giovedì 13 dicembre 2018
DIVULGAZIONE, COMUNICAZIONE, SEMPLIFICAZIONE
"Sento forti le voci di chi ha deciso, in modo un po' gordiano, di decidere dove mettere la red-line della "schematizzazione", e poi la difende, questa linea, come se fosse un limes contro i barbari... e le voci di chi, per differenze culturali, psicologiche etc. vorrebbe mettere la red-line ad un altro livello, e per questo polemizza con chi l'ha messa prima (o dopo). Ed entrambi, sadly, si scordano che il vero nemico sono l'ignoranza (l'ingenuita', se preferisce) di chi non capisce nemmeno di che linee stiamo parlando, e la furbizia criminale di chi su questa ignoranza e confusione gioca, in malafede, per banalissimi motivi di lucro. Non crede?" (scrive Guido Silvestri in una coda di commenti a un post di qualche tempo fa, e incollo di seguito la mia risposta)
Onestamente no, non credo. In primo luogo la semplificazione divulgativa offre un'illusione di compresione o conoscenza che arriva ad essere assai potente, e quindi capire quanto possa essere semplificato un tema senza perdere parti vitali di informazione è sempre difficile, spesso arduo. Di recente mi è capitato di fare una gran fatica a spiegare che un risultato in vitro o su un topo non è affatto automaticamente estendibile all'uomo. Ma erano convinti che se si era visto nel topo era così (e non si trattava delle solite storie di alluminio, ma non mi ricordo di che risultato della ricerca riportato dalla grande stampa). La "divulgazione" evidentemente aveva sorvolato sul fatto che tra risultato nel topo e farmaco approvato ci sono alcune cose, tipo il 90% di possibilità di fallimento e svariate centinaia di milioni (se non più di una decina). Chi decide cosa è significativo e cosa no, questo è il punto. Parlando di immunizzazioni le dinamiche di oggi si sono già presentate 35 anni fa: si arrivava al 96% di copertura pediatrica di morbillo, veniva fuori una serie di outbreak imponenti e si iniziava a dire "il vaccino non funziona" (oggi "L'herd immunity non esiste"). E' meglio provare a spiegare come funzionano le dinamiche non lineari complesse o insistere con "Esiste perché lo dice la Scienza e voi asini tacete"? Nel 2017 le cose non sono state raccontate giuste (l'emergenza, l'epidemia dovuta al crollo delle coperture, etc). A fin di bene? Diciamo a fin di bene. Risultato: una buona percentuale dei cittadini italiani ha sentito puzza di bruciato (e non sto parlando degli anti ossessivi militanti). Ma d'altra parte se si raccontava giusta cadeva il teorema dell'emergenza. Quindi il decidere come semplificare è rilevante, eccome se è rilevante. Tra l'altro una governance diciamo così discutibile ha dato spazio di accreditamento alla corte dei miracoli a traino del codacons (nanocontatori etc) perché il loro sollevare il problema del rapporto postmarketing che non veniva pubblicato da due anni era del tutto legittimo (indipendemente dall'interpretazione e dall'uso che è stato fatto dei dati pubblicati). La sua idea di "patto trasversale per la scienza" in teoria è eccellente, in pratica offre il fianco a strumentalizzazioni per il semplice fatto che prevede un astratto gruppo di uomini di scienza che decide cosa è scientifico e cosa no. Che è un po' diverso dallo scientific consensus (che pure ha i suoi limiti), un po' tanto.
Addendum: la discussione sugli standard per me non è accessoria, ma basilare, e il presente problema non ha soluzioni perché non si può fissare uno standard per qualcosa di così eterogeneo come le "questioni scientifiche". Però si possono riconoscere le semplificazioni funzionali. E questo secondo me è il punto più rilevante, perché la narrazione "antiscientifica" difficilmente riguarda l'informazione mainstream che, per definizione, è quella più diffusa.
