lunedì 1 ottobre 2018

FINDING DORA

By Starbuck

“Agli scienziati che si sono votati e hanno prevalso sulla loro gerarchia”
Acknowledgement


Leggo raramente i ringraziamenti in fondo agli articoli ed i miei sono sempre piuttosto asciutti (si ringrazia chi proprio devo e stop). Ma questa volta sarà che rileggevo l’articolo in teoria mentre ero in ferie, sarà che gli autori li conosco tutti molto bene (mangiato più e più volte la minestra assieme, come si suol dire) mi sono concessa questa leziosita’. Sarà anche il periodo, sarà anche il contesto attuale sui social, quel “hanno prevalso sulla loro gerarchia” non mi è passato inosservato. Ed oggi mentro provo a raccattare le idee per una roba che dovrebbe titolarsi, FINDING DORA, mi si insinua tra i pensieri.
FINDING DORA dovrebbe essere “una roba complottara”, un pezzo di quelli che invitano ad unire i puntini, puntini che vedono solo quelli col cappellino di carta stagnola, apparentemente. Dovrei spiegare cosa sono Impact factor ed h-index, una di quelle discussioni al limite del sesso degli angeli già per chi fa ricerca, figuriamoci per tutti gli altri. E poi dire di DORA. Già, che è DORA? DORA (San Francisco Declaration on Research Assessment) è ciò che dovrebbe sostituire l’impact factor, croce e delizia di ogni scientifico, con qualcosa di migliore e più corretto. Ne aveva parlato tra l’altro su Nature (https://www.nature.com/articles/d41586-018-05467-5) John Tregoning (l’avevamo già incrociato, uno dell’Imperial college of London, che ricerca in campi di vaccini antiinfluenzali e che nel tempo libero scrive articoli su “frontiers for young minds”). Ovviamente non se ne parla solo su Nature, se ne parla un po’ dappertutto, anche in corridoio da me: firma anche tu per DORA! Qualche giorno fa apro di sfuggita il sito di DORA…e vado a guardare la steering committee, ovvero chi c’à dentro. Oltre a rilevare che sono rappresentate quasi solo le life sciences ma non tutto-il-resto, non posso non fare a meno di vedere invece chi già c’è in prima fila. Fate un salto sul link e ditemi se anche a voi salta all’occhio qualcosa. Vi do un aiutino, magari se pensate al rinnovato boarding panel della Cochrane foundation troverete gli stessi finanziatori alle spalle. Si lo so che c’è gente entusiasta, che commenta da altre parti che il trombamento di Gøtzsche alla Cochrane non smuoverà di una virgola la sua fiducia nella istituzione: ma bella lì fratello/a (gender balance, vuoi mai), ammiro la gente con tante certezze. Scusa, correggo, che so che ci tieni, ammiro gli scienziati che dispensano certezze: li ammiro perché io proprio non ce la faccio.
Quando si parla di pubblicazioni, il discorso si fa difficoltoso e si entra in gineprai vagamente assortiti. Ho sentito gente scagliarsi su Frontiers, mentre da altre parti veniva fuori che anche su Elsivier certi editori chiedevano ad astrofisici di fare review di articoli medici. Potrei andare avanti per molto (ed ho ampia casistica toccata con mano) ma non lo farò. Non lo farò perché su questo ne aveva già scritto ampiamente e bene qui https://solounaltropostdoc.wordpress.com/ un coraggioso fanciullo che meriterebbe una standing ovation solo per questa frase riassuntiva e vera come non mai: “I risultati te li porteranno, con gli istogrammi del colore giusto, le barre dell’errore piccole piccole come piace a te, i western blot croppati, invertiti e capovolti, le identificazioni negli spettri di massa che miracolosamente sono attendibili anche se l’analita è sotto la soglia di quantificazione e la misura balla come John Travolta in Grease.”
Si loro glieli porteranno quei grafici lì, anche perché alle volte c’é un discorso di pagnotta e di bollette da pagare dietro. Non considereranno la ricerca un privilegio ed una missione: sarà il loro lavoro. Non si alzeranno dalla sedia dicendogli “facciamo che da domani io sono in ferie e che lunedì ridiscutiamo del mio contratto”, no.
Non continueranno a tenere un piede in laboratorio perché senza hai la sensazione che alla (tua) ricerca manchi l’ossigeno. Faranno “carriera”. Si sposteranno dietro ad una scrivania a seguire progetti ed ad aggiungere il nome alla fine di un paper che hanno letto con mezzo occhio. Parteciperanno ai panel expert e alle steering committee e nelle giornate di buona manderanno i phd student ai congressi.
Apro Research gate, ed addocchio il mio h-idex, sorrido al fatto che abbia ben 2 cifre. Sorrido alla pagina delle stats. Sorrido perche’ nella breve lista degli “scienziati” che “hanno prevalso sulla loro gerarchia”, c’era ovviamente anche il mio nome.

