domenica 6 marzo 2022

PER EVITARE POLEMICHE, IN QUESTO MOMENTO DI FORTE TENSIONE...



... non parlerò di Belousov e Zhabotinsky (anche perché l'ho già fatto https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../i-colori-del...), o di Mendeleev, o di Markornikov.
No, per evitare polemiche, in questo momento di forte tensione parlerò di Chichibabin
Noto per la reazione che porta il suo nome (amminazione di piridina con sodio ammide, una delle più famose sosituzioni nucleofiliche aromatiche), ma anche per una sintesi delle piridine, Aleksei Yevgen’evich Chichibabin, nato in una parte dell'impero russo che oggi è parte dell'Ucraina, non ebbe un'infanzia facile. Ma la madre, rimasta vedova, si adoperò perché lui e sui cinque fratelli avessero un'istruzione. All'università finì nel gruppo di Markornikov, ma quando i nemici di Markornikov ottennero il ritiro anticipato di quest' ultimo dalla sua cattedra Chichibabin rimase "a piedi" Dopo anni difficili ritrovò un posto al sole quando ottenne la direzione del laboratorio di chimica dell'Istituto di Agricoltura di Mosca. Poi...
"Con l'arrivo della prima guerra mondiale l'attenzione di Chichibabin si volse al bisogno della nazione per forniture affidabili di prodotti farmaceutici.
Un accordo commerciale del 1904 con la germania per le forniture di carbone alle navi russe aveva incluso una clausola che impediva alla Russia di raffinare il catrame di carbone. Questo era un'importante materia prima per l'industria farmaceutica, il che dava alla Germania il monopolio sui farmaci di sintesi in Russia.
Con la guerra che azzerava la fornitura di questi materiali da parte della Germania, Chichibabin aiutò ad organizzare il Comitato Moscovita per lo Sviluppo dell'Industria Farmaceutica. Fu anche il primo presidente del comitato. Come parte del suo lavoro al Comitato, Chichibabin organizzò impianti pilota per l'isolamento degli alcaloidi - morfina, codeina, atropina e caffeina, sia alla Scuola Tecnica Superiore sia all'Università del Popolo Shanyavkii a Mosca, e durante quel periodo insegnò in entrambe le istituzioni. In aggiunta organizzò la produzione di analgesici sintetici e di antipiretici come acido salicilico, aspirina, fenacetina e fenil salicilato. Ai suoi sforzi si attribuisce l'aver salvato la vita a migliaia di soldati russi durante la guerra."

 

giovedì 3 marzo 2022

RICETTA PER LEPRE IN DOLCE E FORTE (E PER PRESIDENTE DI UNA REPUBBLICA)

 



Ah, l'aroma di un crostino di colombaccio tirato nel vino bianco o nel marsala, o nel porto, ma sempre cotto con qualche bacca di ginepro...
Se c'è una cosa su cui da sempre inglesi e italiani (e in particolare toscani) divergono è la cacciagione. Lo stile inglese prevede la cacciagione, sia di penna che di pelo, estremamente frollata e cotta al rosa (ovvero cruda e putrefatta, come sentenziò un mio vecchio amico).
Lo stile italiano invece prevede una "giusta" frollatura, spesso una marinatura e infine una cottura piuttosto lunga (quindi degradazione delle proteine, etc). Poi, venendo allo stile toscano, una buona dose di terpeni (pinene in primis) e/o teobromina: cioè ginepro, pinoli, cacao.
Si sa bene quale sia l'uso favorito del ginepro oltremanica (qualcuno preciserebbe gin & tonic, oggi). Il ginepro ha un olio essenziale che è un tripudio di terpeni: α-pinene, β-pinene, canfene, β-mircene, cineolo, terpinenolo, cariofillene, α-cadinene e β-cadinene e, delle serie "vecchie cose che funzionicchiano", a questo cocktail è stato sempre attribuito un effetto digestivo . A casa l'uso delle bacche di ginepro è sempre stato una costante della cacciagione, specie di penna (tordi, in particolare, e colombacci, appunto), con una notevole eccezione nei "tordi finti", che sono a base di vitello ma dove ginepro e fegatini producono un "effetto cacciagione" (https://www.alimentipedia.it/artusi/umidi/tordi-finti.html).
L'α-pinene (https://www.facebook.com/.../a.19716298.../2069389243279952/) è anche caratteristico del pinolo, e il pinolo è uno degli ingredienti del "dolce e forte", salsa preparata con cacao (o cioccolato amaro), uvetta, pinoli, zucchero, aceto, acqua. Riservata al trattamento finale, a fine stufatura, di lepre e cinghiale (o alla lingua).
 
