domenica 28 maggio 2023

I FONDAMENTALI (E DUE COSE SU SCIENZA E "SCIENZA")

Una delle pompe pneumatiche di Boyle

 

"Questi chimici con tutte le loro arie di ricercatori della verità non sono molto dissimili da quell'equipaggio della flotta che re Salomone aveva inviata a Tarsis e che dalla e faticosa navigazione riportò non soltanto oro, argento e pietre preziose, ma anche scimmie e pavoni" Con tali espressioni impertinenti il giovane nobile inglese Robert Boyle gettò la sfida nel 1661 alle "scimmie e ai pavoni". (Albert Bettex, "The discovery of nature", 1962).

Forse questa citazione per qualcuno risulterà significativa. Probabilmente per i più no. Ma questo è lo spirito di Boyle che qualcuno, nel 2017, ritenne attuale e assolutamente necessario. C'è in gestazione un lungo post su Kuhn e le rivoluzioni scientifiche. E' una gestazione lunga e il risultato finale sarà probabimente a quattro mani. Comunque Kuhn parla di paradigmi delle scienze che mostrano crescentemente i propri limiti fino a farsi da parte con la nascita di nuovi paradigmi, e queste sono le rivoluzioni scientifiche. La rivoluzione chimica vera e propria avvenne nel secolo successivo a quello in cui Boyle scriveva. Boyle ne fu un antesignano, e si lanciò contro quell'alchimia e quella iatrochimica che erano il paradigma corrente della disciplina al suo tempo. Questo dovrebbe far apparire meno strano l'interesse di Newton per l'alchimia: il fondatore del nuovo paradigma della fisica in altri campi restava ancorato ai paradigmi correnti, come del resto il paradigma alchemico non era stato del tutto abbandonato da Boyle. E l'interesse di Newton per la materia lo portò a leggere Boyle e ad entrare in contatto con lui.

Suppongo che questo etere pervada tutti i corpi, ma che sia più rarefatto nei loro pori che nello spazio libero. E credo (con altri) che questa sia la causa per cui la luce che incide su questi corpi è rifratta verso la perpendicolare... e (suppongo) che questa sia la causa della filtrazione e dell'innalzarsi dell'acqua in piccoli tubi di vetro sopra l'acqua stagnante in cui una loro estremità pesca. Perché sospetto che l'etere possa essere più rarefatto non solo nei pori invisibili dei corpi, ma anche nella visibile cavità di questi tubi. E lo stesso principio può far sì che i Mestrui pervadano con violenza i pori dei corpi che essi dissolvono, comprimendo sia l'etere che l'atmosfera che li circonda..(https://www.newtonproject.ox.ac.uk/view/texts/normalized/NATP00275)

Così Newton in una sua lettera a Sir Robert, per dare un saggio della natura dell'interesse per l'alchimia del padre della gravitazione universale (che mi ricordo di quando in quando raffigurata nell'immaginario da un Newton che cerca di trasformare il piombo in oro). Notare che in questo passo  Menstruum, usato al plurale, non è l'alkaest, il solvente universale che dissolve qualsiasi corpo trasformandolo nella materia prima che tutto costituisce, Al plurale è un vocabolo che definisce sia i solventi propriamente detti che gli acidi forti e tipicamente l'aqua regia (acido cloridrico/acido nitrico in rapporto molare 1/3), capace di dissolvere i metalli nobili (l'oro!).

Eppure i due, per quanto immersi nel loro tempo, realizzano qualcosa che farà storia, e lo realizzano con la matematica. Newton anche costruendosi la matematica che gli serviva, Boyle analizzando i dati delle sue pompe che comprimevano l'aria (ricavandone l'isoterma di un gas https://it.wikipedia.org/wiki/Isoterma_(termodinamica)). In Boyle non solo  l'aspetto sperimentale è assolutamente basilare - lo era anche nel vecchio paradigma alchimica/iatrochimica. Quello che fa la differenza è la misura e la sua analisi, l'approccio quantitativo al tema, combinazione inscindibile di esperimento, misura, analisi. Questa cosa qualcuno si ricorderà di averla letta scritta in modo estremamente più goffo da gente che con l'aspetto quantitativo e i numeri ha qualche piccola difficoltà (mi ricordo un epico "p-value 0.2 vuol dire falso!"). Resta in toto, in questa fase di origine delle scienze moderne, un afflato poi smarritosi nel tempo, che nel XX secolo possiamo ritrovare nella magnifica definizione di scienza di Prigogine: un fecondo dialogo tra l'intelletto e la natura.

