Lo ripeto, trovo l'argomento glifosato estremamente noioso. La sentenza, il giardiniere etc... Beh, ne ha parlato Matteo Miceli qua https://chimicamilitante.wordpress.com/2018/08/15/di-glifosato-cancro-e-sentenze-giuridiche/ , e fondamentalmente ero lì, più o meno da quelle parti (beh, sulla faccenda Reuters parlare di inchiesta è decisamente eccessivo, era lobbying professionale https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2054376584781218&id=1971621999723344). Ho detto "ero", prima di trovare questo lavoro: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29042088.
Non partite con impacr factor e simili per favore, staccate la reazione pavloviana e attivate la modalità analitica. Prima cosa da notare, è l'affiliazione di uno degli autori: Commissione Europea.
Seconda cosa da notare è la data di pubblicazione: aprile 2018, circa in contemporanea con il parere di EFSA, che ricordiamo è un'agenzia europea (http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/istituzioni/2018/05/17/glifosato-efsa-non-ce-rischio-per-la-salute-delluomo_cbbddb33-7e20-44ca-afb8-276c4613d451.html) e con il prolungamente di 5 anni dell'autorizzazione.
Terza cosa da notare: il lavoro del link, evidentemente proveniente da strutture della Commissione, non è stato citato né da EFSA né da altri.
Io ero rimasto al fatto che il glifosato fosse rapidamente degradato nel suolo, ma da questo studio risulta che le cose sono un poco diverse:
"L'emivita del glifosato e dell'AMPA (suo metabolita, NdCS), anch'esso importante riguardo le quantità rilevate nel suolo, sono molto variabili, da pochi giorni (e io ero rimasto qua, NdCS) a uno o due anni (Argh! NdCS) , a seconda delle condizioni edafiche e ambientali, principalmente temperatura e umidità del suolo".
Ops. E inoltre:
"Le proprietà tossiche, l'esposizione potenziale e i rischi del principale metabolita del glifosato , l'acido amminometilfosfonico (AMPA) non sono state per niente considerate nello studio ECHA".
Ouch.
Quindi uno studio a cui partecipa una struttura della Commissione bacchetta ECHA.
Però alla fine si fa come dicono le due agenzie, e EFSA a un'annetto di distanza si limita a rivedere i residui consentiti di glifosato, ma su AMPA non c'è mezza parola.
https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/180517
martedì 28 agosto 2018
lunedì 20 agosto 2018
HARD SCIENCE, HARD LIFE
(by Starbuck)
“Ha mai pubblicato su Nature?” l’interlocutore incalza il CS su twitter.
E ci risiamo, mi dico , qualcuno che scende nell’arena e tira un po’ di sabbia negli occhi all’avversario, per guadagnare un fugace plauso del pubblico sulle gradinate.
Già, il De rerum Nature (no, non ho scritto male) e le richieste di titoli. Nature è il ritrovato testo sacro e le lettere dei novelli Apostoli della Scienza alla rivista stessa, vengono lette e citate dagli abili Officianti a beneficio dei nuovi Fedeli. Con l’inevitabile conclusione, qualche post più in là, che la ratio sia assurta a religio, con buona pace di Lucrezio.
Sì, avete visto bene, ho un attacco di epididimo ciclosi e se trovate troppa durezza in questo commento, perdonatemi, ma vengo da una laurea (ingegneria chimica) in quelle definite scienze applicate ed una carriera ventennale (supportata da un certo numero di pubblicazioni) nelle cosidette scienze pure. Vengo, come il CS, dalle hard sciences, insomma, e si sa: hard science, hard life. Ed a me vederla citata sempre così a sproposito, la scienza, o meglio, “stuprata” , come ebbe a dire Elisa Nichelli in un suo post di inizio anno sul rapporto politica-scienza (1), comincia ad infastidire parecchio. E comincia a disturbare anche l’assurzione della medicina a scienza sopra le scienze, laddove in realtà medicina starebbe tra le scienze applicate e neanche tra le pure. Questo senza togliere dignità a nessuno, ma giusto per dare un po’ di ordine alle cose. Perché forse non lo sapete, ma c’è un ordine, o meglio, una gerarchia anche nelle scienze (anche se in realtà basterebbe un po’ di sano rispetto per le competeze reciproche). Se pensate che da Miscredente (qual sono) stia peccando di presunzione vi invito alla lettura di un articolo di sociologia del 2000 ad opera di Laurence Smith (2), in cui si parla di una gerarchia tra le varie scienze. Se l’articolo e’ ostico, limitatevi al grafico (2, pg 78), e noterete che in termini di hardness, la medicina è più in basso di chimica (ed aggiungerei, scusatemi tanto, se per una volta mi trovo al top della catena alimentare). Cosa significa questo? Significa che se un medico arriva balbettando di Avogadro e dintorni, mi arrogo un sacrosanto diritto di replica e l’altro magari ascolta. E, sempre magari, se è sufficientemente intelligente, si accontenta delle mie argomentazioni, secondo il criterio che “competenza riconosce competenza”, senza affannarsi a chiedermi un CV (3), ma valutando i contenuti.
