mercoledì 1 maggio 2019

IL CHIRAL SWITCH WHO (AD ACQUA E PANE SECCO). FALLITO.

Praziquantel. Strategico perché la schistosomiasi in Africa è un problema, e ancora più problematico oggi che il suo prezzo è aumentato (vedasi   https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2019/01/eh-se-visto-un-bel-mondo-il-prezzo.html).
Si tratta di un racemo, cioè di una miscela di due enantiomeri (molecole che sono una l'immagine speculare dell'altra).
Il passaggio da farmaco racemo a singolo enantiomero si chiama "chiral switch". Era roba che andava molto di moda negli anni 90, quando il nome di Barry Sharpless era associato a una epossidazione asimmetrica, e non alla click chemistry (un metodo per attaccare roba alle proteine - tag fluorescenti, per esempio). Da allora le sintesi asimmetriche sono diminuite di importanza, nella chimica farmaceutica anche se l'attività di ricerca sui nuovi antivirali le ha rilanciate abbastanza.
Comunque, un chiral switch non è una cosa semplice. Puoi pensare di inventarti un modo per sintetizzare direttamente l'enantiomero giusto (con la sintesi asimmetrica), che è roba abbastanza sofisticata. Ma anche se fai la cosa apparentemente più stupida da fare, ovvero separi i due enantiomeri del racemo (si chiama "risoluzione" e può essere tutto men che banale) poi devi fare tutto da capo come fosse un farmaco nuovo. Il che vuol dire trial clinici, e fatti su un prodotto che sarà uguale a quello eventualmente immesso in commercio dopo l'approvazione perché proviene dal processo già sviluppato per il livello commerciale (scaled-up). Insomma, in tempi più civili si iniziavano le cliniche con un processo quanto più ottimizzato possibile (e c'era gran bisogno di chimica di processo e fatta bene, perché tra i 10 mg che hanno dato risultati eclatanti nel modello animale e la ventina di chili  (fatta in cGMP) a supporto delle prime fasi cliniche c'è tanta, tanta strada da fare.

Non mi ricordo come mi ritrovai a scambiarmi mail con X. X era un professore di chimica organica in un'università di secondo piano, ed aveva un problema. Lavorava sul progetto WHO di chiral switch del praziquantel e si era arenato.
Il buon X mi mandò quello che stavano facendo, e quello che stavano facendo era quel che poteva venire fuori da un accademico che aveva praticato la sua attività di chimica organica in un ambito assai lontano non solo dal know how industriale, ma anche dalla chimica industriale accademica.
Stava studiando la cosa cambiando un parametro alla volta - tipo 5 parametri per reazione per una sintesi in cinque passaggi, un giorno di lavoro per ogni valore di ogni singolo parametro di ogni reazione.
"Caro X" gli scrissi "Così ben difficilmente riuscirete a venirne fuori nei tempi richiesti. Non c'è qualcuno che si occupa di process chemistry, da voi?" "No! Non potresti darci una mano?".
Purtroppo non potevo. Potevo consigliargli libri, articoli, ma non potevo fargli quel che si doveva fare, cioè uno studio via DOE (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/04/duro-o-morbido-dove-non-si-parla-di.html), perché sarebbe stato tempo buttato. Il DOE sulla carta, nel campo funziona poco o nulla, nella mia esperienza. Devi aver la possibilità di valutare velocemente i test di screening, in modo da impostarne altri sulla base della realtà sperimentale - perché magari con una combinazione di parametri ottieni una miscela inagitabile, e con un'altra una runaway che spara il contenuto del palloncino sul soffitto della cappa. Non è cosa da farsi per corrispondenza. Gli dissi che potevo indirizzarlo a un'azienda che avrebbe potuto fare il lavoro di ottimizzazione per una cifra contenuta, attorno ai 40.000 dollari. La risposta fu agghiacciante (per me): "Il progetto è stato finanziato con 10.000 dollari, e deve ottenere il processo produttivo per il farmaco destinato al programma". 
All'epoca un prezzo basso, ma basso davvero, per uno sviluppo di processo si aggirava attorno ai 100.000 dollari
"E la validazione del processo, il dossier CMC e tutto il resto chi li tira fuori?"
Non li tirava fuori nessuno. Era materiale destinato all'Africa, si faceva tutto al di fuori del meccanismo regolatorio occidentale. Ed in economia estrema.

