Reductio ad delirium. E' semplice, funziona, è già stata usata. E siamo lì lì per ritornarci.
Facciamo un esempio, prendiamo il lockdown.
Ci sono quelli pro-lockdown senza se e senza ma, perché gli italiani sono bestie ignoranti (tranne loro, ovvio) e senza lockdown avremo una seconda ondata con di nuovo decine di migliaia di morti - spesso quelli che sono pro-lockdown ora erano anti-quarantene 3 mesi fa, il che dovrebbe dire qualcosa sulla natura squisitamente politica della posizione.
E c'è un'ampia area di critica al protrarsi del lockdown, ma alla fine quella più rumorosa, al solito, è costituita da gente che parla di morti con covid e non per covid, pandemia fasulla etc etc.
C'è una lunga serie di ottimi motivi contro gli eccessi che si sono approntati per la fase 2. Sanificare le spiagge non ha senso, ed è solo la cosa più assurda di tutto il capitolo "sanificazioni", che globalmente è un bel po' fuori testa, i box in plexiglass attorno agli ombrelloni sono insensati e si potrebbe andare avanti molto a lungo.
Ma... l'impressione è che si stia rapidamente andando verso: "i contrari al lockdown sono soltanto i nomask notrax notest che credono che la pandemia sia un'invenzione dei poteri forti". E questo rende automaticamente inattaccabile e indiscutibile la posizione di chi vuole un lockdown prolungato.
E' questa la reductio ad delirium: se non sei d'accordo con la politica x sei solo uno degli idioti complottari.
Io vedo un certo disagio attorno alle posizioni di Guido Silvestri, per esempio. Fortunatamente le sue pillole di ottimismo, e specialmente le ultime, hanno avuto una grande diffusione, sopratutto questa: https://www.adnkronos.com/salute/medicina/2020/05/29/silvestri-bimbi-scuole-colleghi-comitato-leggano-dati_s0QMOVo1skvOcDHA7n2hpL.html . Ma c'è stato anche disagio, disagio espresso da una serie "la condividono i novax nomask, sta dando loro nuove armi".
Discorsi del genere, nel mio piccolo, li ho sentiti a ripetizione per tipo due anni.
E come va a finire? Va a finire come nell'immagine. Condivido su twitter il post di Silvestri e Sara Gandini su COVID e diffusione in età pediatrica. La cosa viene variamente ritwittata e tra le notifiche mi vedo apparire questa cosa di un dirigente infettivologo di un'ospedale ligure. E vi renderete conto che sono rimasto esterrefatto, ma anche preoccupato.
sabato 30 maggio 2020
giovedì 28 maggio 2020
COVID19: PARTE IL PRIMO TRIAL REMDESIVIR-TOCILIZUMAB
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https://www.fiercepharma.com/pharma/roche-hooks-up-gilead-for-actemra-remdesivir-combo-trial-covid-19 |
La differenza tra molti studi clinici e quelli che hanno come sponsor aziende farmaceutiche è abbastanza semplice: i secondi non puntano alla pubblicazione su Lancet, ma a mettere assieme nel miglior modo un dossier da presentare al regolatore (FDA o EMA) che dopo aver controllato il tutto di solito può fare tre cose: non approvare, richiedere un supplemento di studi clinici, approvare.
Uno studio su un farmaco sperimentale pubblicato su Lancet non ha conseguenze concrete. L'approvazione FDA o EMA sì - poi sempre più spesso dopo l'approvazione la questione è se e quando il farmaco inizierà ad essere usato. Per dire, da noi il fondo farmaci innovativi fu creato nel 2014, praticamente all'avvento di Sovaldi e Harvoni di Gilead, le prima cure (molto costose) per l'epatite C. Nelle dichiarazioni doveva garantire l'accesso alle nuove cure, ma con i tetti di spesa ne frenava l'impiego (specialmente all'inizio).
Tornando a Roche e Gilead questa iniziativa è benvenuta e servirà a mettere a punto ufficialmente un primo combo per la cura di COVID19.
Non è il meglio che si potesse sperare, forse, perché dovrebbero venire fuori a breve studi significativi sugli inibitori JAK. Ma vi ricordo che ai primi di marzo lo Standard Of Care era l'Hail Mary Protocol (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/02/coronavirus-lhail-mary-protocol.html) e non c'era da stare allegri neanche un po' (e fino a un mese fa il direttore di AIFA e buona parte dei medici del nord insistevano somministrando lopinavir a fiumi, e poi ci si produceva in uscite imbarazzate sulle dichiarazioni di Fauci https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/05/il-direttore-aifa-remdesivir-il-3-e-la.html ).
E' probabile che questo trial dia buoni risultati ma, alla fine, per quel che ci riguarda, la domanda è sempre la stessa: in caso di approvazione sarà usato ogni volta che serve oppure no?
Ormai su remdesivir mi pare di aver detto tutto quello che c'era da dire. Di qua e di là continuano e continuate a postarmi articoli con l'ultimo Lancet o l'ultimo NEJM su remdesivir e occasionalmente si ritorna a "L'avevi detto!". In realtà averci indovinato non conta: quel che contava, ai primi di marzo, era che sulla base dei dati disponibili si trattava del miglior antivirale in giro, per quanto sperimentale, e non è stato usato se non marginalmente.