Ma torniamo all'inscindibilità di esperimento-misura-analisi. Due secoli più tardi in fisica e chimica la divisione tra teorici e sperimentali sarà già piuttosto netta, ma non critica. Per arrivare alla criticità dovranno passare più di cento anni (Giacconi, che di sperimentazione "qualcosa" ha fatto, ne parla ne "L'universo in raggi X").

Dopodiché... veniamo da un paio di anni in cui le analisi dei dati si sono sprecate (modelli pandemici, avete presente?), ma alla rilevazione del dato veniva prestata attenzione nulla, e perdipiù chiunque avesse una minima familiarità con un pacchetto software statistico si è sentito in diritto di produrre previsioni. E questa roba è stata passata come "scienza" prodotta da "scienziati". E quanto a ipse dixit, distribuito a palate, con buona pace per Nullius addictus iurare in verba magistri (Nullius in verba fu il motto della Royal Society). Ma del resto il tanfo di ancient regime si sentiva già nel 2017, distintamente.

Quindi sì, di ricordare l'approccio di Boyle c'era bisogno. E' servito a poco, ma almeno l'eccezione è stata sollevata.

PS: mutuando il nome dell'operazione da The Sceptical Chymist, l'opera  più nota di Boyle, nonché l'informale atto di nascita della chimica moderna, alcuni leit motiv di 5 anni di attività social sono stati l'estrapolazione del termine "scettico", questioni di parrucche e via dicendo, spesso da parte di gente che vuole parlare di scienza o che nella scienza ci lavora a vario titolo. Il riferimento storico sfuggiva. E mi viene da parafrasare uno che non mi è mai piaciuto: un sapere che non conosce la propria storia non ha futuro. E troppo bene si è visto.


venerdì 26 maggio 2023

MISSIVE DEL MONACO DALLA DIMENSIONE DEL NON-ESSERE

 


Il monaco Gui Gou si reco' dal maestro Zhaozhou che stava leggendo a lume di candela i sutra nella sua cella.
"Maestro, se mi impiantero' nel cervello un chip, raggiungero' piu' rapidamente l'illuminazione?"
"L'illuminazione non credo, ma la folgorazione sicuramente", rispose Zhaozhou.
E spense la candela.
 


monaco Huaxue Jia, alchimista di corte

giovedì 25 maggio 2023

ALLA GUERRA COME ALLA PANDEMIA, PRECISO PRECISO?

Poi uno dice che magari il Giusti (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/05/piu-le-cose-cambiano-uneterno-bordello.html) con la storia degli emeriti di molti meriti si lasciava andare allo sfogo amareggiato di un perdente politico, però... 

In due anni e rotti ne ho visti di progetti andare a gambe all'aria, di solito per piccoli, stupidi dettagli. Quei piccoli stupidi dettagli che durante il periodo COVID andavo a guardare quando sui giornali o su isocial veniva fuori il farmaco stranoto che a 10 centesimi a compressa avrebbe salvato dalla biblica piaga. E che diavolo, mi ritrovavo ogni volta a fornire un parere opposto a quello degli emeriti di molti meriti, anche quando in teoria avrebbero dovuto essere "del ramo" - fatto assolutamente trascurabile, ai tempi. 

Ma non coglievo il punto: e il punto è che se l'idrossiclorochina non fosse stata messa sugli scudi da Trump e Bolsonaro avrebbero abbracciato con entusiasmo anche quella. Perché la questione COVID e farmaci, come quella COVID e vaccini, era una questione di politica sanitaria. E quindi puramente politica: scienza incarnata o divulgata in facciata, il vuoto spinto dietro. Perché va detto quel che va detto, e non altro. 


Per i dettagli https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/09/che-e-successo-covid-farmaci.html

 

Ho annusato l'aria italiana, qualche giorno fa. E a pelle mi è sembrato che finita la pandemia, senza soluzione di continuità ci si sia buttati a capofitto dentro la nuova calamità, la guerra. Esattamente con lo stesso metodo (scientifico!), esattamente con gli stessi toni, esattamente con le stesse parole. La stessa identica zuppa, una zuppa a nome propaganda. 