"The WHO's Special Programme for Research and Training in Tropical Diseases (TDR) has assigned the low-cost preparation of pure schistosomicidal (−)-PZQ a key priority for future R&D on PZQ, but so far this transition has not happened", si scriveva dieci anni fa (https://journals.plos.org/plosntds/article?id=10.1371/journal.pntd.0000357). La "key priority" era talmente prioritaria che l'obiettivo non è stato raggiunto, e TDR neanche ne parla più, del chiral switch sul praziquantel.
Questo chiral switch era perfettamente fattibile, investendoci risorse adeguate. Considerato che il dosaggio sarebbe stato la metà rispetto a quello del racemo, si poteva pensare alla risoluzione, che avrebbe comportato un aumento di prezzo superiore al 100% (quindi con una spesa totale di poco superiore a quella ottenibile con il prezzo stracciattissimo di 80 dollari/kg del prodotto cinese).  Ma evidentemente la vera priorità chiave era mantenere il prezzo stracciato. Peccato che le leggi della chimica non siano comprimibili secondo i desideri di molti. Comunque, qualsiasi cifra sia stata destinata al chiral switch del praziquantel è stata evidentemente sprecata.


martedì 30 aprile 2019

E' SICURO? (DAL GAROFANO ALLA TORBA)




(Divagazione sugli ammazzacaffé delle feste)

Forse qualcuno si ricorda la tremenda scena de"Il maratoneta". Dustin Hoffman trova sollievo alla tortura dentistica grazie a olio di chiodi di garofano, cioè grazie all' eugenolo.
Laurence Olivier chiede a Dustin Hoffman: "E' sicuro?". Dustin Hoffmann non capisce, e Laurence Olivier gli trapana un dente sano senza anestesia... e la cosa si ripete, fino alla conclusione in cui il torturatore lancia al torturato una boccetta di olio chiodi di garofano.
L'eugenolo è un derivato del guaiacolo. Togliete la codina allilica e resta il guaiacolo: banale, puteolente, il ferormone che fa muovere gli sciami di locuste. 
 
 
 
Tutto questo fa parte dell'ideale capitolo "Due-tre sostituzioni su fenolo": così banali, così funzionali. 4-acetamido sostituito: paracetamolo.
2 carbossiacido: acido salicilico, da cui con acetilazione aspirina, con esterificazione metil salicilato. Tutta roba vecchia e fidata. Certo, da usare con tutte le dovute cautele.
Ora, a me gli occhi: guaiacolo e eugenolo fanno parte di quella frazione detta "polifenoli" che governa gli aromi caratteristici dei whisky, e specialmente di quelli scozzesi. Non solo: parente stretto del guaiacolo è la vanillina, anche quella incontestabilmente presente in molti whisky (me ne viene in mente uno giapponese, ad esempio).
Mediamente più è alto il contenuto in fenoli più è percepibile l'aroma torbato (inutile precisarlo per chi apprezza, ma il record è detenuto dagli whisky di Islay, che arrivano sulle 120 ppm di "polifenoli").
Ma non ci si ferma alla frazione fenolica. Per esempio una categoria di aromi caratteristici del whisky è dovuta ai vari isomeri del 3-metil-4-ottanolide, comunemente detto "lattone del whisky" (identificato per la prima volta da Suomalainen e Nykänen nel 1970, non chiedetemi perché ma in Finlandia hanno lavorato abbastanza, sul tema). Viene dal legno di quercia delle botti. Gli isomeri cis hanno una fragranza di legno e terra, altri danno sentori vegetali (https://www.mdpi.com/1420-3049/23/3/659/htm), e sono la nota caratteristica per esempio degli Speyside, direi.

