martedì 22 febbraio 2022

COVID, FARMACI, RICERCA: PAXLOVID, IRONIA E EFFICIENZA

 

Long story short:
nel settembre 2020 il gruppo di Lin pubblicava un preprint, lavoro tutto in vitro. Un anno e qualcosa dopo sono a pubblicare di nuovo. Altri invece hanno finito il preclinico, presentato l'INDA, svolto i trial, ottenuto l'autorizzazione. Il professor Lin di Stanford oggi parla di inefficienza dell'industria. E ora i dettagli...
 
"Ironic that Pfizer would prefer to claim they had to make and test 800 compounds because they didn't read the literature. In academics that kind of approach would earn you a grant denial. But the public ends up paying for industry inefficiency anyway in the form of drug prices"
twittava Michael Lin, professore associato di neurobiologia e bioingegneria a Stanford. Perché il suo gruppo nel settembre 2020 aveva pubblicato un preprint (https://www.biorxiv.org/.../2020.09.15.275891v2.full.pdf) in cui descriveva in funzione anti SARS-COV-2 analoghi di boceprevir (inibitore di proteasi di HCV non più in commercio). Ovviamente tutto lavoro in vitro, largamente svolto su cellule di epitelio intestinale infettate con il virus (CACO-2 https://en.wikipedia.org/wiki/Caco-2). Come dire, due piccioni con una fava: attività antivirale e un indice indiretto di capacità di passare dall'intestino al flusso sanguigno.
(Spiegazione rapida: l'uptake è la quantità di composto assorbito dalla cellula. Se hai uptake in CACO-2 hai un'indice della capacità del tuo composto di attraversare la barriera intestinale. Se vedi attività antivirale in CACO-2 infettate, hai uptake - perché le proteasi virali lavorano dentro le cellule infettate.)
Per quasi due anni la compressa anti-COVID è stata il sacro graal della ricerca, e il problema era appunto trasformare composti attivi per somministrazione endovenosa in altri attivi se assunti per os. A Pfizer avevano un inibitore di 3CL venuto fuori ai tempi di SARS 2003, da somministrare per endovena. Dafydd Owen, chimico medicinale, una vita in Pfizer, viene designato Project Leader per questa ricerca, e ha raccontato la storia (https://cen.acs.org/.../How-Pfizer-scientists.../100/i3...): una faccenda di legami a idrogeno: eliminare quelli che in PF-07321332 inibivano l'assorbimento nell'intestino.
"Ma rimuovere i legami a idrogeno comportava un costo - la squadra perse il contatto con una glutamina nel sito attivo della proteasi. Cercando di ripristinare l'interazione con quell'amminoacido, i chimici provarono molti diversi gruppi al posto dell'indolo di PF-00835231 - provando una metansolfonamide, un'acetamide e una trifluoroacetamide. Le tre molecole sembravano simili e ci si aspettava che si comportassero in modo simile. Ma non era affatto così. La trifluoroacetamide era molto migliore per la sua capacità di permeare la barriera intestinale."
Owen e la sua squadra sono incappati nel preprint del gruppo di Lin, durante il lavoro? Forse sì forse no. Se leggete l'articolo l'acido 6,6-dimetil-3-azabiciclo[3.1.0]-2-esanoico (la prolina modificata che nirmatrelvir ha in comune con boceprevir e con i composti del gruppo di Lin) non conta più di quanto conti aver una trifluoroacetamide invece che un'urea come in borceprivir. Mi dispiace per il prof. Lin, ma le discussioni sui me-too in questi casi non hanno senso. Ricorderei la vicenda degli inibitori ciclici di NS3/4A (HCV https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../epatite-c-lo...): i primi che ne hanno concepito uno sono rimasti al palo. Glecaprevir (Mavyret) può essere definito un me-too di ciluprevir, ed è stato uno dei farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento dell'epatite C, ciluprevir non ha mai visto l'approvazione.
Capisco lo stato d'animo del professore (e magari la sua voglia di trovare qualcuno che si compri il suo lavoro per svilupparlo), ma mentre il suo gruppo era alla ricerca di nuovi grant qualcun altro produceva i batch clinici di nirmatrelvir e conduceva i trial, e oggi abbiamo paxlovid. Niente male, dal punto di vista dell'inefficienza. How ironic.

