domenica 24 maggio 2020

LA CAPORETTO DELLA SANITA’ ITALIANA II - di Stefano Rosso







Nei giorni in cui si usciva, malconci, dalla Fase 1, sul blog del Chimico Scettico leggevo un ardito paragone con quello che fu uno dei più grossi disastri militare della storia bellica italiana: la sconfitta di Caporetto.
Il Chimico Scettico ricordava l’attacco austriaco con il gas fosgene che fu devastante per le truppe italiane protette da maschere antigas completamente inadeguate, paragonandolo alla iniziale carenza di DPI nei primi giorni dell’epidemia negli ospedali e nei reparti che dovevano gestire l’emergenza (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/covid-19-la-caporetto-della-sanita.html)
Penso, tuttavia, che il paragone non si debba fermare a questo episodio. Caporetto, oggi Kobarid in Slovenia, costò la vita a 12000 soldati italiani ed è riconosciuto dagli storici come la responsabilità della sconfitta fosse da attribuire agli errori degli alti comandi e alla impreparazione bellica delle truppe.
Quando il SARS-Cov-2 colpì la popolazione italiana alcune decisioni o non-decisioni causarono conseguenze altrettanto devastanti, ma, come per la preparazione bellica, gli errori furono anche conseguenza di azioni ed omissioni che provenivano dalle decisioni prese negli anni precedenti.
Ma su quali “fronti” siamo stati dunque travolti dal virus?

LA CAPORETTO DEL PIANO NAZIONALE.

In risposta all’epidemia di SARS del 2003 fu redatto un Piano Nazionale di Preparazione e Risposta ad una Pandemia Influenzale ( https://www.epicentro.iss.it/…/flu_a…/pdf/pianopandemico.pdf )
del 13 Dicembre 2007 che prevedeva la convocazione di un gruppo di valutazione per avviare le decisioni necessarie a fronteggiare la pandemia. Non si sa se tale gruppo fu convocato o meno, addirittura in Gennaio, ma sicuramente, nessuna decisione rilevante fu presa sino al fatidico 9 marzo, data della dichiarazione del lockdown. Che la situazione fosse grave in Cina era già chiaro sin dal 23 Gennaio, quando fu messa in quarantena Wuhan, una città di 6 milioni di abitanti, probabilmente già con un ritardo di almeno 15 giorni. In Italia, fra mille polemiche, i voli dalla Cina furono sospesi dal 31 Gennaio, ma senza avviare nessuno degli interventi di identificazione dei possibili contagiati, arrivati nel periodo precedente. Invece, si perdeva tempo con inutili polemiche sull’emergenza razzismo nei confronti della comunità cinese.
Poi abbiamo saputo che simili ritardi furono presenti anche in altri paesi europei, in particolare in Germania ed Austria, da cui pare siano pervenuti i primi casi venuti poi in contatto con pazienti Lombardi. Ma qui si vuole sottolineare come il Piano Nazionale non sia stato sufficiente ed adeguato per virus non influenzali, oppure non sia stato attivato con sufficiente tempestività, costituendo quindi la prima linea di “sfondamento” dell’attacco virale.

LA CAPORETTO DELLA LOGISTICA

Dalle notizie che giungevano dalla Cina già in Gennaio, fu abbastanza evidente da subito come fossero indispensabili mezzi di contenimento del contatto virale (DPI, maschere chirurgiche, guanti, abiti, ecc..), innanzitutto per il personale sanitario, ma anche per la popolazione. E fosse altresì importante dotarsi di sufficienti dispositivi di ventilazione polmonare in ambiente protetto per far fronte alla polmonite interstiziale che poteva provocare, nei soggetti anziani o con pluripatologie, il decesso. In questo, l’iniziale lentezza nell’approvvigionamento di questi presidi sanitari, risultò esiziale nel favorire la diffusione della virosi, proprio negli ospedali e nelle strutture che avrebbero dovuto far fronte all’invasione.
La logistica poi, ancora adesso, ha limitato l’esecuzione dei tamponi nasofaringei per l’identificazione diretta del virus. Questo strumento non è stato immediatamente disponibile, ma lo si è definito una volta identificato il genoma del virus (approssimativamente a fine gennaio in Cina) e si sono dovute adattare le tecnologie necessarie. Ancora a metà Marzo i laboratori italiani in grado di eseguire la determinazione erano spaventosamente pochi. In Piemonte erano solo 2 ed a tutt’oggi si è arrivati, ma con grande fatica, a superare appena i 30, includendo i laboratori privati. Ma non è solo un problema di mancanza di laboratori: anche il personale per l’effettuazione del test è essenziale. E deve essere personale sanitario un minimo addestrato. E qui arriviamo al fattore limitante più serio. Ammesso che kit di laboratorio, reagenti e strumenti fossero sufficienti, e non lo sono nemmeno adesso, è stata la cronica carenza di personale che affligge da decenni il nostro SSN, ad impedire di fatto la corretta applicazione di questo strumento diagnostico, essenziale per l’identificazione ed il successivo trattamento preventivo delle persone contagiate.
A Caporetto un esercito forte di 3 milioni di soldati fu sconfitto da un esercito numericamente inferiore, ma meglio organizzato (in realtà alla 12° battaglia dell’Isonzo, quella di Caporetto, le forze italiane arrivarono esauste con uno schieramento in campo inferiore per uomini e mezzi). Qui, almeno, abbiamo la giustificazione di aver affrontato la battaglia in evidente inferiorità numerica.

