domenica 7 aprile 2024

HANNO PROPRIO QUELLA FACCIA LI'

 

Abbiamo una memoria che fa francamente pena. Perché abbiamo dimenticato, molti fingono di dimenticare, che Speranza si ritrova a guidare la sanità italiana proprio mentre, per destino crudele, un’orrida pandemia di stampo medievale cala sul nostro mondo come una coperta mortale. 

Eccerto, destino cinico e baro, che altro?

Piano pandemico non aggiornato da anni e sanità allo sfascio mentre si diceva "Siamo pronti!". A febbraio 2020 la campagna "involtino primavera" del PD. Poi la peggiore gestione della pandemia in occidente, le decisioni prese aumma aumma con il Comitato Tecnico Scientifico, un dispiego dei vaccini anticovid assurdo (prima i soggetti a rischio? ma figuriamoci), goffo, ritardatario e spesso dalle modalità scellerate (vedasi Open Days). Il record dei decessi.

In un paese normale (non normale come lo intende Fabrizio Roncone) Speranza si sarebbe semplicemente dileguato dalla scena politica. Ma l'Italia checché dica Roncone è normale proprio nella sua accezione, e quindi Speranza c'è e a seguito di un evidente scatto di demenza è pure in giro a presentare il suo libro. Ma si sa, in italiano non esiste un sinonimo di accountability, mentre l'inglese unpunished ha sfumature tutte diverse dall'italiano impunito.

Spiace che il conto all'ex ministro non sia presentato dal sistema stato, ma dal malcontento popolare. La sindrome di Maria Antonietta è cronica, nella "sinistra" parlamentare italiana (e forte anche nelle altre forze parlamentari), ma ancora non se ne rendono conto.

Con ciò a "uno di noi" ci credo: Roncone e Speranza nello stesso club Maria Antonietta, mi sembra del tutto logico.

mercoledì 3 aprile 2024

LE NUOVE REGOLE DELLA CENSURA (VECCHIA)

https://www.linterferenza.info/attpol/15923/

Premettendo che l'uscita di CS dai social ebbe molte ragioni circostanziate e che continuo a pensare che  i social network siano già da tempo "territorio nemico", cominciamo mettendo in rilievo l'annuncio nell'articolo:

Sabato 11 Maggio alle ore 10 presso il Centro Congressi Cavour sito a Roma in Via Cavour 50/a, ci riuniremo per il decennale de L’Interferenza e sarà l’occasione, oltre che per un dibattito politico sui vari temi di politica e di politica internazionale, anche per lanciare una battaglia per la libertà di informazione, per combattere contro queste multinazionali che, oltre a godere di privilegi fiscali inaccettabili, se ne  infischiano delle Costituzioni e delle leggi degli stati e impongono le loro regole credendosi al di sopra del diritto. E questo perché i governi glielo permettono.

E continuiamo con le premesse del discorso, contenute nell'articolo su La Fionda che viene citato:

Facciamo un passo indietro. Per chi non avesse seguito la vicenda, lo scorso 9 febbraio Meta ha annunciato che sulle sue piattaforme Instagram, Threads e Facebook verranno sistematicamente oscurati tutti «i contenuti politici, potenzialmente legati a temi quali le leggi, le elezioni o argomenti di natura sociale».

Interrogati da utenti e giornalisti sulla vaghezza preoccupante di una tale definizione, i portavoce di Meta hanno balbettato risposte ancora più fumose, spiegando che la lista nera degli argomenti riguarderà le «hard news (politica, esteri, salute economia, ndr)» e la «critica sociale» inquadrata come «contenuti che identificano un problema che influenza le persone ed è causato dall’azione o inazione degli altri, il che può includere questioni come le relazioni internazionali o il crimine». Tutto, sostanzialmente....

Con le nuove regole, queste pagine perderanno il 93% dei lettori.