Ai primi d'aprile EMA autorizzava l'uso compassionate, e il dossier relativo costituiva un volume non indifferente di dati preclinici positivi, mai stato disponibile riguardo COVID per i farmaci usati off label che sono andati per la maggiore (Kaletra, Plaquenil). E si è continuato a non usarlo se non marginalmente.
In giro sento gente che parla di effetti collaterali pesanti e alcuni li estendono a tutti gli antivirali sistemici (wow, chi è guarito dall'epatite C grazie ad Harvoni in effetti è ridotto uno straccio, vero? Per non parlare di quanti sono sopravvissuti ad un'influenza grave grazie a una flebo di peramivir - non da noi, da non non si usa, per quanto EMA l'abbia approvato, molto dopo FDA).
Mi piacerebbe sapere dove hanno trovato i loro dati, perché se in Cina, in un trial non sponsorizzato dal produttore, davano dosi massicce per giorni e poi venivano fuori a dire "problemi ai reni!", beh, grazia graziella etc... (informazione già disponibile dalla documentazione preclinica, ricavabile dalla tossicità acuta).
Se al culmine dell'emergenza, quando ancora di plasma iperimmune non si parlava (e nemmeno ce ne era a disposizione), non usi la migliore opzione disponibile per ridurre il danno c'è un problema serio, indipendentemente dal fatto che uno o due mesi dopo qualcuno lo incoroni Standard Of Care o altro.
mercoledì 27 maggio 2020
HARD SCIENCE, HARD LIFE (RELOADED)- By Starbuck
Ovvero scienziati in cerca d'autore (Hard Science Hard Life, l'originario, qua: https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/08/hard-science-hard-life.html)
In principio furono i no-vax. Nel calderone no-vax furono messi a bollire – cosa nota - quelli che erano semplicemente contrari all’obbligo vaccinale, perché “tanti nemici, tanto onore” e prendere solo I no-vax rendeva il numero folkoristico ma esiguo. Per loro venne coniato “la scienza non è democratica: la velocità della luce non si decide per alzata di mano”.
Quello che seguì fu asini, blaster, influencer della scienza, che proseguivano la loro scalata ai social a colpi di ineluttabilità della scienza: era un giochetto facile.
Tra il lusco e il brusco, tra un obbligo flessibile ed uno flesso venne il COVID, un simpatico bastardello.
In tanti postulanti si affollarono alla fontana della Scienza. Qualche ricercatore con laurea (e fors’anche PhD) assortita tra biologia, medicina, farmaceutica, chimica, statistica… Qualche ricercatore dietro ad un vetrino, in un’opsedale, sotto una cappa, dietro un elaboratore di calcolo, cercava di capirci onestamente qualcosa, lavorando a testa bassa, per tirare fuori una soluzione anche parziale, una previsione, un pattern, un …qualcosa.
Qualche scienziato in cerca d’autore invece rimpinzava di “certezze” i talk show in prima serata e le pagine dei social.
Dicendole un po’ tutte.
Perché se i ricercatori anonimi erano pieni di “forse” e “proviamo”, gli influencer e i taskforcer sapevano già tutto. Tutto ed il contrario di tutto. Detto nel giro di pochi mesi.
Sapere e pontificare a pricipio di autorità: il gochetto continuava a funzionare , apparentemente…
Ma, perché nelle storie c’è sempre un ma… In principio erano i no-vax, dicevo, ma oggi, dopo 3 mesi di Scienza infusa con ogni mezzo al popolo italiano, il 23% non farebbe il vaccino anti COVID ed il 16 % ci penserebbe (inclusa la mia amica che ha fatto anche l’antitifica ai figli).
MA, oggi, abbiamo i no-mask (l’indispensabilità della mascherina in un prato a Monteviasco, quando di lì a tre passi vai anche a scuola senza mascherina può indurre ad avere dei dubbi), i no-trax (il ministro della sanità Belga o anche il Canton Ticino che indichi come inutile una applicazione orfana di analizzatori dei dati, sono spunti di riflessione per alcuni…) ed infine ma non per ultimo i no-test (su 7300 convocati dall’ISTAT per il test per la positivita’ del COVID, solo il 15% ha accettato).
E adesso, forse dare degli assassini ai no-mask, e dei coglioni a tutto il resto, dopo che forse, per mancanza di chiaroveggenza, qualcuna la si è pure sbagliata o ritrattata, forse forse non funziona più…
Anzi, è un po’ controproducente.
Allora… Allora… La scienza si è anche complicata… Ma in realtà lo è sempre stata.
E’ sempre stata “hard life, hard science”, avara di gloria.
NdCS: Quisquilie, pinzillacchere, si linearizzava un outbreak di morbilo correlandolo linearmente con le coperture vaccinali pediatriche. Cosa vuoi che sia. E tutto il resto, robetta di poco conto, e poi era a fin di bene (di chi? Boh). E non ci fosse stato lui, ci sarebbe stato un'altro, visto come è stato liquidato come "allarmista" tra fine gennaio e inizi febbraio. E' sempre stata dura (ma per alcuni molto meno che per altri).