Quello che sta accadendo invece - soprattuto attorno al can can vaccini - è tutto un altro film ed a mio modesto avviso, tante cose dell’attuale caciara (perché è caciara) attorno alla Scienza andrebbero urgentemente ridimensionate. Che tutto il discorso sta prendendo una piega tristemente distorta. Che la termodinamica al pari della fisica quantistica, non può essere ridotta ad una frase carina né’ in una battuta ad effetto dal primo di passaggio. Che la cancellazione mediatica del dubbio, che è una delle driving forces delle hard sciences, è decisamente preoccupante. Che l’assenza o la sminuizione del contributo delle soft sciences, quali ad es. filosofia della scienza e sociologia, all’attuale dibattito non giova: sarebbero fondamentali per riportare la discussione dentro i giusti confini (che non sono quelli del “lei non sa chi sono io” o delle repliche a furia di slogan e sagaci battute).
E sempre a proposito del de rerum Nature, andrebbero ridimensionati anche i novelli Apostoli della Scienza… anche perché, mi è capitato di frequentare gente che ha pubblicato (pubblicato, non scritto la letterina natalizia) su Nature, e non mi e’ sembrato che galleggiassero a mezz’aria, ma che camminassero come tutti gli altri, e che facessero anche occasionalmente la spesa al mio stesso supermercato. E no, non gli ho chiesto l’autografo, né ho pensato di concedere loro alcuno ius prime noctis… In compenso in passato, quando ero solo “un neolaureato” (non proprio come tanti, ma comunque neolaureato…), qualcuno me lo diede un articolo (peer review) con dedica. Una figura del mio passato accademico, una di quelle che… han lasciato qualcosa. Un ricercatore di matematica con tre lauree al suo attivo: ingegneria, matematica e filosofia. Forse le migliori chiacchierate di sempre alla macchinetta del caffè, nonostante 40 anni di differenza. E mentre mi dava del tu e mi chiamava col soprannome affibbiatomi dei compagni di corso, non credo che abbia mai avuto la necessità di ricordarmi chi fosse lui e chi ero io.
Al collega che mi ripete che “la scienza non è democratica” rispondo con un libro, o meglio una lecture (4) e poi ne parliamo, e ne parliamo davvero. Sarebbe credo ora di cominciare a parlarne (civilmente) anche altrove.
___________________________
(1) “vedo i partiti politici tentare di sedurre la scienza. stuprarla ripetutamente. poi farla truccare e vestire carina per portarla in giro e vantarsi con gli amici.”
(2) Scientific Graphs and the Hierarchy of the Sciences: A Latourian Survey of Inscription Practices Laurence D. Smith, Lisa A. Best, D. Alan Stubbs, John Johnston and Andrea Bastiani. Archibald Social Studies of Science, Vol. 30, No. 1 (Feb., 2000), pp. 73-94
(3) “Scrivere un curriculum”, W. Szymborska (http://www.sagarana.net/rivista/numero35/poesia3.html)
(4) “Liberta’ ed i suoi vincoli”, Giulio Giorello, 2017, Castelvecchi editore ( cit. “se per democrazia si intende la dittatura della maggioranza allora la scienza non e’ democratica […].” “La scienza […] non ammette la dittatura di un solo paradigma; al contrario lascia sempre spazio al dissenso.”)
(P.S by CS: Ci sarà almeno un idiota che prenderà questo post per una requisitoria contro la medicina, e non lo è. Se lo fosse sarebbe idiota, ma gli idioti tendono a vedere il mondo e gli altri a loro propria immagine. Quanto all'interlocutore su twitter a cui si riferisce Starbuck, alla fine si è rivelato solo un altro post-postdoc col canovaccio in testa e poca dimestichezza con matematica e statistica - tipologia umana già vista più di una volta, qua sopra)
sabato 11 agosto 2018
ORDINE, ENTROPIA,CAOS: LA LEZIONE DI UN NOBEL (1)
Il problema del tempo in fisica e chimica è strettamente correlato alla formulazione della seconda legge della termodinamica.
Quindi un altro possibile titolo di questa lezione avrebbe potuto essere: "Aspetti macroscopici e microscopici della seconda legge della termidinamica".
E' un fatto notevole che la seconda legge della termodinamica abbia giocato nella storia della scienza un ruolo ben al di là del suo scopo originario.
Basti menzionare il lavoro di Boltzmann sulla teoria cinetica, la scoperta di Planck della teoria quantistica o la teoria di Einstein sulle emissioni spontanee, che erano basate sul secondo principio della termodinamica.
La tesi principale di questa lezione è che siamo solo all'inizio di un nuovo sviluppo della chimica teorica e della fisica in cui i concetti termodinamici giocheranno un ruolo ancor più fondamentale.
A causa della complessità dei temi ci limiteremo qua principalmente ai problemi concettuali. I problemi concettuali hanno aspetti sia macroscopici che microscopici. Per esempio da un punto di vista macroscopico la termodinamica classica ha abbondantemente chiarito il concetto di strutture di equilibrio come i cristalli.
L'equilibrio termodinamico può essere caratterizzato dal minimo dell'energia libera di Helmholtz, solitamente definito da
F=E-TS
(dove F= energia libera di Helmoltz, E= energia interna, T= temperatura, S=entropia NdCS)
La maggior parte delle strutture organizzate attorno a noi sono di questa natura?