E non basterà pubblicare qualche post politico-sociale in meno per scampare all’embargo. Meta ha specificato che non si limiterà a mettere nel mirino i singoli post, ma bersaglierà attivamente interi account, colpevoli di pubblicare «principalmente» contenuti politici o di critica sociale. Anche se per il momento non è stata così gentile da comunicare la soglia di contenuti “indesiderati” autorizzata – 40%, 50%, 60%? – né quale periodo di tempo verrà preso in esame per affibbiare il marchio di “Account politico-sociale” – negli ultimi 7 giorni, 30 giorni, 90 giorni?

Tutto ciò è l'ultima manifestazione di una tendenza che va avanti da anni, e non mi stupirei se le nuove regole venissero applicate con un certo grado di asimmetria (cioè favorendo un certo tipo di orientamenti politici a danno di altri). Non è difficile inserire questo giro di vite nelle varie manovre iniziate in vista delle prossime elezioni presidenziali USA (nonché, su scala minore, delle elezioni europee).

E vorrei ricordare un dettaglio: da anni gli appelli a privare di diritti l'avversario si sprecano. Mi ricordo bene i discorsi sull'epistocrazia che contenevano l'ipotesi di un patentino per votare, guarda caso prima delle elezioni politiche del 2018. Ma mentre privare qualcuno dei diritti politici è abbastanza complicato, levargli la voce è cosa molto più agibile. Ebbi una personale esperienza al riguardo e ci fu della bella gente che applaudì con entusiasmo alla notizia dell'oscuramento di questo blog. Correva l'anno 2019 e da tempo lo squadrismo virtuale era una realtà consolidata.

Oggi la situazione è assai peggiore. I successivi giri di vite della censura sono il segno di un terrore nei confronti degli "eccessi di democrazia" (sic) che cresce anno dopo anno e a cui le politiche emergenziali non hanno saputo rimediare, anzi - vedasi il risultato delle elezioni politiche del '22, scontato, ma so di prima mano che più di uno in casa PD era convinto che ne sarebbero usciti ancora una volta nella maggioranza di governo.

Cosa ci sia oggi sul piatto è visibile a chiunque: la posizione del paese nelle guerre in corso, nei confronti dei progetti di politica sanitaria globale, nei confronti delle agende economiche internazionali, quel che potrà succedere se dalle presidenziali americane non uscirà un POTUS dem. Che la risposta a tutto questo sia l'ennesimo giro di vite censorio non dovrebbe stupire, ma non è certo il caso di stare a guardare in silenzio. 

E comunque oggi i social media sono parte del problema, non della soluzione.

PS: Si è parlato di censura anche in casi di tutt'altro genere come se si trattasse esattamente della stessa cosa. Per esempio in questo caso:

https://www.adnkronos.com/cronaca/molinari-contestato-napoli-israele-gaza_6WVxCq9gblfolvunXVis5a

E mi viene in mente il lupo che accusa l'agnello nella favola di Esopo. Qualcuno può forse sostenere che Molinari in generale non riesca a far sentire la propria voce? Non credo. Se credete alla possibilità di un dibattito onesto con il direttore di Repubblica o con un suo congenere probabilmente avete vissuto gli ultimi cinque anni su un altro pianeta. Gli studenti che hanno contestato Molinari hanno esercitato un loro diritto: quello di non volere accogliere a casa loro la retorica che vuole confondere "stop al massacro" con "antisemitismo".



lunedì 1 aprile 2024

IL CAOS IN PRIMA SERATA


In prima serata per modo di dire, ovviamente. Come diceva qualcuno, se campi abbastanza ne vedi di tutte le specie. Aggiungerei che finisci per vedere tutto e il contrario di tutto.