Dietro la propaganda COVID poi certuni si facevano i propri affari, vedi Giuseppa Ippolito, tra il vaccino italiano Reithera e quello russo Sputnik. Beh, dopo aver lasciato la direzione dello Spallanzani si sarà ritirato, avevo pensato, e specie dopo le accuse di flirt con la Russia, che oggi sono roba letale... e invece no. Direttore Generale per la ricerca e l'innovazione in sanità del Ministero della Salute, è lì e ci resta - noi valentuomini stiam sempre ritti , giusto? E dietro la propaganda guerra? Tutti ideali e bandiere, nessuno a farsi i casi propri? Sarà...

Mi sono accorto di non riuscire a sopportare più di cinque minuti di un telegiornale italiano, qualsiasi esso sia. La marea di escrementi pompata dai media ai tempi della guerra in Siria me la ricordo bene (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/05/armi-chimiche-la-guerra-la-propaganda.html) e mi è sorto un dubbio: non è che i nuovi emeriti di molti meriti che parlano di geopolitica e guerra sono tali e quali gli emeriti di molti meriti che parlavano di COVID? Perché il track record della seconda categoria è, diciamo così, abbastanza discutibile...

PS. Beh, in fondo è stato alla pandemia come alla guerra, con evocazione di vagoni piombati, i disertori che ai tempi si fucilavano (con un "bei tempi" sottinteso) etc etc. Sì, i danni della pandemia in Italia si faranno sentire a lungo, e non sto parlando di Long Covid.

mercoledì 24 maggio 2023

DA QUI A LA' E RITORNO: MOBILITA' E COMBUSTIBILI

 


Secondo le parole d'ordine prevalenti sono pessimo perché uso spesso l'aereo e no, quando Ryanair mi propone di riscattare la mia quota CO2 passo oltre.

Secondo le parole d'ordine prevalenti sono ottimo perché non uso né possiedo un'auto o una moto o uno scooter (con motore a scoppio o elettrico che sia): il mezzo di trasporto che uso di più è il treno. E cammino molto.

L'apparente contraddizione tra le due cose non mi interessa, perché non sono scelte dettate dalle parole d'ordine prevalenti. Detto tutto questo andando e venendo può capitare che tra treni e aerei non si riesca a trovare una quadra e allora? E allora può capitare di ritrovarsi sullo spostapoveri a lunghe percorrenze per eccellenza: il bus, tipicamente per un viaggio notturno.

Il bus a lunga percorrenza in nord Europa ha l'utenza prevalente che ti puoi aspettare: slavi, asiatici, nordafricani, che viaggiano per lavoro o per motivi familiari o che altro. Capita che ci siano quelli che a volare avrebbero qualche problema di documenti, e il treno è troppo costoso per loro. Ma con il bus... con un quarto del prezzo di un biglietto di treno da Londra a Bruxelles possono viaggiare da Tolosa a Stoccolma.

Ho viaggiato per ore accanto a un egiziano di mezza età. Mi tenevo in grembo lo zaino. Lui mi ha detto che potevo spostarlo sulla cappelliera. Ho risposto che no, preferivo di no.

"Ah!" ha fatto lui "Electronic passport? Money?" "Not really, anyway..."

Lui non si sarebbe fidato a mettere lo zaino sulla cappelliera se dentro c'erano i documenti o soldi, evidentemente.

Lo spostapoveri a lunga percorrenza è ovunque un diesel e nessuno dei privati che lo gestiscono penserebbero mai a un propulsore elettrico, per i loro mezzi. Questo mi è venuto da pensare. E mi è venuto anche da pensare che agli utenti dello spostapoveri a lunga percorrenza della questione ambientale come è posta oggi come oggi non gliene possa fregare di meno. Sono lì sopra con il biglietto low low cost perché non sono gente che proverebbe a viaggiare in treno senza biglietto. Sembra perlopiù gente con il proprio lavoro, magari con una piccola attività commerciale. Una "rivoluzione green" li colpirebbe pesantemente nella loro possibilità di spostarsi. Ma magari per quelcuno questa è pure una buona cosa.

