La scorsa settimana abbiamo parlato della confusione che era stata fatta parlando di vaccino antiebola riguardo a remdesivir, e abbiamo riportato come Gilead avesse iniziato a lavorare con NIH sul problema 2019-nCoV.
Sul New England Journal of Medicine (https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2001191) viene descritto il trattamento del primo caso su suolo americano.
Il paziente era stato trattato con antipiretici e antibiotici (vancomicina, argh), ma quando sono apparsi i primi sintomi di polmonite FDA ha autorizzato l'uso compassionevole di remdesivir, somministrato endovena. Nel giro di un giorno le condizioni del soggetto sono notevolmente migliorate ed è stata sospesa la somministrazione di ossigeno.
"I precedenti rantoli bilaterali dei lobi inferiori non erano più presenti. Il suo appetito è migliorato ed era asintomatico a parte tosse secca intermittente e rinorrea. Al 30 gennaio 2020 il paziente rimane ospedalizzato.Non ha febbre, e tutti i sintomi si sono risolti con l'eccezione della tosse, che sta diminuendo di intensità."
A dimostrazione che i trattamenti con una base razionale possono avere risultati migliori di quelli che una base razionale non la hanno. E' un singolo paziente quindi il dato è poco significativo. Ma è comunque qualcosa, ed è incoraggiante, tanto che Gilead ha annunciato che presenterà a FDA la pratica di approvazione di remdesivir con nuove indicazioni: SARS, MERS, 2019-nCoV (invece che Ebola).
E a dimostrazione anche di un'altra cosa: la farmacocinetica è importante. Remdesivir su Ebola funziona, in vitro. Ma nell'uomo i risultati sono deludenti: evidentemente il farmaco non riesce a raggiungere concentrazione abbastanza efficace nele parti dell'organismo più colpite dal virus. Con 2019-nCoV e somministrazione IV, per fortuna, sembra che così non sia.
(Ringrazio di nuovo Stefano Cervigni, che continua a passarmi link rilevanti sullo sviluppo della situazione)
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