BALLE SPAZIALI
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https://www.fanpage.it/attualita/vaccino-ricercatori-temono-il-calo-dei-contagi-se-diminuiscono-troppo-non-riusciremo-a-testarlo/ |
Buona, questa: la diminuzione dei contagi minaccerebbe lo sviluppo del vaccino Oxford/AZ (già Oxford/IRBM).
Per quale motivo tutti gli altri che hanno avviato o stanno avviando trial clinici su vaccini antiCOVID non si sono prodotti in preoccupate dichiarazioni del genere?
Forse perché la cosa non sta in piedi neanche a puntellarla.
La diminuzione dei contagi rende difficile la vita (cioè l'arruolamento di pazienti) a chi sviluppa farmaci e terapie contro COVID. Perché gli endpoint (cioè i parametri che si osservano) riguardano soggetti malati: mortallità, tempo di guarigione, diminuzione della carica virale.
Tutto questo non riguarda lo sviluppo di un vaccino, dove per i trial si arruolano soggetti sani, e l'endpoint è lo sviluppo di anticorpi (se si sviluppano , quanto si sviluppano, quanto durano).
E allora qual'è il senso di questa dichiarazione? Il senso sta qua:"La rapida scomparsa del virus nel Regno Unito potrebbe mettere in dubbio la capacità della squadra di rispettare la scadenza dei quattro mesi previsti."
A differenza degli altri con vaccini antiCOVID in sviluppo clinico, a Oxford hanno promesso la luna. Chiunque avesse una minima idea della materia leggendo "vaccino a settembre" aveva concluso "impossibile!", e poi era pure arrivato Rappuoli, che qualcosa ne sa, dicendo "un anno e mezzo se va bene".
Sul vaccino Oxford c'è stato gran movimento di media e governi (uno solo, in realtà, quello britannico, da quello italiano solo chiacchere - che strano, vero?). Quando Astra Zeneca è entrata nella partita (e IRBM di fatto ne è uscita) qualcosa è cambiato. A AZ non sono precisamente ingenui in fatto di sviluppo clinico. Il primo comunicato AZ al riguardo parlava subito di vaccino ad anno nuovo (molto più in linea con tempi già più credibili).
Non credo che ad AZ si siano buttati a corpo morto su Oxford per non restare fuori dalla corsa al vaccino. E' lecito credere che sia stata effettuata una due diligence ben fatta (la due diligence è l'attenta valutazione dell'asset che si sta per comprare - o cosviluppare, in questo caso).
E' altrettanto lecito ipotizzare che sia stato l'intervento di AZ la causa dell'inversione a u sui test nelle scimmie, perché prima della partnership con AZ la linea Oxford era "niente test sulle scimmie e vaccino a settembre".
E invece la scorsa settimana sono venuti fuori i risultati di un test su rhesus, e non erano entusiasmanti, neanche un po', mentre dati men che preliminari del vaccino mRNA Moderna riempivano le prime pagine e facevano schizzare il titolo in borsa (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/05/la-fase-i-piu-rumorosa-della-storia.html).
E allora? E allora credo che a Oxford si sentano un po' sulla graticola, e stiano disperatamente cercando di salvare la faccia. A suon di balle.
Addendum: quanto a governi che si muovono sul vaccino Oxford, mi erano sfuggiti gli USA - AZ viene finanziata da BARDA con un miliardo (https://www.pharmastar.it/news/business/vaccino-covid-19-astrazeneca-ricever-dallente-usa-barda-finanziamento-da-oltre-1mld-32357)
domenica 24 maggio 2020
LA CAPORETTO DELLA SANITA’ ITALIANA II - di Stefano Rosso
Nei giorni in cui si usciva, malconci, dalla Fase 1, sul blog del Chimico Scettico leggevo un ardito paragone con quello che fu uno dei più grossi disastri militare della storia bellica italiana: la sconfitta di Caporetto.
Il Chimico Scettico ricordava l’attacco austriaco con il gas fosgene che fu devastante per le truppe italiane protette da maschere antigas completamente inadeguate, paragonandolo alla iniziale carenza di DPI nei primi giorni dell’epidemia negli ospedali e nei reparti che dovevano gestire l’emergenza (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/covid-19-la-caporetto-della-sanita.html)
Penso, tuttavia, che il paragone non si debba fermare a questo episodio. Caporetto, oggi Kobarid in Slovenia, costò la vita a 12000 soldati italiani ed è riconosciuto dagli storici come la responsabilità della sconfitta fosse da attribuire agli errori degli alti comandi e alla impreparazione bellica delle truppe.
Quando il SARS-Cov-2 colpì la popolazione italiana alcune decisioni o non-decisioni causarono conseguenze altrettanto devastanti, ma, come per la preparazione bellica, gli errori furono anche conseguenza di azioni ed omissioni che provenivano dalle decisioni prese negli anni precedenti.
Ma su quali “fronti” siamo stati dunque travolti dal virus?
LA CAPORETTO DEL PIANO NAZIONALE.