venerdì 28 settembre 2018

TU VUO FA L'AMERICANO MERICANO MERICANO...

C'è un sapore gelminiano in queste parole (chissà perché). Ma pure rubertiano, volendo. Storie vecchie, anzi, vetuste. Ero all'università quando ho sentito per la prima volta contrapposte "scienza libera" vs "scienza più vicina alle necessità dell'industria".
Il tema richiederebbe un libro intero. Mi limiterò ad alcune considerazioni. "Industrializzare" i dottorati potrebbe aver senso oppure no, ovvero non è criterio generalizzabile, e quindi è da non generalizzare, anche se il senso è chiaro: cercare il finanziamento privato, quando l'unica soluzione decente al problema risorse della ricerca universitaria è ripristinare un livello adeguato di finanziamento pubblico (che significa sforzo finanziario non da poco, data l'abissale inadeguatezza a cui si è giunti).
E' chiaro che il ministro, come tanti altri prima di lui, guarda sognante al modello americano, dove le università brevettano e da brevetti ricavano risorse consistenti.
Ma l'università italiana, nonostante sia massacrata dalle riforme, conserva ancora il suo peculiare vantaggio competitivo, che è costituito dal non pensare all'americana, di non poter essere all'americana.
E di non poter funzionare all'americana. La stagione delle spin off universitarie in Italia è stata un fallimento e sarebbe ora di prenderne atto. Non starò a vivisezionare il fenomeno, ma non c'è stata neanche una frazione appena significativa di spin off che abbia "falto il salto", diventando aziende hi-tech che funzionano con le proprie gambe (come succedeva negli USA). Questo perché in molti fanno molto bene il loro, che è la ricerca di base. Tra la ricerca di base e l'applicazione c'è un gran salto. Quello che lo colmerebbe si chiama ricerca traslazionale, il grande assente di sempre, da noi. E pubblicare brevetti, invece che articoli, per poi lasciarli scadere (pratica comune) non ha senso alcuno (oltre che costituire un costo).
L'altro corno del problema è "la produttività della ricerca": tradurre come "quantità di carta prodotta", non come quantità dei risultati. Le metriche bibliometriche hanno finito per magnificare l'aspetto quantitativo, a livello mondiale. E il sistema italiano non si è sottratto alla tendenza.
Che fare? Forse provare a valorizzare il suddetto "vantaggio comparato" senza insistere ad inseguire modelli altrui che qui non hanno mai funzionato.