(L'intervento completo del prof. Guido Silvestri è qua https://www.facebook.com/guido.silvestri.9/posts/10216904177732758)
martedì 11 dicembre 2018
NEVERTHELESS THE ONE AND ONLY THING OF PARAMOUNT INTEREST TO US IN OURSELVES IS THAT WE FEEL AND THINK AND PERCEIVE
"Nondimeno la sola e unica cosa di principale interesse per noi in noi stessi è che sentiamo e pensiamo e percepiamo. Tutti gli altri processi fisiologici giocano un ruolo ausiliario rispetto a quello reponsabile di pensiero e sentimento, almeno da un punto di vista umano, se non da quello della biologia puramente oggettiva. Inoltre faciliterà molto il nostro compito scegliere per l'indagine il processo che si accompagna da vicino ad eventi soggettivi, anche se siamo ignoranti sulla natura di questo stretto parallelismo. In effetti, dal mio punto di vista, ciò si colloca al di fuori dell'ambito delle scienze naturali e assai probabilmente al di fuori della comprensione umana".
Erwin Schroedinger. "What is life" (1944)
Schroedinger in questo saggio, che riassume una serie di conferenze, presenta un possibile approccio fisico al fenomeno della vita, tra l'altro constatando che richiede produzione di entropia - cosa su cui magari ritorneremo. Ma questo passo è particolarmente significativo, specie in un periodo in cui viene smerciata con l'etichetta "Scienza" roba dalle basi epistemologiche assolutamente imbarazzanti.
Alla fine anche il processo scientifico, come ogni altro processo umano, è inseparabile da senso e costruzione di senso. E alla fin fine buona parte di quello che è stato scritto su questa pagina è stato scritto contro una certa particolare costruzione di senso - e contro il suo opposto, citando nuovamente Prigogine visioni del mondo parimenti alienate e alienanti.
Ma soprattutto contro un paradigma tuttora dominante costituito da idee che, marxianamente, costituiscono la peculiare sovrastruttura di una ben determinata struttura di potere prima che qualsiasi altra cosa.
(Quest'ultima considerazione per quanti continuano a chiedersi da che parte stia il CS, e se non è chiara abbastanza, pace, niente disegnini per chi non ci arriva)
lunedì 10 dicembre 2018
IL TERZO LADRO
"Cos'è questa Scienza, che interviene come il terzo ladro, un arbitro tollerato dall'Imprenditore riguardo il suo diritto di innovare, sarebbe a dire riguardo il diritto che egli riconosce (benché costretto e forzato) allo Stato di proibire o regolare?
Se ho usato una maiuscola è per distinguerla dalle pratiche scientifiche. E questo non per esentare chi le pratica da ogni responsabiità, o per opporre agli esperti (al servizio del potere) i ricercatori (disinteressati), ma perché mettendo assieme Imprenditore, Stato e Scienza siamo assai vicini alla leggenda aurea che prevale ogni volta che viene messa in discussione "l'irresistibile ascesa al potere dell'Occidente". Questa leggenda, in effetti, segna l'alleanza decisiva tra la razionalità scientifica, madre del progresso di ogni conoscenza, lo Stato, finalmente libero dalle arcaiche fonti di legittimazione che prevenivano lo sviluppo di questa razionalità, e la crescita industriale che traduce quello che i marxisti chiamavano lo sviluppo delle forze della produzione in un principio di azione finalmente senza vincoli.
E' dalla presa di questa leggenda che occorre fuggire, ovviamente. E se l'arte del prestare attenzione deve essere reclamata, quel che importa è iniziare a prestare attenzione al modo in cui siamo capaci di sfuggirle."
Isabelle Stengers, "In catastrophic times - Resisting the incoming Barbarism" (2015)
Isabelle Stengers è una filosofa della scienza belga che ha a lungo lavorato con Ilya Prigogine, collaborando con lui alla stesura dei suoi lavori più famosi spesso come coautrice.