(enjoy your highlands single malt whisky responsibly)

venerdì 26 aprile 2019

PERCHE' LA GREEN CHEMISTRY NON TIRA


 
C'erano una volta le piogge acide. La desolforazione dei carburanti per autotrazione, la riduzione del carbone come fonte energetica e il controllo sulle emissioni delle centrali, effettuato di concerto (più o meno) in tutta Europa risolse il problema, e i marmi dei monumenti striati di nero divennero perlopiù un ricordo, da noi.
C'era una volta il buco dell'ozono. Principale colpevole: i clorofluorocarburi utilizzati nei circuiti refrigeranti (e non solo), e quindi anche in ogni frigorifero in ogni casa. Vennero messi sotto controllo gli Ozone Depleters e il buco dell'ozono venne dichiarato praticamente richiuso, o sulla strada della richiusura. Poi però... https://www.bbc.com/news/science-environment-44738952
All'inizio del millennio chi si occupava di chimica di processo a causa delle sacrosante normative introdotte doveva vedersela con una serie di questioni correlate, quando si trovava per le mani una sintesi su piccola scala da trasformare in processo industriale. Selezione del solvente, che deve evitare solventi tossici e clorurati, per via delle emissioni di VOC (Volatile Organic Compounds), a loro volta da controllare. Controllo e/o abbattimento delle emissioni gassose. Evitare tensioattivi e simili negl scarichi acquosi destinati al depuratore (ammazzano i batteri del depuratore stesso, cosa non buona). E via dicendo.
Non solo. Ci fu un breve momento di gloria della Green Chemistry nella chimica farmaceutica: lavorare per ottenere una maggiore atom efficiency (cioè per produrre meno rifiuti) e in generale soluzioni creative per abbassare l'impatto ambientale. C'erano grandi farmaceutiche che istituivano premi, al riguardo.
Quindi, chi dice: "negli ultimi 40 anni per l'ambiente non è stato fatto niente" dice un'idiozia - sempre che marmitte catalitiche e benzina verde vogliano dire qualcosa. Non abbastanza? Senza dubbio. Ma era in corso un processo, forse non abbastanza veloce, che però i risultati li aveva dati.
Ma poi rapidamente questo apparve un inutile lusso. Non solo. Tutta la legislazione di controllo dell'inquinamento apparve un enorme handicap. Perché? The brave new globalized world, l'ingresso della Cina nel WTO e via dicendo.
Perché c'era chi se ne strafregava, e quelli che se ne strafregavano (India e Cina) stavano diventando i big player globali delle produzioni chimiche, quali che fossero, e venivano lasciati con le mani libere (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/07/la-globalizzazione-della-chimica.html). E questo non è sembrato vero, al grande capitale occidentale, che è stato il primo promotore dell'offshoring e dell'outsourcing verso l'Asia. E se tutta la "quota carbonio" dell'occidente fosse semplicemente trasferita altrove il clima ne gioverebbe? Non credo: capirete che qualsiasi politica ambientale giocata soltanto in occidente è perdente in partenza. Perché il danno non verrebbe ridotto, ma semplicemente spostato.
Una nuova normativa ambientale fa diventare una produzione troppo costosa? La produzione viene spostata in Cina o India - o arriva il produttore cinese o indiano a vendere a costo ribassato un prodotto ottenuto da un processo più inquinante di quello occidentale. Nessun problema.

Come esistono i paradisi fiscali, esistono i paradisi sindacali (quelli dove i sindacati non ci sono e la manodopera è ricattabile all'infinito) e i paradisi ambientali (dove i vincoli ambientali di fatto non esistono o non sono rilevanti). E finché ci sono paradisi del genere, inutile stare a discutere di cosa dovremmo o dobbiamo fare noi, qui. Qualsiasi sforzo messo in opera sarà vanificato.

(Branding e rebranding ambientale arrivano dopo la repressione e l'uscita di scena del movimento che portò alle proteste contro WTO del 1999 a Seattle - https://en.wikipedia.org/wiki/1999_Seattle_WTO_protests - e a quelle del 2001 per il G8 a Genova - macelleria messicana compresa nel prezzo; Al Gore e il capo dell'asset management di Goldman Sachs fondano Generation Investment Management LLP nel 2004 - https://en.wikipedia.org/wiki/Generation_Investment_Management -, nel 2007 Gore ottiene il Nobel per la pace)

giovedì 25 aprile 2019

LA PRODUZIONE MONDIALE DI CO2 - QUESTIONE DI BERSAGLI


Emissioni globali di CO2 per area geografica (miliardi di tonnellate)



(Con un ringraziamento a La durezza del vivere  che qua ha messo insieme una corposa quantità di documentazione)