PS: Il discorso non vale per Ingegneria, che ovviamente è di suo applicata e applicabile.



giovedì 27 settembre 2018

LEVATEGLI DI MANO IL SOFTWARE STATISTICO

Alla fine tutta la questione la riassume una vignetta di xkcd, tra le migliori di sempre:



Ormai il data mining per tirare fuori correlazioni tra pinco e pallino sono anni che va di moda in campo pubblicazioni di materia medica. E da anni ne vengono fuori di tutti i colori.
Ho visto rimbalzare questa in giro: https://academicjournals.org/journal/JPHE/article-full-text-pdf/C98151247042 .
"Impact of environmental factors on the prevalence of autistic disorder after 1979": "Fattori ambientali", giusto per fare un po' di fumo, perché poi si va a cascare sempre lì: vaccini e autismo.
Pare che il metodo vero (non dichiarato) sia stato: vediamo se troviamo qualcosa che fitta bene. E lo trovano, grazie all'oculato uso di sw statistico. Ma hanno la disinvoltura di mettere accanto anche le due curve, cosa che evidentemente, per gli autori, è ininfluente per la validità della tesi.
E lì, letteralmente, casca l'asino.
Osservate l'immagine. Le diagnosi di ASD nel tempo sono di fatto una retta. La copertura dell'antivaricella è invece una curva evidentemente asintotica (non può essere diversamente, la copertura non può andare oltre il 100%).





Nei primissimi anni della campagna di immunizzazione era legittimo avere dubbi: andamento all'incirca lineare delle coperture, andamento all'incirca lineare delle diagnosi. Qualcuno li ebbe, in California, mi pare, e rilevò che comunque i conti non tornavano, perché le diagnosi crescevano più velocemente delle coperture. In questo specifico caso è l'esatto contrario, ma la cosa non ci interessa perché qua abbiamo il quadro completo. Guardare la seconda metà del grafico: coperture piatte, diagnosi crescenti - non stanno assieme neanche a prenderle a calci. In breve, è come voler forzare un cubo in un foro a forma di trangolo (equilatero e con lato uguale o minore allo spigolo del cubo, per essere precisi).
Ovviamente, se non si ha occhio per questi dettagli va bene tutto, e poi ci si ritrova in discussioni del genere "negate l'evidenza" vs "film con Nicolas Cage e morti annegati in piscina".
La cosa fa il paio con quest'altro articolo, apparso su Science nel 2015, non su un open access qualsiasi, quindi ben diverso impact factor.
Si tratta di "Long-term measles-induced immunomodulation increases overall childhood infectious disease mortality", http://science.sciencemag.org/content/348/6235/694 .
Wow! Perché si sa che il morbillo lascia il sistema immunitario provato per qualche tempo dopo la malattia, ma tre anni... chi l'avrebbe detto.
E infatti venne rilanciato da Focus e chissà quanti altri ne seguirono l'esempio. Poi lo leggi e ti cadono le braccia. Anche qua data mining:
 "Applichiamo una funzione gamma". Come?
Non è dato saperlo, ma viene da sospettare in modo da pesare di più i punti che giocano a favore della tesi, che sarebbe: le morti infantili avvenute entro 3 anni dal morbillo sono da collegare al morbillo (grazie, JDB).
E poi ti ritrovi dei grafici in cui la metà dei punti sta fuori dal Confidence Interval.

E questa roba ovviamente è stata usata da qualcuno che voleva ribadire l'esageratamente alta pericolosità del morbillo a qualsiasi età. Felicitazioni a costoro per il background statistico. Ma qui non è neanche questione di cultura statistica: qui si tratta di avere un minimo di occhio per i dati. Anzi, non di occhio: di rispetto.


martedì 25 settembre 2018

IMMUNITA' DI LEGGE: UN'IMPRESSIONE

Grazie a uno dei due autori, per la precisione Pier Paolo Dal Monte (https://www.ilfattoquotidiano.it/blog/ppdalmonte/), medico chirurgo, ho avuto occasione di leggere in anteprima "Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza", in uscita oggi, 25 settembre, per Imprimatur. L'altro autore, Il Pedante (ilpedante.org/) è ,prima che blogger o attivista in rete, nel senso primo della parola, un critico.
E' un libro interessante, diviso in due parti, in cui il critico in quella iniziale parla in primis di politica sanitaria, e il medico nella seconda parla in primo luogo di epistemologia. E non è né un pamphlet né un trash seller, come quelli del noto virologo, con cui non condivide niente, a partire dalla qualità della scrittura.
Prima di liquidarlo a priori come un "saggio sovranista" o "testo populista" o "libretto antivax" consiglierei caldamente a chiunque di leggerlo. Perché se siete su questa pagina fb i temi vi appariranno incredibilmente familiari.
Passo a farvi un primo esempio dalla seconda parte:

