vediamo", ma da usare ogni miglior opzione disponibile, invece remdesivir è stato messo al guinzaglio, con l'uso compassionate velocemente rimpiazzato dalla decisione di AIFA di confinarlo ai trial clinici (quelli con competenze precliniche ad AIFA pare si siano estinti prima dell'inizio del nuovo millennio).
Il fatto che l'antivirale poi abbia avuto l'EUA e in Europa la CMA non c'entra. C'era la migliore opzione, ma perlopiù sono state usate le peggiori (lopinavir in testa). Miglior gestione della pandemia di questo par di sfere.

"Abbiamo soltanto santo cortisone", dichiarava Ippolito (Spallanzani) in TV pochi giorni fa.
Il ministero e tutta la comunicazione scientifica italiana, a cominciare dal pattume delle grandi testate, era allineato su questa posizione, fino a settembre.
Ovviamente questa posizione è stata immediatamente travasata nel "dibattito". "Non esistono terapie efficaci, né esisteranno a breve" spuntava in continuazione, qua e là (e probabilmente continuerà a spuntare).
Se FDA approva remdesivir, l'ha fatto su ordine di Trump. Un 30% di riduzione del tempo di guarigione diventa 15%, 3%, niente.
Già gli anticorpi monoclonali venivano ignorati o occasionalmente ridotti da qualche disgraziato a barzelletta , e questo anche a partire da soggetti che per professionalità o carriera qualcosa in materia dovrebbero saperla.
Ma poi Trump si è preso il COVID, è stato trattato con remdesivir e con il combo di anticorpi Regeneron (in fase III, non ancora approvati) e apriti cielo...
Apro twitter e cosa leggo, ritwittato da un ex presidente di Cochrane Italia?
"Language matters. Saying they gave him the polyclonal antibodies as a "precautionary measure" implies a known benefit and is wrong, wrong, WRONG. Correct language is: They gave the patient an experimental drug that could benefit, harm or kill him."
"Le parole sono importanti. Dire Che gli hanno dato gli anticorpi policlonali come misura preacuzionale implica un beneficio conosciuto ed è sbagliato, sbagliato, SBAGLIATO. E' corretto dire: hanno dato al paziente un farmaco sperimentale che poteva avere un beneficio, danneggiarlo o ucciderlo"
Anticorpi "policlonali"??? Danneggiarlo o ucciderlo???
Come se le tossicologie ufficiali su due specie animali prima di passare all'uomo non si facessero. Come se la fase I, che serve a determinare dosaggi accettabili e farmacocinetica fosse fatta per sport.
(gli anticorpi monoclonali Regeneron sono quelli su cui si punta di più, ma un primo sguardo ai dati, provenienti da un decimo dei pazienti arruolati offrono una mixed view: potrebbero funzionare in prevenzione ma non in terapia, però è presto per dire qualsiasi cosa https://cen.acs.org/biological-chemistry/infectious-disease/Regeneron-offers-early-look-COVID/98/i38?utm_source=Twitter&utm_medium=Social&utm_campaign=CEN)
E su Lancet pioggia di lettere, a partire da medici americani che difendono con le unghie e con i denti il primo trial su remdesivir, quello cinese, per dire "non funziona", suscitando un mezzo vespaio che si conclude con gli sperimentatori cinesi che si producono in una risposta furbastra, spiegando la diversità dei risultati nei i trial americani con "la diversità genetica dei pazienti" (https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32015-8/fulltext). Ora, dato che remdesivir è un profarmaco, è possibile (possibile) che negli asiatici ci sia una minore espressione degli enzimi che lo convertono nella sua forma attiva, ma è una di quelle cose che prima di scriverle su una lettera a Lancet uno dovrebbe avere il suo bel pacchetto di evidenze sperimentali.
Ah, la tendenza remdesivir su twitter era al 90% quattro passi nel delirio, ma quello peso.
E il livello è esattamente questo, né più né meno.
 

giovedì 1 ottobre 2020

LA CURVA, LA NARRAZIONE E A VOLTE RITORNANO (IL 2017)

 