Se abiti a pochi chilometri dal tuo luogo di studio o lavoro andarci in bici fa bene a te (se l'aria non è molto inquinata) ma molto poco alla qualità dell'aria della tua città. Se tutti i tuoi compagni di studio o colleghi di lavoro abitassero alla stessa distanza dalla loro destinazione e la raggiungessero in bici idem. Una riduzione consistente, dal 10% in più comincerebbe a dare effetti sensibili.
E' un discorso di concentrazione, e guarda caso si va sempre a cascare lì. Non è una faccenda di quote pro-capite, ma di immissione totale nell'atmosfera.
Non ho la benché minima idea di come circoli nell'atmosfera globale la CO2 emessa localmente (con smog e polveri sottili è più facile, essendo solidi non si spostano gran che, di solito). C'è tutta una letteratura su quanto debba essere alto un camino o una ciminiera per non provocare i cosiddetti "smazzi", ovvero le ricadute dell'emesso a poca distanza dal punto di emissione - la condizione ideale è la dispersione a quote tali che non consentano questa ricaduta - con ciò se siete passati vicino ad una raffineria avrete forse notato che le torri delle fiaccole sono decisamente alte, ma la puzza si sente piuttosto bene.
Comunque ammettiamo che in un tempo ragionevolmente breve l'emissione di CO2 di una nazione vada a fare concentrazione media nell'atmosfera,
Nelle immagini vedete dove sta il problema, ovvero non in Europa.
Se dall'oggi al domani tutta la popolazione europea adottasse un stile di vita a impronta di carbonio prossima a zero, la situazione cambierebbe poco - a meno che la cosa non andasse ad incidere in produzione di CO2 dove oggi viene prodotta in quantità e "male". Quali siano questi luoghi è perfettamente visibile dal primo grafico. Il secondo invece ci dice che, nel caso della Cina, c'è una certa associazione tra crescita produzione CO2 e crescita di export a partire dal 2000. Questa cosa non l'avete decisa voi con il vostro stile di consumi. Questa cosa è stata frutto della ristrutturazione delle filiere dell'industria mondiale al fine di aumentare i margini di profitto.E che diavolo, non sto parlando a casaccio. Vorrei ritrovare il "depliant offshoring" che Goldman Sachs aveva fatto circolare una quindicina di anni fa, e McKinsey e simili dicevano esattamente le stesse cose.
Ah, pure qua c'è stata diversa gente che "ha venduto Cina", a chi è andata bene a chi meno.
Ricordate il modello Apple? Invented in USA, manufactured in China. Secondo voi chi ci guadagna di più quando qualcuno compra l'I-Phone? Perché Apple era la cocca di Wall Street?

Comunque, nulla, l'elefante nella stanza è intoccabile, anzi, va difeso, perché come dice Al Gore, sta rispettando gli accordi di Parigi (http://www.meteoweb.eu/2018/12/clima-al-gore-la-cina-e-uno-dei-pochi-paesi-a-rispettare-laccordo-di-parigi/1192689/) - non si può levare a chi è contiguo al settore finanziario uno dei suoi strumenti preferiti, anche perché lo statalismo finanziario del Giappone sta levando troppe gioie al settore, che trovava più soddisfazione nell'indice Nikkei ai tempi della deflazione, e ora è costretto a migrare verso Hong Kong (https://it.businessinsider.com/alttroche-cina-il-vero-capitalismo-di-stato-e-il-giappone-dellabenomics/). Il bersaglio dell'attivismo invece sono stili di vita largamente unrelated con il nocciolo del problema: a NY vanno verso il bando delle carni lavorate in nome della lotta al climate change (http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/prodotti_tipici/2019/04/24/new-york-verso-bando-delle-carni-lavorate-a-rischio-hot-dog_5414fafa-bcdc-4454-9ced-30f8fd4e56e4.html). Bah.