In risposta all’epidemia di SARS del 2003 fu redatto un Piano Nazionale di Preparazione e Risposta ad una Pandemia Influenzale ( https://www.epicentro.iss.it/…/flu_a…/pdf/pianopandemico.pdf )
del 13 Dicembre 2007 che prevedeva la convocazione di un gruppo di valutazione per avviare le decisioni necessarie a fronteggiare la pandemia. Non si sa se tale gruppo fu convocato o meno, addirittura in Gennaio, ma sicuramente, nessuna decisione rilevante fu presa sino al fatidico 9 marzo, data della dichiarazione del lockdown. Che la situazione fosse grave in Cina era già chiaro sin dal 23 Gennaio, quando fu messa in quarantena Wuhan, una città di 6 milioni di abitanti, probabilmente già con un ritardo di almeno 15 giorni. In Italia, fra mille polemiche, i voli dalla Cina furono sospesi dal 31 Gennaio, ma senza avviare nessuno degli interventi di identificazione dei possibili contagiati, arrivati nel periodo precedente. Invece, si perdeva tempo con inutili polemiche sull’emergenza razzismo nei confronti della comunità cinese.
Poi abbiamo saputo che simili ritardi furono presenti anche in altri paesi europei, in particolare in Germania ed Austria, da cui pare siano pervenuti i primi casi venuti poi in contatto con pazienti Lombardi. Ma qui si vuole sottolineare come il Piano Nazionale non sia stato sufficiente ed adeguato per virus non influenzali, oppure non sia stato attivato con sufficiente tempestività, costituendo quindi la prima linea di “sfondamento” dell’attacco virale.
LA CAPORETTO DELLA LOGISTICA
Dalle notizie che giungevano dalla Cina già in Gennaio, fu abbastanza evidente da subito come fossero indispensabili mezzi di contenimento del contatto virale (DPI, maschere chirurgiche, guanti, abiti, ecc..), innanzitutto per il personale sanitario, ma anche per la popolazione. E fosse altresì importante dotarsi di sufficienti dispositivi di ventilazione polmonare in ambiente protetto per far fronte alla polmonite interstiziale che poteva provocare, nei soggetti anziani o con pluripatologie, il decesso. In questo, l’iniziale lentezza nell’approvvigionamento di questi presidi sanitari, risultò esiziale nel favorire la diffusione della virosi, proprio negli ospedali e nelle strutture che avrebbero dovuto far fronte all’invasione.
La logistica poi, ancora adesso, ha limitato l’esecuzione dei tamponi nasofaringei per l’identificazione diretta del virus. Questo strumento non è stato immediatamente disponibile, ma lo si è definito una volta identificato il genoma del virus (approssimativamente a fine gennaio in Cina) e si sono dovute adattare le tecnologie necessarie. Ancora a metà Marzo i laboratori italiani in grado di eseguire la determinazione erano spaventosamente pochi. In Piemonte erano solo 2 ed a tutt’oggi si è arrivati, ma con grande fatica, a superare appena i 30, includendo i laboratori privati. Ma non è solo un problema di mancanza di laboratori: anche il personale per l’effettuazione del test è essenziale. E deve essere personale sanitario un minimo addestrato. E qui arriviamo al fattore limitante più serio. Ammesso che kit di laboratorio, reagenti e strumenti fossero sufficienti, e non lo sono nemmeno adesso, è stata la cronica carenza di personale che affligge da decenni il nostro SSN, ad impedire di fatto la corretta applicazione di questo strumento diagnostico, essenziale per l’identificazione ed il successivo trattamento preventivo delle persone contagiate.
A Caporetto un esercito forte di 3 milioni di soldati fu sconfitto da un esercito numericamente inferiore, ma meglio organizzato (in realtà alla 12° battaglia dell’Isonzo, quella di Caporetto, le forze italiane arrivarono esauste con uno schieramento in campo inferiore per uomini e mezzi). Qui, almeno, abbiamo la giustificazione di aver affrontato la battaglia in evidente inferiorità numerica.
LA CAPORETTO DELLE STRUTTURE OSPEDALIERE
La nostra prima linea, i dipartimenti di emergenza, arrivarono all’appuntamento con il destino completamente impreparati. Nei primi giorni, interi reparti di pronto soccorso (e le seconde linee di logistica ospedaliera) furono contaminati perché accolsero i pazienti senza protezioni e senza procedure di contenimento. Immediatamente fu chiaro, dall’esperienza cinese e dalle proiezioni che ormai giravano (i famosi “modelli”) che la disponibilità di terapie intensive non sarebbe stata sufficiente, venendosi così a sommare ritardi nella logistica e nelle decisioni di contenimento, ormai tardive per evitare il primo impatto. A fronte di cifre di malati, anche gravi, che aumentavano a ritmo esponenziale, si decise di “alleggerire” le strutture ospedaliere, invece di rafforzarle, inviando i pazienti ad intensità di terapia intermedia, ma pur sempre contagiosi, nelle RSA. Ma se i nostri ospedali pubblici risentivano di anni di carenze di investimenti, le RSA stavano anche peggio: da sempre in mano a gestione privata, le carenze di personale e strutture erano conosciute da tutti. Quelle che avevano investito in strutture lo avevano fatto nel settore riabilitativo, nell’assistenza della grande vecchiaia e del fine vita, non certo pensando al contenimento di malati infettivi.
