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| https://www.corriere.it/cronache/25_ottobre_21/genitori-francesco-morto-metodo-hamer-intervista-6acf9873-b7c1-498e-9d74-f0e4e57bfxlk.shtml |
Cominciamo dall'inizio. Il cancro non esiste. Esistono molti differenti tipi di tumori, diversi per tessuto di origine e genotipo. Alcuni di questi tumori oggi come oggi sono ben trattabili anche grazie a 25 anni e passa di sviluppo di farmaci antitumorali targeted, cioè che non colpiscono indiscriminatamente tutte le cellule che si riproducono a gran velocità, ma solo le cellule tumorali che sovraesprimono una certa proteina (il bersaglio). Poi ci sono i farmaci cosiddetti immunooncologici, in grado di annullare il meccanismo con cui certe cellule tumorali evadono l'attacco del sistema immunitario, e le terapie cellulari CAR-T che hanno ulteriormente migliorato il quadro. Ma tutti questi farmaci e terapie non funzionano su tutti i tumori.
In questo quadro l'osteosarcoma è una pessima notizia, una delle peggiori. Tumore altamente maligno e raro (0.2% di tutte le patologie tumorali) con un'incidenza di 3 casi per milione all'anno. Raro significa pochi sforzi nella ricerca su nuovi farmaci e sul loro sviluppo, anche perché mettere insieme un trial clinico per patologie così rare è molto complicato, dati i bassi numeri devi mettere su un trial in molte diverse nazioni. Inoltre, se ogni tumore non è monoclonale (costituito da cellule identiche), l'osteosarcoma ha una variabilità che è stata definita selvaggia (wild). Questa estrema eterogeneità, che è stata chiamata anche caos genetico, rende pressoché impossibile sviluppare farmaci mirati: semplicemente non esiste un bersaglio chiaramente identificabile.
Le linee guida per il trattamento dell'osteosarcoma sono basate su farmaci vecchi di mezzo secolo e per niente gentili. Oggi la diagnosi di osteosarcoma non è una sentenza di morte immediata principalmente grazie agli avanzamenti della chirurgia e in particolare di quella ricostruttiva. Si tratta di opzioni che fanno guadagnare anni e richiedono riabilitazione, perché si procede a rimuovere la sezione d'osso interessata, con un margine di sicurezza, e a sostituire la parte rimossa con una protesi.
Quali sono i risultati per un trattamento combinato (chirurgia+chemio) in caso di osteosarcoma in un osso della gamba?
Progression Free Survival a 5 anni 64% in caso di tumore localizzato (Smeland S et al., Eur J Cancer, 2019). Progression Free Survival a 5 anni circa 25% in caso di metastasi (stessa fonte). In questi casi chi parla di Overall Survival (OS, sopravvivenza) compie un'operazione poco onesta, perché OS non dice nulla sulla qualità della vita.
Sono numeri scoraggianti, rispetto agli effetti di altre terapie per altri tumori. Quindi in ogni caso in circostanze di questo genere la cosa più importante è il supporto psicologico al paziente e alla famiglia. Supporto che, in prima battuta, in questo caso è stato completamente assente.
In generale, parlando di oncologia, non abbiamo mai avuto tanti strumenti farmacologici quanti ne abbiamo oggi. Ma una cosa è il ritmo di approvazione di nuovi farmaci oncologici, una cosa è il loro uso. Io ho ben presente quale è stata la situazione riguardo al mieloma multiplo.
Due farmaci hanno cambiato notevolmente l'impatto della malattia: bortezomib e lenalidomide, Bortezomib è stato approvato da EMA nel 2003, lenalidomide nel 2007. Ma sono entrati nelle linee guida solo nel 2013.
Ho presente un caso pre 2013: chemioterapia del tempo, ridotto a un cadavere deambulante, sopravvissuto 3 anni. E ho presente un caso attuale in cui la famiglia ha deciso di rivolgersi a un centro di eccellenza. Il paziente ha ricevuto un primo ciclo di lenalidomide+bortezomib, in più era stato inserito in un trial con anti CD38. Andava in ospedale per la terapia sulle sue gambe e ne usciva sulle sue gambe, conducendo una vita pressoché normale. Dopo di che un mese in ospedale, immunosoppressori, ciclofosfamide e autotrapianto di staminali. Due settimane dopo la fine del trattamento si faceva otto chilometri di passeggiata nel bosco e fa una vita del tutto normale. L'aspettativa progression free è di dieci anni. La prima struttura ospedaliera a cui si era rivolto aveva proposto una terapia diversa e molto più aggressiva, cosa che aveva spinto la famiglia a cercare una seconda opzione nel centro di eccellenza.
Tutto questo per dire che in primo luogo è una questione di corretta comunicazione delle opzioni esistenti e di accesso ai farmaci. Inoltre se qualcuno ha un vivido ricordo di quello che è sucesso a parenti 10 o 15 anni fa occorre spiegare che le cose in molti casi per fortuna sono cambiate. Ma pare che questo spesso non succeda.
La vera tragedia è quando le opzioni sono limitate e di efficacia medio-bassa, come nel caso di cui si parla sul Corriere. E' qui che chi promette fole e miracoli, purtroppo, trova il suo spazio.
Coloro che parlano sono imputati in processo in Corte d'Assise, quindi sicuramente le loro dichiarazioni sono guidate dai loro avvocati, ma ritengo molto significativa e molto sofferta questa:
"Stare alla larga da Hamer" è comunque da incidere sulla pietra. E il supporto psicologico e l'informazione al paziente con certe diagnosi (e alla sua famiglia) dovrebbe essere il primo pensiero di un medicina degna di questo nome.


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