LA CAPORETTO DELLE STRUTTURE OSPEDALIERE

La nostra prima linea, i dipartimenti di emergenza, arrivarono all’appuntamento con il destino completamente impreparati. Nei primi giorni, interi reparti di pronto soccorso (e le seconde linee di logistica ospedaliera) furono contaminati perché accolsero i pazienti senza protezioni e senza procedure di contenimento. Immediatamente fu chiaro, dall’esperienza cinese e dalle proiezioni che ormai giravano (i famosi “modelli”) che la disponibilità di terapie intensive non sarebbe stata sufficiente, venendosi così a sommare ritardi nella logistica e nelle decisioni di contenimento, ormai tardive per evitare il primo impatto. A fronte di cifre di malati, anche gravi, che aumentavano a ritmo esponenziale, si decise di “alleggerire” le strutture ospedaliere, invece di rafforzarle, inviando i pazienti ad intensità di terapia intermedia, ma pur sempre contagiosi, nelle RSA. Ma se i nostri ospedali pubblici risentivano di anni di carenze di investimenti, le RSA stavano anche peggio: da sempre in mano a gestione privata, le carenze di personale e strutture erano conosciute da tutti. Quelle che avevano investito in strutture lo avevano fatto nel settore riabilitativo, nell’assistenza della grande vecchiaia e del fine vita, non certo pensando al contenimento di malati infettivi.
Ma, considerando come stavano le cose, difficilmente si sarebbe potuto porre rimedio in tempi brevi ad una situazione di carenza cronica. Perché il de-finanziamento del nostro SSN non comincia adesso: sono almeno 10 anni che il budget a disposizione non subisce gli adeguamenti del caso, con una perdita stimata in 37 miliardi che ha attraversato governi di vario colore politico
( https://www.gimbe.org/…/Report_Osservatorio_GIMBE_2019.07_D… ).
Il risultato è stato, ed è tuttora, una carenza, soprattutto nei settori di emergenza, con situazioni di sotto organico che costringe il personale a turni massacranti e quindi a rischio “errore” sanitario maggiore che altrove. Questa situazione non è ovviamente omogenea su tutto il territorio nazionale, ma forse la retorica del “miglior servizio sanitario del mondo” e le “eccellenze” del Nord, andrebbero severamente ridimensionate. La personale impressione è che tali carenze da tracollo immediato non fossero evidenti solo grazie al personale sacrificio degli operatori che hanno mantenuto in uno stato accettabile i servizi, nella situazione di normalità precedente alla crisi.
A rivedere, come in un film “Luce”, le dichiarazioni roboanti di certi esponenti politici nazionali e regionali sulla nostra sanità, precedenti al COVID-19, mi vien da pensare ai carrarmati ed aerei di cartone (https://gianluigiagora.wordpress.com/…/come-i-carri-armati…/ ) esibiti, anni dopo Caporetto, da un reduce ( http://www.storiain.net/…/il-diario-in-trincea-di-mussolini/ )
che fece fortuna politica negli anni successivi.