Ma, considerando come stavano le cose, difficilmente si sarebbe potuto porre rimedio in tempi brevi ad una situazione di carenza cronica. Perché il de-finanziamento del nostro SSN non comincia adesso: sono almeno 10 anni che il budget a disposizione non subisce gli adeguamenti del caso, con una perdita stimata in 37 miliardi che ha attraversato governi di vario colore politico
( https://www.gimbe.org/…/Report_Osservatorio_GIMBE_2019.07_D… ).
Il risultato è stato, ed è tuttora, una carenza, soprattutto nei settori di emergenza, con situazioni di sotto organico che costringe il personale a turni massacranti e quindi a rischio “errore” sanitario maggiore che altrove. Questa situazione non è ovviamente omogenea su tutto il territorio nazionale, ma forse la retorica del “miglior servizio sanitario del mondo” e le “eccellenze” del Nord, andrebbero severamente ridimensionate. La personale impressione è che tali carenze da tracollo immediato non fossero evidenti solo grazie al personale sacrificio degli operatori che hanno mantenuto in uno stato accettabile i servizi, nella situazione di normalità precedente alla crisi.
A rivedere, come in un film “Luce”, le dichiarazioni roboanti di certi esponenti politici nazionali e regionali sulla nostra sanità, precedenti al COVID-19, mi vien da pensare ai carrarmati ed aerei di cartone (https://gianluigiagora.wordpress.com/…/come-i-carri-armati…/ ) esibiti, anni dopo Caporetto, da un reduce ( http://www.storiain.net/…/il-diario-in-trincea-di-mussolini/ )
che fece fortuna politica negli anni successivi.
LA CAPORETTO DEI DIPARTIMENTI DI PREVENZIONE E DELLA MEDICINA DI TERRITORIO
Se possibile, il de-finanziamento dei Dipartimenti di Prevenzione, nel corso degli anni, è stato ancora maggiore e più devastante.
Perché, in una epidemia, il lavoro di questi Dipartimenti è essenziale? Perché la diffusione dei microorganismi è essenzialmente comunitaria e, prima di giungere in ospedale, la circolazione va fermata indentificando i contatti, sorvegliando, e prendendo tutti i provvedimenti necessari al confinamento dei casi asintomatici o paucisintomatici. Il parziale successo ottenuto in Veneto è dovuto al potenziamento di questa attività e nella sua messa in opera immediata ( https://www.huffingtonpost.it/…/il-veneto-ha-raggiunto-lo-z… ).
Nei vecchi Servizi di Igiene esistevano figure specializzate in quello che adesso viene chiamato il “contact tracing”, ma che una volta veniva chiamata l’indagine epidemiologica e che richiedeva competenze ed addestramento specifici. Ho avuto la fortuna, per mere ragioni anagrafiche, di lavorare con le assistenti sanitarie addette a quella attività, in occasione del contenimento della tubercolosi e meningite. E devo dire che la loro professionalità nell’approccio alle persone non può essere nemmeno lontanamente sostituita o vicariata da una App di segnalazione od altre tecnologie. Pensionate quelle figure, e addirittura scomparsa nel panorama formativo, questa figura professionale, si perse un enorme patrimonio di esperienza pratica che non fu poi passata a nessuna nuova generazione.
Inoltre, la rete di relazione fra i medici di base, primo presidio del territorio, ed i Dipartimenti di Prevenzione, strutture, almeno sulla carta, deputate ai successivi trattamenti comunitari, non ha mai funzionato veramente, sin dai tempi, credo, della costituzione del SSN.
Questo per vari motivi. Innanzitutto, la relazione è stata orientata sempre di più verso un controllo burocratico-repressivo dell’operato dei medici di medicina generale, visti, per lo più, come origine di costi inappropriati tramite richieste diagnostiche inutili oppure di prescrizioni eccessive di farmaci. Ed anche i settori della prevenzione si sono sempre di più orientati verso le sole attività di vigilanza e repressione delle violazioni delle normative igienico-sanitarie. In fondo, l’unica attività di prevenzione pro-attiva, è rimasta l’organizzazione dell’offerta vaccinale.
Ora, una truppa professionalmente impreparata, numericamente insufficiente (ed è un gentile eufemismo), e tecnologicamente non attrezzata, è stata travolta generando effetti tragicomici come lo smarrimento delle mail di segnalazione di casi da parte dei medici di base
( https://www.lastampa.it/…/perse-le-mail-dei-medici-di-base-… ).
La situazione in cui versano i Dipartimenti di Prevenzione, e verseranno anche dopo, visto che non pare ci sia ripensamento sulla loro organizzazione da nessuna parte, fa ancora più contrasto con le dichiarazioni dei politici, di qualsiasi schieramento politico e di ogni livello di responsabilità, nazionale, regionale o locale, che si sentivano ad ogni convegno sulla prevenzione che ha attraversato il Bel Paese pre-covid.
