mercoledì 23 aprile 2025

CRITICA, RAGIONE E RICORDO: UN REQUIEM PER IL GIORNALISMO

 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/19/critica-della-ragione-pandemica-tinari-giornalismo/7957844/

L'agonia della democrazia italiana è alimentata da politiche emergenziali che si susseguono senza soluzione di continuità. Una politica emergenziale ha bisogno di un'apparato propagandistico che la maggioranza del giornalismo è sempre stata pronta a fornire. L'impressione è che neanche ci fosse bisogno di chiederglielo.

Lasciando da parte considerazioni usurate e facili da pervertire ("La storia serve a non ripetere gli stessi errori", "La qualità dell'informazione determina la qualità di una democrazia") vorrei solo ricordare che prima della crisi pandemica, ormai quasi dieci anni fa, un tweet di Roberto Burioni o uno di Walter Ricciardi bastava a fare una notizia, così come trenta anni fa un entomologo era diventato l'esperto di OGM per eccellenza. Più che nel cercare le fonti il giornalismo italiano ha una lunga storia nel crearsele su misura, conformi all'hype del momento. E' il meccanismo di creazione dei "competenti" nel sistema mediatico italiano - ed in automatico chi non si allinea all'hype, indipendentemente dalle sue qualifiche, per magia diventa "non competente". Le eccezioni sono rare.

In ragione di tutto ciò, dall'esterno, non stupise che il lavoro di Serena Tinari sui metodi del giornalismo di inchiesta in materia di sanità sia caduto nel nulla: semplicemente non funzionale alla missione della maggioranza del giornalismo che non è informare, ma orientare la pubblica opinione, esattamente come il fact-checking a cui lo stesso giornalismo si è rivolto. 

Di seguito riporto alcuni passi salienti del contributo di Serena Tinari a Critica della Ragione Pandemica, reperibile qui:

Un’ondata inarrestabile. Un esercito di reporter che alla velocità della luce si sono improvvisati esperti in epidemiologia delle malattie infettive, nello sviluppo, approvazione, efficacia e sicurezza di farmaci e vaccini. Tutti diventati esperti in statistica da un giorno all’altro, capaci di interpretare disegni e risultati di trial clinici, consapevoli della pervasività dei conflitti d’interesse nella medicina.
È possibile acquisire una specializzazione in un batter d’occhio, tanto più sotto la pressione di un clima generalizzato di panico? No. E tre anni di copertura mediatica lo dimostrano...

Partivamo da un presupposto: la copertura mediatica della medicina e della salute pubblica riproduce schemi sempre uguali. Ci sono le “news”, semplici copia-incolla dei comunicati stampa, notizie trionfali che celebrano presunti miracoli medici (che chi è del mestiere sa essere rari).
E poi ci sono i “giornalisti scientifici”, che traducono i comunicati di governi, aziende e università in linguaggio comprensibile alle masse. Manca cronicamente la prospettiva e il vaglio critico, soprattutto sull’attendibilità delle affermazioni degli “esperti”. Pensavamo: se trasmettiamo strumenti ai colleghi, lavoreranno meglio. Ci sbagliavamo. Anni di impegno non hanno prodotto risultati...

Possiamo trarre una conclusione: tre anni di crisi si sono trasformati nel requiem del giornalismo: la missione di raccontare una storia dopo averla verificata. Il dovere di confrontare fonti diverse. La necessità di porre domande scomode a chi governa e a chi dalla crisi trae vantaggio...

Il COVID è stato per lo più raccontato da cronisti politici e generalisti, che hanno continuato a “copiare e incollare” dichiarazioni di governo e industria.
Si è diffuso un tragico equivoco: i miei colleghi si sono sentiti investiti di ruoli che non spettano al giornalismo.
Come invocare maggiori restrizioni (“non servirebbe un lockdown in più?”), e farsi megafoni e stenografi di autorità, presunti esperti e aziende farmaceutiche...

L’era COVID ha lasciato il giornalismo con le ossa rotte: da Quarto Potere a porta-microfono.
I comunicati stampa delle aziende in prima pagina, gli amministratori delegati chiamati a pontificare su complesse politiche sanitarie. Verifica? Nessuna...

E mentre molti colleghi amplificavano le conferenze stampa del governo, i “fact-checker” si occupavano del resto.
Come se analisi, prove e verifiche non fossero il sale del giornalismo, a queste figure stravaganti è stato delegato il compito di certificare la Verità.
Nel culto dell’esperto in camice bianco, è nato il ministero orwelliano della “Scienza Vera”...