PS: noterete facilmente come culto della Scienza vada assieme all'adesione ad un certo tipo di potere ed alla sua narrazione.
mercoledì 5 dicembre 2018
I PASSI AVANTI DELLA FARMACOLOGIA ONCOLOGICA
Chemio vuol dire tutto e niente. Per chemioterapia si dovrebbe intendere qualsiasi terapia oncologica basata su piccole molecole, ma buona parte dei farmaci cosiddetti "targeted" (cioè mirati) sono piccole molecole, però di solito non vengono considerati "chemio".
Esiste una corrente di rigetto della chemioterapia che, a parer mio, trova origine nei fallimenti dell'oncologia clinica. E' un'area in cui il fallimento è da mettere in conto, ma se dal mio punto di vista penso a come eravamo messi venti anni fa da una parte mi stupisco che in molti pensino che siamo fermi agli antiblastici (che ho sempre chiamato citotossici), dall'altra concludo che se qualcuno lo pensa c'è qualcun altro che glielo fa pensare.
Quando ho cominciato a lavorare i tassani avevano già cambiato un panorama che fino a pochi anni prima era fatto principalmente di alchilanti (ciclofosfamide), antimetaboliti (5-FU) antracicline e complessi del platino. Il quadro era quello che ho descritto qua: https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/dalla-prospettiva-del-laboratorio-1-il.html .
In questo panorama i tassani avevano costituito una novità significativa (e si sperava che le camptotecine potessero costituirne un'altra, ma non è stato proprio così).
Comunque nella vulgata "chemio" è quella che provoca perdita di capelli e immunodepressione. I tassani avevano migliorato di poco il quadro, da questo punto di vista. Ma il paclitaxel fu il primo farmaco oncologico a vendere per più di un miliardo di USD all'anno (1,6 miliardi nel 2000), a dimostrazione che globalmente era stato un consistente passo avanti.
Ma dall'altra parte dell'oceano nella seconda metà dei 90 era in piena attività Sugen, azienda in cui si lavorò a far luce sull' "albero delle chinasi" molto più che in tanti laboratori accademici. Furono loro a tirar fuori i primi inibitori di chinasi sperimentali. Nel 99 Sugen fu comprata da Pharmacia, e più o meno tutto il lavoro continuò come prima. Ma nel 2003 Pfizer comprò Pharmacia, e chiuse tutte le ricerche dell'acquisito. Un mio contatto, e altri che conosco, si ritrovarono per strada. Pfizer si ritrovò proprietaria del Sutent (sunitinib), approvato nel 2006 per cancro colorettale.
Contemporaneamente a Sugen, più o meno, a Ciba Geigy si lavorava sulla leucemia cronica mieloide, e il lavoro proseguì quando la fusione con Sandoz portò a Novartis (1996). Il risultato di quel lavoro fu imatinib mesilato, meglio noto come Glivec, il primo inibitore di chinasi approvato (2001). Il primo dei cosiddetti farmaci targeted. Da allora ne sono venuti fuori diversi (e alcuni molto noti sono anticorpi come Avastin).
Gli inibitori di chinasi sono stati un gran passo avanti, ma in primo luogo funzionano solo su quel particolare genotipo di cellula tumorale che sovraesprime quella specifica proteina o recettore.
In secondo luogo le cellule tumorali che non sono di quel particolare genotipo restano vive, e quindi la storia può non finire lì. Gli inibitori di chinasi sono ormai alla terza o alla quarta generazione, a seconda di come si classifica. Gli inibitori covalenti di chinasi li metterei a parte e sono stati un ulteriore passo avanti (afatinib, per fare un'esempio, quanto a tumori del polmone, qui qualcosa in più https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/oncologia-dalla-prospettiva-del.html).
Poi ci sono stati inibitori di proteasoma (bortezomib, eribulina) recentemente inibitori di PARP per il carcinoma ovarico BRCA+. E altre cose di minor rilievo.
