venerdì 7 gennaio 2022

CHI HA PAURA DEL VACCINO?

Di Maddalena Loy, giornalista, Elena Dragagna, avvocato, Maria Luisa Iannuzzo, medico legale, Maurizio Rainisio, statistico, Francesca Capelli, sociologa e scrittrice, Remo Bassini, scrittore e giornalista, Thomas Fazi, giornalista e saggista, Gilda Ripamonti, giurista, Marilena Falcone, ingegnere, Maria Sabina Sabatino, storica dell'arte, Luciana Apicella, giornalista, Elena Flati, nutrizionista, Ugo Bardi, chimico, Maurizio Matteoli, pediatra, Clementina Sasso, astrofisica, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica 
 
Il dibattito pubblico si sta infiammando sempre di più intorno al tema della campagna di vaccinazione.
Esattamente un anno fa l'Italia aveva chiarito la propria posizione ufficiale: il vaccino sarebbe stato gratuito e non obbligatorio (1). Tuttavia, alcuni rappresentanti delle istituzioni avevano già allora più o meno esplicitamente anticipato che la volontarietà della vaccinazione sarebbe stata condizionata dal raggiungimento della cosiddetta “immunità di comunità”, o di gregge. Qualora questa non fosse stata raggiunta, compatibilmente con i tempi di distribuzione del vaccino, si sarebbero verificate, a dir loro, le condizioni per promuovere l'obbligo vaccinale o, in alternativa, gli incentivi alla vaccinazione (2).
Questa seconda alternativa, definita “spinta gentile” (in inglese, “nudge”) avrebbe portato ad alcune iniziative come l'istituzione di un “passaporto vaccinale” così da “consentire” ai vaccinati di tornare a partecipare pienamente alla vita pubblica (prendere un treno o un aereo, assistere a un concerto) o addirittura ottenere una riduzione nei tempi di accesso a prestazioni sanitarie non salvavita (3). Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, dichiarò per primo: "La Campania darà una card a tutti i cittadini vaccinati. Ci auguriamo che i cittadini la possano esibire per andare al cinema, al ristorante con più tranquillità avendo la certificazione di avvenuta vaccinazione” (3bis).
Tra i due estremi di chi attendeva con trepidazione l'arrivo del vaccino e chi, dall'altra parte, rifuggiva non soltanto l'obbligo vaccinale ma il vaccino stesso (i cosiddetti “no-vax”) è da sempre esistita una vasta zona grigia che si è sempre posta domande.
Esistono diversi fattori che portano gli autori di questo documento a ritenere che l'obbligo non sia efficace e corretto. Tali fattori attingono alle seguenti aree di competenza:
- etica
- epidemiologica e statistica
- giuridica
L'eventualità di rendere la vaccinazione contro il Covid-19 obbligatoria è stata esaminata, nel mondo, già da diversi mesi.
Il 7 dicembre 2020, annunciando lo sbarco del vaccino negli Stati Uniti, l'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva chiarito che la strada della “scelta informata” e delle “campagne d’informazione” sarebbe stata senz’altro preferibile a quella dell'obbligatorietà, “soprattutto per questo vaccino”.
“L’obbligo imposto con il fine di migliorare la copertura vaccinale in un Paese a volte ha raggiunto il risultato opposto”, aveva spiegato Kate O’ Brien, direttrice del Dipartimento Immunizzazione e Vaccini dell’OMS (4), secondo la quale “l’evidenza è che in realtà l’obbligo possa portare verso entrambe le direzioni”. Per O’Brien, sostanzialmente, non ci sarebbe stato neanche bisogno di imporlo, “perché la maggior parte delle persone chiede questo vaccino, vuole questo vaccino”.
L'importante rivista scientifica JAMA ha affrontato il discorso sull'obbligo lo scorso 29 dicembre 2020, partendo proprio dalla problematicità della procedura di autorizzazione delle autorità regolatorie che approvano i farmaci (ricordiamo che in USA l’unico vaccino “approvato” da Fda è quello Pfizer per gli over 16, tutti gli altri hanno EUA - autorizzazione di emergenza-. In Ue, e quindi in Italia, i vaccini di qualsiasi casa farmaceutica e per qualsiasi fascia di età, hanno ricevuto da EMA solo autorizzazione “condizionata”, per quella standard occorrono anni).
