giovedì 13 febbraio 2020

GLI SNODI CRITICI




Per più di una settimana qua sopra si è parlato solo di coronavirus.
Non lo ho fatto per i motivi che vengono usualmente attribuiti alle scelte dei temi - acchiapaclick o acchiappalike, criteri da sempre alieni a questa pagina.
Dovrebbe essere apparso abbastanza ovvio a chi ha letto che la crisi CoV, da noi, ha "saggiato alla fiamma" il sistema.
Che ha reagito ripresentando dal primo all'ultimo tutti gli snodi critici del rapporto tra politica (bassa), Scienza (con la ESSE) e comunicazione che erano emersi nel 2017 a proposito dell'obbligo vaccinale (e non solo): la sudditanza della politica sanitaria ad istanze altre (partitiche, economiche), il tentativo di scambiare istanze politiche per Scienza e viceversa, la costruzione di frame comunicativi adatti allo scopo.
Ormai tre anni fa Elisa Nichelli commentava: “vedo i partiti politici tentare di sedurre la scienza. stuprarla ripetutamente. poi farla truccare e vestire carina per portarla in giro e vantarsi con gli amici.”
Nel 2017 il gioco veniva facile, perché la situazione era di ordinaria amministrazione (e non emergenziale, come si strillava di continuo).
Ma poi è arrivato lo stadio 0 dell'emergenza vera (quella globale dichiarata da OMS). il coronavirus 2019 di paura ne fa tanta, paura vera, perché dall'altra parte del mondo ci sono quarantene che coinvolgono milioni di persone. E non è un argomento manipolabile, qui: nessun vaccino, una conta dei morti e dei contagi che saliva di giorno in giorno. La scorrettezza politica della realtà quando non si lascia celare o manipolare è qualcosa che fa saltare gli schemi - e gli schemi sono saltati.
Evento letale per una politica costruita appunto sugli schemi, sulle buzzword, sulle vuote parole d'ordine.
Qualcuno si chiedeva qualche giorno fa se il Sistema Sanitario in Italia fosse pronto per il coronavirus (https://www.lettera43.it/coronavirus-italia-sars-disinformazione-cina/?refresh_ce&fbclid=IwAR3vgLu5aQN3tXDEbcEUYxL3frUy0kDzDZxoUeyc_vLa8edf08I-TfY422E ). L'ovvia risposta è no. Perché in primis non si è dimostrata pronta la politica, e specialmente quella che oggi ci governa, che in un delirio autoreferenziale ha preferito esibire priorità tutte sue da una parte (la vera emergenza epidemica è il razzismo), totale inadeguatezza dall'altra (nel video il ministro dell'istruzione che parla del protocollo già superato da una circolare di minsan as she speaks- la storia della quarantena volontaria  https://twitter.com/i/status/1226823204246900736).
E tutto questo mentre in parlamento Sileri, di fresco tornato da Wuhan, veniva letteralmente trattato come un appestato o un lebbroso (https://m.dagospia.com/parlamento-panico-coronavirus-medico-viceministro-pierpaolo-226582). Un account satirico commentava "La maggioranza appesa a uno starnuto".

Ah, a margine, se c'è una cosa che è saltata è stato il mito della "comunità scientifica" che dice questo e fa quell'altro. Sorpresa: su 2019-nCoV non esiste una posizione unitaria, non solo nel mondo, ma anche in Italia. Un tanto al chilo le posizioni si sono divise tra "allarmisti" e "non c'è problema" (con un piccolo dettaglio, cioè che la linea "non c'è problema" è stata sposata con entusiasmo da uno dei due partiti di governo).
Ora mi rendo conto che risulta facile confondere tra rischio potenzialmente grave ed emergenza, ma a regola in situazioni del genere si gestisce il rischio per evitare l'emergenza. Se il rischio viene minimizzato invece poi finisce che lo si gestisce al minimo, e la probabilità di arrivare all'emergenza aumenta. E negli ultimi dieci giorni abbiamo visto comportamenti del genere.