martedì 23 maggio 2023

PIU' LE COSE CAMBIANO... (UN ETERNO BORDELLO CIARLANTE)

 

Giuseppe Giusti – Liber Liber 

Girella (emerito
di molto merito),
sbrigliando a tavola
l’umor faceto,
perdé la bussola
e l’alfabeto;
e nel trincare
cantando un brindisi,
della sua cronaca
particolare
gli uscì di bocca
la filastrocca.
Viva arlecchini
e burattini
grossi e piccini:
viva le maschere
d’ogni paese;
le giunte, i club, i prìncipi e le chiese.
Da tutti questi,
con mezzi onesti
barcamenandomi
tra il vecchio e il nuovo,
buscai da vivere,
da farmi il covo.
La gente ferma,
piena di scrupoli,
non sa coll’anima
giocar di scherma;
non ha pietanza
dalla Finanza.
Viva arlecchini
e burattini;
viva i quattrini!
Viva le maschere
d’ogni paese,
le imposizioni e l’ultimo del mese.
Io, nelle scosse
delle sommosse,
tenni per àncora
d’ogni burrasca
da dieci o dodici
coccarde in tasca.
Se cadde il prete,
io feci l’ateo,
rubando lampade,
Cristi e pianete,
case e poderi
di monasteri.
Viva arlecchini
e burattini,
e giacobini;
viva le maschere
d’ogni paese,
Loreto e la Repubblica francese.
Se poi la coda
tornò di moda,
ligio al Pontefice
e al mio Sovrano,
alzai patiboli
da buon cristiano.
La roba presa
non fece ostacolo,
ché col difendere
Corona e Chiesa,
non resi mai
quel che rubai.
Viva arlecchini
e burattini,
e birichini;
briganti e maschere
d’ogni paese,
chi processò, chi prese e chi non rese.
Quando ho stampato,
ho celebrato
e troni e popoli,
e paci e guerre;
Luigi, l’Albero,
Pitt, Robespierre,
Napoleone,
Pio sesto e settimo,
Murat, fra Diavolo,
il Re Nasone,
Mosca e Marengo;
e me ne tengo.
Viva arlecchini
e burattini,
e ghibellini
e guelfi, e maschere
d’ogni paese;
evviva chi salì, viva chi scese.
Quando tornò
lo statu quo,
feci baldorie;
staccai cavalli,
mutai le statue
sui piedistalli.
E adagio adagio
tra l’onde e i vortici,
su queste tavole
del gran naufragio,
gridando evviva
chiappai la riva.
Viva arlecchini
e burattini;
viva gl’inchini,
viva le maschere
d’ogni paese,
viva il gergo d’allora e chi l’intese.
Quando volea
(che bell’idea!),
uscito il secolo
fuor de’ minori,
levar l’incomodo
ai suoi tutori,
fruttò il carbone,
saputo vendere,
al cor di Cesare
d’un mio padrone
titol di Re,
e il nastro a me.
Viva arlecchini
e burattini
e pasticcini;
viva le maschere
d’ogni paese,
la candela di sego e chi l’accese.
Dal trenta in poi,
a dirla a voi,
alzo alle nuvole
le tre giornate,
lodo di Modena
le spacconate;
leggo giornali
di tutti i generi;
piango l’Italia
coi liberali;
e se mi torna,
ne dico corna.
Viva arlecchini
e burattini,
e il Re Chiappini;
viva le maschere
d’ogni paese,
la carta, i tre colori e il crimen laesae.
Ora son vecchio;
ma coll’orecchio
per abitudine
e per trastullo,
certi vocaboli
pigliando a frullo,
placidamente
qua e là m’esercito;
e sotto l’egida
del Presidente
godo il papato
di pensionato.
Viva arlecchini
e burattini,
e teste fini;
viva le maschere
d’ogni paese,
viva chi sa tener l’orecchie tese.
Quante cadute
si son vedute!
Chi perse il credito,
chi perse il fiato,
chi la collottola
e chi lo Stato.
Ma capofitti
cascaron gli asini;
noi valentuomini
siam sempre ritti,
mangiando i frutti
del mal di tutti.