Esce su Netflix Il problema dei tre corpi e improvvisamente tutti parlano di caos deterministico, il che è molto curioso ai miei occhi. E' molto curioso perché mi ricordo molto bene di quando iniziai a parlare di teorie del caos. Fu nel 2016 e il partito de lascienza ci mise poco a classificare la cosa: "le teorie del caos sono un marker dell'antivaccinismo". Mi ricordo una delirante coda di commenti su facebook in cui c'era uno a caso che parlava di soluzioni del modello SIR e c'erano altri, tra cui Pier Luigi Lopalco e Roberto Burioni, che liquidavano il tutto come "cazzate". Perché? Perché tutte le voci della "scienza" sui social stavano trattando il morbillo del 2017 come se fosse un sistema lineare (ma lineare non lo è). Quindi postare Robert May creò scandalo.

https://royalsocietypublishing.org/doi/epdf/10.1098/rspb.1986.0054

Come sarebbe a dire che due più due può non fare quattro? Eresia. 

Eppure Sir Robert May non fu quidam de turba academicorum: il suo lavoro, tutto sull'ecologia delle popolazioni e soprattutto sulla dinamica delle malattie infettive, è stato un contributo storico alla disciplina e May tra l'altro è stato a lungo presidente della Royal Society. Questo dovrebbe dare un'idea  del livello di chi veniva citato da una parte e dall'altra della cialtroneria a cui si arriva ormai da anni quando un tema politico (la politica sanitaria lo è) viene paludato con le vesti della "scienza". Ma quella era la natura del pubblico scontro di opinioni. Che in realtà le qualifiche o le competenze per parlare di" scienza" non servissero si poteva facilmente osservare: commercianti (BUTAC), laureati in lingue (Attivissimo), pasticcere (IoVaccino), ragioniere (VaccinarSi) e via dicendo. In realtà il curriculum era irrilevante, quel che era importante era ribadire "la cosa giusta", anzi, darla in testa ai dissenzienti. Tra COVID e guerre nessuno se ne ricorda più, ma fu tra 2014 e 2017 che alcuni strumenti sanitari (vaccini) divennero un singolo articolo di fede.

E oggi tutti a parlare del sottostante scientifico de Il problema dei tre corpi, di caos, di nonlinearità, quando fino a due anni fa si linearizzava allegramente il non linearizzabile (e lo si continua a fare con il clima). What a wonderful world...

PS: Chi vuole approfondire può sfogliare il tag caos su questo blog, non ho alcuna voglia di ripetermi. E sul problema dei tre corpi c'è chi ha già fatto il lavoro.

PPS: Dall'altra "parte" ci fu chi volle cogliere la palla al balzo, quanto a teorie di caos, senza capirci assolutamente niente esattamente come i suoi colleghi del partito lascienza. In fondo tutti medici erano, davvero qualcuno continua a pensare che abbiano una formazione scientifica?



mercoledì 20 marzo 2024

FISICI, COMUNICAZIONE DELLA SCIENZA, PARADIGMI SCIENTIFICI

 

Qualcuno avrà capito che mi piace molto di quel che ha scritto Lisa Randall, che è un fisico teorico. Mi piace anche quel che produce Sabine Hossenfelder. Perché loro non riducono il tutto a un testo buono per la terza elementare, o forse oggi sarebbe meglio dire terza media, cosa che sarebbe la ragione sociale prevalente dell'attuale divulgazione scientifica: un catechismo per la terza media o per persone con il livello intellettivo di uno studente italiano di terza media. E infatti, neanche a farlo apposta, inoltrato da Starbuck:

https://www.feltrinellieducation.it/corsi-live/scrittura-e-letteratura/scrivere-di-scienza-realizzare-un-prodotto-di-divulgazione-scientifica