domenica 20 febbraio 2022

CON QUELLA FACCIA LI'

Negare, sempre, a qualunque costo. Molta gente è stata a sentire e ha dato credito a chi diceva "laggiú solo smartworking, laggiú restrizioni come le nostre, laggiú la strage etc etc".
Da mesi vado al lavoro (niente smartworking), non vedo cadaveri per strada, salgo su un bus, e non mi serve un certificato vaccinale per salirci, scendo dal bus e entro al lavoro, e non devo presentare un QR code per entrare. Certo, le restrizioni qua sono o erano come in Italia, o anche peggio, come no... (e poi hanno appunto quella faccia li', quella con cui strepitano "fake news!"). Invece di riempirci la bocca di "Stringency index" vogliamo darci un' occhiata? In occidente l'Italia (76) sarebbe seconda solo alla Germania (84). Buona parte del nord Europa sta fra 50 e 60 (https://ourworldindata.org/grapher/covid-stringency-index... e faccio notare che l'indice riguarda le norme varate, non la loro applicazione, cosa abbastanza diversa).
Ma è la narrazione, baby, e deve essere questa per... salvare vite? Sono convinto che ci siano teste, pronte ad essere riempite dell'altrui pensiero per poi andare in tv e ripeterlo, che davvero ne sono convinte. Questo le giustifica? Non credo, neanche fosse così che si portano la pagnotta a casa.
Ma per salvare la narrazione, questo e altro. Compreso l'appoggiare un clima disteso e rilassato, quello che caratterizza lo scontro sulle misure antipademiche.
In un tale contesto è chiaro che se qualcuno si prende migliaia di like, è seguito da centinaia di migliaia di persone ma non marcia esattamente a quel passo suonando esattamente la stessa musica riceve reazioni ostili di ogni genere ( https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10226202757231434 e basta molto meno per riceverle, in realtà). Estrapolo il commento di Sara Gandini:
"Ne so qualcosa pure io con il gruppo che segue il blog e la pagina gocciaagoccia.net Continuiamo così a testa alta. Solidarietà anche da parte mia. Questo clima terribile non fa il bene della scienza e della società nel suo complesso. Quello che siamo e che facciamo è chiaro a chiunque si muova con onestà intellettuale e rispetto per la metodologia scientifica, che non ha bisogno di vendere verità assolute e porsi come una religione, che non ha bisogno di palchi, di strumentalizzare le paure, di fare giochi di potere... riporto le ultime parole di un intervento di ioannidis che abbiamo tradotto "Molti scienziati eccellenti hanno dovuto tacere per loro scelta in questo caos. La loro autocensura è stata una grave perdita per le indagini scientifiche e lo sforzo per la salute pubblica. I miei eroi sono i molti scienziati ben intenzionati che sono stati maltrattati, diffamati e minacciati durante la pandemia. Li rispetto tutti e soffro per quello che hanno passato, indipendentemente dal fatto che le loro posizioni scientifiche siano in accordo o in disaccordo con le mie. Soffro e apprezzo ancora di più coloro le cui posizioni erano in disaccordo con le mie.
Non c'era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione col turbo. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, i potenti e i combattenti sono diventati più potenti e più conflittuali, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto.
Temo che la scienza e le sue norme non abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata."
Quando il dibattito si tramuta in scontro le cose vanno così, sarebbe bene prenderne atto. Mi spiace, ma è tempo di smettere di parlare di scienze, o di credere che sia importante farlo. E'del tutto inutile, dal punto di vista che ha più importanza, che è quello politico. Le scienze possono produrre vaccini più o meno buoni e antivirali più o meno buoni: l'uso e il non uso che se ne fa poi è interamente politico, in Italia, e se qualcuno in due anni e rotti di pandemia non se ne è accorto, beh, rimanga pure attaccato ai propri paraocchi. Sul serio qualcuno pensa che sia utile discutere paper su paper con chi, avendo lottato per il non uso di questo o quel farmaco approvato o autorizzato, accusa gli altri di avere sulla coscienza decine di migliaia di morti? Davvero?
E' ora di trattare la cosa secondo la sua natura, quella dello scontro politico. E non esiste terreno di mediazione, né può esistere, rebus sic stantibus. Qualcuno prima deve perdere la guerra, e a fargliela perdere non saranno le scienze o i discorsi sui social, ma la somma tra i fatti e l'esasperazione di una moltitudine sfiancata non tanto dal virus quanto dalle politiche di contenimento della pandemia praticate in Italia che qualcuno insiste a travestire da "Scienza".
E in questa prospettiva, francamente, per quanto comprenda lo sfogo di Silvestri (been there, done that), io ormai avrei lasciato perdere: il mondo è assai più vasto dei social, and they don't worth the powder.
 