Cioè la polarizzazione, e la polarizzazione sulla polarizzazione. Con tutte le conseguenze del caso.
Se tu dici che Speranza parla degli anticorpi TLS a tutti ignoti, mentre ce ne sono due in fase III su cui tace, ti dicono che la pagina è diventato un tabloid gialloverde.
Se riproponi due conti sull'insensatezza della diagnosi COVID differenziale tramite vaccino antiinfluenzale, sei un novax.
Se critichi pinco che ritaglia ad hoc pezzettini di grafico sei volgare.
La cosa buffa è che le carte sono state rimescolate e ora fieri vaccinoscettici e vecchi antiburioniani li ritrovi fianco a fianco alle più logore ciabatte del frontismo proscienza a tener su gli striscioni sotto chi dice "lockdown subito!" o "gli allarmisti non esistono".
Piccolo particolare: 2017? I'm born with it...

I dati hanno una loro forza, le previsioni del poco prevedibile no. Gli orfani della crescita esponenziale di agosto, profetizzata e mai vista, fanno molta fatica ad elaborare il lutto.
Oggi siamo a "ok la crescita non è stata esponenziale ma è costante". E se smetterà di essere costante dopo un mese sarà "Ok, non è costante ma...".
Ma.
C'è sempre un "ma". E c'è sempre un però.
Le famose tre T sono tre, non due e mezzo. Sarebbero Test Trace Treat. Però... sento in giro la tesi: i farmaci esistenti e in sviluppo non cambieranno il quadro e non alleggeriranno il carico sulle terapie intensive.
Curioso.
Perché se qualcosa riduce del 30% il tempo di guarigione (nella peggiore delle ipotesi) a regola le terapie intensive le alleggerisce. Poi magari ci sono imperscrutabili misteri per cui invece dovrebbe accadere il contrario. Ma lo si vada a dire ai 200 in intensiva, che i migliori farmaci in circolazione non servono, o ai loro familiari.
In realtà altro che social distancing e misure preventive, quello che molti hanno interiorizzato sul serio, nel mondo dell'informazione e della comunicazione, è De Lorenzo 1992: i bisogni sanitari sono funzione del budget (e non l'inverso), nel santo nome della sostenibilità della spesa, sempre sia lodata, amen e gloria.
Ora guarda caso la pandemia produce un'impennata del bisogno sanitario, ma il budget resta quello che è, del tutto anelastico, e l'ombra di quel che era dieci anni fa.

E' facile notare come gli ex "non c'è problema" di gennaio-febbraio siano diventati gli "allarmisti" di oggi. Qual'è il senso del processo? Facile. Seguire gli orientamenti governativi.
E' per questo che si assiste al deprimente spettacolo che è offerto dall'informazione sulla pandemia dei grandi media. E anche certa comunicazione medico-scientifica pare un pezzo avanti nel trasformarsi ne "la simpatica voce del governo", apolitica, apartitica, aconfessionale etc...
il problema era eminentemente politico, fin dall'inizio. E politicamente va affrontato.

COVID-19: ANTIVIRALI E LORO PROSPETTIVE

https://cen.acs.org/pharmaceuticals/drug-discovery/Pfizers-novel-COVID-19-antiviral/98/web/2020/09