Come realizzare un prodotto di divulgazione scientifica? Farlo scemo e moralistico. Più scemo e moralistico è, più funziona (Burioni docet ma anche tutto il resto non scherza, con rare eccezioni di cui qua sopra o ai tempi della presenza social si è parlato). Se qualcuno non ci è arrivato quel che perlopiù passa come divulgazione in Italia non ha a che fare con le scienze, ma con lo spettacolo. Ci si può nascondere dietro il dito del termine "infotainment", ma resta il fatto che è intrattenimento e che quindi non incorpora in nessun modo qualsiasi cosa che sia "disciplina". Come dice un mio vecchio amico "Un divulgatore è uno scrittore fallito". E "divulgare" è una più o meno accattivante cosmesi del fallimento. Nell'impermanenza cronica dell'occidente odierno, in cui ben difficilmente un libro prodotto oggi sarà ricordato non tra 50 anni ma neanche tra 10, "divulgazione" è l'ennesimo prodotto usa e getta, buono per far fare un pugno di like, un poco di share, un poco di copie vendute, ma sopratutto buono a puntellare le parole d'ordine dominanti.

E infatti ci sarebbe da chiedersi: perché realizzare un prodotto di divulgazione scientifica in una fase storica in cui in primis servirebbe coscienza politica? Provate ad immaginare una risposta.

Io la risposta me la sono data da tempo,

E per questo 'sta roba non mi piace (blando eufemismo), ma mi piacciono per esempio i video di Marco Casolino. Mi piacciono per un paio di motivi. In primis non c'è traccia di moralismi d'accatto, non abbassa il livello, e sono convinto che buona parte del suo pubblico capisca di non capire il dettaglio. Il secondo motivo è perché è un instancabile cercatore di "odd balls", cioè oggetti osservati per cui i conti tornano ma risultano incongrui per più di un verso nel corrente paradigma dell'astrofisica.

Dall'esterno (essendo fisica e chimica ambiti poco comunicanti) potrei ipotizzare che se ci saranno novità significative nei prossimi anni saranno nell'astrofisica e per il motivo più semplice: nuovi e migliori strumenti di osservazione. E guardando e ascoltando, meglio si osserva meno i conti tornano (quel che sta succedendo, aggiungendo le incognite di materia ed energia oscura quest'ultima molto più incognita del resto). A pelle mi verrebbe da ipotizzare che siamo solo all'inizio delle osservazioni che non si incastrano benissimo nel corrente paradigma dell'astrofisica. Spero che quel che seguirà sarà una serie di eventi interessante.

PS: Mi piace anche quel che dice Carlo Rovelli, ma questo è un altro discorso.

domenica 17 marzo 2024

CLIMA, UNA RISPOSTA PUBBLICA, VARIE ED EVENTUALI

https://theproudholobionts.substack.com/p/the-climate-has-always-changed-so

Magari quelcuno riconosce l'immagine, già comparsa qua sopra. Quel post ha provocato un commento pubblico di Ugo Bardi. Dopo diversi giorni, ho pensato che forse una mia risposta pubblica sarebbe stata opportuna.

In primo luogo ringrazio Bardi per la presentazione in inglese but I'm not that guy, not exactly:

“The Skeptical Chemist,” an Italian expatriate in Europe whose real name is unknown but who clearly has a deep knowledge of chemistry, in particular pharmaceutical chemistry. His blog and his pages on social media were very successful during the pandemic when he criticized the various manipulations of the truth by the powers that be. As you may have expected, the PTBs took their revenge by making his blog disappear from search engines and social media and also directing against him the wrath of a crowd of clowns in search of a circus. The Skeptical Chemist abandoned social media; he still publishes his blog, but has closed the comments.

Detta così sembra che io io sia una qualche specie di martire per avere dato contro a una lunga serie di bestialità che andavano per la maggiore, e non è assolutamente così. L'anonimato è stata una difesa molto efficace e credo di aver fatto ben poco (e senza risultati) rispetto a Guido Silvestri e Sara Gandini, la cui azione durante la pandemia è stata molto efficace e che per questo si sono visti arrivare addosso di tutto. Ah, una nota: nel branco che gli gettava fango addosso i soggetti più qualificati erano accademici di terza fila con H-Index al limite dell'invisibilità, in un campo in cui l'H-Index è tutto o quasi. Questo giusto per ricollocare in prospettiva il fenomeno.