Un inquietante miscuglio di giornalisti scientifici ed esperti improvvisati, il mondo dei fact-checker pandemici ha visto la collaborazione di governi, ONG, star del giornalismo investigativo, servizi segreti e social media.
Infiniti sono i disastri causati da questa macchina della propaganda che ha creato, gestito e governato la crisi.
Appoggiati dai fact-checker, i giornalisti sono caduti in trappole orchestrate dagli uffici stampa di aziende e governi...

Il vecchio vizio di trovare formule accattivanti è stato fatale al giornalismo, e ha generato mostri: “no vax”, “no mask”, “negazionista”.
Neologismi che hanno diviso la società e sono stati affibbiati anche ad accademici di fama.
Persone riconosciute dalle agenzie regolatorie come danneggiate dai vaccini, etichettate come “no vax”...

Da missione di servizio pubblico, il giornalismo si è trasformato in una macchina infernale per manipolare le masse, alimentando l’odio verso il prossimo.
Tra le creature inquietanti del giornalismo pandemico ci sono i disobbedienti, a cui si possono togliere i diritti fondamentali.
Giornalismo come braccio armato del potere, che demonizza chi fa domande o dissente...

Giornalisti trasformati in censori, giudici, esecutori di sentenze.
Il giornalismo porta a casa da questa esperienza un corteo di errori. Alcuni clamorosi, molti imbarazzanti.
La crisi dei media ne esce aggravata, perché la sfiducia verso un giornalismo che tradisce la propria missione è inevitabile.



lunedì 21 aprile 2025

I CONTI CHE NON TORNAVANO IERI E CHE NON TORNANO OGGI (DA COVID AGLI INCENDI DI LOS ANGELES)

Qualche tempo fa, in calce a questo post, precisavo che CS era venuto fuori al tempo e che da subito raccolse i contributi di persone con lauree "pesanti", di quelle antiche, a cui i conti non tornavano. Sono passati otto anni e quella memoria della rete di cui tanto si parlava si sta dimostrando una memoria a breve termine, la pagina fb CS non esiste più e quindi chi allora non c'era può essersi chiesto di cosa si parlasse (o può aver pensato "Questo lo dice lui!"). Si parlava, per esempio di dispense di statistica per un esame a medicina che esibivano gaussiane non normalizzate, di ostentate correlazioni lineari tra tassi di vaccinazione MPR pediatrici e casi di morbillo nella popolazione intera, oppure di questo:

Questa roba avrebbe dovuto dimostrare che il vaccino antiinfluenzale proteggeva da COVID, pensate un po', e la mia risposta a chi in quel caso per ridere si era rifatto i conti, dichiarando con uno sghignazzo "E' una cubica!", fu: quante volte s'è detto "levategli dalle zampette il software statistico"?

In pratica era l'ennesima dimostrazione che xkcd non doveva inventarsi niente per la sua satira:

 

 

E il punto, quando un articolo veniva molto citato sui media, social o no che fossero, era il più delle volte quello di xkcd: la solidità della statistica non importava, bastava fare un po' di scena, con buona pace del peer reviewing. In che senso? Nel senso che immaginate che si tratti di un articolo che va a finire su una rivista di malattie infettive, pure con buon Impact Factor: i revisori saranno infettivologi o biologi o medici, cioè soggetti senza gli strumenti per valutare la solidità del trattamento statistico (si limiteranno a dare un'occhiata al p-value, con la famosa regoletta farlocca che se è maggiore di 0,05 allora la correlazione è falsa). 

Nota con i dettagli: 

p-value è la probabilità dell'ipotesi nulla, quindi p-value 0,05 vuol dire "vero al 95%". Considerarlo un valore discriminante tra vero e falso significa, per fare un esempio, che "vero al 93,5%" viene tradotto con "falso". In più un p-value basso non implica un R2 alto, cioè in soldoni un buon intervallo di confidenza. Con un p-value basso la significatività del modello è alta ma l'affidabilità delle sue predizioni può essere bassa o nulla - tipo che il modello dice 2, ma poi il valore rilevato sperimentalmente può essere 4 o 0, con un errore che è uguale al valore della predizione.