Basta porre la domanda per capire che la risposta è negativa. Ovviamente in una città, in un sistema vivente, abbiamo tipi di un ordine funzionale assai diverso.per ottenere un teoria termodinamica per questo genere di strutture dobbiamo dimostrare che il non-equilibrio può essere fonte di ordine, che i processi irreversibili possano portare a stati dinamici della materia che ho chiamato "strutture dissipative"
(Ilya Prigogine, Nobel Lecture 1977)
Quindi un altro possibile titolo di questa lezione avrebbe potuto essere: "Aspetti macroscopici e microscopici della seconda legge della termidinamica".
E' un fatto notevole che la seconda legge della termodinamica abbia giocato nella storia della scienza un ruolo ben al di là del suo scopo originario.
Basti menzionare il lavoro di Boltzmann sulla teoria cinetica, la scoperta di Planck della teoria quantistica o la teoria di Einstein sulle emissioni spontanee, che erano basate sul secondo principio della termodinamica.
La tesi principale di questa lezione è che siamo solo all'inizio di un nuovo sviluppo della chimica teorica e della fisica in cui i concetti termodinamici giocheranno un ruolo ancor più fondamentale.
A causa della complessità dei temi ci limiteremo qua principalmente ai problemi concettuali. I problemi concettuali hanno aspetti sia macroscopici che microscopici. Per esempio da un punto di vista macroscopico la termodinamica classica ha abbondantemente chiarito il concetto di strutture di equilibrio come i cristalli.
L'equilibrio termodinamico può essere caratterizzato dal minimo dell'energia libera di Helmholtz, solitamente definito da
F=E-TS
(dove F= energia libera di Helmoltz, E= energia interna, T= temperatura, S=entropia NdCS)
La maggior parte delle strutture organizzate attorno a noi sono di questa natura?
Basta porre la domanda per capire che la risposta è negativa. Ovviamente in una città, in un sistema vivente, abbiamo tipi di un ordine funzionale assai diverso.per ottenere un teoria termodinamica per questo genere di strutture dobbiamo dimostrare che il non-equilibrio può essere fonte di ordine, che i processi irreversibili possano portare a stati dinamici della materia che ho chiamato "strutture dissipative"
(Ilya Prigogine, Nobel Lecture 1977)

martedì 31 luglio 2018
SU UOVA E MAIONESE AVREMMO DOVUTO CHIEDERE AL PROFESSOR GIBBS...
Il professor Josiah Willard Gibbs era un frutto un poco atipico dei suoi tempi, ingegnere, chimico, fisico, matematico ma sopratutto teorico. Nel secolo successivo lo si sarebbe definito un chimico fisico. anche se forse l'etichetta non gli sarebbe piaciuta.
Fattostà che il professor Gibbs nel 1882 pubblicò un articolone su una rivista piuttosto oscura (a bassissimo impact factor, si direbbe oggi), "Transactions of the Connecticut Academy of Arts and Sciences". E siccome era un'articolone di 300 pagine e spiccioli fu pubblicato a puntate nell'arco di 3 (!) anni.
L'articolone si intitolava "On the Equilibrium of Heterogeneous Substances", e dopo la chimica non fu più la stessa, senza esagerare.
L'energia definita da Gibbs (universalmente nota come energia libera di Gibbs) finì per ricollegare la termodinamica dei fisici a tutto ciò che era stato definito da un secolo di chimica, dalle leggi dei gas all'azione di massa fino all'equilibrio, definendo la termodinamica chimica (largamente sovrapponibile a quel che si intende oggi per chimica fisica ) come un dominio specifico, per quante basi condividesse con la fisica.
L'energia libera di Gibbs, G, uguale a H-TS (dove H è l'entalpia - il calore - T la temperatura in gradi Kelvin e S l'entropia) ci dice quali trasfomazioni chimiche e chimico fisiche possono avvenire in determinate condizioni, ovvero solo quelle che portano a valori di G più bassi.
ΔG=0, per un sistema in condizioni di equilibrio (chimico), e la costante di equilibrio (il rapporto tra prodotto delle concentrazioni dei prodotti di reazione e quello dei reagenti) è funzione della differenza tra G dei prodotti e G dei reagenti. Tramite la costante di equilibrio G è collegata alle costanti cinetiche, ed essendo espressione di potenziale chimico è direttamente correlata al potenziale elettrochimico (e quindi ricavabile dalla misura del potenziale elettrico all'elettrodo di una cella elettrochimica).
A differenza dell'entropia, l'energia libera di Gibbs non è entrata nella cultura pop. Troppo poco semplificabile, troppo poco legata a concetti comuni e facilmente identificabili.
Ma, ricollegandoci al post di ieri (http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/07/entropia-uova-impasti-e-maionese.html) è quella che governa i processi, le trasformazioni. Facciamo un esempio terra terra. Prendiamo una soluzione satura di sale da cucina a 100°C e facciamola raffreddare. Lentamente si formeranno cristalli di cloruro sodio. Raffreddando il sistema passa da una situazione ad alto disordine (acqua salata) ad una a disordine più basso (acqua salata + sale, con parziale separazione dei componenti). Ma si tratta del minimo dell'energia libera di Gibbs per quel sistema a quella temperatura. Ed è quello che conta.