Ma veniamo alla lepre. La lepre doveva essere frollata almeno un paio di giorni, spellata e poi lavata con aceto. Quindi tagliata a pezzi e marinata in vino rosso con alloro, una cipolla steccata con chiodi di garofano, aglio, sedano, ginepro e pepe nero in grani. I pezzi vengono quindi scolati e asciugati , idem per le verdure della marinata, che vengono tritate e messe a soffriggere il un tegame con olio extravergine. A soffritto imbiondito si aggiungono i pezzi di lepre, che devono essere rosolati fino a che non abbiano cacciato fuori tutta l'acqua. Salate e pepate, aggiungete pomodori pelati e tirate a cottura con brodo e un poco del liquido della marinata. La lepre deve stufare almeno due ore: non c'è niente di più triste di una lepre "al dente" (o di un cinghiale poco cotto).
A parte prepare il dolce e forte, in un pentolino, sciogliendo zucchero e stemperando cacao amaro nell' aceto con un po' di acqua. Quando lo zucchero è sciolto aggiungere uvetta e pinoli. Il dolce e forte deve essere aggiunto alla lepre un cinque minuti prima della fine della cottura, mescolando bene.
 
 
PS: Come potete leggere il problema della scelta del Presidente di una Repubblica è una cosa che viene da lontano.
PPS: il cibreo a cui si riferisce il Collodi, specificandolo di pernici etc, prima che essere noto ristorante fiorentino di gran personaggio recentemente scomparso è piatto desueto, per la cui descrizione si ricorre, ancora, a Pellegrino Artusi: https://it.wikipedia.org/wiki/Cibreo.

mercoledì 2 marzo 2022

PICCOLE CRISI

 

"Al 90% è politica e discussione sulla logistica!" mi ha scritto un amico, parlando della pandemia. E' l'ormai stracitata idea di Rudolph Vichlow (https://it.wikipedia.org/wiki/Rudolf_Virchow), “Un'epidemia è una questione politica con risvolti medici”. Ma se la politica, come succede da tempo, cerca una fonte esterna della giustificazione del suo operato, vende la versione "la pandemia è una questione scientifica con risvolti politici". E oltre alla voce dei media tradizionali ha trovato personale più o meno formato ad aiutarla nel processo. Poco da fare, in questa faccenda "la comunicazione della scienza" si arruolata come volontaria.
Walter Quattrociocchi si è prodotto in una nuda disamina dei risultati in capo a due anni:

"Il comunicatore cerca di trasformarsi sempre di più in una figura ibrida tra Piero Angela (tanto che alcuni ne imitano pure la cadenza) e uno scienziato (senza pubblicare uno straccio di contenuto scientifico degli argomenti che tratta). Trattando argomenti in maniera sciatta e imprecisa che si rivolgono ad una precisa echo chamber.
Si chiama sindrome del wanna-be scientist o wanna-be Piero Angela, che nelle sue forme più estreme diventa quasi imbarazzante.
Un riflesso sbiadito dell’aito iniziale per cui mi ero entusiasmato.
Citando alcuni colleghi, è come se si volesse parlare di formula uno senza nominare i piloti delle corse, per paura di perdere titolarità rispetto all’assenza di contenuti.
Un rapporto che doveva essere virtuoso (anche eticamente) è diventata una guerra tra poveri dove chi perde per definizione è chi vive sui contenuti degli altri."

https://www.facebook.com/walter.quattrociocchi/posts/10227574649857003

venerdì 25 febbraio 2022

LA MEMORIA RISCRITTA

Chi controlla il passato controlla il futuro
Chi controlla il presente controlla il passato

Ormai ho smesso di stupirmi quando quello che passa per "sinistra" oggi converge sulle posizioni contro cui la sinistra storica, quella della lotta di classe, combatteva.
Ho smesso di stupirmi, ma non di incazzarmi.
Per cui di quando in quando mi scappa un contributo all'alfabetizzazione degli analfabeti politici (https://www.facebook.com/chimicoscettico.blogspot/posts/3129505613934971).
E a questo giro, nella stessa chiave, rilancio questo pezzo di Francesca Capelli sulla questione "camionisti".