Tornando a questo blog, non mi risulta che sia sparito dai motori di ricerca e quanto al suo posizionamento nelle ricerche mi interessa poco. I "powers to be" non si sono  mai fatti sentire, a quel che mi ricordo, e per quel che riguarda la visibilità online il suo andamento l'ho sempre attribuito ai successivi giri di vite sull'informazione, ad algoritmi sempre più stringenti, eccetto che in un singolo caso molto circostanziato. Per quello che riguarda i pagliacci confermo, ma ritengo sia qualcosa che succede a chiunque raggiunga un briciolo di esposizione parlando di temi divisivi. Le ragioni dell'abbandono dei social sono state anche quelle spiegate

Riguardo i commenti sul blog, all'inizio non erano aperti perché c'era la presenza sui social, e quindi si poteva commentare lì. Oggi proprio le ragioni che mi hanno spinto ad abbandonare i social sono le stesse per lasciare chiusi i commenti. Ma veramente si pensa oggi che un pubblico dibattito produttivo sia generalmente possibile? Sia sui grandi media che sui social si tratta solo e unicamente di consolidare la fanbase, la bolla, il proprio elettorato, grandi o piccoli che siano. A questo ormai si è ridotta la dialettica in tempo reale sui media, social o no. Ed è qualcosa per cui ho perso ogni interesse, se non si è capito. Le possibilità di interazione con questo blog sono limitate alla mail, che prevede un meccanismo meno di pancia, meno istintivo e magari più ragionato rispetto a un commento o una reazione sui social. 

Ritornando alla faccenda clima faccio presente di nuovo che l'autore del pezzo non voleva dire "il clima ha cicli" (grazia graziella etc), né tantomeno "il clima ha cicli e quindi l'uomo non c'entra niente", ma voleva sottolineare quale sia il background di variabilità con cui il modellista deve avere a che fare. Un altro mio contatto, che nella rilevazione di parte dei dati coinvolti ci lavora, ha commentato: " Bravi voi che parlate di modelli, e tutto perché non avete mai visto i dati con cui li fanno e le relative incertezze".

Di nuovo questo non significa che "il clima cambia da sempre e i modelli sono basati su dati spazzatura". Semplicemente significa che in primo luogo i modelli non sono Sante Tavole della Verità. 
In secondo luogo significa che non solo non siamo in grado di produrre predizioni affidabili per un determinato momento del futuro: anche con la previsione dei trend  gli intervalli di confidenza si possono dilatare fino a svariati gradi o decine (plurale) di anni, e basta vedere i grafici IPCC: 

Global surface temperature changes relative to 1850-1900, degrees C, under the five core emissions scenarios used in AR6




Quale è la differenza rispetto a cose ormai dimenticate, come questa roba che venne dall'Imperial College riguardo al COVID nel 2020?


Dovrebbe essere evidente: la differenza è la scala temporale. Ed è quello a cui mi riferivo con un post di qualche tempo fa. E' grazie a questa differenza che sappiamo che le previsioni 2020 di Imperial College valevano niente. Riguardo al clima invece nel modello IPCC siamo in un punto in cui gli scenari sono ancora completamente confusi. Per validare il modello IPCC con l'osservazione dei dati occorrerebbe essere nel 2100, quando le previsioni dei tre scenari non saranno più sovrapposte. Oppure le previsioni potrebbero essere confermate da un'innalzamento di temperatura di 2.5 °C nel 2050: ma se aspettassimo il 2050 per verificare, rilevando un aumento di temperature di 2.5 °C, allora saremmo in guai estremamente seri e la situazione potrebbe essere irreversibile. Ma c'è da considerare che i margini di incertezza (confidence intervals, credibility intervals o quello che volete) potrebbero essere un poco più ampi di quelli raffigurati.
 