La statistica può fare acqua ad un'analisi appena più attenta, dicevamo, perché quello che conta è il messaggio. Passano gli anni, cambiano i temi, ma il metodo continua ad essere lo stesso. Per esempio riguardo gli incendi di Los Angeles di gennaio: colpa del cambiamento climatico! Uhm, non proprio, andando a vedere gli intervalli di confidenza:


E qui ci sono le relative precisazioni:

Facile immaginare che ci sarà chi legge saltando i video, quindi ecco il riassunto breve: gli intervalli di confidenza riportati nello studio dicono che i risultati non sono statisticamente significativi, quindi non si dimostra alcuna correlazione tra cambiamento climatico e incendi di Los Angeles a gennaio di questo anno. La comunità dei climatologi lo sapeva perfettamente e non ha detto mezza parola al riguardo. Certo, perché altrimenti certe trenodie di membri di tale comunità sarebbero apparse episodi di infondato, teatrale e stucchevole moralismo.

Dopodichè, a freddo, cioè tre mesi dopo, in Italia chi è che ha rilanciato "Incendi a Los Angeles, è il climate change" senza far seguire un errata corrige? La lista è lunga. Tralasciamo la stampa generalista, che ha rilanciato senza pensare come fa di solito, per guardare alla comunicazione scientifica che ha fatto esattamente lo stesso: Università degli Studi Milano-Bicocca, Le Scienze e via dicendo. Ma non c'è problema, il messaggio era quello giusto. E' colpa mia, Dio mi strafulmini, che non riesco a farmi entrare in testa questa cosa.


giovedì 10 aprile 2025

PAUSA PASQUALE

Un augurio, se non di pace almeno di una tregua pasquale. Questo blog ritorna, con calma, dopo la settimana santa.

martedì 8 aprile 2025

I VALORI DELL'OCCIDENTE: LA LIBERTA' ACCADEMICA (?)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/05/epidemiologo-ioannidis-effetti-lockdown-covid/7938854/

L'articolo di Gandini e Bartolini merita la lettura, ma più merita l'intervista di Ioannidis:


Riguardo il clima del dibattito scientifico nel 2020:

Era un ambiente altamente tossico, credo, per chiunque volesse contribuire al dibattito presentando dati e evidenze ragionando su cosa stessero a significare. Molti hanno preso posizioni molto forti, c'era una polarizzazione molto forte, molta partigianeria e la sensazione che fosse l'ideologia a mandare avanti il tutto. Non le migliori condizioni per l'attività scientifica, specialmente per chi non aveva ideologia politica e che non voleva soddisfare una o l'altra narrativa. Le minacce di morte erano frequenti... Credo che l'ambiente fosse così tossico che la maggioranza degli scienziati che avessero una qualche esperienza rilevante in campo epidemiologico si è autosilenziata. In molti mi hanno detto: John, è incredibile, non possiamo credere che stia accadendo, se tu sei attaccato in tal modo se tentassimo di dire qualcosa noi saremmo completamente annientati.

Vi consiglio caldamente la visione di tutto il video, ma vorrei espandere questo punto. Il "caso Ioannidis" ha riguardato anche il pubblico generale e la politica, ma l'aspetto per me più significativo è stata la reazione della "comunità scientifica" e delle sue estensioni comunicative. Se ne occupò un pezzo sul BMJ:

John Ioannidis è un professore della Stanford riconosciuto ampiamente come uno dei più importanti scienziati medici del nostro tempo; molti dei suoi studi e delle sue analisi sono tra i più citati in medicina e sanità pubblica. Tuttavia, nell’ultimo anno è diventato anche bersaglio di attacchi intensi, e spesso ad hominem, a causa dei suoi scritti, interviste e ricerche sul covid-19. Sebbene ci siano chiaramente critiche valide a uno studio sulla prevalenza del covid-19, di cui era coautore secondario, molti degli attacchi rivolti a Ioannidis hanno distorto la sua posizione complessiva e hanno anche affermato, senza alcuna prova, che la sua opinione fosse basata su simpatie politiche pro-Trump e/o su un conflitto di interessi economico personale.

Jeanne Lenzer e Shannon Brownlee hanno descritto gli attacchi a Ioannidis in un articolo d’opinione (e un box di approfondimento) su Scientific American, in cui riportano anche che un’indagine indipendente a Stanford non ha trovato alcuna prova a giustificazione di tali attacchi. Inoltre, hanno lanciato un appello ragionato alla comunità sanitaria affinché si evitasse di inquadrare le opinioni sul covid-19 in termini politici, sostenendo non solo che è di importanza cruciale affrontare questa pandemia da scienziati, ma anche celebrando un recente incontro alla Johns Hopkins in cui gruppi con visioni inizialmente molto diverse hanno riconosciuto i modi significativi in cui in realtà erano d’accordo, indicando così una strada promettente per il futuro. In sostanza, chiedevano che le divergenze venissero affrontate come colleghi, e non come inquisitori moralisti, per poter collaborare alla ricerca del miglior modo di proteggere la salute pubblica.