mercoledì 12 febbraio 2020

CORONAVIRUS E MEDICINA TRADIZIONALE CINESE




Ovviamente non sono un medico, ma trovo sensata la posizione FNOMCEO sulle medicine complementari che possono affiancare ma non sostituire la medicina "ufficiale".
Ma quando OMS ha avallato la medicina tradizionale cinese sono rimasto perplesso come altri (https://www.nature.com/articles/d41586-019-01726-1), anche perché il fatto testimoniava un peso politico senza precedenti della Cina nell'OMS.
Abbiamo visto che sul fronte terapie in Cina si insiste con gli antiretrovirali (e Cuba ha inviato interferone, che sicuramente sarà usato e con risultati pessimi). Abbiamo visto che sul fronte della terapia sperimentale più promettente è in atto un braccio di ferro con il produttore (Gilead).
Ora viene fuori questa cosa francamente allucinante: l'ufficio per il controllo dell'epidemia di Hubei trasmette agli ospedali una nota urgente perché sia usato un protocollo della medicina tradizionale cinese, con l'uso di una miscela di 14 erbe.
Il produttore delle capsule, Yiling Pharm, finanzia ricerche sulla medicina tradizionale cinese in occidente, e sono ricerce che a Cardiff hanno prodotto in primis una mole ragguardevole di dati manipolati e immagini photoshoppate (https://forbetterscience.com/2018/02/09/cardiff-investigates-two-cancer-research-professors-for-data-manipulation/).

Vorrei far notare che questo procollo è esattamente sullo stesso livello dell'Hail Mary Protocol, e che probabilmente otterrà gli stessi risultati. Questa cosa è un'altro indice del fatto che è decisamente futile considerare la Cina come un qualcosa diventato fondamentalmente simile ai paesi occidentali - per esempio sarebbe impensabile che in un paese occidentale un'azienda si mettesse a produrre un generico prima della scadenza dei brevetti dell'originatore, c'è chi per molto meno è stato portato in tribunale, ha perso e ha chiuso bottega, invece è esattamente quello che sta succedendo in Cina con remdesivir (https://www.fiercepharma.com/pharma-asia/chinese-firm-copies-gilead-s-remdesivir-most-promising-drug-against-new-coronavirus).
Detto ciò non è impossibile che dentro la miscela di 14 erbe ci sia qualcosa che funzioni contro il virus. Le erbe usate dalla medicina tradizionale cinese sono una miniera ancora largamente inesplorata da parte della nostra farmacologia (ricordo il debito della farmacologia occidentale nei confronti dell'etnomedicina, vedere "IL SERPENTE E LA TETRODOTOSSINA").
Ma il lavoro da fare non è neanche parente di quello fatto a Cardiff: ci sarebbe da frazionare gli estratti delle erbe, testare le frazioni in vitro una per una, determinare la struttura dei composti attivi ed eventualmente studiarli dal punto di vista delle relazioni struttura/attività (SAR).
All'incirca quel che successe con Tu Youyou (lei individuò l'erba, a Merck venne fatto il lavoro sull'identificazione dell'attivo, e il risultato fu l'ultimo grande passo nel trattamento della malaria anche grave).

Ci dobbiamo fidare dell'azione delle istituzioni mediche cinesi e delle loro informazioni? Ma sì, fidiamoci. E gli arresti di blogger e privati cittadini che postano sulla situazione in Cina non sono altro che la frontiera avanzata della lotta alle fake news (https://twitter.com/WilliamYang120/status/1227510301458722816),