Viva arlecchini
e burattini,
e gl’indovini;
viva le maschere
d’ogni paese,
viva Brighella che ci fa le spese.

 

Di valentuomini ne ho incrociati troppi negli ultimi anni  e sui media e su isocial italiani gli emeriti di molti meriti si sono sprecati e tuttora si sprecano (di quando in quando qua sopra ne è stata misurata l'inconsistenza con un certa accuratezza e alla fine la valutazione è stata che in troppi casi neanche ne valeva la pena https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2022/02/con-quella-faccia-li.html). Il poeta mi ricorda che nihil sub sole novum : le maschere in giro son sempre le stesse, da secoli, specie nel belpaese. E le vicende risorgimentali (https://ilchimicoscettico.blogspot.com/2023/01/god-save-king.html) continuano ad offrire materia di riflessione su un presente impregnato del tanfo di una nuova Restaurazione, una restaurazione contro i principi che ispirarono la nascita della Repubblica Italiana con la sua Costituzione. E sì, il servo che non si ribella è peggio del padrone che comanda, allora come oggi.

PS: E sì, chi non becca la semicitazione...

PPS: I am the victim,  I was attacked by a coked-up whore and a fucking crazy dentist , a proposito di altri classici e anche qua ci sarà chi non becca la citazione, questa volta letterale.

venerdì 19 maggio 2023

IL CLIMATE CHANGE NON E' UN ALIBI, E' UN'AGGRAVANTE

Non è «maltempo», è malterritorio. Le colpe del disastro in Emilia-Romagna

di Wu Ming

La narrazione che imperversa sulle alluvioni in Emilia-Romagna è tossica e nasconde le responsabilità reali. Responsabilità che non sono del «meteo». E nemmeno, genericamente, del «clima», termine usato da amministratori e giornalisti più o meno come sinonimo di «sfiga».

Le piogge di questi giorni stupiscono, sembrano più eccezionali di quanto non siano, perché arrivano dopo un inverno e un inizio di primavera segnati da una protratta, inquietante siccità. E di per sé non sarebbero affatto «maltempo», concetto fuorviante, deresponsabilizzante e dannoso. Come diceva John Ruskin, «non esiste maltempo, solo diversi tipi di buontempo». A essere mala è la situazione che il tempo trova.

Veniamo da lunghi mesi a becco asciutto: montagne senza neve, torrenti e fiumi tragicamente in secca, vegetazione e fauna in grave sofferenza, contadini disperati, prospettive cupe per l’estate prossima ventura (già quella scorsa è stata durissima)… In teoria, le piogge dovremmo accoglierle con giubilo.

Giubilo moderato, certo: chi conosce la situazione sa che, per vari motivi, queste piogge concentrate in pochi giorni non compenseranno la siccità. Quest’ultima tornerà ad attanagliarci. In Nord Italia – arco alpino e val padana – nel 2022 le precipitazioni sono state inferiori anche del 40% rispetto alle medie del ventennio precedente. Questo è il nuovo clima, ed è qui per restare. Non solo: gran parte dell’acqua venuta giù in questi giorni sarà inutile (ne parliamo tra poco).

Nonostante tutto ciò, a rigore, che finalmente piova è buona cosa. Piace a tutti che quando si apre il rubinetto esca l’acqua, no? Da dove si crede che venga, quell’acqua, se non dal cielo?

Il motivo per cui la pioggia sta avendo conseguenze dannose e a volte letali è presto detto: cade su un suolo asfaltato, cementificato, impermeabilizzato, che non può assorbirne una sola goccia, dunque quest’acqua non solo non rigenera la vita, non solo non ricarica le falde, ma si accumula in superficie e corre via, a grande velocità, travolgendo quel che trova. Spesso esonda da corsi d’acqua i cui argini – e spesso anche i letti – sono stati cementificati, e le cui aste sono state «rettificate». Corsi d’acqua intorno ai quali, dissennatamente, si è costruito e ancora costruito.

 

Malterritorio Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna è terra di grandi bonifiche, dunque, oltre ai tanti fiumi e torrenti che scendono dalle Alpi e dall’Appennino, ha migliaia e migliaia di chilometri di canali di scolo e di irrigazione. Ha uno degli assetti idrogeologici più artificiali e ingegnerizzati del mondo, dunque – a dispetto di un’autonarrazione vanagloriosa, ben incarnata dal suo guvernadåur Bonaccini – ha un assetto oltremodo fragile.