"Cosa accade quando la scienza diventa ideologia e viene canonizzata in guisa di articolo di fede? Cosa succede quando ogni critica è stigmatizzata come eresia o apostasia, e su di essa si avventa il Malleus Maleficarum del potere e del suo clero opportunista?
La vicenda della quale trattiamo è una sineddoche delle aporie che avviluppano la scienza quando si verificano questi fenomeni e costituisce, pertanto, un prezioso vademecum metodologico per orientarsi nella Babele cognitiva nella quale essa è caduta.
Ci piace definire questa parodia ideologica di scienza come “Lascienza”, innestando l’articolo sul sostantivo e maiuscolandolo per sottolinearne l’apodissi, che è avulsione dal metodo scientifico propriamente detto, in quanto stolta omodossia nei confronti della Weltanschauung dominante."

Ancora dalla seconda parte, un tema che è stato fin troppo ricorrente su questa pagina specie l'anno scorso.

"Un secondo punto da stigmatizzare è il desolante spettacolo offerto dagli “esperti” arruolati a scopo propagandistico (o che, semplicemente, si sono “auto-arruolati”, sgomitando alquanto, per avere un po’ di visibilità).
Pensiamo sinceramente che costoro siano stati i peggiori detrattori, anche se involontari, della causa che avevano intenzione di promuovere: riteniamo che la superficialità, l’arroganza e la pochezza metodologica delle quali hanno dato prova siano state tra le principali cause delle posizioni di rifiuto che si sono palesate e della loro diffusione sino a diventare fenomeno di massa. Il nocciolo della questione è da ricercarsi nelle pessime modalità di comunicazione che le autorità preposte e i cosiddetti “esperti”, nella smania di affermare la propria posizione ideologica, hanno messo in atto."

E, devo dirlo, un medico che parla di entropia e fisica senza cadere nei marchiani sfondoni di certi suoi colleghi alle prese con l'abc delle due materie fa piacere leggerlo (anche se vi potete immaginare che se si tirano in ballo termodinamica e Prigogine sarei capace di tirar fuori una serie infinita di precisazioni e distinguo). Ma non posso non felicitarmi del filo rosso lungo cui si svolge uno dei capitoli della seconda parte: da Poincaré allo Schroedinger di "What is life?" fino appunto a Prigogine. Una nota al riguardo: sicuramente qualcuno potrà leggere nella seconda parte uno di quegli inni all'indeterminismo di cui spesso si è nutrita la retorica antiscientifica. Avendone parlato con l'autore l'intento non è quello, quanto voler mostrare la miseria epistemologica di certo stolido "determinismo medico-biologico" (argomento su cui anche qua sopra sono state spese due parole, nel tempo).
All'impianto complessivo del libro non servivano le citazioni del rapporto Signum e della Commissione Parlamentare sull'Uranio Impoverito, a parer mio, più qualche altra. Ma alla fine in questo preciso caso la cosa non è così rilevante, perché il libro non parla di "vaccini sporchi" o simili, ma di una precisa politica sanitaria e del macchinario culturale che è stato messo su per promuoverla, nonché delle conseguenze dell'operazione. Non parla tanto di efficacia dell'antiinfluenzale, quanto di politica, diritto, democrazia.
Dalla prefazione di Giancarlo Pizza (presidente dell’Ordine dei medici
chirurghi e odontoiatri di Bologna):

"Gli autori conducono una lucida e preoccupata analisi dell’uso distorsivo e improprio della scienza fatta da alcuni “esperti” nella recente querelle esplosa a proposito della obbligatorietà delle vaccinazioni imposta con decreto legge, lo scorso anno. L’utilizzo dello strumento del decreto legge (che è necessario per casi urgenti) è stato del tutto improprio anche in considerazione dell’assenza di emergenza certificata dall’allora presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Si è dunque trattato di un’operazione precipitosa connessa a una presunta “epidemia” di morbillo e a una “insufficiente” copertura vaccinale che non aveva raggiunto il 95% della popolazione dei neonati."

lunedì 24 settembre 2018

IL CALO DELLA MORBILITA' PER IL MORBILLO IN ITALIA PRIMA DELL'INTRODUZIONE DEL VACCINO (YES, SIR!)