LA CAPORETTO DEI DIPARTIMENTI DI PREVENZIONE E DELLA MEDICINA DI TERRITORIO

Se possibile, il de-finanziamento dei Dipartimenti di Prevenzione, nel corso degli anni, è stato ancora maggiore e più devastante.
Perché, in una epidemia, il lavoro di questi Dipartimenti è essenziale? Perché la diffusione dei microorganismi è essenzialmente comunitaria e, prima di giungere in ospedale, la circolazione va fermata indentificando i contatti, sorvegliando, e prendendo tutti i provvedimenti necessari al confinamento dei casi asintomatici o paucisintomatici. Il parziale successo ottenuto in Veneto è dovuto al potenziamento di questa attività e nella sua messa in opera immediata ( https://www.huffingtonpost.it/…/il-veneto-ha-raggiunto-lo-z… ).
Nei vecchi Servizi di Igiene esistevano figure specializzate in quello che adesso viene chiamato il “contact tracing”, ma che una volta veniva chiamata l’indagine epidemiologica e che richiedeva competenze ed addestramento specifici. Ho avuto la fortuna, per mere ragioni anagrafiche, di lavorare con le assistenti sanitarie addette a quella attività, in occasione del contenimento della tubercolosi e meningite. E devo dire che la loro professionalità nell’approccio alle persone non può essere nemmeno lontanamente sostituita o vicariata da una App di segnalazione od altre tecnologie. Pensionate quelle figure, e addirittura scomparsa nel panorama formativo, questa figura professionale, si perse un enorme patrimonio di esperienza pratica che non fu poi passata a nessuna nuova generazione.
Inoltre, la rete di relazione fra i medici di base, primo presidio del territorio, ed i Dipartimenti di Prevenzione, strutture, almeno sulla carta, deputate ai successivi trattamenti comunitari, non ha mai funzionato veramente, sin dai tempi, credo, della costituzione del SSN.
Questo per vari motivi. Innanzitutto, la relazione è stata orientata sempre di più verso un controllo burocratico-repressivo dell’operato dei medici di medicina generale, visti, per lo più, come origine di costi inappropriati tramite richieste diagnostiche inutili oppure di prescrizioni eccessive di farmaci. Ed anche i settori della prevenzione si sono sempre di più orientati verso le sole attività di vigilanza e repressione delle violazioni delle normative igienico-sanitarie. In fondo, l’unica attività di prevenzione pro-attiva, è rimasta l’organizzazione dell’offerta vaccinale.
Ora, una truppa professionalmente impreparata, numericamente insufficiente (ed è un gentile eufemismo), e tecnologicamente non attrezzata, è stata travolta generando effetti tragicomici come lo smarrimento delle mail di segnalazione di casi da parte dei medici di base
( https://www.lastampa.it/…/perse-le-mail-dei-medici-di-base-… ).
La situazione in cui versano i Dipartimenti di Prevenzione, e verseranno anche dopo, visto che non pare ci sia ripensamento sulla loro organizzazione da nessuna parte, fa ancora più contrasto con le dichiarazioni dei politici, di qualsiasi schieramento politico e di ogni livello di responsabilità, nazionale, regionale o locale, che si sentivano ad ogni convegno sulla prevenzione che ha attraversato il Bel Paese pre-covid.