Molto, molto si è parlato di immunoterapia oncologica. Ma al di là dell'hype, continua ad essere una questione di target farmacologici: se ottimi risultati sono stati ottenuti con alcuni inibitori di PD-1 (pembrolizumab, nivolumab), con PD-L1 le cose sono andate meno bene e con IDO stanno andando male. Ma la novità c'è, eccome, e i risultati pure.
Tutto questo (anche l'"immunoterapia") è targeted.
E' inutile usare herceptin contro un tumore al seno HER- .E' inqualificabile non usarlo per un tumore HER+. Quindi il test sul genotipo del tumore dovrebbe essere un prerequisito per accedere ai vantaggi degli ultimi 20 anni di ricerca (industriale).
Solo che si continuano a vedere protocolli di prima linea che prevedono cisplatino e ciclofosfamide, e certi nuovi test per la determinazione del tipo di tumore, per quanto pubblicizzati e approvati anche in Italia, restano completamente a carico del paziente. E non sono economici.
Ma d'altra parte il tratto comune di tutte questi farmaci, di cui molti non sono più nuovi (imatinib generico è disponibile da un anno) è la costante polemica sui loro prezzi. Che sono alti, beninteso, ma che caratterizzano pressoché ogni prodotto rilevante delle aziende che continuano ad avere un modello industriale research based (sempre meno simpatico anche al settore finanziario, che però dei prezzi alti beneficia sotto forma di utile sull'investimento - per tacere dei corsi azionari).
Esiste una corrente di rigetto della chemioterapia che, a parer mio, trova origine nei fallimenti dell'oncologia clinica. E' un'area in cui il fallimento è da mettere in conto, ma se dal mio punto di vista penso a come eravamo messi venti anni fa da una parte mi stupisco che in molti pensino che siamo fermi agli antiblastici (che ho sempre chiamato citotossici), dall'altra concludo che se qualcuno lo pensa c'è qualcun altro che glielo fa pensare.
Quando ho cominciato a lavorare i tassani avevano già cambiato un panorama che fino a pochi anni prima era fatto principalmente di alchilanti (ciclofosfamide), antimetaboliti (5-FU) antracicline e complessi del platino. Il quadro era quello che ho descritto qua: https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/dalla-prospettiva-del-laboratorio-1-il.html .
In questo panorama i tassani avevano costituito una novità significativa (e si sperava che le camptotecine potessero costituirne un'altra, ma non è stato proprio così).
Comunque nella vulgata "chemio" è quella che provoca perdita di capelli e immunodepressione. I tassani avevano migliorato di poco il quadro, da questo punto di vista. Ma il paclitaxel fu il primo farmaco oncologico a vendere per più di un miliardo di USD all'anno (1,6 miliardi nel 2000), a dimostrazione che globalmente era stato un consistente passo avanti.
Ma dall'altra parte dell'oceano nella seconda metà dei 90 era in piena attività Sugen, azienda in cui si lavorò a far luce sull' "albero delle chinasi" molto più che in tanti laboratori accademici. Furono loro a tirar fuori i primi inibitori di chinasi sperimentali. Nel 99 Sugen fu comprata da Pharmacia, e più o meno tutto il lavoro continuò come prima. Ma nel 2003 Pfizer comprò Pharmacia, e chiuse tutte le ricerche dell'acquisito. Un mio contatto, e altri che conosco, si ritrovarono per strada. Pfizer si ritrovò proprietaria del Sutent (sunitinib), approvato nel 2006 per cancro colorettale.
Contemporaneamente a Sugen, più o meno, a Ciba Geigy si lavorava sulla leucemia cronica mieloide, e il lavoro proseguì quando la fusione con Sandoz portò a Novartis (1996). Il risultato di quel lavoro fu imatinib mesilato, meglio noto come Glivec, il primo inibitore di chinasi approvato (2001). Il primo dei cosiddetti farmaci targeted. Da allora ne sono venuti fuori diversi (e alcuni molto noti sono anticorpi come Avastin).