“L'obbligo di vaccini Covid-19 nell'ambito di un'EUA (l’Autorizzazione ad Uso in Emergenza concessa dall’FDA ai due vaccini Pfizer e Moderna) – scrive JAMA - è giuridicamente ed eticamente problematico. L'obbligatorietà di vaccinazione non è giustificata perché un'autorizzazione di emergenza richiede meno dati di sicurezza ed efficacia rispetto all'approvazione completa (BLA - Biologics License Application). È verosimile che i cittadini possano diffidare dell'obbligo di vaccinazione in caso di uso di emergenza, considerandola come una ricerca medica in corso”. Così è avvenuto.
La Commissione USA per le pari opportunità di lavoro (EEOC) aveva stabilito sin dall’inizio che i datori di lavoro potessero richiedere i vaccini contro Covid-19 ed escludere i dipendenti dall’attività produttiva in caso di rifiuto. JAMA aveva circoscritto tuttavia a una serie di aree professionali (soprattutto medici e operatori sanitari) il possibile obbligo di vaccinazione. Quanto al turismo, incluso da JAMA tra le aree suscettibili, Gloria Guevara, presidente del World Travel and Tourism Council, aveva rilevato che imporre il passaporto vaccinale sarebbe equivalso a “uccidere il settore”, dato che peraltro sarebbero stati gli anziani, coloro che viaggiano di meno, ad essere vaccinati per primi nel mondo (5).
Al problema del turismo si è aggiunta a situazione dei cittadini stranieri e italiani residenti all’estero in Paesi che vaccinano con prodotti non riconosciuti da Ema e Aifa, come quelli russi e cinesi. A queste persone, che per lo Stato italiano sono equiparate a chi non ha ricevuto alcuna dose, le autorità sanitarie consigliano di farsi dosi supplementari di un vaccino riconosciuto, senza una reale evidenza medica, ma meramente burocratica. Risultato: diversi cittadini italiani che hanno già ricevuto un vaccino, ad esempio Sinopharm, nel loro Paese di residenza, hanno dovuto ricevere altre due dosi di vaccino - uno su tutti Pfizer - per rientrare in possesso di diritti fondamentali (libera circolazione, lavoro) soppressi senza vaccinazione. Questa disparità di trattamento ha esercitato una pressione sui governi di tali Paesi affinché cambiassero le loro politiche sanitarie e adottassero altri prodotti, con un’ingerenza inaccettabile nella sovranità di altri Stati.
Tornando a JAMA, nelle conclusioni, la rivista aveva preso in considerazione un’eventuale obbligatorietà del vaccino ad alcune condizioni: “la ricerca deve prima accertare se i vaccini prevengono il contagio o soltanto i sintomi della malattia”. Se non viene dimostrato che un vaccino riduce la trasmissione”, scriveva JAMA la base etica per renderlo obbligatorio viene indebolita. Secondo JAMA, qualsiasi certificazione o passaporto vaccinale avrebbe dovuto esplicitamente poter attestare garanzie di protezione contro il contagio da Covid-19. “L'obiettivo della comunicazione del rischio è informare sul processo decisionale, nel rispetto delle scelte individuali: gli obblighi alterano fondamentalmente questa dinamica, prevalendo sull'autonomia personale”. Più in generale, “non esistono meccanismi chiari per applicare l'obbligo di vaccinazione a livello di popolazione” (6).
In assenza di evidenze sull'efficacia della vaccinazione nel bloccare i contagi (li riduce ma non li blocca), è stato utilizzato come argomento a favore dell'obbligatorietà la necessità di non intasare ospedali e terapie intensive. Ma tale argomento non regge davanti a obiezioni sia di tipo giuridico (se si crea questo precedente, quale altro "sacrificio" potrà essere chiesto al cittadino per proteggere il sistema sanitario? Forse il suicidio assistito in caso di una malattia non guaribile che richiede assistenza costosa e occupa risorse in ospedale o sul territorio?) sia di tipo medico: inoculazioni tanto ravvicinate potrebbero provocare un aumento delle malattie autoimmuni e un numero crescente di effetti indesiderati con conseguente aumento di stress per il sistema sanitario e il welfare dello Stato.