LA CAPORETTO DEL SISTEMA INFORMATIVO

Condizione essenziale per la riuscita di qualsiasi campagna bellica è la disponibilità di notizie affidabili e di un buon sistema di comunicazione. A Caporetto, il secondo giorno dall’inizio delle ostilità (26 Ottobre), al Colonnello Antonicelli giunse l'ordine, portato da un tenente, di abbandonare la posizione entro la mattina del 27. Sorpreso per una ritirata ordinata ben un giorno prima, il nuovo capo della Brigata Salerno (ferito il Generale Viora che la comandava) chiese informazioni al portaordini il quale disse che probabilmente si trattava di un errore del comando di divisione, ma Antonicelli volle essere sicuro e obbligò il tenente a ritornare con l'ordine corretto, ma quando il messaggio corretto arrivò a destinazione, il Tenente Erwin Rommel (il futuro Feldmaresciallo) al comando di un distaccamento di Alpenkorps, aveva ormai nel frattempo circondato e preso il monte Matajur, punto chiave per la difesa di Cividale.
Ora, evito di commentare nel dettaglio il bailamme informativo che si è generato nella raccolta e successivo trattamento delle informazioni (quanti positivi, su quanti campioni effettuati, totale pazienti, ma esclusi i guariti oppure no) che ha disorientato anche gli esperti, generando, specie ultimamente, sospetti di manipolazione. Tuttavia, è doveroso rilevare come i normali sistemi informativi sanitari si siano rilevati inadeguati sin dall’inizio. In particolare, il sistema di rilevazione dei deceduti e la certificazione delle cause ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza. A tutt’oggi non sappiamo quanti morti abbiamo avuto sino alla fine di Aprile in Italia, ma solo su un insieme non completo di comuni e sino al 15 Aprile. E qui si parla del minimo sindacale, ovvero della rilevazione semplice dello stato in vita.
La distanza fra le possibilità tecnologiche (app sul telefonino, tracciamento automatico, ecc…) ed il ritardo di una informazione che non è nemmeno dato sensibile, ovvero non protetto dalla normativa GDPR, è abissale. E solo contemplando più da vicino l’abisso si capisce quanto orrenda sia la situazione.
Il nostro sistema di rilevazione delle cause di morte si basa su un sistema sostanzialmente introdotto ai tempi della rivoluzione francese che mette in capo al sindaco la registrazione dello stato civile prima di pertinenza della parrocchia ed “esportato” sino a noi da Napoleone: la certificazione è fatta dal medico su un foglio (formato A3, nemmeno tanto agile da manovrare) in duplice copia. La prima va all’ISTAT, e la seconda all’ASL dove è avvenuto il decesso, che provvederà, in caso di deceduti residenti in altro comuno a trasmettere copia all’ASL del comune di residenza. A parte gli errori di compilazione e l’illeggibilità della copia laddove non si abbia cura di calcare nella scrittura, i tempi di trasmissione allungano ancora di più tutto il processo. Chissà se qualcuno prenderà seriamente in considerazione un aggiornamento del sistema napoleonico (e ringraziamo almeno il passaggio di Napoleone).

LA CAPORETTO DELLA RICERCA

Assorbita la botta iniziale, con numerose vittime fra lo stesso personale sanitario, medici e ricercatori italiani hanno iniziato a cercare di capirci qualcosa ed a provare a rallentare il decorso catastrofico della malattia.
Sicuramente alcune buone idee sono nate, come la proposta di uso di Tocilizumab, che modula la risposta immunitaria troppo violenta. Oppure, l’identificazione di trombi, prima nel polmone, poi anche in altri distretti, che innescarono l’uso di eparine a basso peso molecolare e che hanno probabilmente ridotto il numero di pazienti che arrivavano in terapia intensiva. Poi il plasma iperimmune, strumento non nuovo e già utilizzato in Cina durante l’epidemia.
Tuttavia, se guardiamo la produzione di articoli scientifici su questi ed altri argomenti correlati a questa epidemia, vediamo che la presenza dell’Italia, non degli italiani in generale, presenti nelle istituzioni scientifiche di tutto il mondo, è particolarmente carente. E non poteva certo essere un problema di carenza di pazienti ad aver impedito la produzione di un numero importante di ricerche. Non posso nemmeno pensare che manchino professionisti preparati, dal momento che ne esportiamo ovunque. Forse il problema è proprio questo: li esportiamo perché il sistema di ricerca in Italia è quasi assente.
La ricerca scientifica può sembrare un lusso inutile, ma invece, proprio in queste situazioni, quando quello che manca è una conoscenza approfondita del nemico, “l’intelligence scientifica” è indispensabile. Invece la maggior parte ci ciò che è pubblicato proviene dagli USA e dalla Cina, anche su temi su cui i nostri medici sono stati presenti da subito. Questo testimonia, ancora una volta, quanto sia fragile il sistema di ricerca italiano, ancora suddito delle grandi istituzioni internazionali e sostanzialmente incapace di offrire un habitat adeguato, attrezzato e generoso di giusti riconoscimenti anche economici a chi ci lavora.
Come si può capire da questa breve disamina si può senz’altro affermare che, come a Caporetto, la responsabilità non fu dei “soldati”, medici, infermieri e tutto il personale, ma anche essi furono le vittime di decisioni sbagliate, da cui si spera si potrà, in futuro, imparare qualcosa.
Nell’immaginario italiano Caporetto fu identificata come la sconfitta per eccellenza, tanto da essere incorporata nelle espressioni della nostra lingua.
Chissà come entrerà nella nostra epica nazionale questo periodo.
E quale sarà la nostra linea del Piave?

