giovedì 20 marzo 2025

L'INDUSTRIA DEI FINE CHEMICALS ( E DEGLI API), LA GLOBALIZZAZIONE, IL RESHORING

 

Segnalato da un giovane collega, questo articolo su Organic Process Research and Development merita l'attenzione degli accademici e dei neolaureati o neodottorati perché mette nero su bianco una significativa manciata di numeri sufficiente a spiegare quello che è successo nel settore nell'ultimo quarto di secolo. C'è qualche possibile confusione, nell'articolo, perché si parla pressoché indifferentemente di fine chemicals, che al limite possono essere prodotti secondo un sistema di qualità ISO (ma non è strettamente necessario) e API, Active Pharmaceuticals Ingredients, che sabbero i principi attivi nei farmaci. Questi ultimi richiedono GMP: Good Manufacturing Practice, le norme di buona fabbricazione che garantiscono qualità e sicurezza del principio attivo farmaceutico. Il GMP non ha semplicemente a che vedere con l'analisi del prodotto, ma con tutti gli aspetti del processo produttivo, del suo controllo e del modo in cui la qualità del prodotto viene controllata.

Si tratta di temi che su questo blog sono stati trattati spesso e l'articolo ne riassume una buona quantità. Per esempio qual'è stato il motore dello spostamento verso l'Asia continentale delle produzioni chimico-farmaceutiche?

Il costo unitario per un reattore completamente installato in un impianto multiprodotto nel 2010 era di 1 milione di dollari per metro cubo per un reattore installato presso un'azienda di prodotti chimici fini con sede in Europa, Nord America o Giappone, mentre in uno stabilimento situato in Cina o in India era di 0,1 milioni di dollari per metro cubo.

Questa comparazione regge benissimo per i fine chemicals, ma quel che ha reso possibile il fenomeno è stata di fatto una finzione, lo stabilire con un colpo di penna su una direttiva europea che 1 metro cubo di reattore GMP in occidente equivalesse sempre e comunque a un metro cubo di reattore "GMP" in Asia. Finzione , di nuovo perché si stabilì che in mancanza di certificazione e ispezione di EMA venivano accettata quelle delle autorità del paese di produzione, che si autocertificava equivalente a EMA. Poi negli ultimi anni la faccenda si è complicata all'estremo, dall'Asia vengono anche i formulati (le compresse, per intenderci) ed è diventato molto difficile capire cosa è cosa e da dove viene, nello specifico. Ma sui numeri macro la faccenda è ed  stata più che evidente e l'articolo ne parla. 

Il motore di tutto questo processo, partito non in Asia ma in occidente? Il taglio della spesa farmaceutica, nient'altro. Ricordo che in Italia abbiamo avuto direttori medici che tessevano le lodi della fiala di cisplatino, per dire, e solo perché costava meno di una patata.

Ma vorrei soprattutto citare e tradurre un passo dell'articolo che riguarda le prospettive future (ricordo che API sta per Active Pharmaceutical Ingredients, ovvero i principi attivi contenuti nei farmaci):

La prolungata interruzione delle catene di approvvigionamento a seguito della crisi COVID-19 del 2020 ha peggiorato significativamente la carenza di API essenziali in molti paesi europei, americani e asiatici, portando molti dei loro governi a incentivare il reshoring della produzione critica di API.

L'instabilità politica nella regione del Mar Rosso ha ulteriormente contribuito alla carenza di API in Europa, poiché le navi provenienti da India e Cina sono state costrette a deviare il percorso attorno al Corno d'Africa, aggiungendo 4.000 miglia e aumentando i tempi di transito del 30%, con un conseguente raddoppio dei costi di spedizione.

Improvvisamente, sono stati resi disponibili incentivi sostanziali per le aziende farmaceutiche e chimiche per riportare la capacità produttiva nei propri paesi. Solo il governo degli Stati Uniti punta a rilocalizzare il 25% della produzione di API "a piccola molecola" entro cinque anni. Allo stesso modo, in Germania, il governo ha introdotto nel 2023 una nuova legislazione che ha aumentato i prezzi fino al 50% per i farmaci generici destinati all'uso pediatrico e per alcuni antibiotici, imponendo inoltre che, nelle gare d'acquisto di antibiotici, venga data preferenza agli API prodotti in Germania e in altri paesi dell'UE, estendendo il periodo di stoccaggio a 6 mesi.