In una patologia indotta da un'infezione virale un'antivirale serve? Vedete un po' voi...
Al momento gli antivirali contro SARS-CoV-2 sono 3: remdesivir, che è alla fine del percorso di approvazione, e MK-4482, che invece è ancora in fase di sperimentazione clinica (quindi non sappiamo come andrà a finire). Sono entrambi inibitori di RdRp, la proteina che il virus usa per duplicare il proprio genoma. Inibendola si blocca quindi la replicazione virale.
Le soluzioni antivirali ottimali però mirano a almeno due diverse proteine del virus: in questo modo si minimizza il rischio di insorgenza di mutazioni indotte dall'agente antiinfettivo e magari si aumenta anche l'attività antivirale complessiva.
Classicamente il bersaglio preferito dopo le proteine che provvedono alla replicazione del genoma sono le proteasi dei virus, indispensabili al processo di "maturazione" dei nuovi virioni (lo stracitato e, quest'anno, malamente usato lopinavir come inibitore della proteasi di HIV funziona alla grande).
Ma da mesi con gli inibitori di proteasi di SARS-CoV-2 marcava male. Una certa attività da gruppi accademici aveva prodotto composti poco attivi o evidenti vicoli ciechi quanto a ottimizzazione di struttura/attività.
Ora si scopre che Pfizer (chi l'avrebbe mai detto) aveva la sua collezione di composti attivi prodotta  ai tempi della SARS, e che ci hanno messo mano, tirando su a tempo di record un profarmaco (un estere fosforico) del loro vecchio PF-00835231, inibitore della proteasi di SARS-CoV, che è risultata avere il sito attivo di fatto identico a quello della proteasi di SARS-CoV-2.
E così il primo inibitore di proteasi di SARS-CoV-2 ha cominciato il percorso delle sperimentazioni cliniche. Vada a finire bene o male, resta un primo passo importante.

Ah, a proposito di antivirali... leggo, su remdesivir, che non è risolutivo, quindi niente. Ci si lamenta dei numeri delle terapie intensive ma qualcosa che riduce il tempo di permanenza in terapia intensiva di un terzo (o, in prospettiva, un combo che lo riduce del 50%) non interessa, no grazie, non si compra nulla, sa, cercavamo la compressa da 50 cent che si prescrive al paziente a casa e che risolve il tutto in 24 ore... complimenti vivissimi.

(Repetita, sui giornali avete letto che alla Regia Accademia  di Farmacologia di Vergate sul Membro hanno visto che il viagra funziona in vitro contro COVID a concentrazioni 40 uM? Mi interessa poco. Chiedetevi semmai perché non c'era questo).


mercoledì 30 settembre 2020

COVID, IL-6/JAK E TRIAL CLINICI

 


La mia impressione è che quando si parla di trial per trattamenti contro COVID ci sia un problema di fondo: difficile arruolare gruppi omogenei di pazienti su cui un trattamento standardizzato produca effetti netti e statisticamente significativi. O se volete, difficile individuare un regime standardizzato che produca effetti netti e statisticamente significativi nella eterogenea popolazione dei pazienti COVID ospedalizzati.
Non riesco a spiegarmi altrimenti le vicende di tocilizumab: nel trial COVACTA non riesce a raggiungere gli endpoint, nel trial EMPACTA invece sì (https://www.fiercepharma.com/pharma/roche-s-actemra-helps-covid-19-patients-stay-away-from-ventilation-despite-earlier-trial), anche se i risultati non sono eclatanti.
Gli esiti di COVACTA e il fallimento di sarilumab mettevano in dubbio la prevalenza dell'asse IL-6/JAK/STAT nella patologia dei pazienti COVID gravi.
Per quello che può contare la mia opinione, era ancora presto per cestinare l'ipotesi (il quadro complessivo era ancora troppo concordante, per farlo).
Ora non solo i risultati di EMPACTA cambiano la prospettiva, ma soprattutto il trial NIAID baricitinib/remdesivir ha cominciato a fornire dati, e vengono annunciati risultati positivi (decisamente positivi): l'endpoint primario era una riduzione del tempo di guarigione rispetto al solo remdesivir, e si annuncia che è stato raggiunto (vedremo poi i dati, di cui si annuncia la pubblicazione https://investor.lilly.com/news-releases/news-release-details/baricitinib-combination-remdesivir-reduces-time-recovery).
Baricitinib, per chi non si ricorda le puntate precedenti, è uno dei due inibitori JAK che sono stati usati su pazienti COVID gravi (l'altro è ruxolitinib).
Mi ricordo di quando a marzo persona informata dei fatti mi passava alcuni casi, e in uno con la combinazione baricitinib/remdesivir era stato ripreso per i capelli un paziente gravissimo destinato a morte certa.
Quindi le prospettive sul fronte trattamenti continuano a migliorare (e l'ipotesi della prevalenza dell'asse IL-6/JAK/STAT regge).
Che poi in Europa questi trattamenti diventino disponibili, come abbiamo visto, è tutto un altro paio di maniche.
(Ah, sui giornali avete letto che nell'Università Z di Cessolandia in vitro hanno visto che la zampa di lucertola funziona contro COVID? Mi interessa poco. Chiedetevi semmai perché non c'era questo).

lunedì 28 settembre 2020

CHE FINE HA FATTO SOLIDARIETA'?