 
 

 

venerdì 18 febbraio 2022

LA FINE DELLA PANDEMIA LA DECIDIAMO NOI, QUINDI ...

https://www.washingtonpost.com/.../end-pandemic-wont.../



... quindi, come vedremo, serve "narrazione" e più di prima, se la tua linea è  mantenere l'emergenza.
Peter Doshi e David Robertson su Washington Post si producono nell'esame di un secolo di epidemie di virus respiratori, e ci fanno notare che la storia dice che non è il virus a decidere, ma noi.
"La chiave della fine della pandemia, quindi, non è biologica, è sociale. Oggi il pubblico è profondamente diviso su cosa fare, con alcuni da tempo a favore dell'entrata in uno stato post pandemico, mentre altri hanno recentemente ripreso con la scuola a distanza e un rafforzamento dell' obbligo di mascherina in risposta alla variante omicron. Ma uno stato di emergenza non può durare per sempre, soprattutto con interventi che hanno diviso le famiglie e danneggiato giovani e bambini, per cui il coronavirus presenta il rischio più basso.
E per quanti scelgono metodi di mitigazione più stringenti è cruciale capire che non sarà definibile chiaramente un punto di fine della pandemia. La pandemia finirà solo quando integreranno il rischio covid nelle proprie vite e riprenderanno interazioni sociali normali. Per quanto sperino in una fine della pandemia chiara e netta, la storia ci dice che una cosa del genere non esiste.
Alla fine non è il virus a determinare la timeline - siamo noi. La pandemia finirà quando diremo che è finita."

Visto che la faccenda è  sempre stata politica (un'epidemia è  una faccenda politica con risvolti sanitari, come diceva Rudolph Virchow https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=90593), e che il mondo è  ormai molto piccolo, se qualche nazione sceglie approcci diversi dai tuoi hai due possibilità: o sostenere che non è vero che hanno restrizioni più di te, o sostenere che sono dei pazzi criminali (cfr Svezia), o sostenere che mentono sui dati. 
Negli ultimi giorni sui social sono rimbalzate varie uscite stile "C'è  del marcio in Danimarca". A parte le regolari smentite delle autorità danesi, il maggior esperto galattico di sanità pubblica a provato a metterci su un carico... peccato che non si accettino caramelle dagli sconosciuti o numeri da Ricciardi, fin da tempi non sospetti (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../dichiarazioni...)
 

 

 

giovedì 17 febbraio 2022

THE SWEDE

 