Un'iniziativa simile è stata adottata in Giappone, dove il governo ha annunciato a metà del 2024 che, per sostenere la produzione nazionale di antibiotici e ridurre la "forte dipendenza dalla Cina", verranno concessi sia sussidi alle aziende chimiche giapponesi, sia la preferenza ai produttori nazionali in tutte le gare pubbliche per l'acquisto di farmaci.

Tutto ciò porterà le aziende chimiche specializzate, sia già esistenti che nuove, a iniziare la produzione di API nei paesi da cui erano state delocalizzate durante la seconda era della Grande Globalizzazione.

E' una prospettiva ottimistica da molti punti di vista. Ma il caos globale di inizio 2025 (e la seconda amministrazione Trump al riguardo viaggia col piede premuto sull'acceleratore) rende assai difficile qualsiasi previsione. In primo luogo le conseguenze di un reshoring USA costituirebbero un colpo ulteriore per la produzione europea, come già esposto qua sopra. In secondo luogo sul fronte europeo l'escludere dal patto di stabilità Rearm Europe dirotterà fondi verso le spese militari e armamenti, sottraendoli anche a qualsiasi piano in essere di reshoring della produzione di API (e dai budget sanitari e per il welfare in genere). Inutile girarci intorno, l'EU ha smesso di essere un mercato attraente anni fa, per quel che riguarda i farmaci. E sono pronto a scommettere che di iniziative come quella giapponese nel vecchio continente non se ne vedrà nessuna.

Gli USA ad oggi continuano ad essere il mercato mondiale di riferimento, come per molti altri settori. Questo è uno di quei fatti su cui le politiche della nuova amministrazione USA stanno sbattendo la testa (da cui il teatrino "metti 'sto dazio/leva 'sto dazio").

 

martedì 18 marzo 2025

LA GIORNATA DELLA MEMORIA DEL COVID19


Ricordiamoci di quanto un sistema sanitario definaniziato a morte non potesse reggere all'urto,

Ricordiamoci di chi a febbraio 2020 invitava ad andare a mangiare involtini dal cinese.

Ricordiamoci di come il primo caso a Codogno fu segnalato da un medico contravvenendo al protocollo

Ricordiamoci di come siano state avversate tutte le misure farmacologiche di riduzione del danno (remdesivir, mAb anticovid, rixolitinib, antiinfiammatorii, quando aveva senso usarli ).

Ricordiamoci di chi somministrò lopinavir a vuoto, meravigliandosi degli ovvi risultati nulli.

Ricordiamoci dei pandemiofili a perdere, quelli del new normal.

Ricordiamoci della miglior gestione.

Ricordiamoci di chi, dopo aver ripetuto alla nausea "ancora a parlare di COVID?" oggi commemora.

 

Ricordiamocene bene, perché al prossimo giro quando sarà (non domani né dopomani), vedremo lo stesso film o uno molto peggiore.

 

domenica 16 marzo 2025

LA SCIENZA PER IL RIARMO EUROPEO, MA ANCHE NO

 

https://www.repubblica.it/politica/dossier/una-piazza-per-l-europa/2025/03/15/video/una_piazza_per_leuropa_elena_cattaneo_leuropa_e_sempre_stata_baluardo_della_conoscenza-424065464/?rpl=1

Spettacolo rivoltante vedere bandiere della pace a una manifestazione per il riarmo europeo. Quando ho letto che la senatrice a vita Elena Cattaneo avrebbe partecipato non mi sono stupito. E infatti, dopo l'usuale retorica sulla ricerca biomedica, al minuto 4 del video la senatrice somministra la benedizione della "scienza" al riarmo europeo contro "i nemici"  - cioè la Russia e pure, potenzialmente, gli USA: ennesima dimostrazione di quanto il discorso di certa politica possa essere del tutto sprezzante del ridicolo. 

Quindi abbiamo la scienza unita per 800 miliardi in più di spesa militare europea?

