giovedì 4 marzo 2021

ARTI PERDUTE (E PRATICHE CORRENTI)

 


E' stato ormai parecchio tempo fa che per la prima volta ho sentito parlare della cristallizzazione come "un'arte perduta".
Questa definizione si è alla fine ritrovata istituzionalizzata: "L'affidarsi eccessivamente alle purificazioni cromatografiche in ambiente accademico ha reso la cristallizzazione una specie di arte perduta, una che deve essere reimparata nell'industria" (Caron, "Practical Synthetic Organic Chemistry: Reactions, Principles, and Techniques", 2011). Riguardo a cromatografia e accademia qualcuno ha tirato fuori un video divertente (https://twitter.com/i/status/1365360452449038342). Quello che vedete all'inizio è un'analisi di una miscela di reazione tramite cromatografia su strato sottile (Thin Layers Chromatography, TLC). La macchia a destra è il riferimento, il reagente di partenza, le macchie a sinistra invece sono la miscela di reazione, e come vedete ci sono due macchie principali che non corrispondono al reagente: due prodotti di reazione, ad occhio 50:50. Come separarli? Si fa la stessa cosa che è è stata fatta con lastrina per TLC (che è coperta di silice), ma di solito in grande (per piccole quantità dell'ordine dei milligrammi si può usare la TLC preparativa, con lastre più grandi coperte da uno strato più spesso di silice). Si riempie di gel di silice saturato di un solvente o miscela di solventi appropriata una colonna di vetro con un rubinetto in fondo, dopodiché si carica in testa il concentrato della miscela di reazione e si comincia ad aggiungere solvente, raccogliendo dal rubinetto in fondo quello che esce, a aliquote. Nella colonna succede all'incirca quel che succede sulla lastrina TLC, e quindi ci saranno alcune aliquote di quello che è stato raccolto (l'eluato) che conterranno solo una delle due macchie, altre che conterranno solo l'altra (se le colonna è stata fatta bene).
Ecco, a livello industriale se ti ritrovi a caricare cento chili di terra di diatomee in una colonna d'acciao alta alcuni metri o hai fallito e sei alla disperazione oppure il tuo prodotto vale più del platino. Quel che si fa è ottimizzare la reazione per avere prevalentemente un unico prodotto, e poi si compiono varie operazioni per ottenerne la cristallizzazione. Alla fine nel vostro reattore avrete una miscela agitabile di cristalli e solvente, che potrete scaricare in un filtro o in una centrifuga (filtro-centrifuga) separando il solido cristallino dal liquido (acque madri).Ecco, questo ormai ben difficilmente viene insegnato nelle università.
Tutto ciò fa pensare a quel che succede quando l'industria tende a sparire.
Viene sistematicamente ignorata la perdita di know how correlata al declino industriale, e non solo in Italia, ma in tutta Europa il declino della chimica farmaceutica negli ultimi 15 anni è stato inesorabile. In Italia forse di più, visto che nel 2008 il solo polo farmaceutico laziale viaggiava su un fatturato di sette miliardi, mentre oggi gli iscritti ad Aschimfarma fatturano complessivamente 4 miliardi.
La vetusta retorica "non abbiamo più saldatori, i giovani non vogliono fare questo mestiere" era completamente fuori bersaglio, ma partiva da un problema reale: già 30 anni fa formare nuovi saldatori non era banale, ancora meno trovarne di già formati.
Gli impianti chimici, come altri, nascevano dotati di officina, che si occupava di riparazioni, modifiche, carpenteria metallica etc. Il capo officina che andava in pensione spesso costituiva un problema, dovuto alla perdita del suo saper fare.
E la stessa cosa può capitare in un laboratorio di ricerca.
Le riduzioni di personale, che hanno come sempre colpito in primis la fascia più costosa, cioè quella con maggiore anzianità lavorativa (dai 45 in su, in genere), hanno sempre provocato un perdita netta di know how. Mi ripeterò: ho visto laboratori deserti ripopolati da neaolaureati (pochi), e li ho visti perdere l'80% del loro tempo a reinventare la ruota.
Il know how industriale cammina sulle gambe delle donne e degli uomini che hanno accumulato esperienza nel settore. Se non viene trasmesso è perso, se non viene trasmesso servono anni e anni a ricostruirlo, se si riesce a ricostruirlo (e non è detto).
Di solito al senso comune e ai media piace dipingere il progresso tecnico-scientifico con un andamento linearmente crescente, ma le cose non stanno esattamente così.
La prima volta che che lessi di un'arte definitivamente perduta fu a metà anni 90, su Chemical And Engeneering News. Qualcuno, per l'ennesima volta, partendo da nuove analisi su un pezzo antico, aveva provato ad ottenere acciaio damasceno. E per l'ennesima volta aveva fallito.
Oggi l'acciaio damascato si fa con la tecnica della pasta sfoglia trasferita nella metallurgia. E continua a non essere la stessa cosa di quello dei tempi remoti

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