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Inutile girarci attorno: c'è un'area di opinione, ben radicata anche nelle istituzioni mediche e nel governo della sanità del paese che quanto a COVID è fortemente contraria all'uso nelle terapie ospedaliere di farmaci ancora sotto brevetto.
In soldoni il concetto che passa è con la pandemia l'unica ricetta è e sarà lockdown e vaccini (e a primavera 2021 possiamo tranquillamente dire che con questi strumenti da noi andrà mooolto per le lunghe a bodycount per casi invariato).
Corollario di questo postulato è: gli antivirali con SARS-CoV-2 sono inutili, si tratti di biologici (mAb) o piccole molecole (remdesivir l'unica approvata da FDA e la più discussa, molnupiravir in avanzata sperimentazione clinica e incrociamo le dita per l'inibitore di proteasi virale Pfizer). Sono inutili perché la gente al 95% guarisce da sé. Però il rimanente 5% ha messo in ginocchio mezzo mondo...
Sono inutili anche perché in un anno è diventato diffusissimo un grafico che collega carica virale misurata con tampone nasale con le fasi della patologia, che in pratica afferma che quando si arriva alla polmonite la carica virale è irrelevante.
A parte ricordare il famoso caso 1 di Codogno (paziente con la polmonite e decisamente infettivo) questa tesi, o meglio le conclusioni che ne vengono tratte confliggono con una serie di dati clinici. Dal primo case study su remdesivir passando per gli studi osservazionali del marzo 2020 fino all'annuncio dei risultati di ACTT-1 era abbastanza evidente che nelle prime fasi della polmonite abbassare la carica virale migliorava il quadro. E da ACTT-3 risultava che nelle polmoniti più gravi (pazienti bisognosi di alto flusso di ossigeno) aggiungere azione antivirale a quella contro la tempesta citochinica migliorava il quadro, di nuovo.
Le sacrosante considerazioni di Michele di Mascio, la cui lettura è più che consigliata, sono un benchmark dell'abisso culturale tra USA e Europa nell'approccio al problema pandemico. E l'approccio europeo si è dimostrato quello perdente, ma viene difeso con le unghie e con i denti. Per quali motivi ormai dovrebbe averlo capito chiunque (se non ci si arriva: la ricetta europea è fondata sulla sostenibilità della spesa).
E a proposito di antivirali, è stata svelata la struttura di PF-07321332 (https://cen.acs.org/acs-news/acs-meeting-news/Pfizer-unveils-oral-SARS-CoV/99/i13?utm_source=ACSNews&utm_medium=ACSNews&utm_campaign=CENRSS ),
cioè dell'antivirale anti SARS-CoV-2 di sommistrazione orale Pfizer che ha iniziato la fase I da poco (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2021/03/covid-pfizer-ritenta-con-gli-inibitori.html).
La cosa curiosa e degna di nota è la trifluoroacetamide terminale a sinistra, che pare determinante (in modo imprevedibile) per le sue buone proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche.
Visto che c'è chi dice "in pochi mesi questo e quello", traduco:
"I primi 7 mg del composto sono stati sintetizzati alla fine di giugno 2020. Incoraggiata dai primi dati biologici, la squadra Pfizer ha iniziato a scalare la sintesi. Alla fine di ottobre erano stati prodotti 100g del composto e due settimane dopo la sintesi era stat scalata per ottenere più di un chilo di composto. Owen ha detto che 210 ricercatori hanno lavorato sul progetto."
210 chimici (dell'industria) e 4 mesi per avere 1 chilo di prodotto.
Ci pensi chi, ritenendo che lo sviluppo farmaceutico sia l'isola che non c'è, sostiene che in pochi mesi da zero si possono produrre centinaia di milioni di dosi di qualcosa e che il problema sono i brevetti.
E ricordatevi che c'è chi pensa che tutto questo lavoro non serva a niente.
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