No, affatto. Internazionale quanto la ricerca di cui parla la Cattaneo c'è un movimento di segno del tutto opposto e il suo appello merita la massima diffusione:

https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSf8SMOkUCIyLrXWi101tguGYa42BnIF9yLjTztnbOo0ND60FQ/viewform

Nei tempi oscuri che stiamo vivendo una cosa ci è chiara, limpida e cristallina: la guerra affama i popoli e arricchisce i produttori di armi; e coloro che invocano la necessità di andare in guerra non sono coloro che tale guerra la combatteranno davvero. Dal momento in cui si annuncia la corsa agli armamenti, e ancor più quando i giovani e le giovani europee saranno mandate al fronte, ci sarà un solo vincitore: le oligarchie internazionali che traggono benefici dal mercato delle armi; e ci sarà un solo perdente: i popoli, a qualunque nazione essi appartengano. 

Per questa ragione ci appelliamo al mondo della cultura, della ricerca e dell’insegnamento perché si schieri contro questa barbarie montante, rifiutandosi  a tutti i costi di rifornire di braccia, parole, denaro, speranze, idee e progetti questa delirante corsa verso l’abisso; contrastando ogni volta che è possibile i proclami guerrafondai di opinion makers accecati da sogni di gloria o dalla convinzione che si possano difendere nobili valori e principi con mezzi che li contraddicono alla radice; e, soprattutto, rifiutandosi di sostenere in ogni modo gli stati e i leaders che promuovono la guerra.

E direi che non c'è altro da aggiungere, se non concludere come l'articolo su ROARS: si vis pacem para pacem.

PS: Pare che la causa della guerra in Italia non abbia un travolgente supporto dell'opinione pubblica (32%, secondo i sondaggi). Eppure leggendo i commenti impregnati di idiozia militante sotto al pezzo di Sara Gandini e Paolo Bartolini sul Fatto Quotidiano le cose sembrerebbero del tutto diverse: ennesima dimostrazione dell'effetto deformante della rete.

giovedì 13 marzo 2025

UCRAINA: IL CESSATE IL FUOCO E' COME UNA FUNZIONE D'ONDA...

...  e come nella migliore delle tradizioni è l'osservatore che ne provoca il collasso.

Comincerei con l'estero:


La Russia accetta/rifiuta è evidentemente come il Gatto di Schrodinger, vivo/morto. La cosa è rispecchiata in campo italiano, più o meno (dal 2/1 di "accetta" in inglese al 2/1 di "rifuta" in italiano):

Siamo arrivati alla narrazione quantistica. A groundbreaking achievement?

mercoledì 12 marzo 2025

L'ALBA DI UN GIORNO NUOVO E IL PENSIERO LINEARE

 

Mi ricordo una due diligence in cui assistetti al colloquio tra chi la conduceva (un analista finanziario) e i vertici dell'azienda per cui lavoravo. L'analisi presentata riteneva improprie, cioè eccessive, le spese per ricerca e sviluppo: "Avete tre prodotti le cui vendite sono in crescita lineare da 4 anni, dovreste investire nell'espansione del mercato e della capacità produttiva per questi tre prodotti invece che spendere in ricerca". Dell'acquisizione/fusione non si fece nulla perché pochi mesi dopo, col nuovo anno, le vendite di due su tre di quei prodotti crollarono mentre quelle del terzo iniziarono a stagnare. E al tempo sono sicuro che la busta paga di quell'analista finanziario fosse almeno il 150% della mia, probabilmente di più.

In generale sia individuo che società cercano e desiderano la stabilità: un impiego pubblico con un contratto a tempo indeterminato, per esempio, che rappresenta un'isola di stabilità in un mondo che è  tutto meno che stabile. Stabilità e linearità diventano le lenti con cui guardare il mondo, lenti linearizzanti che linearizzano anche quel che lineare non è.

In fin dei conti un andamento lineare rappresenta una certezza: quella cosa continuerà a crescere (o a decrescere o a rimanere costante), all'infinito. Ed è bene ricordare che un'esponenziale, in scala logaritmica, è una retta e al riguardo negli ultimi anni ne abbiamo viste di tutte le specie.

No, non viviamo in un "Assurdo universo" come quello di Fredrick Brown (What a mad universe, 1949) o come quello di Sclavi e Micheluzzi (Roy Mann)

Il  problema è che ben poco di quello che ci circonda e percepiamo è assolutamente lineare o esponenziale. Spiacente. Il che non significa che sia prevalentemente casuale.  Questa è una cosa che non verrà mai capita, mai. Perché molto spesso due più due non fa quattro e tanti che si piccano di parlare di scienza per (mancanza di) formazione e cultura non hanno la minima possibilità di comprenderlo, anche se magari dicono pubblicamente il contrario. 