Ricordiamo che un enorme recente studio di coorte danese di 4 931 775 individui di età pari o superiore a 12 anni, seguiti dal 1° ottobre 2020 al 5 ottobre 2021, pubblicato su BMJ, ha mostrato che la vaccinazione con mRNA-1273 (Modena) è stata associata a un rischio significativamente aumentato di miocardite o pericardite principalmente guidato da un aumento del rischio tra gli individui di età compresa tra 12-39 anni. Infatti vari paesi europei non vaccinano più con Moderna sotto i 30 anni. La vaccinazione BNT162b2 è stata associata a un rischio significativamente aumentato tra le donne. Fortunatamente il tasso assoluto di miocardite o pericardite dopo la vaccinazione SARS-CoV-2 mRNA è risultato relativamente basso (Husby, BMJ, 2021 -6a) ma gli studi sono ancora in corso e non si conoscono eventuali effetti collaterali a lungo termine.
Il 3/12 EMA ha reso pubbliche le considerazioni del PRAC sul rischio di miocardite e pericardite con i vaccini mRNA.
In breve le conclusioni sono che con il vaccino Pfizer il rischio di miocardite e pericardite nei giovani maschi è valutabile tra 26 e 57 su un milione; con Moderna è tra 130 e 190 per milione.
Vedendo la macroscopica differenza tra il rischio legato a Pfizer e quello legato a Moderna (l'incidenza di miocarditi o pericarditi sarebbe circa 5 volte superiore), potrebbe essere necessario riconsiderare l'uso di Moderna nei giovani maschi. Questo in particolare considerando l'accelerazione impressa a Moderna all’inizio di dicembre 2021 in Italia. Il numero di dosi di Moderna somministrate ai giovani maschi (età 12-29) è passato da circa 20% del totale dei mesi precedenti al 41% di dicembre (38.500 dosi Moderna contro 55.000 dosi Pfizer).
Il dibattito è stato sin dall’inizio molto acceso nei Paesi anglosassoni. Il Governo Britannico è finora l’unico che, dopo aver interrogato un gruppo di scienziati sull'etica della vaccinazione obbligatoria, ha pubblicato i documenti sul sito web del Parlamento (7), (😎, sollevando numerose polemiche. Il Governo UK ha dovuto precisare che non stava prendendo in considerazione la vaccinazione obbligatoria, anche se il Ministro della Salute, il conservatore Matt Hancock, non ha voluto escludere l’ipotesi (9).
La prestigiosa rivista BMJ (British Medical Journal) ha ospitato l’intervento del filosofo e bioetico australiano Julian Savulescu, direttore dell'Uehiro Center for Practical Ethics dell'Università di Oxford, sull’obbligo di vaccinazione. Savulescu ha suggerito un sistema di incentivi a ricompensa, anziché a punizione (10). Lo snodo è proprio questo: gli incentivi alla vaccinazione possono funzionare come sistema a premio, ma non a punizione, altrimenti si rischia di scendere su un piano pericoloso, che rischia di creare sacche discriminatorie tra cittadini. Il cosiddetto “patentino vaccinale” si presenta come un sistema “ad incentivi”, ma in realtà è a punizione, in quanto non offre una ricompensa al cittadino “virtuoso”, colui che si vaccina, ma sottrae diritti fondamentali e inalienabili (quello alla libera circolazione, o quello dell’accesso all’istruzione) al cittadino considerato meno virtuoso, creando un pericoloso precedente. Una tale previsione rischierebbe inoltre di eludere il principio costituzionale della responsabilità penale personale, per introdurre una sorta di responsabilità di categoria (quella dei “non vaccinati”), creando così un precedente normativo preoccupante perché estensibile in futuro ad altri contesti. Si configurerebbe una sorta di “reato d’autore”, ossia la punizione del reo per quello che è - ebreo, rom, musulmano, donna, comunista, anarchico, gay… - e non per quello che fa, pratica tipica dei totalitarismi e dei regimi teocratici, mentre nelle democrazie la sanzione è sempre esteriore, cioè riguarda i comportamenti e non le idee o le opinioni (anche il senso comune prevede che non si faccia il processo alle intenzioni) (10a).
Si noti, tuttavia, che non tutti la pensano come Savulescu: secondo Alberto Giubilini, Senior Research Fellow dello stesso Uehiro, “la vaccinazione dovrebbe essere obbligatoria, almeno per alcuni gruppi. Ciò significa che ci sarebbero sanzioni in caso di mancata vaccinazione, come multe o limitazioni alla libertà di movimento” (11).