LA CAPORETTO DEL SISTEMA INFORMATIVO
Condizione essenziale per la riuscita di qualsiasi campagna bellica è la disponibilità di notizie affidabili e di un buon sistema di comunicazione. A Caporetto, il secondo giorno dall’inizio delle ostilità (26 Ottobre), al Colonnello Antonicelli giunse l'ordine, portato da un tenente, di abbandonare la posizione entro la mattina del 27. Sorpreso per una ritirata ordinata ben un giorno prima, il nuovo capo della Brigata Salerno (ferito il Generale Viora che la comandava) chiese informazioni al portaordini il quale disse che probabilmente si trattava di un errore del comando di divisione, ma Antonicelli volle essere sicuro e obbligò il tenente a ritornare con l'ordine corretto, ma quando il messaggio corretto arrivò a destinazione, il Tenente Erwin Rommel (il futuro Feldmaresciallo) al comando di un distaccamento di Alpenkorps, aveva ormai nel frattempo circondato e preso il monte Matajur, punto chiave per la difesa di Cividale.
Ora, evito di commentare nel dettaglio il bailamme informativo che si è generato nella raccolta e successivo trattamento delle informazioni (quanti positivi, su quanti campioni effettuati, totale pazienti, ma esclusi i guariti oppure no) che ha disorientato anche gli esperti, generando, specie ultimamente, sospetti di manipolazione. Tuttavia, è doveroso rilevare come i normali sistemi informativi sanitari si siano rilevati inadeguati sin dall’inizio. In particolare, il sistema di rilevazione dei deceduti e la certificazione delle cause ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza. A tutt’oggi non sappiamo quanti morti abbiamo avuto sino alla fine di Aprile in Italia, ma solo su un insieme non completo di comuni e sino al 15 Aprile. E qui si parla del minimo sindacale, ovvero della rilevazione semplice dello stato in vita.
La distanza fra le possibilità tecnologiche (app sul telefonino, tracciamento automatico, ecc…) ed il ritardo di una informazione che non è nemmeno dato sensibile, ovvero non protetto dalla normativa GDPR, è abissale. E solo contemplando più da vicino l’abisso si capisce quanto orrenda sia la situazione.
Il nostro sistema di rilevazione delle cause di morte si basa su un sistema sostanzialmente introdotto ai tempi della rivoluzione francese che mette in capo al sindaco la registrazione dello stato civile prima di pertinenza della parrocchia ed “esportato” sino a noi da Napoleone: la certificazione è fatta dal medico su un foglio (formato A3, nemmeno tanto agile da manovrare) in duplice copia. La prima va all’ISTAT, e la seconda all’ASL dove è avvenuto il decesso, che provvederà, in caso di deceduti residenti in altro comuno a trasmettere copia all’ASL del comune di residenza. A parte gli errori di compilazione e l’illeggibilità della copia laddove non si abbia cura di calcare nella scrittura, i tempi di trasmissione allungano ancora di più tutto il processo. Chissà se qualcuno prenderà seriamente in considerazione un aggiornamento del sistema napoleonico (e ringraziamo almeno il passaggio di Napoleone).
LA CAPORETTO DELLA RICERCA
Assorbita la botta iniziale, con numerose vittime fra lo stesso personale sanitario, medici e ricercatori italiani hanno iniziato a cercare di capirci qualcosa ed a provare a rallentare il decorso catastrofico della malattia.
Sicuramente alcune buone idee sono nate, come la proposta di uso di Tocilizumab, che modula la risposta immunitaria troppo violenta. Oppure, l’identificazione di trombi, prima nel polmone, poi anche in altri distretti, che innescarono l’uso di eparine a basso peso molecolare e che hanno probabilmente ridotto il numero di pazienti che arrivavano in terapia intensiva. Poi il plasma iperimmune, strumento non nuovo e già utilizzato in Cina durante l’epidemia.
Tuttavia, se guardiamo la produzione di articoli scientifici su questi ed altri argomenti correlati a questa epidemia, vediamo che la presenza dell’Italia, non degli italiani in generale, presenti nelle istituzioni scientifiche di tutto il mondo, è particolarmente carente. E non poteva certo essere un problema di carenza di pazienti ad aver impedito la produzione di un numero importante di ricerche. Non posso nemmeno pensare che manchino professionisti preparati, dal momento che ne esportiamo ovunque. Forse il problema è proprio questo: li esportiamo perché il sistema di ricerca in Italia è quasi assente.
La ricerca scientifica può sembrare un lusso inutile, ma invece, proprio in queste situazioni, quando quello che manca è una conoscenza approfondita del nemico, “l’intelligence scientifica” è indispensabile. Invece la maggior parte ci ciò che è pubblicato proviene dagli USA e dalla Cina, anche su temi su cui i nostri medici sono stati presenti da subito. Questo testimonia, ancora una volta, quanto sia fragile il sistema di ricerca italiano, ancora suddito delle grandi istituzioni internazionali e sostanzialmente incapace di offrire un habitat adeguato, attrezzato e generoso di giusti riconoscimenti anche economici a chi ci lavora.
Come si può capire da questa breve disamina si può senz’altro affermare che, come a Caporetto, la responsabilità non fu dei “soldati”, medici, infermieri e tutto il personale, ma anche essi furono le vittime di decisioni sbagliate, da cui si spera si potrà, in futuro, imparare qualcosa.
Nell’immaginario italiano Caporetto fu identificata come la sconfitta per eccellenza, tanto da essere incorporata nelle espressioni della nostra lingua.
