Come nascono le teorie del complotto
Un lettore mi sfida mandandomi questo link e aggiungendo "Dimmi se non lo trovi condivisibile". Dico che mi sfida perché le mie opinioni su debunker e fact-checkers le ho manifestate chiaramente in piu di un'occasione (tipo qui e qui)
"Il tratto psicologico più comune tra chi crede nei complotti è il bisogno di sentirsi speciali",
racconta Michelangelo Coltelli, fondatore di Butac, uno dei più longevi
e autorevoli siti di debunking italiani. "Tanti sostenitori delle
teorie del complotto che abbiamo analizzato negli anni hanno questa
illusione: l’idea di essere tra i pochi a vedere i fatti per come
stanno".
In questo caso, ebbene sì, lo trovo largamente condivisibile. Condivisibile ma parziale e di parte. Per esempio, proviamo a rigirare così le stesse parole dell´intervista:
"Il tratto psicologico più comune del pro-scienza è il bisogno di affermarsi manifestando superiorità nei confronti del complottista. Tanti pro-scienza che ho analizzato negli anni sui social erano soggetti la cui unica ragione di vita sembrava essere dare addosso ai complottisti, credendo così di essere dalla parte della la scienza". Piccolo problema: il più delle volte dimostrano lo stesso analfabetismo scientifico dei loro bersagli. Il prodotto standard della divulgazione/spettacolo sui media crede di aver capito e di sapere, ma non ha capito e non sa.
Perché stiamo parlando della scienza-simulacro, quella non falsificabile. Che, socialmente parlando, è solo un altro articolo in vendita al mercato delle identità. Ci sono stati casi particolarmente elequenti, in questo senso.
Anche il complottismo è un simulacro e in quanto tale non falsificabile. Ma se non ci fossero i complottisti non sarebbero esistite le piccole e meno piccole fortune mediatiche e politiche dei debunker. Al che mi è venuto da chiedermi:
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Attivissimo, quello che i farmaci li approva "la comunità scientifica" |
Continuo a pensare che la miglior analisi politica del fenomeno l´abbia prodotta Mathieu Amiech con L'industria del complottismo (qui, qui e qui).
Detto questo, proviamo per l'ennesima volta a fare una carrellata sull'inconcludenza politica di fact checking e dintorni rispetto ai fini dichiarati, che è stata sistematicamente basata su una sovrastima dei social media come rappresentazione della realtà.
La sproporzione tra "rumore" digitale e risultati elettorali dovrebbe apparire lampante e rappresenta uno dei fenomeni più sottovalutati del nostro tempo. Movimenti complottisti che sembrano travolgenti sui social si rivelano sistematicamente marginali quando si misura il loro peso politico reale. È un pattern che si ripete con regolarità impressionante, eppure continua a sorprendere osservatori e analisti che sovrastimano costantemente l'impatto delle dinamiche digitali. Ma non solo: anche i sondaggi sovrastimavano il complottismo. Dovrebbe costituire un caso di studio il rapporto Censis 2021:
L’irrazionale
ha infiltrato il tessuto sociale. Per il 5,9% degli italiani (circa 3
milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi:
il 5,8% è convinto che la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai
sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per
controllare le persone.
E' abbastanza chiaro che queste rilevazioni siano risultate sconnesse dai risultati delle politiche '22, dove le formazioni che sposavano specificamente questi temi non hanno superato lo sbarramento.
Ma torniamo a isocial. Chi ci vive immerso può facilmente sovrastimare l'influenza di fenomeni che online appaiono pervasivi ma che nel mondo fisico toccano efficacemente percentuali irrisorie della popolazione. È un bias cognitivo comprensibile: se si passano ore su X o Facebook, quei trending topics sembrano rappresentare la realtà. L'algoritmo amplifica le voci più estreme e polarizzanti, creando l'illusione di movimenti di massa dove esistono solo minoranze molto rumorose. Questa distorsione è particolarmente insidiosa perché chi la subisce spesso non ne è consapevole. E la politica su questo ha giocato spudoratamente.