Con queste premesse, il nostro territorio dovrebbe essere pochissimo cementificato. E invece no: l’Emilia-Romagna è la terza regione più cementificata d’Italia, col suo 9% circa di suolo impermeabilizzato – contro il 7,1% nazionale, percentuale già altissima – ed è la terza per incremento del consumo di suolo nel 2021: oltre 658 ettari in più ricoperti, equivalenti al 10,4% del consumo di suolo nazionale di quell’anno.

Nel 2017 l’amministrazione Bonaccini ha prodotto una legge definita, in perfetta neolingua stile 1984, «contro il consumo di suolo». Una legge farlocca, truffaldina, il cui scopo reale era permettere la cementificazione, come denunciato invano da molti esperti – geografi, urbanisti, architetti, storici del territorio – e associazioni ambientaliste. Si veda il libro collettaneo Consumo di luogo. Regresso neoliberista nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna (Pendragon, Bologna 2017, disponibile in pdf qui).

Come volevasi dimostrare, anche grazie a questa legge si è continuato a costruire e asfaltare, in preda a un vero e proprio delirio. E dove si è costruito? Lo ha ricordato su Altreconomia Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano:

«nelle aree protette (più 2,1 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità di frana (più 11,8 ettari nel 2020-2021), nelle aree a pericolosità idraulica dove l’Emilia-Romagna vanta un vero e proprio record essendo la prima Regione d’Italia per cementificazione in aree alluvionali: più 78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica; più 501,9 in quelle a media pericolosità che è poi più della metà del consumo di suolo nazionale con quel grado di pericolosità idraulica: pazzesco.»

Ecco cosa sta accadendo dalle nostre parti, soprattutto in Romagna. Non è «maltempo», è malterritorio. Sono mille e mille nodi che vengono al pettine, i nodi di una gestione idiota e predatoria, portata avanti per decenni da una classe dirigente – politica e imprenditoriale – perdutamente innamorata di asfalto e cemento.

 

Love Story: il PD e il cemento

Parliamo di un amore tossico, ben peggiore di quello mostrato nel film di Caligari. Un amore che non accenna a finire, perché la suddetta classe dirigente ha in serbo per questa regione ancora e ancora asfalto, ancora e ancora cemento.

Quel che attende il territorio bolognese – ma Bologna e il suo passante sono solo l’epicentro, il maremoto di asfalto arriverà fino a Ferrara e alla Romagna – lo abbiamo descritto per filo e per segno qui. E quella è solo la cementificazione su larga scala, con un impatto molare sul territorio. C’è anche una cementificazione molecolare, capillare, fatta di speculazioni e inurbazioni meno visibili, che si insinua ovunque e che non sta raccontando quasi nessuno. A Bologna l’amministrazione Lepore-Clancy persegue una violenta messa a valore delle ultime parti di periferia non ancora consegnate all’edilizia.

Questa è la realtà dei fatti che il PD, complice un’informazione obnubilata e spesso asservita, copre con greenwashing e schleinwashing.

«Lavaggi» che si accompagnano a lavaggi di coscienza per mezzo del più grottesco scaricabarile. Il sindaco PD di Massa Lombarda ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità nazionale quando ha dato la colpa dell’inondazione… agli istrici e alle loro tane. Ma se ventiquattr’ore di pioggia bastano a fare morti e dispersi nel territorio ravennate, ci sembra più probabile che le cause siano altre. Come ricorda Pileri,

«la provincia di Ravenna è stata la seconda provincia regionale per consumo di suolo nel 2020-2021 (più 114 ettari, pari al 17,3% del consumo regionale) con un consumo procapite altissimo (2,95 metri quadrati per abitante all’anno); è quarta per suolo impermeabilizzato procapite (488,6 m²/ab).»

 

Se non sono gli istrici allora è «il clima»

C’è poi la tendenza a fare spallucce dicendo: «è il cambiamento climatico». Come a dire: non è colpa nostra, che possiamo farci?