Chissà come entrerà nella nostra epica nazionale questo periodo.
E quale sarà la nostra linea del Piave?
Stefano Rosso, medico
NdCS: La linea del Piave non è stabilita, e pare ci sia intenzione di non stabilirla, perché invece di parlare di questi temi si parla d'altro: la polarizzazione sulle mascherine è una vetta assoluta di demenza - obbligo di stracci senza alcuna certificazione vs "respiri anidride carbonica".
sabato 23 maggio 2020
I DANNI DELLA "DIVULGAZIONE" E DEL DEBUNKING
Avete presente la santa guerra contro l'antiscienza di un tre anni fa?
Uno che passava aveva rilevato che popolarizzava e diffondeva un'idea delle scienze grottesca e deformata (in altri termini, un'incredibile mole di cazzate). Ma era a fin di bene, eh...
Sempre uno che passava aveva avuto l'impressione che non sarebbero bastati anni a rimediare a quei danni.
E in effetti i danni sono persistenti.
Faccio un esempio terra terra (per me): regolazione farmaceutica.
L'argomento è complesso, molto complesso, si parte dal cGMP (https://database.ich.org/sites/default/files/Q7%20Guideline.pdf) e si arriva al New Drug Approval (https://www.fda.gov/drugs/new-drugs-fda-cders-new-molecular-entities-and-new-therapeutic-biological-products/novel-drug-approvals-2020).
Di fatto si tratta di tutta quella serie di regole necessarie a che i farmaci o i farmaci appena immessi in commercio soddisfino i necessari criteri di sicurezza e efficacia. Questo per evitare eventi tragici che hanno caratterizzato negli anni la storia dell'industria farmaceutica (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/11/frances-oldham-kelsey.html)
Grazie alla "divulgazione scientifica" il pubblico ha capito tutto al volo, a cominciare da un noto debunker che poco tempo fa si produceva in questo tweet: "Non so chi sia il chimico scettico e la scienza non funziona così. Se un farmaco funziona, si pubblica un paper con le prove, lo si valida con il peer-review e poi si annuncia che funziona" (Paolo Attivissimo).
Roba da far cadere gli attributi.
Qualche giorno fa lamentavo che in varie sedi, tra cui CEPI, si mettesse in conto di ridurre o saltare la fase preclinica di sviluppo di un vaccino per passare direttamente ai trial clinici, su uomini. Il preclinico, con i test su due specie animali (nel caso vaccini una delle due dovrebbe essere rhesus) serve ad evitare che venga sperimentato nell'uomo quel che nell'uomo mai sarebbe dovuto arrivare. Avevo definito questo orientamento "criminale". E sotto una condivisione di quel post è spuntato questo commento:
"Mah, mi lascia molto perplesso. Su due punti cardine. 1. Criminale? Secondo me il chimico non ha le idee chiare su cosa sia una regola. Faccio un esempio assolutamente minuscolo, ma solo per rendere l'idea. Molti anni fa c'era un camion a rimorchio che non riusciva ad entrare nell'officina dove lavorava mio padre. Peccato che stava bloccando il traffico dell'Aurelia. Mio padre ha semplicemente buttato giù con la mazza un pezzetto di muro. Già mi vedo il chimico che col ditino fa: "no no, non si fa". Le regole non sono Dei. Hanno un valore puramente funzionale."
Il paragone con il codice stradale la dice lunga su dove il commentatore aveva messo assieme le sue nozioni quanto a farmaci e vaccini. E infatti, come si nota, non aveva capito una beneamata (beneamata cosa? Attrezzo per la sezione del legno, 4 lettere).
Certo, ci sono quelli che ritengono che la tipa "retrovirus nei vaccini!!!" che hanno visto su youtube sia una delle maggiori scienziate degli ultimi 30 anni perché poi youtube ha fatto sparire il video.
E poi c'è la roba che vi ho appena descritto. E faccio presente che il primo citato, capace di produrre tanto e tale strame, è stato consulente dell'ex presidente della Camera per la famosa faccenda delle fake news. Agghiacciante.
L'unica differenza tra le due "correnti di pensiero" è che una è vicina ai poteri al governo, e l'altra no.
Uno che passava aveva rilevato che popolarizzava e diffondeva un'idea delle scienze grottesca e deformata (in altri termini, un'incredibile mole di cazzate). Ma era a fin di bene, eh...
Sempre uno che passava aveva avuto l'impressione che non sarebbero bastati anni a rimediare a quei danni.
E in effetti i danni sono persistenti.
Faccio un esempio terra terra (per me): regolazione farmaceutica.
L'argomento è complesso, molto complesso, si parte dal cGMP (https://database.ich.org/sites/default/files/Q7%20Guideline.pdf) e si arriva al New Drug Approval (https://www.fda.gov/drugs/new-drugs-fda-cders-new-molecular-entities-and-new-therapeutic-biological-products/novel-drug-approvals-2020).