Il concetto chiaro già allora fu che “c'è un dibattito su quale sia la soglia", come dichiarò Thomas Douglas dell'Università di Oxford. "Molti avvocati ed esperti di etica presumono che il diritto all'integrità fisica sia in qualche modo più fondamentale e più forte del diritto alla libera circolazione e associazione”. Il Nuffield Council on Bioethics aveva emesso delle Linee guida in cui sosteneva che i vaccini obbligatori sono accettabili solo quando la malattia in questione è estremamente mortale o se un Paese è molto vicino all'eradicazione completa della stessa. Secondo Hugh Whittall, direttore del Nuffield, "è difficile sostenere che la situazione attuale possa soddisfare questi criteri" (12).
Oggi, un anno dopo, men che meno.
Una recensione del noto epidemiologo John P.A. Ioannidis (professore della Stanford University che ha contribuito alla medicina evidence-based, all'epidemiologia e alla ricerca clinica) pubblicata ad ottobre nel Bulletin del WHO, aveva calcolato un IFR (Infection Fatality Rate, letalità per casi totali) medio di 0,23% (range 0-1,31%) in cinquantuno località del mondo (13). La Public Health England decise, già il 19 marzo 2020, di non annoverare il Covid-19 tra le malattie infettive ad alto rischio a causa del suo “tasso di letalità relativamente basso” (14).
Secondo Whittall, l'istituzione di un “passaporto vaccinale” sarebbe stata potenzialmente discriminatoria: "Sarà sempre preferibile informare le persone, incoraggiarle, al limite incentivarle, piuttosto che interferire con la loro libertà".
In Francia, il dibattito sull’obbligo della vaccinazione ha preso corpo già a fine 2020. Il 21 dicembre 2020, il governo presieduto da Jean Castex aveva presentato a sorpresa all’Assemblea Nazionale (la Camera dei Deputati francese) un disegno di legge (Projet de Loi n. 3714) intitolato “Istituzione di un regime PERENNE di gestione delle emergenze sanitarie” (15). Nell’articolo 3131-9, comma 6, l’esecutivo prevedeva che durante lo stato di urgenza sanitaria "il Governo possa (...) subordinare la circolazione delle persone, il loro accesso ai mezzi di trasporto o ad alcuni luoghi, oltre all'esercizio di determinate attività (...) a un trattamento preventivo, compresa la somministrazione di un vaccino o di un trattamento curativo”. Dopo le forti polemiche sollevate da maggioranza e opposizioni, il ddl fu ritirato. E ancora pochi giorni fa, il voto sul progetto di legge per l’istituzione del “pass vaccinale” è stato rimandato.
In Italia si era espresso a tale proposito il Consiglio Nazionale di Bioetica. Nelle indicazioni rilasciate del 27 novembre 2020, il CNB ritenne che “debbano essere fatti tutti gli sforzi per raggiungere e mantenere una copertura vaccinale ottimale, non escludendo l'obbligatorietà in casi di emergenza soprattutto per gruppi professionali maggiormente esposti all’infezione e alla trasmissione della stessa. Il Comitato auspica che tale obbligo “sia revocato qualora non sussista più un pericolo importante per la società e sia privilegiata e incoraggiata l’adesione spontanea da parte della popolazione” (16).
A livello epidemiologico l’eradicazione di SARS-CoV-2 è impossibile, considerando che il virus sopravvive in serbatoi animali, che è ormai chiaro che il vaccino protegge da malattia grave e morte dai sintomi ma non azzera la contagiosità (il cosiddetto “effetto sterilizzante”) e che i tempi esatti della durata della copertura vaccinale non sono noti.
A questo proposito, un’elaborazione effettuata sulla base dei dati ISS e ISTAT da marzo 2020 alla fine di dicembre 2021 per calcolare l’NNT (Number Needed to Treat, unità di misura epidemiologica per valutare l’efficacia di un trattamento medico o di un vaccino, su base annua), stima che per evitare il decesso una persona di 90 anni o più per un anno, bisognerebbe vaccinarne 55, mentre per evitare il decesso di una persona tra i 20 e i 29 anni per un anno, sarebbe necessario vaccinarne 139.000. Questo assumendo conservativamente un'efficacia del vaccino del 100%. Quindi, se si avessero a disposizione soltanto un milione di vaccini si dovrebbe decidere se salvare 18.000 novantenni (con questo la popolazione guadagnerebbe circa 54.000 anni di speranza di vita) oppure 7 ventenni (con questo la popolazione guadagnerebbe circa 400 anni di vita). Naturalmente, si tratta di un calcolo che non tiene conto di implicazioni etiche sull'importanza per la società e per il sentire comune di ciascuna vita, con implicazioni socioeconomiche diverse e tutte rilevanti.