PS: Credo che nel medio termine i "+ 12/ 7°C da qui a dieci anni" non faranno bene neanche a quei politici che li hanno sposati, come Ocasio Cortez. Da cui non ho sentito mezza parola riguardo ai grafici qua sotto.
https://twitter.com/ka_tatan/status/1121019051675930624

sabato 13 aprile 2019

NOT THE SAME

By Starbuck (novembre 2018)

Mentre dicembre bussa alle porte, facebook mi ricorda quello che scrivevo 2 anni fa:
“Ed ecco che la gente si ricorda che, prima di sottomettere i risultati (in ordine): 1) mancava un coefficiente moltiplicativo, ma adesso vanno bene, li risottometto; 2) ho cambiato metodo ma mi son dimenticato di dirtelo e di scriverti che metodo ho usato; 3) ho deciso che non partecipo più perché i miei dati fanno troppo schifo; 4) ma ti dovevo mandare il dati di controllo qualità? Il mondo è bello perché è tutto uguale: cambia la geografia, cambia la gerarchia, il pressapochismo invece, sempre presente! Scritto in un buon inglese, devo ammettere. Però a me fa bene questa incapacità diffusa e trasversale, perché in questi frangenti, io rivaluto le mie capacità professionali e mi sento quasi quasi...bravina”
Ma parliamo di oggi. Beh oggi io non credo di essere più geniale dello scorso anno o di quelli passati, e le telefonate dei senior scientists non hanno cambiato tono o contenuto. E mentre mi ritrovo proprio come ieri, nei “soliti” gruppi e workshop di esperti, l’inevitabile domanda è: esperti de che? Se c’è ancora chi si perde dietro ad una formula, ad un curva, ad uno standard…chi sembra non capire neanche quello che ha pubblicato.
Il collega_dem osserva la mia faccia sconsolata al telefono mentre con un gesto annuncio il mio ritardo alla birra del venerdi. “Ma è possibile non riuscire ad applicare neanche una formula già scritta? Cazzo, neanche che te la devi inventare, ci devi buttare dentro i dati e basta!” chiederò retoricamente più tardi, trascinando il boccale sul bancone. “I dati?” sarà la replica “I dati prevedono comprensione ed elaborazione, altrimenti son numeri. Tu hai dei dati, loro probabilmente numeri…”per poi aggiungere “Ogni tanto mi chiedo chi ce lo fa fare, mettersi lì ancora a spiegare, ad investirci tempo…”.
Ma non rispondo “già’”
Non rispondo “già “ perche’ facebook mi ricorda anche un’altra cosa, ovvero che è un anno che frequento la pagina del Chimico Scettico. Una frequentazione partita per caso (“mi puoi verificare questo post qua, è un po’ tecnico e mi sembra roba tua….”), e dai risvolti inaspettati, anche perché all’epoca di roba illeggibile in rete me ne avevano girata in abbondanza e sembrava difficile auspicarsi di leggere qualcosa anche solo di decente. Ed in questo lasso di tempo la frequentazione di questo porto “intellettualmente sicuro” ha prodotto effetti insperati.  Più di una volta è stata la ragione per cui mi sono fermata e ho riflettuto per poi ripartire, cercando di fare le cose meglio. In silenzio mi ha portato a riprendere in mano i libri quelli dell’università, quelli un po’ ostici, un po’ dimenticati, talvolta. A riconsiderare la valenza sociale del mio lavoro. Infine, ma non da ultimo, ho ritrovato i contenuti, ma sopratutto ho riscoperto che per qualcuno hanno ancora un senso ed un valore, al di là dell’apparenza, al di là della polemica, al di là dei 5 minuti di gloria (su un social). Dopo l’ “incapacità diffusa e trasversale” ho trovato un po’ di “capacità “, e la spinta a migliorarsi è stata nettamente forte e positiva.
E’ anche per questo che oggi al “chi ce lo fa fare” del collega_dem non faccio spallucce e non rispondo un laconico “già “
“La risposta alla domanda ce l’hai già a monte. Siamo qua per la gloria? No, siamo qua perché in fondo ci crediamo ancora che se quello che facciamo, lo facciamo tutti un po’ meglio, se lavoriamo ancora un po’ con umiltà e testa bassa, magari un piccolo passo avanti, non tanto io e te, ma come genere umano, lo facciamo. La strada per la gloria è molto piu’ facile, passa da un’altra parte” e, non contempla sconfitte, ma solo successi, non richiede notti insonni, piuttosto un buon inglese ed una “bella presenza” e prontezza di risposta.”
Questo per concludere che la ricerca o la scienza, i ricercatori e gli scienziati e gli esperti, i numeri ed i dati, beh non sono proprio tutti uguali. E ci credo ancora in quello che faccio, ma la ricerca non è un percoso facile, spesso è una scelta di vita, che richiede una discreta dose di umiltà, forte autocritica, la voglia di rimettersi continuamente in gioco, di ripartire da zero se necessario, di accettare il fallimento. Tutto questo è molto difficilmente intravedibile in certi personaggi della rete che si ergono a penose caricature della scienza stessa.
E se là fuori qualcuno di questi “paladini della scienza” ancora non sa scomporre i binomi, beh per lo meno so che qualcun altro ci riesce ancora e magari riesce anche a risolvere un’equazione differenziale.
Ed in questo porto sicuro lascio ancora l’ennesimo grazie.

