Ho citato più di una volta i coefficienti di Lyapunov, dicendo che danno ragione della velocità di divergenza di traiettorie del sistema nello spazio delle fasi. E mi sono sempre reso conto che questa definizione risultasse decisamente oscura per i più. Marco Casolino è stato molto più bravo di me e ha saputo produrre un working example molto chiaro e digeribile inerente il comportamento dei pianeti nel sistema solare.
giovedì 1 maggio 2025
lunedì 28 aprile 2025
I RITMI CAOTICI DELLA VITA
![]() |
https://drive.google.com/file/d/1_0_f8fKffhRWIlQas90j9XT_cU6PhNZr/view?usp=sharing |
Quando tempo fa ho scritto questo post mi sono accorto che il New Scientist del 1989 che citavo non era più dove lo avevo trovato, cioè su Google Books. E' il decadimento digitale: nel 2023 il 38% delle pagine web presenti nel 2013 era sparito. I motivi sono svariati, ma la più logica delle considerazioni al riguardo è che nessuno può pensare che la capacità di archiviazione della rete sia infinita. E l'urgenza delle rete è dare spazio al presente effimero, non conservare un passato cristallizato, quindi l'allocazione delle capacità di archiviazione privilegia il primo dei due. Non molti danno peso a questo fenomeno. E del resto l'impostazione prevalente del pubblico discorso scientifico attuale tende a mettere da parte (o espungere direttamente) i testi che hanno fatto storia o di rilevanza storica, e questo vale in special modo per quel che succede in Italia. E' così che la conferma sperimentale di qualcosa previsto dalla teoria nel 1921 (il legame molecolare con un unico elettrone) è stata venduta da molti come una scoperta epocale e puramente attuale, senza radici lontane nel tempo. Questa fenomenologia è anche la cifra di una modificata ragione sociale dello scrivere di scienza, oggi perlopiù ridottasi al raccontare la favola delle magnifiche sorti e progressive e allo stigmatizzare i vari complottismi (senza risultati).
L'articolo di Robert May su quel New Scientist è bene o male una delle pietre d'angolo su cui è stato costruito CS, quando da subito cominciai a recuperare i riferimenti bibliografici di alcuni libri che, una trentina e qualcosa di anni fa, sono stati pezzi importanti della mia formazione. Il primo di tali libri fu Gli Ordini del Caos, edito da Manifestolibri (lo trovate nei negozi di libri online attorno ai cinque euro, se vi interessa). Di sicuro fu la prima volta che leggendo ho visto citato il lavoro di May e Anderson. Dato che quel New Scientist è diventato irreperibile online ho deciso di renderlo nuovamente disponibile (la stessa cosa vale per The logic of vaccination, apparso sulla stessa rivista qualche anno prima).Il termine "caos" è uno di quelli che si prestano più facilmente all’abuso. Viene evocato per descrivere disordine, confusione. Eppure, nelle discipline scientifiche, ha un significato molto più raffinato: il caos è ciò che nasce non dal disordine, ma dalle proprietà dinamiche dei sistemi governati da feedback. E questi sistemi costituiscono buona parte di quel che ci circonda e sperimentiamo, vita inclusa. Quindi volendo descrivere questi fenomeni ci si trova spesso a navigare in territori non lineari, dove la causa produce un effetto prevedibile solo nel breve periodo che poi lascia il posto a una miriade di possibilità intrecciate. Sistemi chimici che oscillano, ritmi circadiani, cambiamenti climatici, meteo, epidemie che seguono traiettorie imprevedibili, stati stazionari che si rompono per un soffio: il caos non è l’assenza di regole, ma il regno delle regole sensibili alle condizioni iniziali, inaccessibile alle semplificazioni giornalistiche, inviso alle ideologie e al dogmatismo dello scientismo pop.
The Chaotic Rythms of Life è una rassegna di oggetti caotici nell'ecologia delle popolazioni, ma non solo:
Nei primi '70 George Oster all'Università della California a Berkeley, Jim Yorke all'Università del Maryland, io e altri iniziammo a guardare più da vicino le equazioni che biologi marini e entomologi avevano proposto per descrivere la fluttuazione delle popolazioni. Trovammo che tali equazioni mostrano una straordinaria varietà di comportamenti dinamici, sorprendentemente più ricca di quanto i biologi avessero inizialmente creduto. Prendete l'equazione xt+1=λxt(1-xt), che può descrivere il comportamento di una popolazione... xt può rappresentare Supponete che un individuo adulto della popolazione di una specie di insetti con il pedice che etichetta ogni successiva, discreta generazione. Supponete che in assenza di sovrappopolamento ogni adulto della popolazione t produca λ figli, La popolazione della generazione successiva, xt+1 sarà λxt . Il fattore addizionale (1-xt) rappresenta gli effetti di feedback da densità o sovrappopolazione. La densità della popolazione è scalata in modo che oltre a un livello di sovrappopolazione x=1 va a zero (cioè valori negativi di x corrispondono all'estinzione). All'inizio degli anni '70 tali studi ecologici hanno portato questa importante equazione al centro di diverse discipline scientifiche. Quando λ è minore di 1 la popolazione decresce fino allo 0. Quando λ è maggiore di 1 ma minore di 3 la popolazione si stabilizza. Un uteriore incremento di λ provoca un'aumentata propensione della popolazione a boom quando la densità è bassa e crolli quando è alta.