Per comprendere le motivazioni giuridiche che portano ad escludere l’eventualità di un obbligo vaccinale o di soluzioni che contemplino una qualsiasi limitazione all’esercizio dei diritti è necessario partire da alcune importanti pronunce della Corte Costituzionale tra le quali, da ultima, la sentenza n.5/2018, senza perdere di vista il contesto in cui questa pronuncia si è espressa (17). Tale sentenza ha infatti riguardato tipologie di vaccini somministrati da almeno trent’anni nella popolazione in età pediatrica. In questo ambito e contesto specifico, la Corte ha affermato la legittimità dell’imposizione di un obbligo vaccinale laddove ricorrano determinati, specifici presupposti che, nel concreto, risiedevano nei dati relativi sia al forte calo delle coperture vaccinali raccomandate, anche a livello internazionale, sia ai rischi irrisori di reazioni avverse legati alla somministrazione di questi vaccini (dati da tempo consolidati nella comunità scientifica).
Più specificamente, nel caso esaminato dalla Corte, gli studi condotti in Italia prima dell’emanazione del D.L.73/20917 convertito in legge n. 119/2017 e, in particolare, i dati statistici sull’accesso alle terapie mediche, attestavano un progressivo calo delle coperture vaccinali rispetto alla soglia del 95% (18). La rilevanza di tale soglia era stata accertata da numerosi studi condotti a livello internazionale, la cui solidità aveva indotto l’OMS a raccomandarne il raggiungimento, al fine di ottenere la cosiddetta immunità di comunità.
L’insieme di tali specifiche valutazioni ha spinto la Corte a ritenere rispettato il principio dell'equo contemperamento dei contrapposti interessi (del singolo e della collettività), nell’esercizio di quella discrezionalità del legislatore che lo aveva portato ad optare per l’obbligatorietà di alcune vaccinazioni. La Consulta ha anche specificato, nella medesima sentenza, come tale discrezionalità possa considerarsi legittima fintantoché non mutino i presupposti che l’hanno giustificata. Il mutare delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche comporta, infatti, la necessità di riconsiderare la scelta dell’obbligo, come già accaduto in passato.
Ebbene, proprio i limiti delle conoscenze medico-scientifiche a disposizione non consentono oggi di addivenire ad una conclusione favorevole all’obbligatorietà, né ad alcuna forma di limitazione di libertà e diritti volta a promuovere la vaccinazione contro Covid-19.
Uno dei motivi addotti a sostegno dell’imposizione risiede nella necessità di addivenire alla maggiore copertura vaccinale possibile della popolazione, allo scopo di ottenere la cosiddetta “herd immunity”, possibilità tuttora oggetto di studio.
Ancor più dirimente è la definizione del concetto di “obbligo vaccinale”, per com’è stato sempre inteso nel nostro Paese, da quando si diede corso alla prima campagna vaccinale sino ad oggi.
Si deve, in primis, rammentare che il tema degli obblighi vaccinali si è sempre posto in riferimento alle vaccinazioni riservate alle fasce di prima infanzia o, comunque, ai bambini/ragazzi e con la finalità di ottenere l’eradicazione di determinate malattie e la tutela dei minori. La Corte Costituzionale ha precisato come “la norma del citato art. 32 postuli il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti od accettati) con il coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo (sentenza 1994 n. 218) e con la salute della collettività (sentenza 1990 n. 307); nonché, nel caso in particolare di vaccinazioni obbligatorie, "con l’interesse del bambino", che esige "tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai compiti inerenti alla cura del minore" (sentenza 132/1992)” (19,20). Tale posizione è stata ulteriormente confermata da altre sentenze, tra cui la citata sent. n. 5 del 2018.
Anche con quest’ultima pronuncia la Corte ha ribadito che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria”.
Tuttavia, va rimarcato che in tutti questi casi, all’inosservanza dell’obbligazione imposta non è mai stata collegata alcuna forma punitiva, men che meno la compromissione dei diritti e delle libertà fondamentali. È difatti previsto solo un procedimento (regolato dall’art. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73 del 2017) strutturato tramite apposito colloquio organizzato con le autorità sanitarie, al fine di favorire la comprensione reciproca, la persuasione e l’adesione consapevole e, in caso di persistenza della violazione dell’obbligo vaccinale, l’applicazione di una misura punitiva che è rappresentata da una sanzione amministrativa pecuniaria – il cui importo massimo è pari ed Euro 500,00 – senza, quindi, alcun pregiudizio sulla frequenza della scuola dell’obbligo per i bambini/ragazzi di elementari e medie non vaccinati (solo i bambini di asili nidi e scuola materna possono, infatti, essere esclusi dalla frequenza se non vaccinati).