NdCS: Ovviamente sono io a dover ringraziare Starbuck, in primis per la cifra dei suoi contributi (che sono largamente sottovalutati, e davvero non posso precisare quanto, le ragioni della sua anonimità sono più stringenti delle mie). La ringrazio anche per il "not the same". Avrei voluto poter dire la stessa cosa della politica del nuovo ministero della salute, e invece più passa il tempo più sembra che no, la musica non è cambiata...


martedì 9 aprile 2019

NDEA NEL VALSARTAN MYLAN - REGOLAZIONE, DEREGOLAZIONE

 (Novembre 2018)

La faccenda N-nitrosoammine nei sartani continua.
Pochi giorni fa AIFA dispone il ritiro di valsartan Teva ( http://www.ordfarsv.it/FOFI/11229.pdf ). E EMA proibisce l'importanzione di valsartan prodotto da Mylan India dopo aver rilevato presenza di N-nitrosodietilammina (NDEA). Questo accade in contemporanea con l'annuncio del ritiro volontario fatto da FDA (https://www.fda.gov/Safety/Recalls/ucm626367.htm). Parrebbe che finalmente sul tema i due regolatori siano all'incirca allineati nell'azione, dopo un lungo sbandamento di EMA durato almeno due mesi (un'enormità). Probabilmente molti continuano a pensare a normali eventi regolatorii, e quindi è il caso che spieghi come si deve l'esatta gravità degli accadimenti estivi.

Nel 2006 (sembrano passati secoli) EMA, che fino a due anni prima si chiamava EMEA, pubblicava le sue linee guida finali sulle impurezze genotossiche nei farmaci : https://www.ema.europa.eu/documents/scientific-guideline/guideline-limits-genotoxic-impurities_en.pdf

Veniva stabilito un limite massimo di 1 microgrammo al giorno per l'assunzione (l'approccio TTC), da cui caso per caso venivano ricavati i limiti per questo o quel principio attivo farmaceutico (sulla base del dosaggio massimo giornaliero). Ricordo abbastanza bene la cosa perché mi arrivò tra capo e collo in mezzo a un lavoro di screening di cristallizzazioni e forme cristalline da cui dovettero essere immediatamente essere levati di mezzo gli acidi solfonici (causa rischio - remoto - di formazione di esteri solfonici, perlappunto genotossici).

Cosa restava fuori dall'approccio TTC, cioè era sottoposto a controlli più stringenti?

"Alcuni gruppi strutturali sono stati inviduati essere di una potenza così alta che l'assunzione anche al di sotto del TTC sarebbe associata con l'alta probabilità di un significativo rischio cancerogeno... Questo gruppo di genotossici cancerogeni di alta potenza comprende aflatossinoidi e composti N-nitroso e azossi."

E veniamo a questa estate: NDMA sta per N-nitroso dimetilammina. Un composto N-nitroso, famiglia che dodici anni prima veniva esplicitamente citata nelle guidilenes tuttora in uso. E cosa dice EMA?
"La revisione di EMA esaminerà i livelli di NDMA in questi medicinali a base di valsartan, il suo possibile impatto sui pazienti che li hanno assunti e quali misure possono essere adottate per ridurre o eliminare l'impurezza dai futuri lotti prodotti dall'azienda."
(http://www.fimmgroma.org/news/news/farmaci/18088-ema-comunicazione-su-medicinali-contenenti-il-principio-attivo-valsartan)
Nel frattempo diffuso esercizio di pompierismo (e la dimostrazione definitiva che non vale la pena leggere un certo blog sanitario su Repubblica , http://bocci.blogautore.repubblica.it/2018/07/09/il-caso-valsartan-e-la-lezione-sui-generici/ , capire tutto e al volo)

Cioè, di fatto annuncia un percorso col produttore, che poi finisce male, perché FDA ad agosto ispeziona e distribuisce import alert, e quindi, pur vigendo il mutuo riconoscimento delle ispezioni, EMA ispeziona a settembre e prende misure analoghe.