A parte che invece sì, è colpa “nostra”, o meglio, colpa di chi ha portato e tuttora porta avanti acriticamente questo modello di sviluppo, nonostante dei possibili effetti del surriscaldamento globale si parli da decenni…

A parte questo, va detto con chiarezza che questo uso del clima è diversivo.

Certo, fa parte del cambiamento climatico il fatto che a lunghi periodi di siccità si alternino precipitazioni intense concentrate in pochi giorni, tuttavia…

Tuttavia che a primavera possa piovere a dirotto per diversi giorni di fila lo dicono anche i proverbi. Uno su tutti: «Aprile, o una goccia o un fontanile». Che ciò possa accadere soprattutto dopo un inverno secco, idem: «Hiver doux, printemps sec; hiver rude, printemps pluvieux». E potremmo citarne molti altri, in molte lingue.

Di lunghe piogge e nubifragi a primavera troviamo innumerevoli testimonianze in tutta la cultura europea. Uno dei più grandi classici del cinema italiano, Riso amaro, si svolge a primavera – nella stagione della monda del riso, appunto – e mostra un acquazzone di molti giorni, martellante, interminabile.

Se queste piogge hanno impatti sempre più devastanti in sempre meno tempo, è perché il territorio è sempre più deturpato. Ed è contro chi lo deturpa che dobbiamo lottare.

* * * *

Postilla

Ora non appena le previsioni danno pioggia si chiudono le scuole, come è appena avvenuto anche a Bologna. Un tempo si chiudevano solo in caso di forti nevicate.

Mentre chiudiamo quest’articolo, primo pomeriggio del 17 maggio, giunge notizia che il Comune di Bologna – città dove al momento pioviggina e dove il trasporto pubblico ha continuato a funzionare – ha chiuso anche biblioteche, musei e centri sportivi. Se avete una sensazione di dejà vu è perché, sì, l’abbiamo dejà vu.

Si giustificano queste ordinanze col fatto che quando piove e magari le acque sotterranee straripano – nel corso del XX secolo le amministrazioni bolognesi hanno interrato e costretto in cementizi letti di Procuste tutti i canali e corsi d’acqua che attraversavano la città, compreso il torrente Ravone esondato nei giorni scorsi – il traffico si congestiona all’istante. Traffico prevalentemente privato e automobilistico, il che è al tempo stesso conseguenza e causa retroattiva delle politiche demenziali fatte sul territorio: nuove inurbazioni, sempre più strade, domanda indotta di spostamenti in automobile ecc.

La classe dirigente responsabile di quelle politiche, di fronte ai disastri che esse producono ha come risposta unica e automatica l’Emergenza. E magari, nello specifico, la DAD ogni volta che pioverà.

L’Emergenza – si è ben visto negli anni del Covid – serve a non affrontare le cause dei problemi né ora, perché gli eventi incalzano, né in seguito, perché a pericolo non più immediato si passerà ad altro… fino al prossimo disastro.

A meno di non spezzare questo circolo vizioso.

(https://www.wumingfoundation.com/giap/)

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Post-Postilla by CS

Magari si trattasse solo dell'Emilia Romagna. Pagavo ogni anno un consorzio di bonifica. Un giorno scoprii, su un giornale locale, per cosa lo pagavo: per tagliare l'erba sugli argini dei corsi d'acqua. Ma una sola volta all'anno, in estate, diceva la Presidente del consorzio, perché se avessero dovuto farlo iniziando in primavera l'avrebbero dovuto fare una volta ogni due settimane (il territorio del consorzio non si può esattamente definire immenso). Poi scoprii un altro paio di cose.

La prima era che quanto a canali e fossi, il consorzio pensava all'erba sugli argini (una sola volta, d'estate, come già visto), le opere meccaniche (chiuse etc) erano competenza della Provincia, gli alvei di competenza della Regione. Si direbbe il prototipo della ricetta per il disastro. E infatti quando il fiume principale del territorio vide una preoccupante ondata di piena capitò che la chiusa dello scolmatore rimanesse chiusa per ore. Perché l'addetto quel giorno era in mutua, se ben ricordo, e per accorgergersene e porci rimedio ci vollero circa sei ore. 