Quello che, quindi, emerge dal quadro normativo e giurisprudenziale è che alla violazione degli obblighi vaccinali ad oggi previsti in Italia non sia stata collegata la soppressione dei diritti e delle libertà fondamentali nell’individuo (21).
A ben vedere, considerando sia i limitati effetti sanzionatori legati all'obbligatorietà vaccinale esistente in Italia, sia la sussistenza di un procedimento volto a cercare di far comprendere l’importanza di tali vaccinazioni ai genitori che rifiutano la vaccinazione, sebbene venga utilizzata la parola “obbligo”, lo stesso sembra assumere più che altro i connotati di un onere particolarmente (ma non assolutamente) stringente.
Va, infine, considerato che le eventuali restrizioni o limitazioni imposte in caso di mancata sottoposizione al vaccino (cd. “Passaporto vaccinale”) hanno determinato una situazione profondamente discriminatoria a carico dei cittadini non vaccinati, in quanto si sono visti penalizzati nell’accesso ai servizi (al cui funzionamento sono, comunque, tenuti a contribuire con la propria attività lavorativa ed il versamento delle imposte) o nell’esercizio delle proprie libertà per aver esercitato il diritto di rifiutare un trattamento sanitario, con conseguente disparità di trattamento rispetto ai propri connazionali e ai cittadini stranieri presenti sul territorio italiano, potenzialmente non vaccinati (sulla non discriminazione nell'accesso all'assistenza sociale, rispetto a servizi e prestazioni v. Corte Cost. sent. n.222 del 2013) (22).
CONCLUSIONI
In definitiva, tutti gli aspetti innanzi esposti non possono essere ignorati ai fini della determinazione di una campagna di vaccinazione che sia al tempo stesso legittima ed ottimale, sussistendo validi modelli alternativi di tutela del diritto individuale alla salute e dell’interesse generale, a cominciare da una comunicazione capillare e comprensibile ai più.
Visti i dati epidemiologici, avendo vaccinato le categorie a rischio, la mortalità per COVID-19 si è ridotta, così come il sovraccarico delle strutture ospedaliere. Malattia e contagi potrebbero essere ulteriormente abbassati considerando ulteriori dosi per le categorie a rischio (valutando i singoli casi con l’ausilio del MMG), rinforzando la sanità territoriale e i trasporti, l'aerazione nelle scuole e aumentando eventuali particolari forme di tutela ai soli soggetti fragili che non possono ricorrere al vaccino. Gli autori di questo testo sono, quindi, convinti che l'applicazione del "passaporto vaccinale" in Italia risulti discriminatoria, da un punto di vista etico e giuridico, e che Green Pass e obbligo vaccinale non portino un guadagno sostanziale nei termini di una una minore mortalità e sovraccarico ospedaliero.
Gli autori di questo testo ritengono che la vaccinazione debba essere accolta da tutti i soggetti idonei che vogliono spontaneamente vaccinarsi, sentendosi parte di una comunità la cui salute e le cui libertà sono state fortemente minate nel corso della pandemia.
***
Il medico che ha a che fare con gli uomini liberi – diversamente dal medico degli schiavi – deve convincere il suo paziente a sottomettersi alla cura, e ragionare con lui per mezzo di argomenti razionali, cioè persuaderlo, non minacciarlo soltanto.
Platone
2)
3)
Thaler e Sunstein, Nudge, Yale University Press, 2008 (trad. It. a cura di Feltrinelli, La spinta gentile, 2014)
18)
Decreto Legge 7 giugno 2017, n. 73 - Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale - Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 31 luglio 2017, n. 119 (in G.U. 05/08/2017, n. 182): https://www.gazzettaufficiale.it/.../2017/06/7/17G00095/sg
20)
sentenza n.258 del 1994 della Corte Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia...
21)
“Quarant’anni di politiche vaccinali in Italia”, del Prof. Carlo Signorelli su Acta Biomedica: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6502166/
22)
sentenza n.222 del 2013 Corte Costituzionale:https://www.giurcost.org/decisioni/2013/0222s-13.html

 

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