Stefano Rosso, medico

NdCS: La linea del Piave non è stabilita, e pare ci sia intenzione di non stabilirla, perché invece di parlare di questi temi si parla d'altro: la polarizzazione sulle mascherine è una vetta assoluta di demenza - obbligo di stracci senza alcuna certificazione vs "respiri anidride carbonica".

sabato 23 maggio 2020

I DANNI DELLA "DIVULGAZIONE" E DEL DEBUNKING

Avete presente la santa guerra contro l'antiscienza di un tre anni fa?
Uno che passava aveva rilevato che popolarizzava e diffondeva un'idea delle scienze grottesca e deformata (in altri termini, un'incredibile mole di cazzate). Ma era a fin di bene, eh...
Sempre uno che passava aveva avuto l'impressione che non sarebbero bastati anni a rimediare a quei danni.
E in effetti i danni sono persistenti.
Faccio un esempio terra terra (per me): regolazione farmaceutica.
L'argomento è complesso, molto complesso, si parte dal cGMP (https://database.ich.org/sites/default/files/Q7%20Guideline.pdf) e si arriva al New Drug Approval (https://www.fda.gov/drugs/new-drugs-fda-cders-new-molecular-entities-and-new-therapeutic-biological-products/novel-drug-approvals-2020).
Di fatto si tratta di tutta quella serie di regole necessarie a che i farmaci o i farmaci appena immessi in commercio soddisfino i necessari criteri di sicurezza e efficacia. Questo per evitare eventi tragici che hanno caratterizzato negli anni la storia dell'industria farmaceutica (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/11/frances-oldham-kelsey.html)
Grazie alla "divulgazione scientifica" il pubblico ha capito tutto al volo, a cominciare da un noto debunker che poco tempo fa si produceva in questo tweet: "Non so chi sia il chimico scettico e la scienza non funziona così. Se un farmaco funziona, si pubblica un paper con le prove, lo si valida con il peer-review e poi si annuncia che funziona" (Paolo Attivissimo).
Roba da far cadere gli attributi.
Qualche giorno fa lamentavo che in varie sedi, tra cui CEPI, si mettesse in conto di ridurre o saltare la fase preclinica di sviluppo di un vaccino per passare direttamente ai trial clinici, su uomini. Il preclinico, con i test su due specie animali (nel caso vaccini una delle due dovrebbe essere rhesus) serve ad evitare che venga sperimentato nell'uomo quel che nell'uomo mai sarebbe dovuto arrivare. Avevo definito questo orientamento "criminale". E sotto una condivisione di quel post è spuntato questo commento:
"Mah, mi lascia molto perplesso. Su due punti cardine. 1. Criminale? Secondo me il chimico non ha le idee chiare su cosa sia una regola. Faccio un esempio assolutamente minuscolo, ma solo per rendere l'idea. Molti anni fa c'era un camion a rimorchio che non riusciva ad entrare nell'officina dove lavorava mio padre. Peccato che stava bloccando il traffico dell'Aurelia. Mio padre ha semplicemente buttato giù con la mazza un pezzetto di muro. Già mi vedo il chimico che col ditino fa: "no no, non si fa". Le regole non sono Dei. Hanno un valore puramente funzionale."
Il paragone con il codice stradale la dice lunga su dove il commentatore aveva messo assieme le sue nozioni quanto a farmaci e vaccini. E infatti, come si nota, non aveva capito una beneamata (beneamata cosa? Attrezzo per la sezione del legno, 4 lettere).
Certo, ci sono quelli che ritengono che la tipa "retrovirus nei vaccini!!!" che hanno visto su youtube sia una delle maggiori scienziate degli ultimi 30 anni perché poi youtube ha fatto sparire il video.
E poi c'è la roba che vi ho appena descritto. E faccio presente che il primo citato, capace di produrre tanto e tale strame, è stato consulente dell'ex presidente della Camera per la famosa faccenda delle fake news. Agghiacciante.
L'unica differenza tra le due "correnti di pensiero" è che una è vicina ai poteri al governo, e l'altra no.

giovedì 21 maggio 2020

OBBLIGO PER L'ANTIINFLUENZALE



Stiamo assistendo a una generale e trasversale ondata di pronunciamenti a favore dell'obbligo di vaccinazione antiinfluenzale, tutti giustificati in chiave antiCOVID.
Ha cominciato la giunta Zingaretti in Lazio, parlando di over 65. Poi c'è stato un avanti-indietro in Veneto, su asili e materne. Poi hanno cominciato le società pediatriche meno note con la SIMPE. Poi è stata presentata una mozione parlamentare dalla Gelmini. Poi è arrivata la FIMP.