(P.S.: ovviamente non si tratta di un sistema isolato, il flusso di calore verso l'esterno c'è, ma è meno banale di quel che può apparire, perché al raffreddamento del sistema si sovrappongono la nucleazione - endotermica, ovvero che assorbe calore - e la crescita dei cristalli che invece è esotermica ovvero rilascia calore, nel caso di NaCl).
https://en.wikipedia.org/wiki/Josiah_Willard_Gibbs
Fattostà che il professor Gibbs nel 1882 pubblicò un articolone su una rivista piuttosto oscura (a bassissimo impact factor, si direbbe oggi), "Transactions of the Connecticut Academy of Arts and Sciences". E siccome era un'articolone di 300 pagine e spiccioli fu pubblicato a puntate nell'arco di 3 (!) anni.
L'articolone si intitolava "On the Equilibrium of Heterogeneous Substances", e dopo la chimica non fu più la stessa, senza esagerare.
L'energia definita da Gibbs (universalmente nota come energia libera di Gibbs) finì per ricollegare la termodinamica dei fisici a tutto ciò che era stato definito da un secolo di chimica, dalle leggi dei gas all'azione di massa fino all'equilibrio, definendo la termodinamica chimica (largamente sovrapponibile a quel che si intende oggi per chimica fisica ) come un dominio specifico, per quante basi condividesse con la fisica.
L'energia libera di Gibbs, G, uguale a H-TS (dove H è l'entalpia - il calore - T la temperatura in gradi Kelvin e S l'entropia) ci dice quali trasfomazioni chimiche e chimico fisiche possono avvenire in determinate condizioni, ovvero solo quelle che portano a valori di G più bassi.
ΔG=0, per un sistema in condizioni di equilibrio (chimico), e la costante di equilibrio (il rapporto tra prodotto delle concentrazioni dei prodotti di reazione e quello dei reagenti) è funzione della differenza tra G dei prodotti e G dei reagenti. Tramite la costante di equilibrio G è collegata alle costanti cinetiche, ed essendo espressione di potenziale chimico è direttamente correlata al potenziale elettrochimico (e quindi ricavabile dalla misura del potenziale elettrico all'elettrodo di una cella elettrochimica).
A differenza dell'entropia, l'energia libera di Gibbs non è entrata nella cultura pop. Troppo poco semplificabile, troppo poco legata a concetti comuni e facilmente identificabili.
Ma, ricollegandoci al post di ieri (http://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/07/entropia-uova-impasti-e-maionese.html) è quella che governa i processi, le trasformazioni. Facciamo un esempio terra terra. Prendiamo una soluzione satura di sale da cucina a 100°C e facciamola raffreddare. Lentamente si formeranno cristalli di cloruro sodio. Raffreddando il sistema passa da una situazione ad alto disordine (acqua salata) ad una a disordine più basso (acqua salata + sale, con parziale separazione dei componenti). Ma si tratta del minimo dell'energia libera di Gibbs per quel sistema a quella temperatura. Ed è quello che conta.
(P.S.: ovviamente non si tratta di un sistema isolato, il flusso di calore verso l'esterno c'è, ma è meno banale di quel che può apparire, perché al raffreddamento del sistema si sovrappongono la nucleazione - endotermica, ovvero che assorbe calore - e la crescita dei cristalli che invece è esotermica ovvero rilascia calore, nel caso di NaCl).
https://en.wikipedia.org/wiki/Josiah_Willard_Gibbs
ENTROPIA, UOVA, IMPASTI (E MAIONESE)

"Davvero l'idea che l'entropia misuri il disordine non è per niente d'aiuto. Supponiamo che io prepari un impasto, che io rompa un uovo e lo faccia cadere sulla farina. Aggiungo zucchero e burro e mescolo finché l'impasto non è omogeneo. Quale stato è più ordinato, l'uovo rotto sulla farina con sopra il burro o l'impasto finale? Direi l'impasto. Ma quello è lo stato a più alta entropia....
L'entropia è definita come il numero di microstati che danno lo stesso macrostato. I microstati contengono tutti i dettagli dei componenti individuali di un sistema. Il macrostato invece è caratterizzato solo da informazioni generali, come "separato in due strati" o "mediamente omogeneo". Ci sono molti stati per gli ingredienti dell'impasto che daranno l'impasto quando mescolati, ma assai pochi stati che separeranno uova e farina quando mescolate. Quindi l'impasto è a più alta entropia..."
Questa definizione di entropia è mutuata dalla termodinamica statistica, uno strumento potente i cui risultati convergono su quelli della termodinamica classica. Si tratta di modelli, e ognuno dei due è più utile e maneggevole dell'altro, a seconda della situazione.
La prima cosa che faccio notare è che quando si parla di entropia come misura del disordine la definizione muta a seconda del concetto di disordine che possediamo. Agli occhi di un chimico è immediato che l'impasto sia lo stato a più alta entropia.
La seconda cosa che faccio notare è che lo stato a più alta entropia è in questo caso il risultato di un processo non spontaneo. Parafrasando Hossenfelder, sono pochissimi gli stati che portano spontaneamente a impasto da uovo rotto più farina (pochissimi vuol dire di fatto 0, ma stiamo parlando di termodinamica statistica, e quindi il concetto di "stato impossibile" va maneggiato con cautela, mentre è più comune quello di "stato improbabile").