martedì 11 febbraio 2020

BULLSHIT DEALERS, FARMACI, BREVETTI E TANTO ALTRO




Ok gli indiani che scavano nei database, ma la storia del "coronavirus scappato da un laboratorio" ha avuto una risonanza anche in certi ambienti di un certo tipo, ed è uno dei fattori che ne garantisce una certa persistenza.
Per qualche motivo la tesi dell'epidemia costruita in o sfuggita da laboratorio ha lasciato deliziati gli spacciatori di una certa informazione funzionale.
Ha attecchito all'IPAK (Institute for Pure and Applied Science), fondato da J.Lyons-Weller e casa anche della Mikovits (la crema della crema). Da lì è debordato sul sito di un'associazione resasi nota per barzellette spacciate per analisi LC-MS e nelle esternazioni social di uno dei loro maggiori sponsor, cioè l'esimio presidente dell'ONB (nei fatti, i due killer di ogni possibilità di dibattito serio sulle politiche vaccinali in Italia).
Stiamo parlando di un'area residuale, che negli ultimi tempi dipinge l'epidemia di coronavirus come un mezzo per vendere un nuovo vaccino (che non esiste). Una pena infinita.
Ma di questi tempi costoro trovano una sponda nelle strutture della ricerca medica e della medicina cinese (e pure, di nuovo, in India). Sia in Cina che in India si insiste nel promuovere antiretrovirali contro 2019-nCoV. E questo fornisce carburante alla tesi "2019-nCoV virus sintetico ottenuto da SARS e HIV".
Lo ripeto, in saggi in vitro su cellule infettate da 2019-nCoV gli antiretrovirali DI FATTO NON SONO ATTIVI (EC50 di decine o centinaia di micromoli questo significa, non attivo - più precisamente con chance nulle di effetto terapeutico tramite dosaggio sistemico).
Allora perché questa insistenza sugli antiretrovirali? In primis si "segue il solco". Nella disperazione del 2003 furono usati contro la SARS e qualcuno disse (e pubblicò) che funzionavano (niente gruppo di controllo, risultati penosi sul fronte della mortalità, ma sembrò di aver visto qualcosa). Questo qualcosa, data l'attività in vitro di questi farmaci su SARS (simile a quella su 2019-nCoV) non era da attribuirsi ai farmaci. Ma la cosa è rimasta.
Perché con i fatti nuovi degli ultimi giorni in Cina si insiste?
Per rifarsi al 2003, probabilmente (la medicina cinese è di base conservatrice). E poi perché se c'è un problema di falsificazioni e riproducibilità nella ricerca occidentale, beh, quella cinese è messa molto peggio, perché il Partito ha stabilito metriche bibliografiche per gli avanzamenti di carriera (https://forbetterscience.com/2020/01/24/the-full-service-paper-mill-and-its-chinese-customers/).

Al momento la migliore opzione terapeutica per 2019-nCoV è remdesivir, farmaco sperimentale Gilead (EC50 700nM, un case study clinico con esito positivo, già ampiamente testato nell'uomo su altre indicazioni - ebola).
Cosa sta succedendo al riguardo?
Da quanto si sa c'è un unico trial con remdesivir in territorio cinese,ed è inquadrato in una collaborazione sino-giapponese (https://www.genengnews.com/news/coronavirus-gileads-remdesivir-begins-trials-as-researchers-publish-positive-in-vitro-results/), e le relazioni sino-giapponesi sono ai massimi storici (https://qz.com/1796494/china-internet-users-praise-japan-for-coronavirus-response/?utm_source=facebook&utm_medium=qz-organic).
Il trial è un trial di tutto rispetto, coinvolgente 761 pazienti, e i suoi risultati saranno resi noti ad aprile (https://www.chinadaily.com.cn/a/202002/06/WS5e3b84d5a310128217275700.html)
Ma c'è altro: proprio da Wuhan, proprio dai laboratori BSL-4 al centro di tante voci, viene chiesto a Pechino un brevetto d'uso di remdesivir per il trattamento del coronavirus (https://www.japantimes.co.jp/news/2020/02/06/asia-pacific/science-health-asia-pacific/wuhan-patent-us-drug-remdesivir-coronavirus/#.XkN6XohG0y5).
Una richiesta che altre autorità brevettuali liquiderebbero con una risata, ma il Wuhan Institute of Virology è governativo, la richiesta è presentata assieme ad un laboratorio militare e siamo in Cina, dove la proprietà intellettuale viene gestita secondo i desideri del partito. La Cina ha negato a Gilead il brevetto di sofosbuvir, e la richiesta di brevetto di remdesivir da parte di Gilead è ferma dal 2016. "E' una questione di interesse nazionale", dicono in Cina. E probabilmente il tutto serve a dare a Pechino peso contrattuale nel trattare sul prezzo del farmaco.
Pare che in tutta questa vicenda la prima preoccupazione della Cina (e del PCC) sia non mostrarsi debole. E per non mostrarsi debole deve controllare l'informazione, specie quella diffusa all'estero.
C'è molta sicurezza in giro sui dati dell'epidemia forniti da OMS, che poi sono quelli forniti dalla Cina. Ma pure prendendo per buoni quei numeri, la situazione sta comunque sfuggendo di mano (https://www.scmp.com/news/china/society/article/3050077/least-500-wuhan-medical-staff-infected-coronavirus): i medici impegnati in prima linea cadono ammalati come mosche, e la carenza di dispositivi di protezione non migliora il quadro.

