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https://www.sanitainformazione.it/one-health/vaiolo-delle-scimmie-le-nuove-linee-guida-oms-cosi-si-gestisce-tra-casa-e-ospedale/ |
Le emergenze, che non sono emergenze in occidente ma, si sa, l'informazione online va ad engagement o clickbait. Tanto una quota di pandemiofili leggerà e condividerà. Ah, ovviamente anche il morbillo:
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https://www.adnkronos.com/salute/ia-a-caccia-del-morbillo-per-prevenire-focolai-cose-measles-tracker_1pGw4KbgkUpOPm0bXfrrrF |
C'è un SOS morbillo in Italia? No, ma che c'entra, meglio mantenere l'allerta...
Tutto questo mi ricorda vecchie vicende.
"Abbiamo eradicato il vaiolo, possiamo eradicare il morbillo".
Quante volte ho sentito questa affermazione durante il tempo di CS sui social? Impossibile tenere il conto. Una volta risposi a un commento su twitter dicendo: "Abbiamo mandato l’uomo sulla Luna. Quindi possiamo farlo atterrare su Europa." (la Luna dista 384.000 chilometri, Europa 628 milioni di chilometri e il commentatore la prese male, chiudendo con un "Ma smetti di dare i numeri!".
Un’affermazione così, se detta seriamente, susciterebbe un misto di perplessità e imbarazzo in qualsiasi esperto di missioni spaziali. Eppure, è lo stesso tipo di ragionamento che molti applicano quando si parla di malattie infettive: "Se abbiamo eradicato il vaiolo, allora possiamo farlo anche con il morbillo". È più di una scorciatoia retorica: a leap of faith. Peccato che i numeri non collaborino con la fede, perché le differenze, in questo caso, sono abissali.
Il vaiolo era, sotto molti aspetti, un bersaglio ideale. Aveva un tasso di trasmissibilità relativamente contenuto, con un indice di contagiosità (R₀) attorno a 6. Il vaccino poteva essere conservato in modo rudimentale, funzionava anche in condizioni di scarsa infrastruttura sanitaria e soprattutto era facile individuare i malati: le lesioni cutanee erano inequivocabili. Il virus non circolava in forma asintomatica e non aveva serbatoi animali. La campagna di eradicazione fu lunga, complessa, ma tecnicamente realizzabile. E infatti riuscì: nel 1977, il vaiolo fu ufficialmente dichiarato sconfitto.
Il morbillo è tutt’altra storia. Qui parliamo di un R₀ di circa 18, ovvero una capacità di diffusione che rende il virus uno dei più contagiosi conosciuti. Il vaccino trivalente (MPR) è efficace, ma fragile: è termolabile, richiede una catena del freddo ininterrotta, e questo rende molto più complessa la logistica soprattutto nei contesti dei paesi più poveri e con scarse infrastrutture. In più, la diagnosi clinica è tutt’altro che immediata. Le manifestazioni iniziali sono facilmente confondibili con altre malattie esantematiche, e spesso occorre una conferma via PCR. Anche il decorso può variare sensibilmente. A ciò si aggiunge il fatto che il virus può essere trasmesso da soggetti che non manifestano ancora i sintomi.
Paragonare queste due patologie, solo perché entrambe prevenibili con vaccino, è come confondere la Luna con Europa, la luna di Giove. Come già precisato nel primo caso parliamo di 384.000 chilometri, nel secondo di oltre 628 milioni. Non si tratta solo di una differenza quantitativa, ma di un salto di scala che rende l’analogia non solo imprecisa, ma fuorviante. È una differenza di ordini di grandezza, e in una disciplina scientifica, una differenza del genere non la fai sparire con un artificio retorico.
Eppure, quando qualcuno provava a spiegare tutto questo si scontrava contro l'allergia alle considerazioni quantitave del fedele della scienza. "Smetti di dare i numeri" è una risposta apparentemente banale, ma non manifesta semplicemente un culture clash: rivela il disagio profondo di chi si affaccia a un discorso che lo spingenrebbe al di fuori della scienza-segno per condurlo nel territorio delle discipline scientifiche: non rassicuranti, non consolatorie, per il fedele spesso indistinguibili dal complottismo. Già, perché per quanto "metodo scientifico" sia diventata un'espressione inflazionata chi la usa non ha idea di come applicare tale metodo, non possiede gli strumenti.