Vogliamo ripeterlo che specialmente in chiave antiCOVID queste iniziative non hanno alcun senso?
Ok, con COVID le iniziative prive di senso si sono sprecate, e fin da subito. Bisogna proprio continuare in tono, in fase postepidemica?
C'è stato un gran movimento su vaccini e COVID, fin da subito. E fin da subito è stato tirato fuori l'antiinfluenzale dicendo "può proteggere" (Ministero della salute). Come, perché, quanto? Boh, buttata lì a casaccio.
Poi sono arrivati quelli che parlavano di immunità crociata tra altri vaccini e COVID, e chi se non Walter Ricciardi ha sposato la cosa?
Scaricando l'esavalente, si è arrivati a concentrarsi su MPR, è partito uno studio. In tempi in cui tutto va ad alta velocità e un dato clinico preliminare arriva in prima pagina, sul tema dopo l'annuncio silenzio totale. Significativo.
Poi si è parlato di antipolio (OPV) e BCG. E anche in questo caso dopo l'annuncio silenzio di tomba.
Alla fine c'è stata una generale convergenza sull'antiinfluenzale.
Al riguardo con l'immunità crociata marca malissimo. Un articolo noto per essere diventato un cavallo di battaglia degli antivaccinisti (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0264410X19313647?via%3Dihub) dice un'unica cosa: nessuna immunità crociata tra vaccinazione antiinfluenzale ed altre infezioni virali respiratorie, coronavirus compresi.
E allora? E allora si è tirata fuori la storia della diagnosi differenziale, che è senza mezzi termini un'idiozia (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/e-perche-non-lantiebola.html).
Non sui giornali, ma si è detto che comunque si sarebbe ridotto l'accesso in pronto soccorso durante la stagione antiinfluenzale. Questo è un mito fondativo dell'uso politico della vaccinazione antiinfluenzale, tradotta immediatamente in risparmio sanitario. Sfido chiunque a produrre una correlazione decente tra copertura antiinfluenzale e accessi in PS durante l'inverno. A guardare lo storico della mortalità in eccesso, produrre una correlazione del genere è una missione impossibile.

Bene ripeterlo: per COVID non esistono vaccini e non esiste alcuna strategia vaccinale di nessun tipo che possa essere utile. Questo fermento sull'obbligo per l'antiinfluenzale è una cosa politica, e una cosa politica DETERIORE in un quadro di politica sanitaria complessivamente peggio che pessimo

martedì 19 maggio 2020

CONTRO LA "NUOVA NORMALITA' "




Non c'è normalità che sia "nuova". "Nuova normalità" è voler cronicizzare lo stato emergenziale che ormai non è solo sanitario ma anche politico. Politicamente la "nuova normalità" è la diminuzione della democrazia o la sua sospensione. Chi predica scenari apocalittici dicendo "è solo il worst case scenario" fa un gioco subdolo e funzionale a questo quadro, Una politica governativa che fa suo il "worst case scenario" quando ai tempi di ground zero Codogno ancora negava il rischio (reale) e la gravità (reale) di quel che stava accadendo si commenta da sola.
COVID-19: RITORNO ALLA NORMALITA’ [dedicato a Elena Brescacin, per quello che ha scritto ieri su questa...
Pubblicato da Guido Silvestri su Martedì 19 maggio 2020

Il post di Guido Silvestri è lungo e articolato ma merita un'attenta lettura. Come unica nota, a chi fosse sfuggito, qua sopra non si è mai parlato di ottimismo della conoscenza, ma si è usato il pessimismo della ragione per sottolineare l'ottusità del "mondo reale", che ha costantemente frenato l'uso delle migliori opzioni terapeutiche disponibili - e in un'emergenza del genere. Buona lettura.