Il conto dei casi extra Cina fate prima a trovarlo voi oggi (questi non sono instant post), ma ormai, ancora sottotraccia, si vede materializzarsi il peggiore timore di OMS: l'impatto sui paesi con in sistemi sanitari più deboli. Dall'Africa arriva l'allarme: i casi non vengono dichiarati ma ci sono e "Non siamo assolutamente preparati" (https://apnews.com/e11a9c5801264262e0b2f8661408b32a).

lunedì 10 febbraio 2020

CORONAVIRUS: L'ECONOMIA GLOBALIZZATA E IL BIPOLARISMO AL POTERE



C'è una questione economica, ed è una questione economica di proporzioni mastodontiche.
Le perdite di Apple e Starbucks per la chiusura degli stores cinesi (https://www.axios.com/coronavirus-starbucks-apple-china-b9a2e48d-3817-45af-9c84-178e79073a5c.html) sono nulla di fronte alle ripercussioni sulle filiere dell'industria mondiale: e parliamo di tutte le filiere di tutti i settori industriali, dall'acciaio ai farmaci (https://www.politico.com/news/2020/02/07/chinese-drugs-shortage-coronavirus-112049).
In molti intravedono in questa epidemia la crisi che metterà fine al ventennio della globalizzazione.
Se così fosse, come per tutte le crisi per cui non esistono piani d'azione già pronti, gli esiti nell'immediato saranno gravi e forse addirittura catastrofici.
Mi limito a tracciare un paio di scenari per il settore farmaceutico.
1) Azzoppata una Cina, se ne fa un'altra, o meglio: si ritorna ai vecchi santi. Attualmente la Cina copre l'80% del fabbisogno mondiale di principi attivi farmaceutici (sorvoliamo sul come lo fa). La corsa verso questo predominio è iniziata all'incirca nel 2005. Prima c'erano i produttori indiani, che costano un poco di più. Quindi l'India ritornerebbe al vecchio ruolo di fonte low cost di API, anche se oggi risulterebbe not-so-low cost. Inutile dire che i pagatori della sanità soffrirebbero moltissimo per questa cosa.
2) Si coglie la palla al balzo e si ritorna alla situazione pre 2001, approfittando del fatto che la spina dorsale della capacità produttiva chimico farmaceutico europea (gli impianti) è ancora lì, mantenendo una filiera diffusa per quel che riguarda materie prime e intermedi. Curiosamente un'ipotesi di questo genere è stata accennata pure in tv (https://www.la7.it/omnibus/rivedila7/omnibus-puntata-del-08022020-08-02-2020-306411?fbclid=IwAR33GPnTjWMEzvQuBFUfYTMIAwFGz0QKuc6fgZ8ATvBNnjyy0bgDBmJkHxM).
Prospettiva insostenibile per i pagatori della sanità, che non vogliono in alcun modo tornare ai costi (prezzi) di 20 anni fa.

Nel frattempo la politica italiana e il governo mostrano i segni di un bipolarismo nervoso: Il governo non fa ripartire i voli dalla Cina, e ha anche sospeso i visti per ingresso in Italia dalla Cina mentre il PDC respingeva la proposta dei presidenti di regione sui 14 gg a casa per bimbi arrivati da zone a rischio, quarantena che però il ministero della salute ripropone su base volontaria tramite circolare (mentre il protocollo emergenza dello stesso minsan fino all'altroieri prevedeva no sintomi, no problema). Ed è bastata una pressione quasi nulla per innescare queste oscilllazioni, chissà cosa succede se la situazione peggiora.
Se il sistema mondiale non è sembrato esattamente preparatissimo a questo rischio pandemico (anche perché si mettono di mezzo questioni economiche e geopolitiche) lo standard italiano attuale si colloca un pezzo sotto: qualcosa che funziona quando va tutto bene - e basta. Del resto è sufficiente  l'influenza stagionale a far collassare i pronto soccorso, al coronavirus meglio non pensarci proprio.