Detto questo, l'intero pacchetto è stato confezionato come "Lo dice la scienza" e amen. E quindi si è passati in un dominio in cui concetti come errore, σ2, p-value e Confidence Interval non hanno cittadinanza, muovendo in un territorio che non ha a che fare con nessuna disciplina scientifica (dominio politicamente presidiato dalla "sinistra" parlamentare e da movimenti più o meno isterici).
Le conseguenze politiche della cosa sono sotto gli occhi di chi vuol vedere, tali e quali come per il COVID. L'esempio più recente e eclatante? Stabilire che in Europa gli edifici preesistenti debbano raggiungere la classe energetica D entro il 2033 (tra l'altro non è che solo l'Italia abbia centri storici, eh...).

Concludo ripetendo le parole dell'autore del post originario:

Parlare di previsioni del clima senza discuterne l'incertezza semplicemente non ha senso, e chiunque non metta il problema dell'incertezza al centro, sta cercando di passare un'agenda politica, non di trasmettere un messaggio scientifico. Anzi, parlare di incertezza è essenziale proprio perché parlando di incertezza si può esplicitare la dimensione politica di un dibattito che può svilupparsi sul problema del clima, trattandolo come un problema da valutare, soppesare, paragonare ad altri problemi.


giovedì 14 marzo 2024

MOLIBDENO, LISTE, GUERRA

In passato ho parlato di acciaio smaltato, aggiungendo una valutazione puramente estetica. L'acciaio smaltato non è l'unico materiale usato per la reattoristica industriale. C'è anche l'acciaio inossidabile, tipicamente l'AISI 316 . E dal punto di vista dell'estetica l'acciaio inossidabile lucidato è qualcosa.

Ci sono consistenti differenze tra i due materiali, L'acciaio smaltato ha un'alta resistenza chimica. In particolare è resistente alla maggior parte degli acidi alogenidrici (acidi cloridrico, bromidrico, iodidrico). Ma è vulnerabile alla corrosione da alcali a caldo (Idrossido di sodio, idrossido di potassio) e da acido fluoridrico, che invece non creano problemi all' AISI 316. Poi c'è un altro aspetto che riguarda conduttività termica e calore specifico. L'AISI 316 ha conduttività termica di 15 Watt per milliKelvin e un calore specifico di 500 joule per Kg K (dove K ancora è il grado Kelvin). L'acciaio smaltato ha invece una conduttività termica di 1.2 Watt per milliKelvin e un calore specifico 800 joule per kg K. Il che vuol dire che con un reattore smaltato servono più calorie per scaldare il materiale del reattore (o più frigorie per raffreddarlo) e che la tramissione di calore ai suoi contenuti o sopratutto la rimozione di calore dai suoi contenuti è meno efficiente rispetto a AISI 316 (il che si traduce in tempi di riscaldamento o di raffreddamento più lunghi). Quindi se devi lavorare, per esempio, a -80 °C forse l'acciaio smaltato non è la scelta più appropriata. Anche perché c'è un ulteriore aspetto che riguarda coefficienti di dilatazione termica e la resistenza meccanica. Non si può stressare un reattore smaltato con differenze di temperatura troppo grandi tra temperatura di camicia e temperatura interna, altrimenti si rischiano crepe nello strato di smalto, con conseguenti rischi di corrosione (perché i contenuti del reattore filtrano fino all'acciao e la protezione dello strato di smalto viene compromessa).

Ma se si deve lavorare a temperature criogeniche e con acidi alogenidrici come si fa?

C' è l'Hastelloy, e in particolare l'Hastelloy C, che riunisce i pregi dell'acciaio inossidabile con quelli dell'acciaio smaltato. Piccolo particolare: è costoso e la sua lavorazione è molto costosa. Per cui di solito i reattori in Hastelloy C sono relativamente piccoli (100-500 l). 

Cosa hanno in comune AISI 316 e Hastelloy C? Il molibdeno, usato ormai da ben più di 150 anni nella fabbricazione di leghe e superleghe metalliche (e l'Hastelly è appunto una superlega). L'86% della produzione mondiale di molibdeno va a finire in leghe metalliche.