Quante volte qualcuno ha postato uno di quei grafici della morbilità del morbillo in Italia dicendo "Ecco, vedete, c'era un drastico calo dei casi già da prima che introducessero il vaccino, perché e l'alimentazione e l'igiene etc". Di solito i grafici sono "interpolati" con una bella retta a pendenza negativa che incrocia lo 0 delle ordinate, qualcuno pensando di essere molto più furbo e raffinato ha usato esponenziali negativi e simili. Tutta roba inguardabile.
"Come inguardabile? E' del tutto evidente!" Dirà qualcuno.
Evidente un piffero. Se una retta fosse un buon modo per interpolare la morbilità saremmo oggi a valori di contagio negativi. Se fosse interpolabile con un esponenziale negativo non avremmo alle spalle un non impressionante outbreak da quasi 5000 casi (same as the old outbreak, 2011). Ma soprattutto un esponenziale negativo non dà conto della natura oscillatoria del fenomeno, e questo è grave. "Ma la matematica non è importante!", protesterà qualcuno. E invece per QUESTO lo è, rassegnatevi.
Cosa diavolo è un modello SIR? E' un modello di dinamica delle popolazioni inerente le malattie infettive, che si basa sui rapporti tra Susceptibles, Infectives, Recovered (S-I-R , appunto).
Il modello Kermack-McKendrick era roba vecchia (1927), rimasta dimenticata per decenni finché non fu rispolverato da ... Anderson e May ("Population biology of Infectious Diseases: Part I", Nature, 280 391-367 1979).
E' un modello SIR semplificato, il più semplice di tutti e viene bene per spiegare la dinamica di base delle malattie infettive.