Comunque il risultato del processo di mescolamento è l'impasto e il processo, in questo caso, è irreversibile.
Ma facciamo un altro esempio: uova e olio. In questo caso il prodotto a più alta entropia è la maionese. Ma la probabilità di ottenimento della maionese alla fine del processo non è particolarmente alta, e di sicuro non è alta quanto quella dell'impasto. La maionese può "impazzire", ovvero dare un sistema a due fasi parzialmente mischiate, a entropia più bassa rispetto alla maionese.
E quindi è il percorso, il processo, il fenomeno che diventa cruciale: l'entropia finale non guida la trasformazione (non costituisce la "driving force" del processo) - cosa è che gioca nell'ottimento della maionese (che è una particolare emulsione)? Una quantità di fattori, sforzo di taglio dell'agitazione, forza ionica delle fasi acquose (l'uovo), carica elettrostatica.
https://backreaction.blogspot.com/2018/07/10-physics-facts-you-should-have.html?m=1
venerdì 27 luglio 2018
SILDENAFIL CONTRO LA RESTRIZIONE DELLA CRESCITA INTRAUTERINA, 11 NEONATI MORTI E SPERIMENTAZIONE BLOCCATA
Molta indignazione sulla sperimentazione del viagra nelle donne in gravidanza, conclusa dal comitato di controllo dopo 11 bambini morti.
In molti l'hanno vista come una sciagurata sperimentazione finalizzata al business. Ma il business non c'entra, Pfizer non c'entra, è stato usato il generico e si è trattato di una delle miriadi di sperimentazioni off-label di un farmaco (come quelle alla base della querelle su equivalenza tra Avastin e Lucentis, per fare un esempio).
Ovvero un medico può far uso di un medicinale per indicazioni diverse da quelle per cui è stato immesso in commercio. Sotto la sua responsabilità.
E il sildenafil citrato, universalmente noto col nome del farmaco branded, Viagra, è stato approvato anni e anni fa. Quindi poteva essere legittimamente usato off-label.
Piccolo particolare, una donna in gravidanza fa storia a sé, per uso (e sperimentazione) di farmaci. Basta ricordarsi del talidomide: utile contro i mielomi, fu la causa delle nascite di bimbi focomelici.
Ma vediamo meglio di che si tratta.
Da un po' si pubblica sul possibile uso di sildenafil contro la restrizione della crescita intrauterina (cioè contro l'insufficiente sviluppo fetale). Non precisamente cutting edge science, nella maggioranza dei casi.
Una review australiana evidenziava rischi non significativi dal lato materno, ma parlava di dati insufficienti (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27926905).
La cosa rifletteva quanto riportato da FDA per quel che riguarda uso e effetti collaterali:
US FDA pregnancy category B: Animal reproduction studies have failed to demonstrate a risk to the fetus and there are no adequate and well-controlled studies in pregnant women.
Su cosa si basava l'avvio della sperimentazione olandese di sildenafil? Non su un'ulteriore modello animale preclinico (probabilmente un regolatore avrebbe voluto vedere qualcosa su scimmie, vista la delicatezza della materia), ma su una metaanalisi della letteratura preclinica disponibile, all'incirca quella che gli australiani definivano "dati insufficienti": "Sildenafil During Pregnancy: A Preclinical Meta-Analysis on Fetal Growth and Maternal Blood Pressure" (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28893896).
Gli studi esaminati erano su topo, ratto, cavia, coniglio, pecora. Più due studi sull'uomo su piccoli numeri. Piccoli. La metaanalisi del gruppo olandese così concludeva:
"By including all preclinical and clinical studies, our analysis
contained a large variation in study design. We show that in
the presence of placental insufficiency (FGR/preeclampsia),
sildenafil can increase fetal growth by ≈10%. Because we
observe that optimal fetal growth might be reached at a daily
dose about an order of magnitude higher than the dose currently used, we recommend human dose-finding studies for
optimal fetal growth. This should go hand in hand with obtaining additional safety data in human pregnancy, especially on
plasma volume expansion during pregnancy and on long-term
fetal effects. Continuous exposure to PDE5 inhibition by
administration of sildenafil or long-acting PDE5 inhibitors
seems promising."
In breve, i dati che sembravano pochi agli australiani (e a FDA) sono sembrati promettenti agli olandesi. Ed è su questa base - decisamente scarsa - che è stato programmato uno studio con l'arruolamento di 350 pazienti tra il 2015 e il 2020, donne in gravidanza con insufficienza placentare e prognosi critica per il nascituro. Un long shot che evidentemente non sembrava tale né a chi ha proposto, né a chi ha approvato.
350 è un numero da fase II di quelle corpose - o da segmento di fase III. Uno studio ad interim quest'anno ha rilevato che su 98 pazienti trattate 11 neonati erano morti di ipertensione polmonare, e lo studio è stato sospeso. Nel gruppo di controllo, non trattato col farmaco, la mortalità dei neonati è stata all'incirca paragonabile.
Prima considerazione: il sildenafil si è dimostrato efficace nel breve termine per adulti *affetti* da ipertensione polmonare. Nel ramo farmaceutico si sa e si sa bene (tanto che di solito non ci si mette la mano): la fisiologia del soggetto in età pediatrica è molto diversa da quella del soggetto adulto. E infatti EMA lamenta l'assenza di programmi di sviluppo farmaceutico destinati alla pediatria. Senza ottenere troppa risposta. Eccessivamente rischiosi.