Uno dei primi crucci dell'expat italiano (specie in nord europa) è: come/cosa mangio. Certo, ormai la pasta italiana si trova ovunque (magari in pochi formati), e l'olio extravergine di oliva pure - ritenuto una classica fissazione italiana. Ma farsi una carbonara, per esempio, può diventare una cosa complicata. In breve si rischia di celebrare un completo divorzio dalla cucina mediterranea, che diventa eclatante quando si parla di vegetali: nel nord Europa niente cardi, carciofi, asparagi, melanzane, basilico. Certo, le cose sono parecchio cambiate da quando Elisabeth David dopo un lungo periodo nel mediterraneo tornando in Inghilterra rimase costernata dalla cucina della sua patria (e scrisse "A Book of Mediterranean Food"). Mi ricordo l'odore greve del grasso animale (chissà quale) in cui ancora si friggevano le uova del breakfast in Scozia, trenta anni fa (e non è che più a sud le cose andassero tanto meglio). Oggi è tutto cambiato, il grasso prevalente è olio di soia - non certo il massimo, ma sempre meglio, e comunque, spostandoci al di là della manica, se contestate a un bretone la zuppa della nonna con i crostini fritti nel grasso di bue lui potrebbe aversene a male.
Personalmente mi sono sempre adattato in qualche modo al clima alimentare locale. Il che vuol dire guardarsi in giro cercando ingredienti da integrare nella propria cucina, perché nel lungo termine non è che si possa campare (bene) di soli breakfast, fish and chips, pesci affumicati, insalate e cornish pasty. Non conoscete il cornish pasty? Peggio per voi. Comunque lo swede è uno dei suoi ingredienti tradizionali, assieme a manzo, patata e cipolla (https://it.wikipedia.org/wiki/Cornish_pasty).
Provenendo da una regione italiana dove neanche la rapa è comunemente usata, vedere sui banchi di un mercato nordico questa sorta di rape giganti mi ha incuriosito. E quindi ho deciso di sperimentare.
Ma partiamo dall'inizio: lo swede (contrazione di swede turnip, rapa svedese) ho scoperto che è in realtà la rutabaga, detta anche navone o cavolo navone (e ignoravo pure che avesse un nome anche in italiano). E guardando in giro nella websfera italiana viene proposta per purè e insalate o al forno. Questo l'ho scoperto dopo.
Quando l'ho vista esposta sul banco ho pensato immediatamente "stufato". E stufato è stato.
Avendo trovato un bel filetto di maiale e dei tagli di capocollo molto più magri della nostra scamerita, il design dell'esperimento era del tutto chiaro.
Quindi prima sono stati preparati gli starting materials:
 
Navone
1 cipolla bianca
Filetto di maiale
Capocollo di maiale
1/2 decilitro di olio extravergine d'oliva (italiano)
1/2 pinta di lager
1 foglia di alloro (italiano)
 
Il navone (una metà del navone, perché pesava più di un chilo) è stato sbucciato e tagliato a dadi di circa due centimetri di spigolo.
Filetto e capocollo sono stati tagliati anch'essi a dadi di circa due centimetri.
La cipolla è stata tritata.
In una casseruola è stato scaldato l'olio, ed è stata aggiunta la cipolla tritata. Quando la cipolla ha iniziato a imbiondire, è stata aggiunta la carne di maiale, che è stata fatta rosolare con cura.
Quindi sono stati aggiunti lager e alloro, e si è cotto a fuoco medio/basso per circa 1 ora.
Poi è stato aggiunto il navone a cubetti, e acqua quanto basta a coprirne la superficie.
Sono stati aggiunti sale e pepe nero in grani.
La cottura è stata continuata per circa un'altra ora, fino a che quasi tutto il liquido non è evaporato.
 
Discussion 
 
Ho giudicato l'esperimento riuscito, ma nessun altro ad ora lo ha replicato.
Una sua versione light, con carne di manzo, ha dato anch'essa buoni risultati (ma la versione maiale è assai più soddisfacente, per i miei gusti).
Quanto a novelty l'esperimento vale molto poco. Per quanto navone e rapa siano ben diversi, sono comunque parenti stretti, e rapa e stufati hanno una storia ben consolidata a nord delle Alpi - si può ripetere la procedura con le rape, che però reggono meno la cottura e dovranno essere aggiunte a circa tre quarti del procedimento.
Perché il capocollo di maiale? Perché il solo filetto è relativamente povero di tessuto connettivo e grassi, che sono quelle cose che conferiscono allo stufato "morbidezza". Non ci crederete, ma il tema "stufato" per la parte proteine è stato abbastanza recentemente trattato sul Journal Of Physical Chemistry (https://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/acs.jpcb.9b05467#). Comunque il concetto base è sempre stato denaturare proteine in presenza di un qualche "lubrificante" (altrimenti ottenete un bollito). Ci sono ricette francesi di stufato di maiale o montone che cominciano facendo sciogliere nel grasso di base (che parlando di Francia di solito è burro), o anche in sua assenza (!) il grasso delle spuntature o delle costolette. E l'aggiunta finale di burro è un altro tratto tipico in molte zone geografiche (Francia, ma anche nord Italia). Il collagene, caratteristico del tessuto connettivo, è un altro elemento che produce "lubrificante", in quanto con acqua e calore gelifica (si trasforma in gelatina). Il capocollo di maiale contiene una buona quantità sia di grassi che di tessuto connettivo, e ha fornito un contributo decisivo alla riuscita dell'esperimento. 
 