dove S numero dei suscettibili, I numero degli infetti, R il numero di chi è guarito dall'infezione, t tempo, β la velocità di infezione, γ la velocità di guarigione. In realtà Kermack e McKendrick avevano proposto un modello più complesso e questa è la sua riduzione che prevede β e γ costanti per tutte le età (è una semplificazione, l'ho detto, inutile farlo notare nuovamente nei commenti).
Conciso e semplificato all'osso, eppure resta un sistema di equazioni differenziali non lineari, pure con questa semplificazione.
Notare che questo modello non prevede dinamiche demografiche. Ma è quello che racchiude alcuni contenuti fondamentali del fenomeno. E' facile ricavare quali sono le condizioni per cui si ha l'inizio dell'outbreak, il suo culmine e l'inizio del suo esaurimento, no?
Uhm, forse non per tutti.
Prendiamo la seconda equazione.
dI/dt è la velocità di aumento del numero di infetti. Noterete che di base è proporzionale a I ed a S, numero dei suscettibili (tutti i suscettibili), a sua volta funzione del tempo, come si vede dalla prima equazione.
Quando dI/dt è positivo il numero degli infetti sta crescendo (fase ascendente dell'outbreak), quando è negativo sta diminuendo (fase di esaurimento dell'outbreak). Quando è uguale a 0 l'outbreak è al suo massimo, la velocità di comparsa degli infetti βSI equivale alla loro velocità di scomparsa γI (scusate i termini da cinetica chimica, ma davvero è quasi la stessa cosa).
Quindi per dI/dt=0 , βS/γ=1. Valore interessante, molto, che va a definire la soglia epidemica R°=βS/γ (R°non ha niente a che fare con R, Recovered, è una di quelle ambiguità simboliche che una volta usate restano lì dove sono).
Quando R°>1 siamo nella fase crescente, ogni infetto trasmette la malattia a più di un soggetto, quando R°<1 siamo nella fase di esaurimento dell'outbreak, quando ogni infetto trasmette la malattia a meno di un soggetto. Sì, somiglia molto al basic reproduction number, perché è proprio lui, quello con cui viene calcolata la herd immunity (ovviamente questa formula è valida per questo specifico modello, e non per altri).
Detto questo, la prossima volta che un crociato dell'obbligo vaccinale sventaglia in faccia al prossimo l'immunità di gregge, non ditegli "è solo un modello", o "non esiste" o altro. Chiedetegli cosa pensa dei modelli SIR, e poi da dove viene fuori l'herd immunity. Sarà divertente.
Quello che trovate nel link è un modello Kermack-McKendrick modificato con l'inclusione della natalità (non fatevi ingannare dal fatto che in questa scrittura le denominazioni di alcuni termini cambiano, la natalità la vedete nella prima equazione come bS(t) ).
Le ipotesi in questo caso sono popolazione isolata, mortalità nulla, periodo di incubazione nullo, durata dell'infettività uguale alla durata della malattia.
Potete fin da ora giocherellare con i parametri del sistema di equazioni differenziali e vedere cosa succede, ma segnatevi i parametri che vedete quando aprite la pagina, ci tornerà utile tra poche righe.
Ora andiamo a vedere la natalità in Italia nel 1950: 908.622 nascite.
Poi andiamo a vedere la natalità in Italia nel 1985: 577.345 nascite
Tra 1950 e 1985 c'è un calo del 35% circa della natalità
Ora tornate sull'applicazione del link e guardate cosa succede con i parametri iniziali prima con birth rate 0,02 e poi 0,013 (ovvero diminuito del 35%).
Gli outbreak si distanziano nel tempo, il numero totale dei casi diminuisce.
Il modello è molto semplice e poco sofisticato, una brutale semplificazione poco generalizzabile a casi reali: l'Italia non presenta una popolazione distribuita in modo omogeneo con contatti tra individui uguali per tutti, etc etc.
Ma vi renderete conto che, di base, la riduzione della natalità può essere sufficiente per giustificare il calo dei casi per sistemi governati da dinamiche di questo genere.
Questa è all'incirca l'operazione che May e Anderson fecero nel 1982 (in "The Logic Of Vaccination", The New Scientist), solo che lì, in un riquadro, per spiegare la dinamica delle ondate epidemiche si invitava il lettore a fare i conti con una calcolatrice. A più di 30 anni di distanza forse avere a disposizione online una applicazione fatta con Mathematica può costituire un vantaggio (o forse no, dipende dal rapporto che chi legge ha con i numeri).
(Se provate ad aumentare progressivamente i vari valori noterete che il comportamente del sistema esibisce variazioni estremamente significative - sarebbe a dire che le soluzioni divergono rapidamente: è il caos deterministico, signori, sistemi di equazioni differenziali non lineari, e chissà se qualcuno si ricorda l'attrattore del brussellatore - anche qua a naso c'è un attrattore, ma non abbiamo scoperto niente, cfr Herbert W. Hethcote, "The Mathematics of Infectious Diseases", SIAM Review, Vol. 42, No. 4. ,Dec 2000, pp. 599-653 , magari ci ritorneremo sopra).

http://library.wolfram.com/webMathematica/Biology/Epidemic.jsp





(Se provate ad aumentare progressivamente i vari valori noterete che il comportamente del sistema esibisce variazioni estremamente significative - sarebbe a dire che le soluzioni divergono rapidamente: è il caos deterministico, signori, sistemi di equazioni differenziali non lineari, e chissà se qualcuno si ricorda l'attrattore del brussellatore....)