Seconda considerazione: le sperimentazioni off label sono sperimentazioni a tutti gli effetti, come quelle che le farmaceutiche fanno per nuove indicazioni di farmaci già esistenti. Ma mentre la sperimentazione industriale è sottoposta ad un'agenzia regolatoria, quella per l'uso off label non lo è.
Terza considerazione: il comitato etico (o come si chiama in Olanda) ha autorizzato lo studio evidentemente sulla base della metaanalisi preclinica degli autori. Metaanalisi basata su studi che altri avevano giudicato carenti dal punto di vista della significatività dei dati.
L'indignazione è giustificata? A prima vista sì. Ma questa osservazione di Ganzevoort De Volkskrant mi ha dato da pensare:
“Se ne parlava alle conferenze. Colleghi stranieri lasciavano intendere che lo avevano prescritto con buoni risultati. Nel mio ambulatorio donne in attesa mi hanno chiesto di prescriverglielo. Cosa sarebbe successo se lo avessero acquistato on line? Non lo so. Chi può saperlo?"
Tutto ciò dà una sgradevole impressione sulla "scientificità" della ricerca clinica ostetrico-ginecologica, perlomeno quando si parla di farmaci. E sottolinea come le sperimentazioni off-label presentino criticità del tutto affini alle sperimentazioni dell'industria, ma siano soggette a vincoli e controlli esigui.
https://www.theguardian.com/world/2018/jul/24/eleven-babies-die-dutch-women-viagra-drug-trial
In molti l'hanno vista come una sciagurata sperimentazione finalizzata al business. Ma il business non c'entra, Pfizer non c'entra, è stato usato il generico e si è trattato di una delle miriadi di sperimentazioni off-label di un farmaco (come quelle alla base della querelle su equivalenza tra Avastin e Lucentis, per fare un esempio).
Ovvero un medico può far uso di un medicinale per indicazioni diverse da quelle per cui è stato immesso in commercio. Sotto la sua responsabilità.
E il sildenafil citrato, universalmente noto col nome del farmaco branded, Viagra, è stato approvato anni e anni fa. Quindi poteva essere legittimamente usato off-label.
Piccolo particolare, una donna in gravidanza fa storia a sé, per uso (e sperimentazione) di farmaci. Basta ricordarsi del talidomide: utile contro i mielomi, fu la causa delle nascite di bimbi focomelici.
Ma vediamo meglio di che si tratta.
Da un po' si pubblica sul possibile uso di sildenafil contro la restrizione della crescita intrauterina (cioè contro l'insufficiente sviluppo fetale). Non precisamente cutting edge science, nella maggioranza dei casi.
Una review australiana evidenziava rischi non significativi dal lato materno, ma parlava di dati insufficienti (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27926905).
La cosa rifletteva quanto riportato da FDA per quel che riguarda uso e effetti collaterali:
US FDA pregnancy category B: Animal reproduction studies have failed to demonstrate a risk to the fetus and there are no adequate and well-controlled studies in pregnant women.
Su cosa si basava l'avvio della sperimentazione olandese di sildenafil? Non su un'ulteriore modello animale preclinico (probabilmente un regolatore avrebbe voluto vedere qualcosa su scimmie, vista la delicatezza della materia), ma su una metaanalisi della letteratura preclinica disponibile, all'incirca quella che gli australiani definivano "dati insufficienti": "Sildenafil During Pregnancy: A Preclinical Meta-Analysis on Fetal Growth and Maternal Blood Pressure" (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28893896).
Gli studi esaminati erano su topo, ratto, cavia, coniglio, pecora. Più due studi sull'uomo su piccoli numeri. Piccoli. La metaanalisi del gruppo olandese così concludeva:
"By including all preclinical and clinical studies, our analysis
contained a large variation in study design. We show that in
the presence of placental insufficiency (FGR/preeclampsia),
sildenafil can increase fetal growth by ≈10%. Because we
observe that optimal fetal growth might be reached at a daily
dose about an order of magnitude higher than the dose currently used, we recommend human dose-finding studies for
optimal fetal growth. This should go hand in hand with obtaining additional safety data in human pregnancy, especially on
plasma volume expansion during pregnancy and on long-term
fetal effects. Continuous exposure to PDE5 inhibition by
administration of sildenafil or long-acting PDE5 inhibitors
seems promising."
In breve, i dati che sembravano pochi agli australiani (e a FDA) sono sembrati promettenti agli olandesi. Ed è su questa base - decisamente scarsa - che è stato programmato uno studio con l'arruolamento di 350 pazienti tra il 2015 e il 2020, donne in gravidanza con insufficienza placentare e prognosi critica per il nascituro. Un long shot che evidentemente non sembrava tale né a chi ha proposto, né a chi ha approvato.
350 è un numero da fase II di quelle corpose - o da segmento di fase III. Uno studio ad interim quest'anno ha rilevato che su 98 pazienti trattate 11 neonati erano morti di ipertensione polmonare, e lo studio è stato sospeso. Nel gruppo di controllo, non trattato col farmaco, la mortalità dei neonati è stata all'incirca paragonabile.