Lenzer e Brownlee, a loro volta, sono state attaccate personalmente dopo la pubblicazione del loro saggio, non solo sui social media, ma – cosa più rilevante – anche tramite comunicazioni inviate a organizzazioni di cui fanno parte e a riviste per cui avevano scritto in passato, con richieste affinché non fosse più permesso loro di pubblicare. Questo ha portato alla rimozione di Brownlee dal comitato consultivo della rivista Undark, nonché alla pubblicazione di emendamenti critici agli articoli originali sia su Undark che su Scientific American, i quali suggerivano che le due giornaliste avessero un conflitto di interesse non dichiarato, e le rappresentavano come se avessero fuorviato le redazioni. Queste accuse si basavano sul fatto che Ioannidis era stato coautore di un piccolo numero di articoli di revisione scritti da una o l’altra di loro. Lenzer e Brownlee contestano tale interpretazione generale e molte delle “correzioni” specifiche; affermano che la loro risposta non sia stata adeguatamente considerata da nessuna delle due pubblicazioni.

L’ironia evidente di tutta questa vicenda è sia sconvolgente che demoralizzante—Lenzer e Brownlee sono state attaccate per aver scritto un articolo che ci invitava a non attaccare qualcuno solo perché ha assunto una posizione impopolare.

La libertà accademica al suo meglio, vero? Notare le "comunicazioni alle istituzioni". La delazione/denuncia alle istituzioni in cui lavoravano i bersagli dell'indignazione proscienza è un qualcosa che è iniziato ai tempi del morbillo 2017 in Italia ed è lievitato a dismisura in tempi pandemici. Delazioni e denunce il più delle volte surrettizie, contestanti qualcosa di fin troppo simile a un attentato all'ordine morale dello Stato (fascismo) o al comune sentire del popolo (nazismo). Alla voce "quanto ne siamo usciti migliori".

Oggi a ragione si parla delle politiche di Trump nei confronti della ricerca pubblica e delle università USA come un attacco contro la libertà accademica. Ma chi lo lamenta molto probabilmente faceva parte della torma dei linciatori di Ioannidis, che oltreoceano erano una solida maggioranza nel mondo scientifico. Come ogni libertà, anche la libertà accademica non è mai quella degli altri.

domenica 6 aprile 2025

USA:DAZI SENZA PRECEDENTI? NON PROPRIO.

Confesso che non sono riuscito a rintracciare la fonte di partenza, che sarebbe stata un articolo di Chemical & Engeneering News (troppo vecchio), quindi vi tocca fidarvi della mia memoria, se vi pare: una venticinquina di anni fa ci fu il boom del biodiesel. Per chi non se lo ricorda, si trattava di carburante diesel ricavato da olii vegetali (di colza, soprattutto). E l'Europa, in particolare l'Italia, non se lo fece sfuggire. Tra l'altro c'era un cliente molto, molto importante: l'esercito degli Stati Uniti d'America. La chimica dietro la produzione era semplice: gli olii vegetali, con una frazione rilevante di trigliceridi (esteri di acidi grassi e glicerina) vengono mescolati con metanolo e una base (di solito NaOH) per ottenere l'esterificazione della frazione di acidi grassi e transesterificazione degli esteri già presenti (della glicerina, per esempio) per ottenere esteri metilici.

https://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_del_biodiesel

Quindi c'era un grande compratore di biodiesel, gli USA, e una grande produzione europea. Una grande produzione europea il cui sottoprodotto era glicerina. La glicerina ha un mercato, costituito per esempio da chi produce saponi, e visto che era un sottoprodotto all'improvviso venne venduta (ed esportata) a prezzi ridicoli. La glicerina europea era sul punto di sterminare i produttori di glicerina americani e una amministrazione USA (non ricordo quale) mise un dazio sulla glicerina europea.

Più noti e documentati furono i dazi dell'amministrazione di George W. Bush (2002): un precedente non incoraggiante per l'attuale amministrazione USA, visto che furono revocati dopo un anno. Furono revocati perché gli effetti positivi non si erano visti ma quelli negativi sì: flessione del prodotto interno lordo e del tasso di occupazione. Ma ci sono esempi più recenti, costituiti dalla prima amministrazione Trump. Al riguardo la faccenda diventa fumosa. Se negli anni recenti nel discorso pubblico è stato arduo distinguere tra "scienza" e politica, non mi ricordo che tra economia e politica sia mai stata fatta una differenza. Quindi allo stato attuale, riguardo ai dazi della prima amministrazione Trump, il consenso è che abbiano avuto conseguenze negative in termini di inflazione e PIL o nessun effetto del tutto. Ma il fatto curioso è che l'amministrazione Biden mantenne buona parte di quei dazi, con una progressiva estensione di quelli contro la Cina.