lunedì 18 maggio 2020

LA FASE I PIU' RUMOROSA DELLA STORIA





Nella corsa al vaccino anticovid simpatizzo con gli yankee, cioè con Moderna.
I motivi sono diversi. In primo luogo la collaborazione con NIAID: se l'agenzia federale ha scelto Moderna lo deve aver fatto sulla base di dati preclinici molto convincenti (la stessa cosa è successa con remdesivir).
In secondo luogo sono i primi della fila nello sviluppare un vaccino mRNA: è una piattaforma completamente diversa da quelle usate per vaccini finora approvati e possiede un incredibile pregio, la semplicità. In più sappiamo da 30 anni di lavoro su mRNA e farmaci antisense che è molto difficile avere effetti off target (perché è molto difficile che queste molecole ci arrivino, a un qualsiasi bersaglio). In breve, è una tecnologia "precisa": una precisa sequenza di nucleotidi, facile controllarne la produzione e la qualità con metodi analitici strumentali esaustivi.

Detto ciò... stiamo parlando di una fase I. Una fase uno è niente, un test su poche decine di volontari che serve a capire come muoversi nei successivi trial, che dosaggi in che tempi e via dicendo. Significatività statistica 0.
La cosa è molto diversa dai dati osservazionali ottenuti due-tre mesi fa su remdesivir, tocilizumab, ruxolitinib: sperimentali o off label si trattava di farmaci destinati al massimo a migliaia di soggetti gravi e con nessuna opzione terapeutica veramente efficace. Un vaccino è destinato a milioni di soggetti sani: trial accurati su campione significativo ed adeguato sono essenziali.
Cosa è venuto fuori da questa fase I? Che i dosaggi alti (250 e 100 microgrammi) producono una forte risposta in anticorpi neutralizzanti, ma anche effetti collaterali non trascurabili. Il dosaggio basso (25 microgrammi, due dosi a distanza di due settimane) produce anticorpi neutralizzanti in quantità del tutto simile a quella presente nel plasma dei guariti da COVID. Ci sarà da capire quanto persistente sia questa risposta.
Se questi dati saranno confermati dai trial di fase II (prevista a luglio) e III (ci si può immaginare una conclusione ad anno nuovo) non solo avremo un vaccino antiCOVID ma anche una dirompente innovazione tecnologica. Se saranno confermati, ripeto. Perché nello sviluppo farmaceutico il problema non è mai stato avere buoni dati da una fase I o da una fase II: il problema è arrivare all'approvazione, e le chance di successo sempre quelle sono, circa il 10%.
Ovviamente i pochi dati sulla fase I di mRNA-1273, trattandosi di vaccino, sono dilagati sulle prime pagine di tutto il mondo: la fase I più celebre della storia.

domenica 17 maggio 2020

TIRARLA IN LUNGO




Un mese e mezzo fa si arrivava al pronto soccorso con difficoltà respiratorie si finiva intubati, e se si moriva si moriva di COVID, con i "buchi" nei polmoni, sangue nei bronchi, trombi diffusi. Diabetici o ipertesi o che so io era abbastanza ininfluente, la causa del decesso era quella. Oggi vengono fuori notizie del genere: https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/muore-di-covid-a-30-anni-%C3%A8-la-vittima-pi%C3%B9-giovane-1.5146701
A parte il fatto che forse forse la palma di vittima più giovane viene attribuita precipitosamente (https://www.lanazione.it/cronaca/coronavirus-morto-trentenne-camerunense-1.5080004), il rilievo dato alla cosa lascia francamente perplessi. Quel che la notizia ci dice è che COVID sta ancora circolando, sì, nelle strutture sanitarie (sai che novità). E che quindi in varie strutture sanitarie il controllo dell'infezione è poco migliore rispetto a due mesi fa. Quei tamponi a tappeto al personale sanitario? Mah, boh, vedremo.
L'emergenza prolungata fino a gennaio 2021 ha bisogno di essere sostenuta, in un modo o nell'altro, e sostenuta esagerando. Sono proliferate le notizie su sanificazioni di luoghi chiusi da tre mesi (luoghi di culto, per esempio): un nonsenso dietro l'altro, a qualcuno è venuto in mente addirittura di sanificare le spiaggie (https://www.polesine24.it/24/2020/05/10/news/fate-attenzione-a-sanificare-le-spiagge-si-possono-fare-grossi-danni-all-ambiente-88966/).
E succede l'inimmaginabile, quanto a commenti, tipo Davide Serra che si produce in un: "Chiedo scusa a Orban che a fine Maggio lascia poteri speciali e li riporta in Parlamento. Da noi Conteballe per paura lo caccino estende stato di emergenza sino a Natale!" (https://twitter.com/davidealgebris/status/1261396905302474752).
O l'Huffington Post che così si esprime sull'ultimo "discorso alla nazione": "E invece nei panni del “taumaturgo” che tranquillizza, “uomo a miracol mostrare” Conte si limita a spiegare la necessità della disciplina sociale nel paese delle file alla Caritas e dei negozi che appendono cartelli con scritto “chiuso perché non arrivano i soldi del Governo”. Colpa non di chi ha scritto norme labirintiche, ma degli altri, della burocrazia, bersaglio buono per tutte le stagioni." (https://www.huffingtonpost.it/entry/ai-confini-della-realta_it_5ec047c6c5b61dcde3629dca). Quando non è colpa della burocrazia, è colpa di qualcun'altro, spesso della scienza ma...
A gennaio l'unica scienza possibile era quella che diceva che non esisteva alcun problema, oggi l'unica scienza possibile è quella che dice che il problema è e sarà ancora enorme.
Talmente enorme che "scientificamente" un voto in autunno sarebbe pericoloso (Ma che è 'sta roba? Chiamatela, che ne so, Marianna, ma non scienza, per pietà).
Insomma, la sta tirando in lungo per tirare a campare, il governo. Se il paese sopravviverà è un altro paio di maniche.