Fenomenologia del camionista
Di Francesca Capelli, sociologa, ricercatrice, giornalista e scrittrice 
 
Davanti alla protesta dei camionisti canadesi, che si stava estendendo anche ad altri paesi, alcune anime pure hanno immediatamente storto il naso, evocando un’altra protesta, quella dei camionisti cileni nei mesi precedenti al golpe di Augusto Pinochet contro Salvador Allende.
Dal momento che le dittature sudamericane sono da circa 10 anni il mio oggetto di studio, mi sento di intervenire nella discussione con un contributo.
Durante il governo socialista di Allende, presidente eletto democraticamente, il Cile attraversò un periodo di forti cambiamenti sociali. Vennero fatti programmi a favore delle classi popolari: casa, scuola, sanità, tutele sul lavoro, sussidi alle famiglie. Venne avviato un programma di borse di studio per accogliere nelle scuole d’élite quote di studenti provenienti da quartieri poveri (splendido il film “Machuca”, si trova anche su Netflix). Vennero nazionalizzate le miniere di rame (riforma che Pinochet si guardò bene dall’annullare). Venne attuata la riforma agraria, sebbene timidamente. I lavoratori occupavano le fabbriche.
Questa rivoluzione sociale causò forti tensioni politiche: gli Stati Uniti, che già mal tolleravano il peronismo argentino, temevano che il Cile avrebbe fatto da apripista per fare entrare il comunismo in Sud America. Nell’ottobre del 1972, quasi un anno prima del golpe (11 settembre 1973) i camionisti cileni iniziarono uno sciopero, fomentato dalle associazioni di industriali e dai commercianti. L’obiettivo era impedire il rifornimento di cibo e beni essenziali: fu introdotta la tessera per fare la spesa, le organizzazioni di base ispezionavano i quartieri per cercare magazzini clandestini dove le provviste venivano nascoste perché non arrivassero ai negozi, la classe media poteva permettersi il mercato nero.
Il 9 ottobre 1972, 165 società di autotrasporto fermarono oltre 50mila camion, per un totale di 40mila autisti che smisero di lavorare. Alla serrata, durata un mese, aderirono taxisti, sindacati di estrema destra e gruppi paramilitari. I mancati introiti furono compensati con fondi provenienti dalla Cia (altro consiglio cinematografico, “La batalla de Chile” – in tre episodi – del regista Patricio Guzmán).
Eppure, il termine “camionista” sembra diventato un ipersignificante. Il significante vuoto (o flottante) è un concetto linguistico in cui la parola non ha un preciso significato di riferimento, non ha corrispondenza con un oggetto preciso. Per esempio, il “cambiamento” in politica. Cambiare che cosa per che cosa? Per il meglio? Per il peggio? Per il passato? Per il futuro?
Così, definisco ipersignificante il fatto che i camionisti canadesi siano assimilabili ai cileni in quanto camionisti, mentre Trudeau non è assimilabile a Pinochet in quanto Trudeau.
Ne deriva che lo sciopero dei camionisti è per forza “quella cosa lì”, fa comodo che lo sia.
Anche se i camionisti canadesi finora sono stati pacifici e cantano “We are the world”, tenendosi per mano. Anche se non hanno nessuna intenzione di fare cadere un governo, ma chiedono solo di non essere obbligati a un trattamento sanitario. Non difendono il capitale, ma solo l'autodeterminazione sul proprio corpo. El habeas corpus, base della democrazia dai tempi della Magna Charta inglese. E tutto questo, mentre il governo congela il tuo conto bancario, cioè ti priva del diritto alla proprietà privata di un bene, senza una sentenza passata in giudicato, ma perché applica la legge marziale. Il messaggio dello Stato è che la proprietà privata non è più un diritto, men che meno quella del tuo corpo.
Da mesi si ripete che ogni paragone storico con dittature e totalitarismi del passato è fuori luogo. Eppure il paragone con i camionisti cileni sembra vada benissimo. Allo stesso modo, allora, reclamo il mio diritto di paragonare i metodi di Justin Trudeau (malgrado il ciuffo sbarazzino e discorso gay friendly) ai metodi di Pinochet e Videla. Altrimenti, come definiremmo l’introduzione della legge marziale in Canada? La minaccia di arrestare chiunque porti carburante e viveri ai camionisti? Non si criminalizza la protesta, ma pure la solidarietà alla protesta. E il congelamento dei conti bancari dei manifestanti? E la polizia a cavallo che passa tra la folla e pesticcia civili disarmati e pacifici? E la minaccia di requisire, in caso di arresto, gli animali domestici e considerarli abbandonati dopo 8 giorni? A quando la sospensione della patria potestà e l’affidamento dei figli a famiglie filovaccino per rieducarli?
Cosa deve succedere ancora per convincerci a dire no, vaccinati e non?
Dove sono quelli che cantavano Bella Ciao, inneggiavano alla disobbedienza di Mimmo Lucano e della capitana Carola, inorridivano per i mojitos in spiaggia di Matteo Salvini? Dove sono?
 