Prima considerazione: il sildenafil si è dimostrato efficace nel breve termine per adulti *affetti* da ipertensione polmonare. Nel ramo farmaceutico si sa e si sa bene (tanto che di solito non ci si mette la mano): la fisiologia del soggetto in età pediatrica è molto diversa da quella del soggetto adulto. E infatti EMA lamenta l'assenza di programmi di sviluppo farmaceutico destinati alla pediatria. Senza ottenere troppa risposta. Eccessivamente rischiosi.
Seconda considerazione: le sperimentazioni off label sono sperimentazioni a tutti gli effetti, come quelle che le farmaceutiche fanno per nuove indicazioni di farmaci già esistenti. Ma mentre la sperimentazione industriale è sottoposta ad un'agenzia regolatoria, quella per l'uso off label non lo è.
Terza considerazione: il comitato etico (o come si chiama in Olanda) ha autorizzato lo studio evidentemente sulla base della metaanalisi preclinica degli autori. Metaanalisi basata su studi che altri avevano giudicato carenti dal punto di vista della significatività dei dati.
L'indignazione è giustificata? A prima vista sì. Ma questa osservazione di Ganzevoort De Volkskrant mi ha dato da pensare:
“Se ne parlava alle conferenze. Colleghi stranieri lasciavano intendere che lo avevano prescritto con buoni risultati. Nel mio ambulatorio donne in attesa mi hanno chiesto di prescriverglielo. Cosa sarebbe successo se lo avessero acquistato on line? Non lo so. Chi può saperlo?"
Tutto ciò dà una sgradevole impressione sulla "scientificità" della ricerca clinica ostetrico-ginecologica, perlomeno quando si parla di farmaci. E sottolinea come le sperimentazioni off-label presentino criticità del tutto affini alle sperimentazioni dell'industria, ma siano soggette a vincoli e controlli esigui.
https://www.theguardian.com/world/2018/jul/24/eleven-babies-die-dutch-women-viagra-drug-trial
mercoledì 25 luglio 2018
LA GLOBALIZZAZIONE DELLA CHIMICA FARMACEUTICA (E LA DESERTIFICAZIONE DELL'INDUSTRIA EUROPEA)
"Sergio Marchionne ha individuato le cause della sovraccapacità produttiva dell’industria europea nella resistenza alla eliminazione, durante le crisi precedenti, di imprese e impianti ridondanti" (J. Ewing and B. Vlasic, Europe’s auto industry has reached day of reckoning, “The New York Times”, July 25 2012) (http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/europa-e-mondo/industria-italiana-qual-e-la-causa-della-declino/).
Magari per l'industria automobilistica sarà stato anche vero, ma credo di aver cominciato a leggere su riviste del settore di sovracapacità di produzione GMP in occidente tipo 15 anni fa. Notare "in occidente".
Non è che in 15 anni il consumo di farmaci in occidente sia diminuito. A domanda crescente o costante cos'è che determinava la sovracapacità occidentale di produzione di principi attivi farmaceutici? Lo spostamento verso fornitori indiani e cinesi.
Il fenomeno nella sua natura non era nuovo: sin dagli anni 80 si erano viste produzioni sparire per migrare verso nazioni a più basso costo: la fortuna di Pliva, farmaceutica croata è iniziata così.
E non è che i produttori cinesi non avessero presenza globale, negli anni 90. Ma non esportavano principi attivi, esportavano intermedi che con gli anni diventavano sempre più avanzati.
Ci sono regole abbastanza precise che stabiliscono fino a che punto la sintesi chimica di un principio attivo farmaceutico possa essere condotta al di fuori delle Good Manufacturing Practices (e quindi da stabilimenti certificati ed ispezionati): la regola generale dice che si può stare fuori GMP fino all'ultima formazione di legame carbonio-carbonio. Poi ci sono casi particolari che riguardano catene laterali di antibiotici e antitumorali (tassani) e via dicendo.
Quindi all'inizio del nuovo millennio molti produttori di API generici in Europa (e altrove, immagino) praticavano quella che alcuni avevano ribattezzato "la chimica dell'ultimo passaggio".
La cosa si manteneva in quanto previsto dai regolatori e le fasi cruciali della produzione erano sotto l'ombrello (per i pazienti) delle agenzie occidentali.
Poi arrivò la la direttiva 2004/27/CE. I produttori asiatici potevano esportare in Europa di fatto autocertificando la compliance alle linee guida GMP.
Praticamente una mossa deflazionista in stile ultimi anni della corona francese prima della Rivoluzione. Solo che in questo caso non si tassavano i propri produttori per sostituire il loro prodotto con il prodotto importato. Si lasciava invece in essere il carico regolatorio (sacrosanto) a cui erano sottoposti, che veniva risparmiato alla concorrenza asiatica. Invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Nel tentare di resistere al colpo e di continuare a sopravvivere nonostante il pesante handicap imposto dalla politica (europea) è successo un po' di tutto. Ma alla fine siamo arrivati all'80% della produzione chimica (e chimico-farmaceutica) mondiale accentrata in Cina. Un paese che, come il Giappone, si finanzia con la moneta immessa in circolazione dalla propria banca centrale, oltre che con il surplus delle partite correnti (che gli ha permesso di accumulare enormi riserve in dollari, per esempio).