Attribuire Brexit, Trump o altri fenomeni politici principalmente ai social media è rassicurante perché offre un capro espiatorio (gli hacker russi) per dinamiche socio-economiche molto più complesse e difficili da affrontare. È più facile incolpare gli algoritmi, i bot russi o le fake news che analizzare decenni di deindustrializzazione, disuguaglianze crescenti, crisi delle élite tradizionali e trasformazioni strutturali dell'economia globale.
I dati elettorali restano però testardi e offrono una realtà diversa:
dimostrano che la maggior parte delle persone forma ancora le proprie
opinioni politiche attraverso altri canali e reti sociali fisiche
piuttosto che virtuali. Il gap tra percezione digitale e comportamento
elettorale suggerisce che l'influenza reale dei social media sulla
politica sia stata sistematicamente sopravvalutata da chi ne è più
immerso professionalmente.
Dopo di che basta guardare quale sia stato il corrente esito del conflitto conformismo-complottismo, che oltreoceano viene chiamato guerra tra culture (o tra "scienza" e antiscienza). La "scienza", simulacro e non, per anni all'attacco, ha perso nel modo più disastroso possibile e ne paga le conseguenze, conseguenze pesantissime.
La
sovrapposizione scienza-dem oltreoceano ha finito per provocare la corrente catastrofe. Se qualcuno pensa che sia una cosa risolvibile con più scienza-dem probabilmente ritiene che il modo più efficiente per spegnere un incendio sia buttarci sopra benzina. Ah, ovviamente c´è chi lo fa.
Un caso che mi ha colpito di recente è stato la querelle Professor Dave (Dave Farina) - Sabine Hossenfelder. Il primo è un perito chimico con un master in didattica della scienza (professore nel senso che ha insegnato in una scuola superiore) e ha 3,87 milioni di iscritti al suo canale youtube. La seconda ha un PhD in fisica e anni di ricerca accademica alle sue spalle (1,87 milioni dgi iscritti). Quando la Hossenfelder parla il linguaggio della fisica senza semplificazioni Farina dice che lei usa "technical jargon". Nel senso che gli è completamente incomprensibile. però poi magari spende due parole a favore della teoria delle stringhe, così, tanto per. Non solo: ha definito Hossenfelder
a disgusting fraud pedalling propaganda for fascist oligararchs ( i tecnooligarchi sicuramente pregano per altri 100 Dave Farina su youtube, per garantire una adeguata dose di backfiring).
La Hossenfelder è accusata da Farina di giocare nel campo dell´antiscienza, di fomentare le correnti di opinione anti-establishment e di essersi schierata con Thiele e Musk contro la working class (accusa quest´ultima assai poco fondata). Come dire che l´"altro" establishment invece non fosse/sia alieno alla working class e suo nemico anche esso. Da ultimo Farina ha inserito Hossenfelder in un video "
Scumbags I've debunked", infilandola in florilegio complottista (puro fronte del delirio) - atteggiamento tossico più reductio ad delirium, visto e rivisto sui social in tempi di pandemia.
Quindi? Quindi è il solito film. Farina difende finanche con gli insulti l'epitome della scienza-simulacro, una versione pop e politicizzata della scienza e nel suo punto di vista la critica viene equiparata all'antiscienza.
E questo mentre il forzato schieramento in politica di istituzioni (
La guerra di Trump con Harvard. Cosa sta succedendo) e di chi pratica discipline scientifiche alimenta il conflitto senza che si veda nessuna iniziativa per la deescalation. Con buona pace di
Marcia McNutt, che aveva parlato di una scienza né rossa né blu. Ma L'influencer scientifico che vive di performance mediatica non può accettare che si metta in discussione la politicizzazione della scienza - perché è esattamente su quella politicizzazione che ha costruito la sua carriera di opinionista.
Fonti:
Social distraction? Social media use and political knowledge in two U.S. Presidential elections - ScienceDirect
Political Effects of the Internet and Social Media | Annual Reviews
Bias, Bullshit and Lies: Audience Perspectives on Low Trust in the Media | Reuters Institute for the Study of Journalism
Nota: Per quanti non aprono i link e non li leggono, qua sopra si sta distinguendo tra discipline scientifiche e scienza-segno, o scienza-simulacro (Baudrillard). Le attività di fact checking e divulgazione per raggiungere il più vasto pubblico possibile devono perdere ogni aspetto matematico e quantitativo, cioè gli aspetti fondanti di una disciplina scientifica.