Gli inibitori di chinasi sono stati un gran passo avanti, ma in primo luogo funzionano solo su quel particolare genotipo di cellula tumorale che sovraesprime quella specifica proteina o recettore.
In secondo luogo le cellule tumorali che non sono di quel particolare genotipo restano vive, e quindi la storia può non finire lì. Gli inibitori di chinasi sono ormai alla terza o alla quarta generazione, a seconda di come si classifica. Gli inibitori covalenti di chinasi li metterei a parte e sono stati un ulteriore passo avanti (afatinib, per fare un'esempio, quanto a tumori del polmone, qui qualcosa in più https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/oncologia-dalla-prospettiva-del.html).
Poi ci sono stati inibitori di proteasoma (bortezomib, eribulina) recentemente inibitori di PARP per il carcinoma ovarico BRCA+. E altre cose di minor rilievo.
Molto, molto si è parlato di immunoterapia oncologica. Ma al di là dell'hype, continua ad essere una questione di target farmacologici: se ottimi risultati sono stati ottenuti con alcuni inibitori di PD-1 (pembrolizumab, nivolumab), con PD-L1 le cose sono andate meno bene e con IDO stanno andando male. Ma la novità c'è, eccome, e i risultati pure.
Tutto questo (anche l'"immunoterapia") è targeted.
E' inutile usare herceptin contro un tumore al seno HER- .E' inqualificabile non usarlo per un tumore HER+. Quindi il test sul genotipo del tumore dovrebbe essere un prerequisito per accedere ai vantaggi degli ultimi 20 anni di ricerca (industriale).
Solo che si continuano a vedere protocolli di prima linea che prevedono cisplatino e ciclofosfamide, e certi nuovi test per la determinazione del tipo di tumore, per quanto pubblicizzati e approvati anche in Italia, restano completamente a carico del paziente. E non sono economici.
Ma d'altra parte il tratto comune di tutte questi farmaci, di cui molti non sono più nuovi (imatinib generico è disponibile da un anno) è la costante polemica sui loro prezzi. Che sono alti, beninteso, ma che caratterizzano pressoché ogni prodotto rilevante delle aziende che continuano ad avere un modello industriale research based (sempre meno simpatico anche al settore finanziario, che però dei prezzi alti beneficia sotto forma di utile sull'investimento - per tacere dei corsi azionari).
![]() |
"Albero" delle chinasi, da https://www.researchgate.net/figure/A-phylogenetic-tree-created-by-Kinome-Render-showing-protein-kinases-studied-by-Karaman_fig4_255791329 |
mercoledì 21 novembre 2018
FRANCES OLDHAM KELSEY
Morta nel 2015 a 101 anni, questo medico ha fatto la storia dell'attività regolatoria sui farmaci.
"Il sedativo era il Kevadon, e la domanda di approvazione in America raggiunse il nuovo responsabile medico alla Food and Drug Administration nel settembre 1960. Il farmaco era stato già venduto alle donne in gravidanza in Europa contro la nausea mattutina, e la domanda di approvazione sembrava routine, pronta ad essere timbrata.
Ma alcuni dati sul profilo di sicurezza del farmaco turbarono la Dottoressa Frances Oldham Kelsey, un ex medico di base e insegnante del Sud Dakota, che aveva appena avuto lavoro all'FDA a Washington, alla revisione delle richieste di approvazione dei nuovi farmaci. Chiese al produttore, la William S. Merrell Co. di Cincinnati ulteriori informazioni.
E cominciò uno scontro tra volontà. Merrel rispose, la Dr. Kelsey chiese altre informazioni. Merrel presentò reclamo contro i "soprusi" della Dr. Kelsey, chiamandola burocrate da poco. E continuò così. Ma verso la fine del 1961 la terribile evidenza stava filtrando. Il farmaco, meglio conosciuto col suo nome generico di talidomide, stava causando migliaia di nascite di bambini con braccia e gambe deformi e altri difetti."