In un contesto pubblico in cui il pensiero magico è ancora largamente dominante, sia in campo conformista che in campo complottista, la narrazione dell’eradicazione del vaiolo ha assunto un ruolo mitologico. È un narrazione che piace perché dà un senso di progresso lineare, inarrestabile. Contraddirlo o mostrarne i limiti equivale, per molti, a mettere in discussione l’idea stessa di “scienza”, determinare una crisi la scienza-segno.
C’è poi un problema più strutturale, che ha a che fare con l’alfabetizzazione scientifica della popolazione. Quando parlai di non confondere mele e pere, quanto a R₀, qualcuno mi fece notare che sopravvalutavo il pubblico di facebook in modo imperdonabile. E forse era vero.
Perché alla fine basta invocare l'immunità di gregge come una giaculatoria e un R₀ pari a 6 o pari a 18, per la maggior parte delle persone, non fa differenza, si tratta di numeri intercambiabili. "Esponenziale", “i vaccini funzionano”, "95%": lo abbiamo ben visto in anni di COVID. Quando si sente qualcuno proporre analisi che esce dal pattern delle parole d'ordine il fedele della scienza reagisce con fastidio. Il motivo è semplice: le considerazioni quantitative rompono la cornice rassicurante della narrazione. Fanno crollare le equivalenze sbagliate, costringono a distinguere dove si era abituati a unificare.
L’idea che un successo precedente garantisca automaticamente un successo futuro è una delle trappole cognitive più comuni. È il cosiddetto survivorship bias: ricordiamo il caso riuscito, ignorando tutte le iniziative che non hanno funzionato. La malaria è un esempio perfetto: la si è provata a eradicare negli anni ’50 e ’60, con grandi investimenti internazionali, e si è fallito. Anche la poliomielite, pur avendo registrato enormi progressi, non è ancora del tutto sconfitta. Eppure il vaiolo resta il totem, il precedente che giustifica tutto. Peccato che fosse, con ogni probabilità, l’eccezione, non la regola. Il classico low hanging fruit, facile da cogliere, non un Everest da scalare. Il morbillo, invece, è proprio quello: una montagna quasi inaccessibile. Tentare di eliminarlo globalmente è come cercare di salire in vetta a mani nude, respirando a metà.
La verità è che questi non sono mai stati dibattiti scientifici. Sono sempre state dispute religiose, con i loro dogmi, le loro liturgie, le loro scritture sacre, i loro eretici. Se si prova a spostare l’attenzione dai simboli ai dati, ci si colloca immediatamente al di fuori dal cerchio magico della “scienza per tutti”.
In passato mi sono fortemente stupito quando personaggi con storie anche importanti nelle hard sciences prendevano posizione sui media a sostegno di tesi interpretate in modo del tutto balordo (modelli, "esponenziali"). Oggi considero quel mio stupore ingenuo: quelle prese di posizione erano semplicemente un istintivo collocarsi nella "giusta" casella dell'iperrealtà mediatica, evidentemente considerata altro rispetto alla propria storia professionale. Per questo motivo certi dibattiti sono nati morti: non può esserci dialettica tra il fuori e il dentro l'iperrealtà. Ma il sistema dei segni è un fenomeno umano, non una legge di natura. Si può accettarlo com non accettarlo. E qua sopra non si è mai accettato.
PS: Queste non sono speculazioni squisitamente teoriche, parlo sulla base dell'esperienza, in cinque anni di presenza social de "Il Chimico Scettico" se ne sono viste parecchie e qualcuno produsse una breve riflessione su una delle domande più frequenti che tradotta suonava: ma tu nel sistema dei segni dove ti collochi? Erano i tempi in cui postare il diagramma di stato dell'acqua era un atto eversivo, perché qualcuno aveva detto e ripetuto che non bolliva mai prima dei 100°C...