sabato 8 febbraio 2020

CORONAVIRUS E RAZZISMO: L'ALTRO LATO




Da qualche parte negli anni 90 nacque la confutazione genetica del razzismo. Forse un tentativo di rimediare alla fondazione genetica del "razzismo scientifico" all'inizio del XX secolo, venne fuori l'assioma "siamo tutti geneticamente uguali".
Cioè che i fenotipi (bianchi, neri, gialli, a pois) erano ininfluenti.
"Tutti uguali" deve essere sembrata ad alcuni vera e ad altri facile. "Tutti diversi ma con pari dignità" probabilmente risultava troppo complicata.
"Tutti geneticamente uguali" (che è praticamente vero, anche se macinata grossa) era una soluzione razzista al problema del razzismo (non a caso riproposta da Corbellini di recente https://www.scienzainrete.it/articolo/serve-genetica-prevenire-razzismo-scuola/gilberto-corbellini/2020-02-05). Perché il razzismo ha a che fare con la negazione di pari dignità al diverso da te: quindi se dimostro che il diverso da te non esiste, sono a posto. Ma il rifiuto della diversità resta dove è.

In campo biomedico quel che conta, guarda caso, sono i fenotipi. Fenotipi diversi, diversa espressione di diversi geni. E' stranota la deficenza di lattasi negli adulti delle popolazioni semitiche e asiatiche. Altrettanto nota la prevalenza della fibrosi cistica nei caucasici (https://ghr.nlm.nih.gov/condition/cystic-fibrosis).
Meno nota la sovraespressione EGFR nei tumori del polmone a piccole cellule tra le popolazioni asiatiche (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4633915/). Gli esempi abbondano.
E arriviamo a 2019-nCoV.
Esce un preprint di un articolo in cui ricercatori cinesi descrivono la prevalenza di ACE2 nei polmoni dei maschi asiatici (https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2020.01.26.919985v1), ed ACE2 è probabilmente il recettore a cui si lega 2019-nCoV per entrare nelle cellule (come succedeva per la SARS).
L'articolo potrebbe essere affidabile o meno (c'è un problema serio alla base di tutta la produzione scientifica cinese).
Ma quanto descritto, ipoteticamente, renderebbe in questi soggetti il decorso più complicato. E renderebbe i non asiatici meno suscettibili all'infezione e con migliori chance di resistergli.
E immediatamente questo diventa un argomento razzista (che poi sarebbe autorazzismo cinese, ma non si va mai per il sottile, in questi casi).
Non sia mai che si porti acqua al mulino del "virus giallo" (ovviamente i virus non hanno colore, e questo pare sia un concetto padroneggiato anche dai più idioti https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/07/tornare-dalla-cina-e-stato-un-incubo-la-fobia-coronavirus-anche-peggio-e-ora-ce-chi-vuole-denunciarmi/5698176/).

Nel frattempo in Cina le zone di quarantena avanzano verso Pechino...



ADDENDUM (12/2): da uno studio su un campione più esteso pare non ci sia differenza tra caucasici e asiatici per quel che riguarda l'espressione di ACE2 nel polmone, ma che la differenza sia tra fumatori e non fumatori (https://www.preprints.org/manuscript/202002.0051/v1).