No, non serviva l'evento estremo per provocare crisi, bastava un normale acquazzone. E i sottopassi ferroviari si allagavano perché le pompe non avevano avuto manutenzione, e interi quartieri finivano allagati perché c'erano volute 12 ore per mandare qualcuno a far partire un'idrovora. Allora le fogne non tiravano perché il livello del fiume era alto. Altre volte non tiravano per mancanza di manutenzione delle caditoie: anni di mancata manutenzione perché il comune diceva che la loro pulizia spettava all'azienda che gestiva rifiuti e pulizia stradale, l'azienda diceva che toccava al comune.

L'ultima volta che ci fu una piena, e una parziale esondazione nelle casse di espansione fui colpito dalla notizia di alcune famiglie sfollate: già, le loro case erano state costruita in una cassa di espansione. Quindi basta molto meno di un evento estremo, e da anni.

PPS: Mi dicono che in giro c'è chi dice che la manutenzione dei territori non ha parte in causa. Eccerto, ti pareva...

 


giovedì 18 maggio 2023

LE MAMMOLETTE DEL CAPITALE PER LE RIVOLUZIONI IN PRIMA SERATA COME IN UN VIDEOGAME

 


La vera pestilenza del terzo millennio è la correttezza politica. Roba che va avanti da più vent'anni, altro che COVID.  Un meraviglioso attrezzo per quelle forze politiche già socialdemocratiche che un venticinque anni fa decisero di voltare le spalle al loro elettorato storico (le classi lavoratrici) per tagliarsi una fetta della torta del potere - poi sono passate dal voltare le spalle a quei ceti al pisciargli allegramente in testa dicendo che piove, e chi non dice che piove diffonde fake news. Questo fenomeno sta dietro a una dei peggiori leit motiv degli ultimi vent'anni, l'annichilimento della difesa dei diritti conquistati al suono della retorica sull'insostenibilità dei diritti acquisiti. Quest'ultimo è il motivetto che si andava fischiettando mentre si demoliva lo stato sociale.

Quello di Domitila Barrios de Chungara (rivisto da Magnus) è qualcosa che oggi verrebbe etichettato come "hate speech". Chi era la signora Barrios de Chungara? Ecco qua:

O, se preferite: https://en.wikipedia.org/wiki/Domitila_Ch%C3%BAngara

Questo per stabilire uno standard con cui misurare quante di questione femminile parlano dai loro attici e dai loro balconcini mediatici.

Storicamente le lotte dei popoli dell'America Latina tra anni 60 e 90 sono state un motivo forte della cultura politica della sinistra. Che Guevara, avete presente? Oggi sono trattate come roba obsoleta, sorpassata, demodé, perché c'è il Venezuela paese canaglia,  la Bolivia di Evo Morales non è mai esistita e Brasile vuol dire Bolsonero. E quel che è stato prima, beh, è stato taaaanto prima e oggi è tutto diverso. Certo, oggi specie in Italia le classi lavoratrici stanno infinitamente meglio di quanto stavano 40 anni fa, vero? Sì, è vero, le cose sono cambiate, tanto. 

Comunque ritorniamo alla questione degli standard. Passando dal femminismo all'ambiente, qualcuno si ricorda di Chico Mendes? (https://yatharthmag.com/2021/12/27/environmentalism-without-class-struggle-is-gardening/). Uno che si batteva contro il disboscamento in Amazzonia. Senza porsi gran che il problema esistenziale "non ci cagano!", che tanto affligge il contemporaneo quadro "climate" italiano, una qualche efficacia la sua azione la ebbe, tanto che per quella sua azione fu ammazzato. Chico Mendes, uno che diceva che "L'ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio". E Chico Mendes non fu un caso isolato ai tempi e non solo. Pure l'altroieri in Francia le leggi antiterrorismo venivano usate per arrestare certi ambientalisti (https://www.theguardian.com/environment/2015/nov/27/paris-climate-activists-put-under-house-arrest-using-emergency-laws)

Ora capirete che tra l'ambientalista arrestato grazie alle leggi antiterrorismo e il fenomeno Greta, le ultime generazioni e compagnia berciante una differenza, e una differenza sostanziale, c'è. Ed è la differenza tra essere strumentali al grande capitale e non esserlo (perché le passerelle a Davos... dai, neanche fosse una barzelletta).

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...