Ovvero in prima battuta, mentre si ritirano i farmaci (qui in modo meno efficiente che altrove) EMA dichiara che "avvierà un percorso" quando la natura del contaminante, appartentente proprio a quella famiglia di "genotossici cancerogeni di alta potenza" avrebbe imposto ben altre misure immediate.

Nel 2006 non mi ricordo di particolari dissonanze tra lo stile regolatorio FDA e quello EMA, anche se il problema delle ispezioni presso i produttori asiatici di generici FDA lo dichiarava in audizione al senato, mentre qua non se ne è mai parlato.
Poi qualcosa è cambiato, progressivamente e lentamente. E l'episodio di questa estate dice che rispetto a 12 anni fa siamo in una certa misura de-regolati (o malregolati).

giovedì 4 aprile 2019

INFEZIONI DI SERIE B - ANZI NO




In generale i grandi media italiani sulla TBC sono paranoici (perché il tema in un modo o nell'altro viene legato all'immigrazione). Se per una volta un caso di TBC pediatrica viene coperto da ANSA (http://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2019/04/01/bimba-con-tubercolosi-in-scuola-friuli-profilassi-compagni_1da452cf-f6c9-4b25-9ae7-4b801bdb85fa.html), capita anche che si arrivi alla paranoia istituzionale, con la prevedibile reazione (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/pistoia-tubercolosi-scuola-elementare-e-nessuno-informa-1670608.html?mobile_detect=false )
Qua siamo oltre il focolaio politicamente scorretto. Ad Agliana (PT) si è arrivati a silenziare istituzionalmente un caso di TBC alle elementari. E giustamente i coinvolti si sono infuriati.
L'atteggiamento nei confronti delle sempre più frequenti notizie di TBC in ambiente scolastico comincia ad essere francamente sospetto, nel suo insieme. Fa pensare a un problema deliberatamente tacitato, ed è facile rilevare che un pugno di casi di varicella, senza andare a vedere i singoli casi eccellenti, avrebbe conosciuto le pagine di cronaca nazionale dei grandi quotidiani.

Ma è facile notare che questo atteggiamento dei media è comune a tutte le malattie non prevenibili con vaccino.
Le infezioni ospedaliere, con le morti associate, restano notizie locali. Una ragazza che muore di polmonite dopo una tripla mancata diagnosi pure (https://www.lanazione.it/pistoia/cronaca/decesso-giovane-polmonite-1.4464652 e se le cose continuano su questa china, un'antipneumococcica diventa una scelta da prendere seriamente in considerazione).

Ennesima riprova che il tema vaccinale non è un tema sanitario, ma un tema politico che travalica il semplice ambito delle health policies. E che la gestione del problema malattie infettive ha pesantemente risentito della cosa.

Invece a livello europeo la TBC è ufficialmente entrata nell'agenda preelettorale, si direbbe, se non altro con una dichiarazione di circostanza. Eliminare la TBC dall'Europa entro il 2030. Bella storia. Come? Non si sa. E' semplicemente far proprio su scala continentale un pio proposito dell'OMS su scala mondiale, come dice ECDC nella sua presentazione del World TBC Day 2019, che è stato il 24 marzo (https://ecdc.europa.eu/en/news-events/world-tuberculosis-day-2019) . La dichiarazione di Andriukaitis è stata ovviamente confezionata per l'occasione, e come per altre dichiarazioni (ma non come per tutte, attenzione) dietro c'è il vuoto spinto. I dati di mortalità per la TBC multiresistente sono sconfortanti, quelli per la TBC estremamente resistente sono atroci. Pilastro necessario nella strategia contro la malattia sono investimenti adeguati su nuovi farmaci. Investimenti di cui non si vede traccia.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...