Dunque, finalmente abbiamo saputo dal Corriere che in Italia per trattare i pazienti COVID si usano desametasone, eparina e remdesivir, ma remdesivir non ce ne è (https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/20_settembre_30/coronavirus-come-si-puo-curare-oggi-l-infezione-poche-opzioni-efficaci-c74c8442-0169-11eb-af0b-6e1669518b1a.shtml?appunica=true)
Visto che pare vada di moda "L'avevo detto, io", mi accodo. Qua sopra si è parlato per la prima volta di remdesivir il 26 gennaio (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/01/coronavirus-vaccini-che-non-lo-sono-e.html). Nessun merito mio, era stata NIAID a pescare Gilead e remdesivir per contrastare il coronavirus cinese.
Quando Remdesivir ha avuto l'EUA da FDA in molti sono arrivati con "tu l'avevi detto". Ma il punto non era quello, il punto era che allo stato dell'arte di febbraio remdesivir appariva come una delle migliori opzioni, per quanto non approvato. E in un'emergenza come quella che abbiamo avuto tra febbraio e aprile non c'era da dire "aspettiamo e vediamo", ma da usare ogni miglior opzione disponibile, invece remdesivir è stato messo al guinzaglio, con l'uso compassionate velocemente rimpiazzato dalla decisione di AIFA di confinarlo ai trial clinici (quelli con competenze precliniche ad AIFA pare si siano estinti prima dell'inizio del nuovo millennio).
Il fatto che l'antivirale poi abbia avuto l'EUA e in Europa la CMA non c'entra. C'era la migliore opzione, ma perlopiù sono state usate le peggiori (lopinavir in testa). Miglior gestione della pandemia di questo par di sfere.
"Abbiamo soltanto santo cortisone", dichiarava Ippolito (Spallanzani) in TV pochi giorni fa.
Il ministero e tutta la comunicazione scientifica italiana, a cominciare dal pattume delle grandi testate, era allineato su questa posizione, fino a settembre.
Ovviamente questa posizione è stata immediatamente travasata nel "dibattito". "Non esistono terapie efficaci, né esisteranno a breve" spuntava in continuazione, qua e là (e probabilmente continuerà a spuntare).
Se FDA approva remdesivir, l'ha fatto su ordine di Trump. Un 30% di riduzione del tempo di guarigione diventa 15%, 3%, niente.
Già gli anticorpi monoclonali venivano ignorati o occasionalmente ridotti da qualche disgraziato a barzelletta , e questo anche a partire da soggetti che per professionalità o carriera qualcosa in materia dovrebbero saperla.
Ma poi Trump si è preso il COVID, è stato trattato con remdesivir e con il combo di anticorpi Regeneron (in fase III, non ancora approvati) e apriti cielo...
Apro twitter e cosa leggo, ritwittato da un ex presidente di Cochrane Italia?
"Language matters. Saying they gave him the polyclonal antibodies as a "precautionary measure" implies a known benefit and is wrong, wrong, WRONG. Correct language is: They gave the patient an experimental drug that could benefit, harm or kill him."
"Le parole sono importanti. Dire Che gli hanno dato gli anticorpi policlonali come misura preacuzionale implica un beneficio conosciuto ed è sbagliato, sbagliato, SBAGLIATO. E' corretto dire: hanno dato al paziente un farmaco sperimentale che poteva avere un beneficio, danneggiarlo o ucciderlo"
Anticorpi "policlonali"??? Danneggiarlo o ucciderlo???
Come se le tossicologie ufficiali su due specie animali prima di passare all'uomo non si facessero. Come se la fase I, che serve a determinare dosaggi accettabili e farmacocinetica fosse fatta per sport.
(gli anticorpi monoclonali Regeneron sono quelli su cui si punta di più, ma un primo sguardo ai dati, provenienti da un decimo dei pazienti arruolati offrono una mixed view: potrebbero funzionare in prevenzione ma non in terapia, però è presto per dire qualsiasi cosa https://cen.acs.org/biological-chemistry/infectious-disease/Regeneron-offers-early-look-COVID/98/i38?utm_source=Twitter&utm_medium=Social&utm_campaign=CEN)
E su Lancet pioggia di lettere, a partire da medici americani che difendono con le unghie e con i denti il primo trial su remdesivir, quello cinese, per dire "non funziona", suscitando un mezzo vespaio che si conclude con gli sperimentatori cinesi che si producono in una risposta furbastra, spiegando la diversità dei risultati nei i trial americani con "la diversità genetica dei pazienti" (https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32015-8/fulltext). Ora, dato che remdesivir è un profarmaco, è possibile (possibile) che negli asiatici ci sia una minore espressione degli enzimi che lo convertono nella sua forma attiva, ma è una di quelle cose che prima di scriverle su una lettera a Lancet uno dovrebbe avere il suo bel pacchetto di evidenze sperimentali.
Ah, la tendenza remdesivir su twitter era al 90% quattro passi nel delirio, ma quello peso.
E il livello è esattamente questo, né più né meno.
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