IDROSSICLOROCHINA: EFFETTO ANTIVIRALE NULLO


https://www.bmj.com/content/369/bmj.m1849?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+bmj%2Fresearch+%28Latest+BMJ+Research%29


Lo so che molti fan dell'idrossiclorochina sono velocemente passati nelle file dei fan del plasma iperimmune, comunque ci sono novità, e diverse. Uno studio osservazionale americano pubblicato una decina di giorni fa concludeva "nessun beneficio complessivo" (https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2012410?query=main_nav_lg). E quanto a conteggi eravamo arrivati a uno studio positivo (cinese), uno negativo (questo) e due warning di FDA sugli effetti collaterali.
Ora arriva un'altro studio cinese, con ramo di controllo. Si usano dosi da cavallo, 1200 mg il primo giorno e 800 i seguenti, e dal punto di vista dell'effetto antivirale i risultati sono nulli: trattati e braccio di controllo indistinguibili.

Quanto all'affetto immunosoppressore che costituisce la ratio dell'uso di HCQ nei pazienti con artrite reumatoide, mi sono reso conto di essermi prodotto in passato in una ricerca bibliografica evidentemente incompleta. Avevo trovato solo azione su IL-1, ma ora ho trovato una serie di articoli che riguardano l'abbassamento dei livelli di IL-6:

1) Hydroxychloroquine decreases Th17-related cytokines in systemic lupus erythematosus and rheumatoid arthritis patients (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3674253/)
2) Chloroquine and hydroxychloroquine equally affect tumor necrosis factor-alpha, interleukin 6, and interferon-gamma production by peripheral blood mononuclear cells. (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9002011)
3) https://journals.sagepub.com/doi/10.1191/0961203306lu2299oa (Chloroquine treatment influences proinflammatory cytokine levels in systemic lupus erythematosus patients )

Quindi siamo di nuovo sull'asse IL-6/JAK/STAT (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/03/covid-19-off-label-razionale-e-meno.html), e questo spiega il fatto che molti clinici siano convinti dell'uso di HCQ perché hanno visto "effetti".
Ma gli ultimi dati cinesi, quelli di BMJ, devono far concludere che l'uso nelle prime fasi della patologia, oltre a presentare i rischi ormai noti, è del tutto inutile, e idem dicasi per l'uso preventivo in profilassi di HCQ che è stato molto citato ed è oggetto di uno studio in corso in UK.
Io posso solo ripetere che sull'asse  IL-6/JAK/STAT agiscono altri farmaci che sono stati usati off label con successo: tocilizumab, baricitinib, ruxolitinib. Sono più "puliti" dal punto di vista farmacocinetico, cioè non hanno l'accumulo pazzesco di HCQ (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/fda-idrossiclorochina-farmacocinetica.html), e non presentano i rischi cardiaci associati agli alti dosaggi di HCQ in uso. Vero che in teoria costano di più, molto di più dei 6 euro a confezione del Plaquenil, anche se oggi vengono offerti gratuitamente. Ma i prezzi si trattano...

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...