Mi chiedo, viste le condizioni dell'Italia e l'attuale stato di cobelligeranza del paese contro la Russia e contro lo Yemen, se il governo italiano non abbia mandato a Washington una lista del molibdeno 2.0. Secondo me non lo ha fatto, tanto ci sono i soliti che pagano: i cittadini.

https://www.youtube.com/watch?v=xumfir54xb4

Ma d'altra parte il livello è esattamente quello di un centinaio di anni fa:


PS: Come sono carini quelli che scrivono articoli ringhiando con la bava alla bocca quando annusano la sillaba "pa", essendo strasicuri che un putiniano rossobruno indegno di esistere o un papa qualsiasi concluderà la parola. Dovrò spiegare al collega russo che in Italia l'unico russo buono è un russo morto, a meno che non sia un fedele di Navalny.

mercoledì 13 marzo 2024

SCIENZIATI “VERI” - By Starbuck (RELOADED A TRE ANNI DI DISTANZA)

“ [...] in esse (le case farmaceutiche, NdS) lavorano tanti scienziati veri” mi ha recentemente rammentato qualcuno, pensandomi una no-qualcosa contro le case farmaceutiche. Ovviamente quel qualcuno non ha idea né della persona ma neanche del personaggio, e ovviamente quel qualcuno era intento a sciorinare tutto il copione sui “vaccini che salvano vite”. Nulla di nuovo, solo che... ho riso.
Di quel riso ironico un po’ folle un po’ amaro. Certo certo....chissà come se li immagina, gli scienziati veri, se col camice immacolato e con la camicia stirata sotto, il taglio di capelli perfetto e la macchina tirata a lucido nel parcheggio aziendale.
Ho riso, ripensando a quando la figura “scienziato vero” la interpreto io. Quando il conoscente dell’infanzia mi presenta orgogliosamente alla famiglia come “scienziata”. Quando magari mi chiamano per andare a fare divulgazione da qualche parte, perché “una di quelle figure che ispirano”, che “la scienza la fanno davvero”, o almeno così è nella testa di chi mi contatta.
Perché c’è la scienza vera e quella finta, apparentemente.
Guardo il mio camice: colletto ingiallito e numeri scritti col pennarello sugli avambracci. Il mio primissimo capo progetto ci teneva che avessimo un camice bianco per quando c’erano “le visite” ai laboratori, e che “mettessimo in ordine” preparassimo le lavagne e gli schermi dei PC con “qualcosa di bello”.
Gli “scienziati veri”, chi sarebbero poi? Quelli che magari oggi hanno tirato fuori la molecola magica, dietro una scrivania incasinata, trovato la sintesi sopra un bancone affollato, magari anche un po’ troppo...lo stesso bancone che fino a ieri “non puoi mettere un po’ in ordine in quel casino”. Quelli pagati quando va bene il giusto. Quelli che se domani va male, se non si trova una nuova molecola magica, tra 7-8 anni potrebbero essere lì a sperare di reinventarsi come qualcos'altro, che le bollette le pagano apparentemente anche loro.
Non so quanta poesia ci si vede dietro il lavoro della fantomatica scienza. Dal mio punto di vista il fantastico mondo della ricerca sperimentale (pubblica e privata) è costellato da laboratori chiusi, in cui in più di una volta sono andata a rovistare per raccattare qualcosa che mi servisse, prima che finisse a metà tra discarica e scantinato. Di laboratori in cui il collega alla soglia della pensione ti supplicava di “salvargli” quello strumento lì, di tenergli in vita quel progetto là, fino a ieri tanto importante, ma che domani si sarebbe inesorabilmente spento con lui, per sempre.
Scienziati...veri? Di sicuro gente che ci ha dedicato energie, passione, pezzi di vita, qualche weekend di troppo, qualche nottata di troppo. A raccattare 2 fondi, mezzo strumento, una persona in più “quello è in gamba, potrebbe prendere in mano le cosa”, ma molto spesso non andava così. Finiva in una sintesi scema, nell' accettare un progetto stupido e sottopagato o sottofinanziato per poter chiudere un anno, sperando che il prossimo sarebbe stato migliore.
“Scienziati” bruciati, persi, sciolti in qualche fusione aziendale. Finiti quasi tutti nel dimenticatoio, tranne per quei 3 o 4 che avevano ispirato quei 10-20 con cui avevano lavorato. Per le HR erano semplicemente “risorse in esubero”.
Fate una bella cosa, va? La scienza e gli scienziati veri lasciateli un po’ in pace, nelle pagine di giornale, nei post. Se non l’avete mai vissuta questa vita, nella pelle, nei compromessi, nelle ossa, nelle risate ma anche nei pianti, non parlatene, non è ... semplicemente, non è roba per voi.
 