Il gioco è sempre lo stesso: la critica alle politiche di contenimento della pandemia è "fascista". Consumati esperti del gioco delle tre carte, che mentre piazzano l'etichetta "fasci" ai camionisti canadesi solidarizzano con chi ha svastiche sulle bandiere e Stepan Bandera sulle mostrine (per i differentemente comprendenti, questo non è un giudizio sulla situazione in Ucraina, ma sulla politica italiana).
Questi esperti del gioco di prestigio ideologico da che parte sarebbero stati in Uruguay nel 1970? Secondo me dalla parte del "consulente americano", che in fondo sempre un cooperatore internazionale era (l'immagine è presa da "L'Amerikano" di Costa Gavras, che fu girato proprio in Cile nel 1972, prima del colpo di stato).
 

 

 

LA GIUSTA CAUSA


Perché quando si sa cosa è giusto comunicare, il resto segue...

E' facile rilevare come dall'area del "comunicare la scienza" sia venuto fuori in due anni un comportamento assolutamente omogeneo. Nel "pacchetto base" neanche una sfumatura leggermente diversa. Sono un discreto numero, ma trasmettono e hanno trasmesso un messaggio assolutamente identico , che evidentemente hanno imparato "essere quello giusto in caso di pandemia" (quindi se qualcuno ha percepito di quando in quando del paternalismo ha percepito bene): rilanciare gli scenari peggiori, tenere alto il livello emergenziale, parlare di farmaci compromette la campagna vaccinale. Dietro a tutti i discorsi sulla difficile comunicazione dell'incertezza c'erano queste certezze assolute.
In un'ottica del genere qualsiasi voce, per quanto legittima, che esca dal solco è vista con profonda avversione perché al pubblico non deve arrivare un messaggio diverso (per quanto, da un punto di vista tecnico scientifico su una buona quantità di temi il famoso "consenso" sia tutt'altro che unanime).
La giusta preoccupazione sull'infodemia induce una reazione compatta, per cui tutto quello che è diverso da "quel che è giusto dire" diventa immediatamente parte dell'infodemia stessa.
In pratica la pandemia ha trasformato quelli dell'inclusione, dell'engagement e dell'empowerment nell'ennessimo gruppo con la Verità in mano, la Verità su quello che va detto perché è giusto dirlo, non perché sia vero o meno. Tutto ciò in tempi normali si chiama "propaganda".
In questo modo si può spiegare tanto, da "il problema e' il razzismo" del febbraio 2020 in poi.

martedì 22 febbraio 2022

COVID, FARMACI, RICERCA: PAXLOVID, IRONIA E EFFICIENZA

 

Long story short:
nel settembre 2020 il gruppo di Lin pubblicava un preprint, lavoro tutto in vitro. Un anno e qualcosa dopo sono a pubblicare di nuovo. Altri invece hanno finito il preclinico, presentato l'INDA, svolto i trial, ottenuto l'autorizzazione. Il professor Lin di Stanford oggi parla di inefficienza dell'industria. E ora i dettagli...
 