Ve lo ricordate SOLIDARITY, il trial OMS?
E' sparito dalla scena, a quanto pare.
I bracci erano:
Idrossiclorochina
Lopinavir/Ritonavir
Lopinavir/Ritonavir + interferone
Remdesivir

Idrossiclorochina è stato sospeso a giugno, per evidente mancanza di benefici, ma solo nei pazienti ospedalizzati. Continuano a sperare nei non ospedalizzati?
Lopinavir/Ritonavir è stato sospeso a luglio, anche qua evidente mancanza di benifici.
Silenzio tombale su Lopinavir-interferone e remdesivir.

 
Se idrossiclorochina un razionale, andando a cercare bene, lo poteva avere (IL-6), Lopinavir è stata la vicenda più allucinante che io abbia mai visto. Centinaia di migliaia di pazienti dosati, senza risultati, perché uno studio osservazionale su un piccolo campione ai tempi della SARS aveva rilevato possibili benefici.
Quando il virus è stato isolato, a febbraio, i valori dell'attività in vitro di lopinavir erano tali da farlo immediatamente scartare. E invece si è continuato per mesi e a quanto pare si continua ancora, in combinazione con l'interferone (a quanto pare la comunità medica internazionale nel rational drug development non ci crede neanche un po').
Davanti a questo incredibile fuoco di fila più d'uno si è chiesto di quanto tempo abbiamo accelerato la comparsa di ceppi di HIV resistenti a lopinavir (cose che possono succedere, di solito, quando cominci a usare grandi quantità di antiinfettivi a gonadi di loppide maschio). Già perché Lopinavir è un AntiRetroVirale usato contro HIV. Ricordo che in aprile Magrini, direttore di AIFA, voleva farlo prescrivere dai medici di base ai malati covid a casa, Lopinavir (e già eravamo un pezzo avanti, quanto a cognizioni su strumenti terapeutici vecchi e nuovi).
Per carità, in primavera in tutto il mondo spuntavano medici che trattavano pazienti a casaccio con laqualunque. Ma lopinavir è stata una cosa istituzionale e perlopiù propria delle istituzioni mediche (ancora a fine aprile figurava nei protocolli della SIMIT).

Ho scritto che questa pandemia ha visto sforzi e risultati inimmaginabili in tre-quattro mesi da parte della ricerca farmaceutica (e medica). Ma sono stati fenomeni, per quanto rilevanti, minoritari. La maggioranza stolidamente e cieca alle evidenze andava a lopinavir.
Probabilmente c'è chi pensa che questo episodio non costituisca un problema. Lopinavir costa poco, provarci comunque era doveroso (è così che si ragiona).

domenica 27 settembre 2020

DOVE LA SCIENZA FINISCE, INIZIA LA FANTASCIENZA (E IL GROTTESCO SELVAGGIO)

 

https://www.leggo.it/sanita/covid_virus_mutato_resiste_mascherine_distanziamento_lavaggio_mani_24_settembre_2020-5482758.html

Da non crederci. Vero che la metapandemia della comunicazione ci ha offerto di tutto, finanche il virus che viaggiava da nazione a nazione con lo spirar dei venti. Ma qua siamo un pezzo avanti.

Eh, il virus che muta... mutazioni sintetiche che non sopravvivono nel tempo, mutazioni che lo hanno reso innocuo, mutazioni così e mutazioni cosà e ora... 

E ora è definitivo: il virus acquisirà il gene del teletrasporto:

https://www.tpi.it/esteri/coronavirus-la-mutazione-resiste-a-mascherine-distanziamento-e-lavaggio-delle-mani-20200925671490/

Che la prima vittima della pandemia fosse stato il buonsenso s'era capito da gennaio. Oggi siamo al puro delirio, e impazza sui grandi media.


CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...