Mi è impossibile non tracciare un parallelismo al di fuori dei temi "scientifici" con il discorso mediatico italiano (e in genere occidentale) degli ultimi quattro anni: la pandemia sarebbe stata per sempre, la guerra in Ucraina sarebbe continuata fino alla vittoria. Narrazioni che fissavano il presente in una nuova costante, in un nuovo stato definitivo, eterno - a loro modo pensiero lineare anche queste. E che dire del credito che fu dato a Francis Fukuyama quando, nel 1989, ipotizzò la fine della storia (The End of History?, The National Interest, 1989)?. L'idea (piuttosto assurda) che la storia si fosse conclusa, aprendo un periodo di infinita stabilità (e di supremazia globale USA) è stato un leit motiv degli anni 90. Ma anche se l'idea era piuttosto assurda di fatto è stata istituzionalizzata. Quando studiai storia alle elementari, negli anni '70, il programma si fermava agli eventi del primissimo dopoguerra (Piano Marshall), che erano eventi di circa 30 anni prima. Oggi mi dicono che si fa fatica ad arrivarci, alla seconda guerra mondiale. Quindi quelli che si ricordano qualcosa di quel che hanno fatto a scuola ne escono oggi con gli ultimi 80 anni che mancano all'appello, quasi un secolo. In molte teste la storia è davvero finita, per quanto gli eventi che occupano i media dicano esattamente il contrario proprio da 80 anni.

Nello stesso 1989 in cui si iniziò a decretare la fine della storia invece Lord Robert May concludeva un suo articolo su The New Scientist a titolo "The chaotic rythms of life" (n° 1691, 18 nov 1989)  scrivendo:

Il messaggio che mi parve urgente più di dieci anni fa è ancor più vero oggi: non solo nella ricerca biologica ma anche nel quotidiano di politica ed economia le cose sarebbero molto migliori se si comprendesse che semplici sistemi nonlineari non possiedono necessariamente proprietà dinamiche semplici

Ed il messaggio continua ad essere urgente oggi esattamente come lo era 35 anni fa.

domenica 9 marzo 2025

GIU' AL NORDEUROPA

Giù al Nordeuropa centinaia e centinaia di tonnellate di acrilonitrile viaggiano su rotaia.


Lunghi convogli di vagoni cisterna, mossi da locomotori di chissà quali compagnie, apparentemente uno diverso dall'altro. Vengono da un vasto polo di chimica di base, compreso tra due fermate dei treni locali. Passandoci in mezzo, in auto o in treno, non si sentono odori, neanche di estate. Il polo comprende una centrale termoelettrica con due torri di raffreddamento e due  gruppi generatori da 330 megawatt. Quando il mio treno salta e mi tocca prendere un bus incrocio gruppetti di giovani ingegneri chimici che parlano di rettifiche e reattori a letto fisso.

Giù al Nordeuropa tra i colleghi le reazioni a Rearm Europe non sono state entusiastiche, per usare un blando eufemismo. L'impressione è che sia un orientamento piuttosto diffuso e che i governi, su come giù, lo sappiano bene regolandosi di conseguenza.

Giù al Nordeuropa al livello del mare in una bella giornata dei primi di marzo alla mattina fa meno due o meno 4 e poi la massima non arriva sopra ai dieci gradi. Dai finestrini del treno andando al lavoro vedi i campi fuori città candidi di brina. E i dieci giorni di neve e ghiaccio e meno nove di minima a gennaio non te li leva nessuno, nella stagione in cui le ore di luce sono a malapena sette. Quando esci dal lavoro è già buio e le temperature scendono velocemente verso la minima. Una minima che è anche più bassa fuori città, a lato delle strade statali che costeggiano le zone industriali, o lungo i vialoni suburbani a quattro corsie su cui si affacciano palazzi di uffici, capannoni della logistica e industriali, centri di ricerca. In quei giorni, quando il vento taglia come una lama di ghiaccio, meglio non mettersi fermi ad aspettare l'autobus, meglio camminare verso la prima fermata un poco più riparata.

Poi le temperature salgono e quando salgono di solito piove, piove, piove: drizzle impalpabile o folate di gocce, pioggia forte o leggera, cielo coperto di nuvole scure e acqua che viene giù, spesso arrivando di traverso per il vento. Giù al Nordeuropa comprarsi una cerata è una buona idea.