"Ironic that Pfizer would prefer to claim they had to make and test 800 compounds because they didn't read the literature. In academics that kind of approach would earn you a grant denial. But the public ends up paying for industry inefficiency anyway in the form of drug prices"
twittava Michael Lin, professore associato di neurobiologia e bioingegneria a Stanford. Perché il suo gruppo nel settembre 2020 aveva pubblicato un preprint (https://www.biorxiv.org/.../2020.09.15.275891v2.full.pdf) in cui descriveva in funzione anti SARS-COV-2 analoghi di boceprevir (inibitore di proteasi di HCV non più in commercio). Ovviamente tutto lavoro in vitro, largamente svolto su cellule di epitelio intestinale infettate con il virus (CACO-2 https://en.wikipedia.org/wiki/Caco-2). Come dire, due piccioni con una fava: attività antivirale e un indice indiretto di capacità di passare dall'intestino al flusso sanguigno.
(Spiegazione rapida: l'uptake è la quantità di composto assorbito dalla cellula. Se hai uptake in CACO-2 hai un'indice della capacità del tuo composto di attraversare la barriera intestinale. Se vedi attività antivirale in CACO-2 infettate, hai uptake - perché le proteasi virali lavorano dentro le cellule infettate.)
Per quasi due anni la compressa anti-COVID è stata il sacro graal della ricerca, e il problema era appunto trasformare composti attivi per somministrazione endovenosa in altri attivi se assunti per os. A Pfizer avevano un inibitore di 3CL venuto fuori ai tempi di SARS 2003, da somministrare per endovena. Dafydd Owen, chimico medicinale, una vita in Pfizer, viene designato Project Leader per questa ricerca, e ha raccontato la storia (https://cen.acs.org/.../How-Pfizer-scientists.../100/i3...): una faccenda di legami a idrogeno: eliminare quelli che in PF-07321332 inibivano l'assorbimento nell'intestino.
"Ma rimuovere i legami a idrogeno comportava un costo - la squadra perse il contatto con una glutamina nel sito attivo della proteasi. Cercando di ripristinare l'interazione con quell'amminoacido, i chimici provarono molti diversi gruppi al posto dell'indolo di PF-00835231 - provando una metansolfonamide, un'acetamide e una trifluoroacetamide. Le tre molecole sembravano simili e ci si aspettava che si comportassero in modo simile. Ma non era affatto così. La trifluoroacetamide era molto migliore per la sua capacità di permeare la barriera intestinale."
Owen e la sua squadra sono incappati nel preprint del gruppo di Lin, durante il lavoro? Forse sì forse no. Se leggete l'articolo l'acido 6,6-dimetil-3-azabiciclo[3.1.0]-2-esanoico (la prolina modificata che nirmatrelvir ha in comune con boceprevir e con i composti del gruppo di Lin) non conta più di quanto conti aver una trifluoroacetamide invece che un'urea come in borceprivir. Mi dispiace per il prof. Lin, ma le discussioni sui me-too in questi casi non hanno senso. Ricorderei la vicenda degli inibitori ciclici di NS3/4A (HCV https://ilchimicoscettico.blogspot.com/.../epatite-c-lo...): i primi che ne hanno concepito uno sono rimasti al palo. Glecaprevir (Mavyret) può essere definito un me-too di ciluprevir, ed è stato uno dei farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento dell'epatite C, ciluprevir non ha mai visto l'approvazione.
Capisco lo stato d'animo del professore (e magari la sua voglia di trovare qualcuno che si compri il suo lavoro per svilupparlo), ma mentre il suo gruppo era alla ricerca di nuovi grant qualcun altro produceva i batch clinici di nirmatrelvir e conduceva i trial, e oggi abbiamo paxlovid. Niente male, dal punto di vista dell'inefficienza. How ironic.

domenica 20 febbraio 2022

CON QUELLA FACCIA LI'