venerdì 7 febbraio 2020

LA LINEA POLITICA: GIOCARE COL FOCOLAIO




Ci sono cinesi arrivati in Italia anche da Wuhan, prima della sospensione dei voli. Sono preoccupati e alcuni si mettono in autoquarantena. Quando la preoccupazione riguarda una delle più note comunità cinesi in Italia, quella pratese, l'iniziativa viene presa a livello di comunità: e viene chiesto alle autorità italiane di mettere a disposizione una struttura per la quarantena. La risposta è un secco no (https://iltirreno.gelocal.it/prato/cronaca/2020/02/05/news/i-cinesi-cercavano-un-hotel-per-la-quarantena-fermati-1.38429060?fbclid=IwAR35mjcqi20T7uScfzNuJmvcYSZHS6TXnjsWYWgglYsbfgLxsi03ngWhEas): "Le voci di un isolamento volontario ieri hanno fatto scattare subito le verifiche dell’Asl."Non sappiamo con esattezza quante persone siano tornate ... ma siamo certi che non ci siano i presupposti sanitari per un’iniziativa del genere. Comprendiamo la preoccupazione, forse è dettata dalle misure stringenti adottate in Cina, ma non serve. L’isolamento potrebbe essere indicato solo per chi torna con i sintomi o chi è stato in stretto contatto con un malato in Cina. Ma in quel caso dovrebbero chiamare il 118 e scatterebbe il protocollo".
"Dopo il no all’albergo, circolano voci secondo le quali qualcuno starebbe pensando di adibire un capannone a questa funzione – dice ancora Berti – Sia chiaro: non solo lo impediremmo, ma picchieremmo duro con chi consente azioni del genere". "
I cinesi cosa sta succedendo a casa loro lo sanno meglio del Dr. Berti, che è medico ma anche e forse soprattutto uomo del PD ed ex sindaco di Pistoia.
Ricordo che stiamo parlando di Toscana, dove in nome della salute pubblica un paio d'anni fa la giunta Rossi ha esteso l'obbligo vaccinale per l'accesso ad asili e materne oltre il DL Lorenzin, aggiungendo alla lista dell'obbligo meningococco B e antirotavirus.
Come le autoquarantene cinesi possano creare un pericolo per la salute pubblica è un mistero. Un mistero che diventa meno misterioso quando viene fuori, dichiaratamente, la linea del partito. E la linea dice: il coronavirus non è un problema, il problema è il razzismo verso i cinesi in Italia.
Io mi auguro che l'infame episodio bolognese non venga confermato, ma evidentemente questa linea si spinge fino a combattere il razzismo dei cinesi nei confronti di sé stessi.
In realtà il tweet è chiarissimo: il bersaglio sono gli avversari politici. E in nome della lotta politica si gioca col focolaio.
In questi giorni c'è tanta, ma tanta gente a cui regalerei di cuore un kit portafortuna, cornetto rosso e zampa di coniglio. Abbiamo bisogno che abbiano fortuna, ne abbiamo un gran bisogno.

Addendum: "Ma i cinesi di Prato non sono rientrati da Wuhan!" è l'obiezione di molti commenti altrove. No, sono rientrati da Wenzhou (attualmente zona di quarantena) poco prima che venisse dichiarata la quarantena. Questo per i richiedenti è provenire da una zona a rischio, per l'ASL no. E l'importante è non etnicizzare il virus.

giovedì 6 febbraio 2020

L'ININFLUENZA DI CHIAMARSI B. (O PLP)




"Coronavirus: lasciare i bambini a casa se ci sono casi di viaggi in zone a rischio" (https://www.medicalfacts.it/2020/02/05/coronavirus-bambini-casa/?fbclid=IwAR3kQAt3UY9p-1U58oiwR8fpPShf-QdX0vDOZUdF-mhFeellN-xzasCiJ2A).
Pier Luigi Lopalco era molto ascoltato dal "partito", e pubblica questo articolo sul sito di colui che per "il partito" in materia di sanità era luce guida e imprescindibile riferimento.
I presidenti delle regioni del nord fanno una richiesta in questo senso, ma il presidente del consiglio la boccia.
Debora Serracchiani twitta: "Come nel caso dei vaccini, dovrebbero essere i medici e i ricercatori a indicare le misure più opportune e più efficaci per evitare la diffusione del coronavirus, non i Governatori di Regione."
Ma i governatori di regione avevano maturato l'iniziativa in linea con quanto ho prima citato. Allora? Forse Serracchiani non si riferiva a "i medici", ma a "UN medico", cioè Villani (vedere nella foto). Che però diventa rappresentante del pensiero di tutta la categoria. Un pensiero in linea con il pensiero del "partito", la cui prima preoccupazione è non dare carburante (il razzismo!) al nemico numero uno, cioè la Lega (o meglio Salvini).
Brutta bestia il rapporto tra politica e Scienza (quella con la "S", nell'accezione in cui la usa la Stengers).
In molti pensano che la Scienza si sia sostituita alla politica diminuendo l'esercizio di scelta di quest'ultima. Ma questo è un esempio di come sia in realtà la politica ad arruolare la Scienza a seconda del bisogno - del bisogno politico, in senso basso. La Scienza è chiamata a dire quel che serve e viene messa in cathedra perché serve e quando serve.
Quando il suo discorso non è più utile o risulta dannoso al progetto, viene sostituita da altra Scienza più conforme.

Quanto a Villani, beh... "Ingiustamente danneggiati per un rischio teorico" mi pare di averla già sentita, da chi gli dava addosso ai tempi di quelle famose audizioni parlamentari. E' un mondo bellissimo...

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...