Di fatto si tratta di tutta quella serie di regole necessarie a che i farmaci o i farmaci appena immessi in commercio soddisfino i necessari criteri di sicurezza e efficacia. Questo per evitare eventi tragici che hanno caratterizzato negli anni la storia dell'industria farmaceutica (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2018/11/frances-oldham-kelsey.html)
Grazie alla "divulgazione scientifica" il pubblico ha capito tutto al volo, a cominciare da un noto debunker che poco tempo fa si produceva in questo tweet: "Non so chi sia il chimico scettico e la scienza non funziona così. Se un farmaco funziona, si pubblica un paper con le prove, lo si valida con il peer-review e poi si annuncia che funziona" (Paolo Attivissimo).
Roba da far cadere gli attributi.
Qualche giorno fa lamentavo che in varie sedi, tra cui CEPI, si mettesse in conto di ridurre o saltare la fase preclinica di sviluppo di un vaccino per passare direttamente ai trial clinici, su uomini. Il preclinico, con i test su due specie animali (nel caso vaccini una delle due dovrebbe essere rhesus) serve ad evitare che venga sperimentato nell'uomo quel che nell'uomo mai sarebbe dovuto arrivare. Avevo definito questo orientamento "criminale". E sotto una condivisione di quel post è spuntato questo commento:
"Mah, mi lascia molto perplesso. Su due punti cardine. 1. Criminale? Secondo me il chimico non ha le idee chiare su cosa sia una regola. Faccio un esempio assolutamente minuscolo, ma solo per rendere l'idea. Molti anni fa c'era un camion a rimorchio che non riusciva ad entrare nell'officina dove lavorava mio padre. Peccato che stava bloccando il traffico dell'Aurelia. Mio padre ha semplicemente buttato giù con la mazza un pezzetto di muro. Già mi vedo il chimico che col ditino fa: "no no, non si fa". Le regole non sono Dei. Hanno un valore puramente funzionale."
Il paragone con il codice stradale la dice lunga su dove il commentatore aveva messo assieme le sue nozioni quanto a farmaci e vaccini. E infatti, come si nota, non aveva capito una beneamata (beneamata cosa? Attrezzo per la sezione del legno, 4 lettere).
Certo, ci sono quelli che ritengono che la tipa "retrovirus nei vaccini!!!" che hanno visto su youtube sia una delle maggiori scienziate degli ultimi 30 anni perché poi youtube ha fatto sparire il video.
E poi c'è la roba che vi ho appena descritto. E faccio presente che il primo citato, capace di produrre tanto e tale strame, è stato consulente dell'ex presidente della Camera per la famosa faccenda delle fake news. Agghiacciante.
L'unica differenza tra le due "correnti di pensiero" è che una è vicina ai poteri al governo, e l'altra no.
giovedì 21 maggio 2020
OBBLIGO PER L'ANTIINFLUENZALE
Stiamo assistendo a una generale e trasversale ondata di pronunciamenti a favore dell'obbligo di vaccinazione antiinfluenzale, tutti giustificati in chiave antiCOVID.
Ha cominciato la giunta Zingaretti in Lazio, parlando di over 65. Poi c'è stato un avanti-indietro in Veneto, su asili e materne. Poi hanno cominciato le società pediatriche meno note con la SIMPE. Poi è stata presentata una mozione parlamentare dalla Gelmini. Poi è arrivata la FIMP.
Vogliamo ripeterlo che specialmente in chiave antiCOVID queste iniziative non hanno alcun senso?
Ok, con COVID le iniziative prive di senso si sono sprecate, e fin da subito. Bisogna proprio continuare in tono, in fase postepidemica?
C'è stato un gran movimento su vaccini e COVID, fin da subito. E fin da subito è stato tirato fuori l'antiinfluenzale dicendo "può proteggere" (Ministero della salute). Come, perché, quanto? Boh, buttata lì a casaccio.
Poi sono arrivati quelli che parlavano di immunità crociata tra altri vaccini e COVID, e chi se non Walter Ricciardi ha sposato la cosa?
Scaricando l'esavalente, si è arrivati a concentrarsi su MPR, è partito uno studio. In tempi in cui tutto va ad alta velocità e un dato clinico preliminare arriva in prima pagina, sul tema dopo l'annuncio silenzio totale. Significativo.
Poi si è parlato di antipolio (OPV) e BCG. E anche in questo caso dopo l'annuncio silenzio di tomba.
Alla fine c'è stata una generale convergenza sull'antiinfluenzale.
Al riguardo con l'immunità crociata marca malissimo. Un articolo noto per essere diventato un cavallo di battaglia degli antivaccinisti (https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0264410X19313647?via%3Dihub) dice un'unica cosa: nessuna immunità crociata tra vaccinazione antiinfluenzale ed altre infezioni virali respiratorie, coronavirus compresi.
E allora? E allora si è tirata fuori la storia della diagnosi differenziale, che è senza mezzi termini un'idiozia (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2020/04/e-perche-non-lantiebola.html).
Non sui giornali, ma si è detto che comunque si sarebbe ridotto l'accesso in pronto soccorso durante la stagione antiinfluenzale. Questo è un mito fondativo dell'uso politico della vaccinazione antiinfluenzale, tradotta immediatamente in risparmio sanitario. Sfido chiunque a produrre una correlazione decente tra copertura antiinfluenzale e accessi in PS durante l'inverno. A guardare lo storico della mortalità in eccesso, produrre una correlazione del genere è una missione impossibile.
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CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)
Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...