Nota: se googlate rutabaga troverete che è ipocalorica, e che contiene fibre, vitamina C, vitamine del gruppo B, betacarotene, sali minerali. Se è stata stufata con il maiale capirete che il ridotto apporto calorico non era tra gli obiettivi dell'esperimento. E con la lunga cottura potete dire addio a buona parte del contenuto in vitamine B, C e betacarotene. Fibre e sali minerali restano.

lunedì 14 febbraio 2022

IL PENSIERO ISTITUZIONALE ESISTE...



... e la comunicazione della scienza lotta assieme a lui.
Questa storia di dosi ennesime e ADE (Antibody-Dependent Enhancement https://it.wikipedia.org/.../Potenziamento_anticorpo...) ha fatto cadere sul prof. Broccolo un po' di tutto (https://www.startmag.it/.../luniversita-milano-bicocca.../). E' un'ipotesi improbabile? Ok.
Ma la reazione è quella di un monoteismo vaccinale che, come il Green Pass all'italiana, è diventato religione di stato ("Fake news", si urla dal ministero, e i "giusti" ripetono "Fake news!").
Non solo religione di stato, religione di stato e religione intollerante.
Che con un tasso di copertura vaccinale anticovid tra i più alti di Europa in Italia si continui su questa via è indicativo, ed è indicativo che, anche sotto le apparenze più rassicuranti, la "giusta comunicazione" in contesto pandemico sia solo quella che tratta i cittadini come funghi (leave them in the dark and feed them shit).
Se si finisce in ospedale e in intensiva anche con tre dosi pare che l'unica soluzione pensabile sia una quarta dose (e poi una quinta, e poi una vaccinazione annuale etc). Poi se a qualcuno viene il dubbio che la parola d'ordine (e la prassi) sia "prevenire, NON curare" , pazienza. E infatti, arriva in Italia il tanto annunciato paxlovid e... pare un film già visto.

Fermo restando il fatto che non si vede per quale ragione si debba usare molnupiravir quando è disponibile plaxovid (almeno che la ragione non sia "ormai lo abbiamo comprato!"), ecco che pare che la principale preoccupazione del ministero sia che i farmaci antivirali (coperti da brevetto) non siano prescritti o somministrati senza ragione.
Ma questo in genere, fin da qualche anno fa, quando i malati di epatite C erano spesso costretti a ändare all'estero e a pagare di tasca loro per avere sofosbuvir. E poi, di recente, il registro veklury, che contingentava le somministrazioni di remdesivir negli ospedali.
Insomma, la pandemia è un emergenza che sarebbe sanitaria, certo, ma anche in emergenza sanitaria, o forse a maggior ragione, c'è da controllare la distribuzione dei farmaci, ma solo di quelli che costano, eh... Nessuno, e sottolineo nessuno, si è mosso quando le farmacie davano via idrossiclorochina come fosse pane, o zitromax, o corticosteroidi. Anche nell' emergenza qualcuno lo dovrà pur controllare il Satana della spesa farmaceutica. Perché ci sono vite da salvare, sì, però solo a prezzi modici.
«Ci vogliono circa due giorni prima che il paziente abbia la risposta dal tampone, dopodiché deve rivolgersi al medico di base e questo a sua volta deve mettersi in contatto con il reparto di malattie infettive dell'ospedale, dove il farmaco può essere prescritto e somministrato».
Il rischio, osserva il professore, è «perdere tempo e non riuscire a somministrare la terapia. Ed è anche un sistema discriminatorio, se pensiamo alle periferie e a tutti i centri delocalizzati che non possono accedere in tempi rapidi a un reparto ospedaliero di malattie infettive».
Lo dice Anelli, Fnomceo ( https://www.dagospia.com/.../cosa-aspetta-39-aifa...). Pensate un po'.

