domenica 19 ottobre 2025

IL TERZO LADRO: DALLA CATTURA DELLA SCIENZA ALLO SVUOTAMENTO DELLA DEMOCRAZIA

Catturare la scienza: mascherare da "fondate sulla scienza" istanze politiche, con titolati di discipline tecniche e scientifiche che supportano il processo. E' quella Scienza "terzo ladro" nella visione di Isabelle Stengers.
Si tratta forse dello strumento più sfacciato attraverso cui il potere politico contemporaneo sottrae le proprie decisioni al vaglio della legittimità democratica. Non si tratta di un processo casuale o spontaneo, ma di una strategia deliberata che trasforma la conoscenza scientifica da strumento di comprensione del mondo in simulacro e arma di legittimazione politica.
 
Il meccanismo funziona attraverso una selezione strategica: si identificano gli studi, gli esperti e le ricerche che supportano l'agenda politica desiderata, trasformando risultati spesso incerti e dibattuti in "verità scientifiche" indiscutibili. Questa operazione non richiede necessariamente la falsificazione dei dati, ma piuttosto una loro presentazione selettiva e una amplificazione mediatica mirata.
 
L'esempio più recente di questo processo lo troviamo nelle politiche europee degli ultimissimi anni. Il Green Deal è stato presentato come una necessità scientifica incontestabile, con l'urgenza climatica utilizzata per giustificare trasformazioni economiche e sociali radicali. Tuttavia, quando le priorità politiche sono cambiate con l'evolversi del contesto geopolitico, la stessa urgenza scientifica è diventata improvvisamente negoziabile.

Il passaggio dal Green Deal europeo al programma ReArm Europe (o come è stato ribattezzato) illustra perfettamente la natura strumentale della "cattura scientifica". Fino al 2022, il cambiamento climatico era presentato come l'emergenza assoluta, che richiedeva sacrifici economici immediati e trasformazioni sistemiche. La climatologia era invocata per giustificare ogni misura, dalla tassazione del carbonio alle restrizioni sulla mobilità.
 
Con l'escalation del conflitto ucraino, le priorità sono cambiate. Improvvisamente, un piano da 800 miliardi di euro per il riarmo europeo è diventato prioritario, nonostante l'evidente incompatibilità tra obiettivi di decarbonizzazione e massiccia espansione dell'industria bellica. La produzione di armamenti è notoriamente una delle attività più inquinanti e carbon-intensive, ma questa contraddizione è stata semplicemente rimossa dal discorso pubblico.
 
La scienza-segno (il simulacro mediatico) non ha protestato per questa inversione di rotta. In alcuni casi l'endorsement della scienza-segno al piano di riarmo europeo è stato clamoroso, come nel caso di Elena Cattaneo , che ha prestato esplicitamente la propria autorità scientifica per legittimare questa transizione.
 
La cattura della scienza si inserisce in un processo più ampio di tecnicizzazione della politica, che ha sottratto al controllo democratico alcuni ambiti fondamentali della vita collettiva: economia, istruzione, sanità. Il risultato è che i cittadini possono ancora votare, ma le loro scelte sono limitate a variazioni marginali di politiche già predeterminate da organismi tecnici non eletti. Qualsiasi proposta di politica economica alternativa viene immediatamente liquidata non attraverso il confronto democratico, ma mediante l'appello all'autorità tecnica: "non si può fare, lo dicono i parametri europei".
 
In Italia il governo Monti rappresentò un momento cruciale nella normalizzazione di questa logica. Presentato come una ineludibile necessità tecnica per "salvare" l'Italia, ha di fatto sospeso la democrazia per implementare politiche economiche che nessuna maggioranza elettorale avrebbe mai approvato. Politiche economiche che hanno provocato una contrazione dolorosissima dell'industria italiana, fosse ad alto o basso contenuto inoovativo.
 
L'aspetto più significativo non è stata tanto l'esistenza di questo governo tecnico, quanto la sua accettazione come modello normale e auspicabile. La famosa dichiarazione di Monti secondo cui "l'espressione campagna elettorale mi fa un po' ribrezzo" rivela una mentalità per cui il confronto democratico è visto come un fastidioso ostacolo alla gestione self styled razionale del potere.
E non è forse un caso che proprio durante il governo Monti i risultati di un referendum, quello sull'acqua pubblica del 2011, furono completamente disattesi. 27 milioni di italiani (95% dei votanti) votarono per l'acqua pubblica, senza effetto:  la forma ultima della democrazia dal basso, il referendum, veniva svuotata di di ogni efficacia.
 
Furono i precedenti che  normalizzarono l'idea che esistano questioni "troppo importanti" per essere affidate al voto popolare. Da allora, ogni volta che serve implementare politiche impopolari, si evoca lo "spirito del governo tecnico" o si minacciano le reazioni dei "mercati". 
La strategia di svuotamento democratico si completa con il trasferimento di sovranità a strutture sovranazionali non elettive. Organismi come la BCE, la Commissione Europea, il FMI, OMS non rispondono a nessun elettorato, ma sono istituzioni politiche che prendono decisioni che finiscono col determinare la vita di centinaia di milioni di persone. Le necessità di coordinamento internazionale sono state progressivamente sostituite dalle istanze di politica interna e internazionale. E forse il caso più eclatante a supporto di questa idea è che l'assemblea internazionale puramente politica, quella dell'ONU, rimane pluralistica (per quanto disfunzionale), a differenza delle altre sigle. Il tentativo ultimo di giustificare in quella assemblea una scelta politica con la "scienza" fu una fialetta si supposto antrace mostrata da Colin Powell, che non ebbe mai il ruolo di ragione inconfutabile (un falso eclatante che non resse). Quindi l'ONU sarà anche "bloccata" ma rimane un'assemblea libera da certi mecanismi. Questo lo abbiamo visto di recente e lo abbiamo visto con un'aggressione a Francesca Albanese che per mezzi impiegati non ha precedenti storici.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/12/istituzioni-internazionali-crisi-riforma-oggi/8144027/


Ecco, la posta in gioco nella transizione terribile dal mondo unipolare a quello multipolare riguarda oggi più che mai l’urgenza di rilanciare il diritto internazionale e nuove forme di governance centrate sulla cooperazione. Il sistema che governa il mondo – nel suo mix letale di accumulazione capitalistica, rincorsa tecnologica ed espansione dell’investimento sulle armi in chiave offensiva – invero lo sta destrutturando e consegnando a una stagione di guerre finalizzate a sostenere economie ormai allo sbando.
 
La mia posizione è più radicale. Nuove forme di governance fondate sulla democrazia per l'occidente sono impossibili se non si ridemocratizzano le democrazie-zombie occidentali come quella italiana. restituendo alla politica dal basso l'ultima parola sulle decisioni "tecnocratiche" che hanno malamente plasmato tante società negli ultimi 30 anni. E' una prospettiva utopica? Forse. Ma quando certe narrazioni perdono ogni credibilità può capitare che in tutta Europa manifestazioni oceaniche abbiano un qualche effetto (vedasi quelle a favore della Sumud Flottila). Quindi l'opzione è sul tavolo.
 

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