http://library.wolfram.com/webMathematica/Biology/Epidemic.jsp

sabato 22 settembre 2018

FORSE NUOVE ARMI CONTRO LE RESISTENZE AGLI ANTIBIOTICI


Se seguite la pagina avrete capito che alla base dell'ipotetica apocalisse da farmacoresistenza prossima ventura c'è il fatto che sugli antibiotici non ci sono sforzi veri da quasi 20 anni, perché al privato non conviene e il pubblico e le fondazioni hanno messo spiccioli spacciandoli per investimenti faraonici.
Questa notizia (e ringrazio Cristina Mariella Donati per avermela fatta notare) è significativa assai più di altre per alcuni semplici motivi.
Si parla di una nuova classe di molecole semisintetiche attive contro i batteri gram negativi (la bestia nera di sempre), anche se pare che ancora non esista il candidato clinico vero proprio. E di per sé la notizia è buona, perché le notizie di questo genere si sprecano, ma quelle che riguardano agenti contro batteri gram negativi no.
Punto di interesse ancora maggiore: gli autori fanno parte del gruppo per le malattie infettive di Genentech, ovvero per capirci stiamo parlando di Roche. Non si tratta di un brillante gruppo universitario che dovrà faticare per trovare una qualche azienda che creda nel loro lavoro per farsi carico dello sviluppo: questo è un progetto interno, e di una delle poche multinazionali del farmaco rimaste largamente research based nell'approccio, che tra l'altro pare fiutare aria di deflazione con i biologici che sono da anni il suo forte (https://www.fiercepharma.com/pharma/roche-s-genentech-laying-off-223-staffers-california), e chi ci rimette sono sempre i soliti.
Dite quello che vi pare, dite che è tecnologia "vecchia", dite che è roba superata da RNAi (niente male una approvazione dopo tipo 20 anni e svariati miliardi bruciati, sembra la replica dei farmaci antisense) e biologici assortiti.
Ma se date un colpo d'occhio e siete del settore, vedete state of the art medicinal chemistry nell'elaborazione di una struttura naturale. Già così è tanta roba (se questi non funzionano si è comunque aperta una porta).

giovedì 20 settembre 2018

ANILINA, LETTURE ESTIVE E CASI DI ORDINARIA CARCEROGENICITA’


(By Starbuck)