(il talidomide poi è diventato un utile strumento nella lotta a mielomi e linfomi)
https://www.nytimes.com/2015/08/08/science/frances-oldham-kelsey-fda-doctor-who-exposed-danger-of-thalidomide-dies-at-101.html
martedì 20 novembre 2018
FRAMMENTI DI DNA A SPASSO E SIMILI
Se c'è una cosa che una cellula eucariotica non fa, a differenza dei procarioti, è lasciar passare al suo interno materiale genetico che viene dal suo esterno.
Quel che riesce ad inoculare materiale genetico dentro una cellula eucariotica è un virus, e per farlo usa un discreto arsenale biochimico che lo fa aderire alla membrana cellulare e poi la "buca" per rilasciare al suo interno i propri acidi nucleici.
Questo è uno dei motivi per cui la prima generazione di "terapie geniche", i cosiddetti farmaci antisense e siRNA, ha di fatto fallito - per avere assorbimento da parte delle cellule sono stati usati vari trucchi molto elaborati, come la sostituzione della catena ribosidica con un backbone peptidico, o l'incapsulamento in liposomi.
Per quel che riguarda i vaccini, in passato tracce residue di trascrittasi inversa hanno destato preoccupazione come possibile segno di contenuto di retrovirus (non come problema in sé, https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/lattivita-della-trascrittasi-inversa-in.html), ma si rivelarono un errore del metodo analitico.
Per sottolineare il rischio correlato a tracce di DNA o RNA nelle formulazioni vaccinali è stato citato questo:
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1045105609000293?via%3Dihub
Ma gli articoli andrebbero letti, e letti bene, prima di essere citati. E' un position paper di FDA sul problema, ed è bene citarlo alla lettera:
"La varietà dei substrati cellulari che sono stati usati per la produzione di vaccini virali autorizzati negli USA è limitata a celllule primarie di origine aviaria o da scimmie, a linee di cellule diploidi... e a una linea cellulare continua, la linea VERO...
Mentre questi substrati cellulari hanno prodotto vaccini di provata sicurezza ed efficacia (con qualche incidente di percorso, anche serio NdCS) è sempre più chiaro che questo arsenale è insufficiente per la produzione della PROSSIMA GENERAZIONE di vaccini virali, come quelli contro HIV/AIDS, contro malattie infettive emergenti (SARS) e contro agenti per il bioterrorismo
....
Finora molti dei nuovi substrati cellulari da mammiferi in via di valutazione per la produzione di vaccini virali sono considerati neoplastici, poiché sono stati immortalizzati con vari meccanismi, ed alcuni sono cancerogeni."
Quindi si sottolinea un aspetto da monitorare strettamente riguardo a NUOVI vaccini virali prodotti con NUOVE linee cellulari che possono avere un profilo di rischio ignoto, e la cosa non riguarda vecchie linee cellulari, il cui profilo di rischio è invece ben noto (profilo di rischio della linea cellulare, sottolineo).
E ancora:
"Il DNA può avere diverse attività biologiche misurabili, che includono attività oncogeniche e infettive
Benché non legata a problemi di linea cellulare, il DNA può avere un'attività di trasformazione su sistemi batterici e funghi.
Se queste attività SONO MEDIATE DA PRODOTTI DERIVATI DALL'ESPRESSIONE GENICA (quindi il DNA deve arrivare dentro la cellula per aver avere questo effetto, NdCS), un'attività biologica del DNA che non richiede espressione genica è l'attività immunomodulatoria. Se questa attività può essere misurata in vivo I DOSAGGI RICHIESTI PER OTTENERE QUESTA ATTIVITA' NON SONO TIPICAMENTE PRESENTI NEI VACCINI."
martedì 13 novembre 2018
LOIN DE L'EQUILIBRE
E' in francese, ok, ma abbastanza comprensibile (nonostante l'indefessa attitudine francese a usare vocaboli autoctoni per quelli di origine angosassone).