Negare, sempre, a qualunque costo. Molta gente è stata a sentire e ha dato credito a chi diceva "laggiú solo smartworking, laggiú restrizioni come le nostre, laggiú la strage etc etc".
Da mesi vado al lavoro (niente smartworking), non vedo cadaveri per strada, salgo su un bus, e non mi serve un certificato vaccinale per salirci, scendo dal bus e entro al lavoro, e non devo presentare un QR code per entrare. Certo, le restrizioni qua sono o erano come in Italia, o anche peggio, come no... (e poi hanno appunto quella faccia li', quella con cui strepitano "fake news!"). Invece di riempirci la bocca di "Stringency index" vogliamo darci un' occhiata? In occidente l'Italia (76) sarebbe seconda solo alla Germania (84). Buona parte del nord Europa sta fra 50 e 60 (https://ourworldindata.org/grapher/covid-stringency-index... e faccio notare che l'indice riguarda le norme varate, non la loro applicazione, cosa abbastanza diversa).
Ma è la narrazione, baby, e deve essere questa per... salvare vite? Sono convinto che ci siano teste, pronte ad essere riempite dell'altrui pensiero per poi andare in tv e ripeterlo, che davvero ne sono convinte. Questo le giustifica? Non credo, neanche fosse così che si portano la pagnotta a casa.
Ma per salvare la narrazione, questo e altro. Compreso l'appoggiare un clima disteso e rilassato, quello che caratterizza lo scontro sulle misure antipademiche.
In un tale contesto è chiaro che se qualcuno si prende migliaia di like, è seguito da centinaia di migliaia di persone ma non marcia esattamente a quel passo suonando esattamente la stessa musica riceve reazioni ostili di ogni genere ( https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10226202757231434 e basta molto meno per riceverle, in realtà). Estrapolo il commento di Sara Gandini:
"Ne so qualcosa pure io con il gruppo che segue il blog e la pagina gocciaagoccia.net Continuiamo così a testa alta. Solidarietà anche da parte mia. Questo clima terribile non fa il bene della scienza e della società nel suo complesso. Quello che siamo e che facciamo è chiaro a chiunque si muova con onestà intellettuale e rispetto per la metodologia scientifica, che non ha bisogno di vendere verità assolute e porsi come una religione, che non ha bisogno di palchi, di strumentalizzare le paure, di fare giochi di potere... riporto le ultime parole di un intervento di ioannidis che abbiamo tradotto "Molti scienziati eccellenti hanno dovuto tacere per loro scelta in questo caos. La loro autocensura è stata una grave perdita per le indagini scientifiche e lo sforzo per la salute pubblica. I miei eroi sono i molti scienziati ben intenzionati che sono stati maltrattati, diffamati e minacciati durante la pandemia. Li rispetto tutti e soffro per quello che hanno passato, indipendentemente dal fatto che le loro posizioni scientifiche siano in accordo o in disaccordo con le mie. Soffro e apprezzo ancora di più coloro le cui posizioni erano in disaccordo con le mie.
Non c'era assolutamente nessuna cospirazione o pianificazione dietro questa evoluzione col turbo. Semplicemente, in tempi di crisi, i potenti prosperano e i deboli diventano più svantaggiati. In mezzo alla confusione pandemica, i potenti e i combattenti sono diventati più potenti e più conflittuali, mentre milioni di persone svantaggiate sono morte e miliardi hanno sofferto.
Temo che la scienza e le sue norme non abbiano condiviso il destino degli svantaggiati. È un peccato, perché la scienza può ancora aiutare tutti. La scienza rimane la cosa migliore che possa capitare agli esseri umani, a condizione che possa essere sia tollerante che tollerata."
Quando il dibattito si tramuta in scontro le cose vanno così, sarebbe bene prenderne atto. Mi spiace, ma è tempo di smettere di parlare di scienze, o di credere che sia importante farlo. E'del tutto inutile, dal punto di vista che ha più importanza, che è quello politico. Le scienze possono produrre vaccini più o meno buoni e antivirali più o meno buoni: l'uso e il non uso che se ne fa poi è interamente politico, in Italia, e se qualcuno in due anni e rotti di pandemia non se ne è accorto, beh, rimanga pure attaccato ai propri paraocchi. Sul serio qualcuno pensa che sia utile discutere paper su paper con chi, avendo lottato per il non uso di questo o quel farmaco approvato o autorizzato, accusa gli altri di avere sulla coscienza decine di migliaia di morti? Davvero?
E' ora di trattare la cosa secondo la sua natura, quella dello scontro politico. E non esiste terreno di mediazione, né può esistere, rebus sic stantibus. Qualcuno prima deve perdere la guerra, e a fargliela perdere non saranno le scienze o i discorsi sui social, ma la somma tra i fatti e l'esasperazione di una moltitudine sfiancata non tanto dal virus quanto dalle politiche di contenimento della pandemia praticate in Italia che qualcuno insiste a travestire da "Scienza".
E in questa prospettiva, francamente, per quanto comprenda lo sfogo di Silvestri (been there, done that), io ormai avrei lasciato perdere: il mondo è assai più vasto dei social, and they don't worth the powder.
 
 
 

 

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...