Giù al Nordeuropa quando c'è il grande mercato fai fatica a riconoscere le specie sui banchi del pesce. Ok, salmoni, tanti. Poi qualche carpa, sogliole, rombi, sgombri, merluzzi e eglefini. Ma anche varietà di sgombri e pesci cappone mai viste prima e altre specie altrettanto ignote, del Mare del Nord e del Nord Atlantico. Il pesce affumicato comprende aringa, sgombro, salmone, anguilla, trota, halibut, haddock e spigola. E le ostriche sono disponibili e fresche, quindi avere in casa un coltello da ostriche è una buona cosa. Quelle nella foto venivano 30 euro la dozzina, che non è malaccio come prezzo.

Giù al Nordeuropa i vini italiani li trovi, ma nella gamma medio alta i francesi la fanno da padrone: Pays d'Oc, Corbières, Côtes du Rhône, Chablis. Pouilly Fumé, Pouilly Fuissé, Borgogna, Bordeaux e Muscadet.

Giù al Nordeuropa ci sono ristoranti italiani e pizzerie italiane, ma non ci ho mai messo piede. Eccetto quelli italiani ogni bistrot, caffé, pub o ristorante del centro offre ostriche e Chablis, non si scappa. Magari le ostriche di quelli meno frequentati non sono così fresche quindi  meglio evitare.

Giù al Nordeuropa si trova pasta Rummo e De Cecco, caffè Lavazza e Segafredo, olio Carapelli e Coricelli. Chiamano riso da risotto quello che ad occhio è un riso Originario, Si trova pomodoro in scatola e concentrato Mutti - e la differenza con il prodotto di marchio autoctono si nota. Ma ci sono tanti posti nel Nordeuropa che non sono affatto così,

 

mercoledì 5 marzo 2025

A CHI CONVIENE LA "SCIENZA" SCHIERATA IN POLITICA?

Ormai è del tutto evidente: non alle discipline scientifiche. Certa politica pensava che gli convenisse, certa "scienza militante" pure. I semplici fatti hanno dimostrato ampiamente che no, non era così.

https://www.nature.com/articles/d41586-025-00661-8

Vediamo un po'... se da anni dici che X è un personaggio indegno e un nemico poi ti stupisci se X tratta te come un nemico e quando può agisce contro di te?

Voglio ricordare che l'area dem fu la prima a bollare Trump come anti-scienza prima dell'elezione al suo primo mandato. Avete bisogno di un rinfresco di memoria? 

Nel 2016:

Dalla negazione della scienza alla xenofobia fino alla misoginia, Trump tira fuori il peggio dagli americani e vuole annullare 50 anni di progresso.

Ma non solo, alcune voci della "comunita´ scientifica" seguirono la scia dei dem, schierandosi.

Sempre nel 2016 ci si mise anche Scientific American:

Le opinioni di Trump sulla scienza sono sorprendentemente ignoranti. Le sue dichiarazioni mostrano un disprezzo per la scienza che è allarmante in un candidato a una carica importante.

Nature si schierò con Hilary Clinton, Lancet non fu da meno:

"Trump è davvero COSÌ pessimo?" Concluse che, in effetti, la realtà era "fosca". Il presidente Trump, sostenne Stuckler, sarebbe stato una "minaccia diretta per la salute pubblica".

Sono esempi di una "scienza" che si riteneva al di sopra della politica. Otto anni dopo, reality check: non era mai stata al di sopra, era stata sempre al di sotto, semplicemente messa sugli altari da una parte politica per il suo tornaconto. L'amministrazione Biden "guidata dalla scienza" fu uno spettacolo grottesco, con chi era stata corresponsabile dell'inizio della crisi degli oppiacei, la Woodcock, rimessa a capo di FDA come Acting Commisioner e una raffica di dimissioni dall'agenzia.

Erano quelle di Scientific American, Nature e Lancet dichiarazioni politiche, nel senso deteriore? Al 120%. Erano politicamente intelligenti? Se lo scopo era usare la scienza schierata al servizio di una parte politica sì. Considerati i risultati, l'uso della "scienza" in una tornata elettorale forse era da archiviare (citofonare Renzi). Ma chiedere lungimiranza politica a Biden e Harris forse era chiedere troppo e non c'è niente di peggio che rimanere relegati nel ruolo del sore loser, che è il loro ruolo attuale (Sanders dice sante ovvietà ma non è un caso che il suo partito lo abbia emarginato).