Quindi la "sovracapacità produttiva occidentale" era una colossale truffa, propalata al fine di facilitare un processo i cui primi beneficiari sono stati il capitale (prevalentemente finanziario) occidentale (il taglio dei costi è profitto) e le politiche di contenimento della spesa farmaceutica pubblica dei paesi europei. Perché il fabbisogno, come volumi, non si è contratto. Semplicemente non è più soddisfatto da produttori europei.
E quindi scusate se vedo nel manager italo canadese solo un altro dei propugnatori di questo genere di politiche industriali guidate anche da un sistema di cambi fissi (dove spostare una produzione al di fuori dell'area monetaria è una mossa vincente già solo per motivi di cambio valutario).
Ah, per quel che riguarda la chimica farmaceutica non si tratta di una mia personale e parziale visione del fenomeno. E' un fatto noto a tutti, nel ramo:
"The pharmaceutical small molecule API manufacturing industry is now experiencing a period of rapid change. This change is being driven by factors such as the changing nature of the drugs being made, expiry of patents covering the top-selling pharmaceuticals, the growth of the API manufacturing industry in India, China and Asia, shrinking margins causing downward pressure on pricing and THE DRIVE BY GOVERNMENTS TO CUT SPENDING ON DRUGS."
http://www.pharmaventures.com/consult/white/2
Magari per l'industria automobilistica sarà stato anche vero, ma credo di aver cominciato a leggere su riviste del settore di sovracapacità di produzione GMP in occidente tipo 15 anni fa. Notare "in occidente".
Non è che in 15 anni il consumo di farmaci in occidente sia diminuito. A domanda crescente o costante cos'è che determinava la sovracapacità occidentale di produzione di principi attivi farmaceutici? Lo spostamento verso fornitori indiani e cinesi.
Il fenomeno nella sua natura non era nuovo: sin dagli anni 80 si erano viste produzioni sparire per migrare verso nazioni a più basso costo: la fortuna di Pliva, farmaceutica croata è iniziata così.
E non è che i produttori cinesi non avessero presenza globale, negli anni 90. Ma non esportavano principi attivi, esportavano intermedi che con gli anni diventavano sempre più avanzati.
Ci sono regole abbastanza precise che stabiliscono fino a che punto la sintesi chimica di un principio attivo farmaceutico possa essere condotta al di fuori delle Good Manufacturing Practices (e quindi da stabilimenti certificati ed ispezionati): la regola generale dice che si può stare fuori GMP fino all'ultima formazione di legame carbonio-carbonio. Poi ci sono casi particolari che riguardano catene laterali di antibiotici e antitumorali (tassani) e via dicendo.
Quindi all'inizio del nuovo millennio molti produttori di API generici in Europa (e altrove, immagino) praticavano quella che alcuni avevano ribattezzato "la chimica dell'ultimo passaggio".
La cosa si manteneva in quanto previsto dai regolatori e le fasi cruciali della produzione erano sotto l'ombrello (per i pazienti) delle agenzie occidentali.
Poi arrivò la la direttiva 2004/27/CE. I produttori asiatici potevano esportare in Europa di fatto autocertificando la compliance alle linee guida GMP.
Praticamente una mossa deflazionista in stile ultimi anni della corona francese prima della Rivoluzione. Solo che in questo caso non si tassavano i propri produttori per sostituire il loro prodotto con il prodotto importato. Si lasciava invece in essere il carico regolatorio (sacrosanto) a cui erano sottoposti, che veniva risparmiato alla concorrenza asiatica. Invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Nel tentare di resistere al colpo e di continuare a sopravvivere nonostante il pesante handicap imposto dalla politica (europea) è successo un po' di tutto. Ma alla fine siamo arrivati all'80% della produzione chimica (e chimico-farmaceutica) mondiale accentrata in Cina. Un paese che, come il Giappone, si finanzia con la moneta immessa in circolazione dalla propria banca centrale, oltre che con il surplus delle partite correnti (che gli ha permesso di accumulare enormi riserve in dollari, per esempio).
Quindi la "sovracapacità produttiva occidentale" era una colossale truffa, propalata al fine di facilitare un processo i cui primi beneficiari sono stati il capitale (prevalentemente finanziario) occidentale (il taglio dei costi è profitto) e le politiche di contenimento della spesa farmaceutica pubblica dei paesi europei. Perché il fabbisogno, come volumi, non si è contratto. Semplicemente non è più soddisfatto da produttori europei.
E quindi scusate se vedo nel manager italo canadese solo un altro dei propugnatori di questo genere di politiche industriali guidate anche da un sistema di cambi fissi (dove spostare una produzione al di fuori dell'area monetaria è una mossa vincente già solo per motivi di cambio valutario).
Ah, per quel che riguarda la chimica farmaceutica non si tratta di una mia personale e parziale visione del fenomeno. E' un fatto noto a tutti, nel ramo:
"The pharmaceutical small molecule API manufacturing industry is now experiencing a period of rapid change. This change is being driven by factors such as the changing nature of the drugs being made, expiry of patents covering the top-selling pharmaceuticals, the growth of the API manufacturing industry in India, China and Asia, shrinking margins causing downward pressure on pricing and THE DRIVE BY GOVERNMENTS TO CUT SPENDING ON DRUGS."
http://www.pharmaventures.com/consult/white/2
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