Questo documentario di quasi 25 anni fa offre una suggestiva carrellata su lontananza dall'equilibrio, non linearità, transizione, organizzazione, centrata sulle reazioni oscillanti e con un plus: eseguite in continuo in molti esempi. Quei recipienti di vetro con tubi innestati sul fondo sono reattori in continuo: i reagenti vengono pompati da pompe peristaltiche (le riconoscete, sono quelle con il rotore che gira) nella parte bassa del reattore, e la miscela esce in continuazione dalla parte alta. Il mescolamento in alcuni casi è lasciato al flusso dei liquidi, in altri ancora la miscela viene agitata (e quindi abbiamo un CSTR, Continuously Stirred Tank Reactor, per quanto in piccolo).
Ovviamente le due mattatrici sono Briggs-Rauscher e Belousov Zhabotinsky, e devo dire che la Briggs-Rauscher in continuo non è niente male.
C'è anche un brevissimo flash sulla crescita di popolazioni batteriche (ho letto qualcuno di recente che proponeva roba tra il sempre crescente e il modello logistico al riguardo - il mondo è bello perché è vario).
Di fatto il documentario è anche una sorta di "festa del gradiente": gradienti di temperatura, gradienti di concentrazioni.
Cos'è un gradiente?
Un gradiente di temperatura lo vedete bene nel documentario, nell'esperimento con i due termostati a temperature diverse. Le temperature crescenti (o calanti, a seconda del verso in cui si leggono) sono l'effetto di un gradiente di temperatura, che nel vocabolario comune della chimica è esso stesso definito gradiente ("Cosa si determina tra una fonte calda e una fonte fredda?" "Un gradiente di temperatura", idem tra due concentrazioni - casi in cui "natura non facit saltus").
Se una derivata dà conto della variazione di qualcosa in un punto in termini assoluti, il gradiente (∇) aggiunge un verso: questa grandezza in questo punto sta cambiando così e il cambiamento è orientato in questa direzione.
Detto bene è una funzione vettoriale definita in un campo scalare, composta dalle derivate parziali della grandezza scalare rispetto alle coordinate spaziali. Un campo scalare per esempio esiste nel tubo dell'esperimento con i due termostati: nello spazio del tubo ad ogni punto è associato un valore di una grandezza scalare, che in questo caso è la temperatura. La derivata della temperatura rispetto ad a, coordinata sull'asse del tubo, ci dà l'intensità della variazione di T in quel punto. Ma questa variazione ha anche una direzione, è orientata. Come si aggiunge questa informazione al valore della derivata? Moltiplicando per un versore. Un versore è un particolare tipo di vettore: i vettori hanno modulo, direzione e verso. Il versore ha modulo 1. Quindi moltiplicando dT/dx per â (versore dell'asse a) avremo un vettore che rappresenta "la variazione per unità di lunghezza che la grandezza subisce da un punto all’altro dello spazio lungo una certa direzione" (Treccani) (https://it.wikipedia.org/wiki/Gradiente_(funzione)). Nella fattispecie del tubo dell'esperimento si assune che le componenti del gradiente lungo le altre due coordinate spaziali siano nulle.
In realtà un gradiente non ha molto senso in uno spazio monodimensionale, e solitamente si usa su campi scalari definiti in spazi di 2 o più dimensioni,
qualcuno si ricorderà forse di aver incrociato qua sopra un gradiente quando si parlò di Brussellatore con l'aggiunta del termine diffusivo (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/ordine-entropia-caos-la-lezione-di-un.html).
I gradienti sono estremamente frequenti nei fenomeni dinamici, e specialmente in quelli biologici: gradienti di luce, di concentrazione di nutrienti, di forza ionica, etc etc.
https://www.canal-u.tv/video/science_en_cours/loin_de_l_equilibre.16
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CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)
Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...