Date le premesse questa narrativa si è ostinatamente rifiutata di ricordare che, nonostante tutto, fu proprio la prima amministrazione Trump con Operation Warp Speed a finanziare lo sviluppo di vaccini e farmaci anticovid che poi sono stati usati in tutto l´occidente. E forse ha preferito scordarselo lo stesso team di Trump durante la campagna elettorale, in cui università e scienza sono state dipinte come "il nemico".

Oggi siamo arrivati al punto in cui la ricerca scientifica è scesa in piazza, negli USA, per protestare contro il taglio dei finanziamenti (impossibile dargli torto). Ma, poco da fare, ormai non solo qualche rivista, ma la scienza pubblica e accademica per intero si è definitivamente schierata nella contesa politica e questo fatto avrà conseguenze gravi. Perché non si farà più alcuna distinzione tra  "la scienza", quella indistinguibile dalla politica, e la pratica delle discipline scientifiche. La ricercatrice che va alla manifestazione con il cartello "Preferirei essere in laboratorio", mai stata vicina alla politica, da oggi verrà omologata a chi ha usato "la scienza" sperando in tornaconti grandi (vittorie elettorali, posizioni di rilievo) o piccoli (posticini sulle pagine di un giornale o briciole di visibilità mediatica).

Marcia McNutt lo scorso autunno ricordava che :

Dalla fondazione della National Academy of Sciences (NAS) durante la Guerra Civile. il periodo più divisivo della storia americana, la scienza e NAS (di cui sono attualmente presdidente) hanno servito la nazione indipendentemente dal partito politico al potere, Continuando la comunità scientifica a farlo, occore puntare una sguardo critico su quale responsabilità la scienza si prenda partecipando al contenzioso politico, e su come gli scienziati possano ricostruire la fiducia del pubblico verso di loro...

Le ultime presidenziali USA sarebbero state una buona occasione per provare a frenare l'escalation, per una presa di posizione che ricalcasse le parole della Mutt: la ricerca scientifica sarà neutrale indipendentemente da chi governi. E' stato fatto l´esatto contrario e ho presente una popolazione piuttosto numerosa che sarà perfettamente a proprio agio con le conseguenze: una rinnovata e più energica polarizzazione, una nuova guerra "per la scienza" da combattere. Che non servirà a niente né a chi ha perso il lavoro, né a chi ha perso i fondi, specie se condotta sui media italiani. Ah e riguardo la fiducia pubblica verso le discipline scientifiche? Ma chi se ne frega...

E poi... in certi articoli c'è quel profumo caratteristico, quello delle rese dei conti interne dentro le grandi organizzazioni: chi diavolo è costui, ora Acting Director, che è stato sempre nell'ultima fila? Nell'ultima fila forse perché tu e tuoi cronies hanno fatto di tutto per farlo restare lì? Come diceva uno a pensar male... Potrebbe essere davvero l'ultima ruota del carro, ma se scrivi che i colleghi hanno cercato come si pronunciava il suo cognome (italiano), bimbo... hai perso un'ottima occasione per apparire inclusivo. Per essere chiari questo non ha nulla a che fare con la ricerca scientifica: sono giochi di potere e le reazioni di chi il potere lo perde.

https://www.washingtonpost.com/science/2025/03/05/nih-trump-turmoil-grants/

 

PS: Voglio ricordare che a un certo punto qualcuno ha capito che forse si era spinto un po' troppo in là e considerata la sua posizione stava facendo più danni che altro alla causa che voleva appoggiare. Perché certo, nessuno ti vieta di avere opinioni personali anche forti, ma se sei in una certa posizione e le esprimi pare che tu le stia esprimendo in quanto editor in chief di una famosa rivista (un tempo) scientifica. E dare degli idioti ignoranti a chi vota chi non ti piace non è il miglior modo per ristabilire  fiducia.

ADDENDUM: Mi sono visto un'ora e mezzo di Stand Up For Science a Washington su Reuters... una carrellata di luoghi comuni e congressmen dem, con qualche centinaio di persone, e non le migliaia che qualcuno diceva (a Parigi migliaia, ma quel che succede a Parigi al riguardo non conta un beep). Se il messaggio voleva essere "La scienza è una cosa dem" è passato alla perfezione, alla faccia di quelli che la pensano come Marcia Mutt. E non sarà senza conseguenze.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...