Per quel che riguarda il settore chimico farmaceutico europeo ho già trattato il presente.
La mia vita lavorativa l'ho passata perlopiù in aziende che esportavano soprattutto in USA, quindi cambio con il Dollaro americano e tasse doganali (dazi) erano argomenti importanti e piuttosto sentiti. E sulla base di questa mia esperienza la mia opinione è che se il più grande mercato di riferimento del globo decide di ristrutturare le sue importazioni, beh, non è che ci si possa fare gran che. Ma in passato, appunto, non fu solo questione di dazi, affatto. La più grande ristrutturazione della filiera farmaceutica mondiale fu brutale e cominciò a fine 2005, quando il cambio arrivò a 1.30 dollari per euro: le grandi farmaceutiche globali nel giro di pochi mesi sganciarono la maggioranza dei partner europei (sostituendoli con asiatici che lavoravano in dollari). Questo per quello che riguarda i servizi. Sul fronte dei prodotti la situazione provocò un ulteriore shock alle aziende che si ritrovarono ad abbassare i prezzi in EUR o a firmare ordini o contratti in dollari, sacrificando i ricavi per mantenere quote di mercato. E mi immagino che per gli altri settori che esportavano negli USA le cose non fossero molto diverse. Il problema principale era costituito dalla mancanza di un vero mercato di riferimento alternativo: l'Europa non poteva assorbire le quote dell'export destinate agli USA, non per dimensione (che c'era) ma per politiche di repressione della spesa interna. Fu nel 2009, mi pare, che sentii un executive di una grande azienda dire che l'Europa per i farmaci non era più un mercato interessante.

Quindi vorrei provare, da non economista, a fare una constatazione: non c'è molta differenza tra un dazio del 25% a parità di cambio e un cambio di 1.3 dollari per euro (2005) in assenza di dazi. Ed in entrambi i casi sono dolori.

E allora, al di là delle vuote propagande? Da questo lato dell'oceano si può solo sperare che succeda come successe ai tempi di George W. Bush e che tra un anno o prima tutto sia revocato. Ma potrebbe non essere questo il caso. 

ADDENDUM: 

Nel "terribile" mercoledì in cui i dazi vngono applicati la confusione è massima sotto il cielo.

https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-04-08/trump-dismisses-last-gasp-eu-push-to-stop-tariffs-kicking-in

 
ma  Milano Finanza fa sapere che:
 
Non sono colpite dai nuovi dazi reciproci le seguenti categorie merceologiche: il settore automobilistico e le loro componenti su cui già si applicano le nuove aliquote su acciaio e alluminio; prodotti farmaceutici; rame; semiconduttori; componenti e ricambi di settori strategici statunitensi (aerospaziale, difesa) che rientrano in specifiche esenzioni; alcune materie prime non disponibili in quantità sufficiente sul mercato interno Usa, come determinati minerali e terre rare; legname 

Buon lavoro giornalistico, infatti è quel che dice l'ultimo fact sheet della Casa Bianca (o il penultimo, o il terzultimo, quando leggete). Quindi il farma è escluso, anche se qualcuno fa osservare che i codici doganali colpiti non sono ancora stati specificati. Ma la rincorsa dell´euro sul dollaro, cominciata a febbraio, ha avuto nuovo impulso dalla faccenda dei dazi. E esenzioni o no se lo scivolamento del dollaro continua gli scenari sono quelli di cui ho già parlato. Nel frattempo qualcuno da fuori inizia a piazzare nuovi investimenti negli USA, just in case, come si dice.

https://www.indianpharmapost.com/news/sumitomo-chemical-establishes-a-cro-for-oligonucleotide-cdmo-business-in-us-16992

 

 

mercoledì 2 aprile 2025

A CHI CONVIENE RIARMARE L'EUROPA?

 Troppo facile, a loro:

https://www.bloomberg.com/news/articles/2025-04-01/surging-defense-stocks-led-europe-s-quarter-of-us-outperformance

 

Un quadrimestre storico che ha visto l'affettuoso abbraccio tra la "sinistra" italiana, quella voluta in piazza a Roma da Michele Serra, e l'industria bellica tedesca. Un nuovo commovente capitolo dell' Asse Roma-Berlino.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...