 

sabato 12 febbraio 2022

SCEMENZARIO D'INVERNO

 1) LA BARBA



Dato che il livello era basso, in assenza di altre opzioni qualcuno ha cominciato a scavare con entusiasmo. Tutto molto bello.

2) LE COMUNITA' SCIENTIFICHE: TASCABILI, PRET A PORTER, USA E GETTA, MINISTERIALI
 
 
 
Roba inflazionata, la comunità scientifica. Pare che una ce l'abbia sempre più gente. Ma del resto vuoi mettere quanto è comoda, una comunità scientifica tutta tua.
'La quarta dose, esclusivamente per gli immunocompromessi, è oggetto di valutazione da parte della nostra comunità scientifica. Solo dopo il pronunciamento di AIFA potrà eventualmente essere autorizzata"
Il ministero ha una comunità scientifica. Non un'Agenzia, proprio una comunità scientifica.
Anvedi.
E comunque è bene non disperderle nell'ambiente, le comunità scientifiche, dopo l'uso, perché finiscono dappertutto.
"Cameriere! C'è una comunità scientifica nel mio consomme'!"
(Qualcuno se lo ricorda quel ceffone di Nanni Moretti, "Le parole sono importanti!" ? https://www.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow)
 
3) VENERDI' PESCE

 


Premettendo che parlare di un ciclo di endovene (remdesivir) in funzione preventiva dell'ospedalizzazione non ha senso, io l'anno scorso avevo la settimana piena, da lunedì a mercoledì Gilead, giovedì Pfizer, venerdì pesce, sabato Merck...

(Ci ho scherzato e continuo a scherzarci, ma il livello quello era: quello della maldicenza, e non crediate che la cosa sia girata solo sui social)


giovedì 10 febbraio 2022

LA PANDEMIA E GLI INTELLETTUALI: OGNUNO CI VEDE IL SUO

 



Con un imperdonabile ritardo di tre mesi segnalo il saggio di Martino Rossi Monti pubblicato su Lares (https://lares.cfs.unipi.it/.../lares-2020-3-rossi-monti...). E' un'accurata disamina sull'atteggiamento e le reazioni degli intellettuali nei confronti della pandemia (intellettuali,non scienziati). Da decrescisti, antispecisti e profeti dell'apocalisse climatica a antimodernisti, anticapitalisti e reazionari, ognuno ci ha proiettato sopra la propria visione del mondo. Il testo è lunghetto (è un saggio su una rivista di settore, non un post fb) ma merita di essere letto. Traduco due brevi estratti significativi. E mi guarderò bene dal commentarli.
"In alcuni casi non sono specifici peccati o vizi che vengono biasimati, ma il puro fatto della nostra esistenza come specie, che appare essere un disturbo all'altrimenti supposto idilliaco dominio della natura. In un pezzo dal titolo rivelatorio, A cosa serviamo esattamente?, lo scrittore e giornalista Michele Serra non riesce a nascondere il suo giubilo davanti a un mondo finalmente riportato alla sua gloria originaria: i cieli sono blu, le acque trasparenti e i pianeti finalmente brillano. Scrive:
La ritirata dell'uomo, assieme al suo sontuoso residuo di deiezioni, rinvigorisce la natura; sono bastate poche settimane (in termini cosmici, meno che un istante) a Gea per celebrare la nostra stasi, la nostra malattia. Impressionanti sono l'immediatezza e il candore con cui il mondo ci mostra che può fare a meno di noi."
"Giorgio Agamben ha espresso il suo orrore per ciò che descrive come una società che non crede ad altro che alla "sopravvivenza" biologica e alla "nuda vita", una vita che "deve essere salvata a qualsiasi costo". Accusa i suoi compatrioti - una massa "rarefatta e passiva"- di aver prontamente sacrificato tutte le loro libertà in nome della paura della morte. Facendo così, comunque, hanno recitato nelle mani di un'alleanza biopolitica tra i poteri al governo e l'establishment medico, che hanno "inventato" una epidemia per imporre misure di controllo senza precedenti sulla popolazione, creando uno stato di eccezione permanente".

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...