“Ma… l’Anilina?” qualcuno esordisce la domanda da sotto la calura agostana. “Ammina aromatica, tossica e carcerogena” rispondo d’istinto “la trovi nei coloranti per pellami, di solito. Perché t’interessa?”
Scopro che interessa perché nel “il Giornalino di Gian Burrasca” -libello del correva l’anno 1907 e rediviva  lettura estiva - qualcuno pensa bene di colorare di rosso la “minestra del  risciacquo”. E come lo fa? “Ci vorrebbe dell’anilina-ha detto del Ponte”. E dove se la prendono dei bimbetti delle elementari (Gian Burrasca ha 9 anni) dell’anilina? “Ci penso io a procurarla-ha aggiunto Carlo Pezzi- ne ho vista nel gabinetto di chimica”. Facile no? Da che si deduce che un secolo fa alle elementari si sapeva dell’esistenza della chimica, mentre oggi conosco liceali (di licei scientifici) che misurano il volume di soluzione in un cilindro in mm (miliimetri, avete letto bene, e no, non sono cubi, neanche per sbaglio). Di più, i bimbetti dell’inizio 900 sapevano anche che non era una cosa con cui scherzare, l’anilina. Infatti nel libro, dopo essere riusciti nell’intento di colorare di rosso la minestra, uno dei fautori del sabotaggio si mette a gridare “Ragazzi, nessuno mangi questa minestra rossa…essa è avvelenata! […]non son le barbe che tingono di rosso la minestra, ma l’anilina che c’ho messo io”.
Al che mi chiedo: ma scusa ma già nel 1907 sapevano che l’anilina era un “toccasana”? No, in realtà lo sapevano già da un po’, più precisamente dal 1895. Da quando un chirurgo (tale Rehn) individua la prima correlazione tra anilna e tumori  (https://www.bioscience.org/2012/v4e/af/375/fulltext.htm ) espressa come una “ incidence of bladder tumors in the manufacture of fucsine”. Dagli studi degli anni successivi (diciamo conclusivi a partire dal 1953) emergerà poi che non à tanto l’anilina quanto altri composti coinvolti nel processo di produzione della fucsina (e del magenta) ad essere carcerogeni, e che lo sono sicuramente Benzidina e beta-Naftilammina (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1037533/pdf/brjindmed00230-0003.pdf ). L’anilina, seppur classificata dallo IARC nel gruppo 3 delle sostanze carcerogene, rimane comunque altamente tossica (https://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sial/242284?lang=it&region=IT  ) soprattutto per come viene metabolizzata. Per chi si riesce a cimentare con la SDS, vedra’ che l’organo target e’ infatti il sangue mentre per la benzodiazina, ad esempio,  l’SDS e’ un po’ diversa (https://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/sigma/b3503?lang=it&region=IT) e si parla espressamente di carcerogenicità e tumore alla vescica.
A me invece a sentir parlare di aniline ed ammine aromatiche torna sempre in mente il racconto di un amico che per qualche anno se l’à spassata all’ACNA di Cengio. Mi diceva che in laboratorio uno verificava la pulizia della vetreria passando un dito e poi assaggiando. Concludeva infine il racconto con “tumore all’esofago”.
L’ACNA (in cui si produceva anche beta-naftilammina) ed il Bormida ed altra letteratura. Stavolta degli anni sessanta “Hai mai visto Bormida?” scriveva nel suo “Un giorno di fuoco” Fenoglio, “ Ha l'acqua color del sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle rive non cresce più un filo d'erba. Un'acqua più porca e avvelenata”. Già, avvelenata.
Per chi ha interesse può andare a leggersi le famigerate storie dell’ACNA ma anche dell’IPCA, Industria Piemontese di Colori dell’Anilina, fabbriche che chiusero ben dopo la legge Merli, ben dopo gli anni 70.  Anche se già nel 1956, la camera del lavoro di Torino sull’IPCA dichiarò che  “L´ambiente è altamente nocivo, i reparti di lavorazione sono in pessime condizioni e rendono estremamente gravose le condizione stesse del lavoro. I lavoratori vengono trasformati in autentiche maschere irriconoscibili. Sui loro volti si posa una pasta multicolore, vischiosa, con colori nauseabondi e, a lungo andare, la stessa epidermide assume disgustose colorazioni dove si aggiungono irritazioni esterne”, si dovrà arrivare all inchieste del 1975 e 1977, le sole in grado di portare alla fine ad una condanna da parte del tribunale Civile e Penale di Torino. Condannati proprietari, dirigenti e medico del lavoro quest’ultimo reo di non aver fatto valere le consocenze a sua disposizione sulla tossicità delle sostanze lavorate (e dimentico di quanto un suo stesso collega, il medico Rehn, aveva scoperto più di un secolo prima…ma questo può essere motivo di condanna solo morale).
Insomma …storie di ordinaria carcerogenicità, in cui mi stupisce forse il fatto che già in un libro del 1907, anche un bimbo delle elementari avrebbe preferito l’espulsione da scuola piuttosto che far mangiare ai compagni la minestra avvelenata dall’anilina, che in alcune nazioni le produzioni di bezodiazina e beta-Naftilammina venissero sospese già dagli anni 30 e 40  e che tutto fosse piuttosto chiaro già nel 1953.
Non aggiungo conte dei morti né retoriche: credo che ognuno sarà bravo a formularle da sé.
Nel frattempo che studiavo “storia delle aniline”, la lettura estiva à già cambiata. Ora siamo passati a “La Guerra dei bottoni” , 1912. Qualche giorno fa ho orecchiato un “ In medicina come in religione quel che conta è la fede”, e mi è quasi venuta voglia di approfondire anche questa frase qui…

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...