Addendum by CS: 
 
Gruppi della ricerca pubblica e universitaria sottofinanziati fino a farli morire di inedia? Visti.
 
Centri ricerche privati svuotati, chiusi, sottoposti alla "ricetta spezzatino"? Visti. 
 
Brevetti lasciati scadere perché non c'erano soldi per pagare i canoni annuali? Visti.

Come fu ricompensato il gruppo che nella precedente vita di IRBM tirò fuori il primo inibitore dell'integrasi di HIV approvato da FDA? Con lo smembramento, la mobilità, il licenziamento.
 
Stessa cosa per il gruppo GSK che in Irlanda tirò fuori Tykerb. 
 
Quando si diceva che arrivava Pfizer a comprare la baracca gli sciocchi esultavano, gli altri spedivano curriculum. 
 
Niente a che vedere con survival of the fittest, sempre che per "fittest" non si intenda quello ammanicato con la politica o con i vertici del management o quello bravo a rifilare asset da centinaia di milioni a manager di grandi farmaceutiche troppo stupidi e troppo avidi per accorgersi di quando gli rifilano un pacco (vedere alla voce "Sirtris").
 
In tutta la mia carriera sono sopravvisuto a diverse crisi del settore. A volte a malapena, una volta molto, molto a malapena, tipo che mentre ci sei in mezzo non credi che riuscirai mai a rialzarti. Mi è capitato di lavorare con altri sopravvissuti e di frequentarli. E mi è venuto da pensare che il nostro tratto comune oltre alla professionalità è il totale disincanto: la coscienza che qualsiasi risultato tu possa conseguire non ti salverà dalla scure dei tagli di budget quando la scure cadrà. Disincanto non si significa cinismo o egoismo: di atteggiamenti "meglio a te che a me" non ne ho mai davvero percepiti. Piuttosto ho percepito quella solidarietà che spesso nasce nei gruppi di individui che vivono assieme situazioni prolungate di grande difficoltà o di grande pericolo.
Mi capita spesso di pensare a quanti invece non sono sopravvissuti (in alcuni casi non in senso figurato). E continuo a credere, per esperienza, che tra chi sopravvive e chi non ci riesce la differenza non è né di merito né di competenze, ma quella cosa impalpabile a cui diamo nome sorte o fortuna. Ovviamente processi economici globali e pesanti catene economiche locali sono alla base di tutti questi fenomeni ma tu, individuo, non ci puoi fare assolutamente niente se non schivarli se ci riesci.
 
Certo, un curriculum vitae "pesante" può essere una grande risorsa (all'estero) per trovare una nuova posizione, però si tratta di condizione necessaria ma non sufficiente. 
Ecco, "condizione necessaria ma non sufficiente" era un concetto incomprensibile per molti "giovani" col pieccedì in qualcosadiscientifico che arrivavano a scanagliare sotto un post ai tempi della presenza di CS sui social. Eppure comprendere la differenza tra necessario e sufficiente può essere vitale.
 
 
 

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...