(l'equazione di cui si parla è l'equazione logistica)
May e questi ecologi attivi a partire dagli anni '70 dello scorso secolo non furono certo i primi ad esplorare questo tipo di dinamiche: tra gli anni '20 e '30 del XX secolo la strada fu aperta da Lotka e Volterra (sistemi preda-predatore) e Kermack e McKendrick - primi a proporre un modello epidemico compartimentale, più volte invocati dal sottoscritto in tempi di COVID quando arrivava lo scienziato da telecamera o da social media a sostenere che senza misure restrittive i casi sarebbero cresciuti all'infinito. Già, perché nella sfilata di oggetti caotici dell'articolo di Sir Robert May oltre alle popolazioni di insetti ci sono battito cardiaco, disfunzioni neurologiche, la contrazione della pupilla e le epidemie.
Mi ricordo bene che al tempo più d'uno classificò tutto questo come obsoleto. Roba vecchia, inattuale, inutile per l'analisi della situazione presente (fosse il morbillo nel 2017 o COVID nel 2020). Come dire che, dati gli anni passati, il modello atomico di Bohr è diventato obsoleto (e in effetti, guardando in giro, parrebbe prioprio questo il caso). In realtà no, non è così: non solo questo approccio continua ad essere usato in ecologia delle popolazioni (per fare un esempio qui), ma continuava ad essere rilevante in tempi di COVID. Però c'è un limite alla permeabilità del pubblico generale e dei decisori verso certi concetti, concetti che richiedono competenze matematiche, che si tratti di funzioni d'onda o di traiettorie nello spazio delle fasi di un sistema dinamico: non è roba pop e non è popolarizzabile senza catastrofiche perdite di significato (due parole al riguardo le spesi qui). Inoltre sia i decisori che il pubblico chiedono alle discipline scientifiche certezze: sì o no, fare questo per ottenere questo effetto. Risposte come "non è calcolabile", "le soluzioni divergono", "vero al 75%" non sono accettabili. Eppure sono esattamente di questo tipo la maggior parte delle risposte inerenti i sistemi a dinamiche non lineari.
Riporterò per l'ennesima volta la conclusione di questo articolo, in originale:
One thing is certain. Biological systems, from communities to and polulations to physiological processesare governed by nonlinear mechanisms. This means that we expect to see chaos as often as we see cycles or steadiness. The message that I urged more than 10 years ago is even more true today: not only in biological research, but also in the everyday world of politics and economics, we all would be better off if more peaople realized that simple nonlinear systems do not necessarily possess simple dynamical properties.
Mi verrebbe da dire, di nuovo, che questa urgenza un quarto di secolo dopo è esattamente la stessa.
giovedì 24 aprile 2025
UNA VISIONE PER IL 25 APRILE
Con soggetto di Giorgio Bassani, che sarebbe quello de Il giardino dei Finzi Contini.
mercoledì 23 aprile 2025
CRITICA, RAGIONE E RICORDO: UN REQUIEM PER IL GIORNALISMO
![]() |
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/19/critica-della-ragione-pandemica-tinari-giornalismo/7957844/ |
L'agonia della democrazia italiana è alimentata da politiche emergenziali che si susseguono senza soluzione di continuità. Una politica emergenziale ha bisogno di un'apparato propagandistico che la maggioranza del giornalismo è sempre stata pronta a fornire. L'impressione è che neanche ci fosse bisogno di chiederglielo.
Lasciando da parte considerazioni usurate e facili da pervertire ("La storia serve a non ripetere gli stessi errori", "La qualità dell'informazione determina la qualità di una democrazia") vorrei solo ricordare che prima della crisi pandemica, ormai quasi dieci anni fa, un tweet di Roberto Burioni o uno di Walter Ricciardi bastava a fare una notizia, così come trenta anni fa un entomologo era diventato l'esperto di OGM per eccellenza. Più che nel cercare le fonti il giornalismo italiano ha una lunga storia nel crearsele su misura, conformi all'hype del momento. E' il meccanismo di creazione dei "competenti" nel sistema mediatico italiano - ed in automatico chi non si allinea all'hype, indipendentemente dalle sue qualifiche, per magia diventa "non competente". Le eccezioni sono rare.
In ragione di tutto ciò, dall'esterno, non stupise che il lavoro di Serena Tinari sui metodi del giornalismo di inchiesta in materia di sanità sia caduto nel nulla: semplicemente non funzionale alla missione della maggioranza del giornalismo che non è informare, ma orientare la pubblica opinione, esattamente come il fact-checking a cui lo stesso giornalismo si è rivolto.
Di seguito riporto alcuni passi salienti del contributo di Serena Tinari a Critica della Ragione Pandemica, reperibile qui:
Un’ondata inarrestabile. Un esercito di reporter che alla velocità della luce si sono improvvisati esperti in epidemiologia delle malattie infettive, nello sviluppo, approvazione, efficacia e sicurezza di farmaci e vaccini. Tutti diventati esperti in statistica da un giorno all’altro, capaci di interpretare disegni e risultati di trial clinici, consapevoli della pervasività dei conflitti d’interesse nella medicina.
È possibile acquisire una specializzazione in un batter d’occhio, tanto più sotto la pressione di un clima generalizzato di panico? No. E tre anni di copertura mediatica lo dimostrano...
Partivamo da un presupposto: la copertura mediatica della medicina e della salute pubblica riproduce schemi sempre uguali. Ci sono le “news”, semplici copia-incolla dei comunicati stampa, notizie trionfali che celebrano presunti miracoli medici (che chi è del mestiere sa essere rari).
E poi ci sono i “giornalisti scientifici”, che traducono i comunicati di governi, aziende e università in linguaggio comprensibile alle masse. Manca cronicamente la prospettiva e il vaglio critico, soprattutto sull’attendibilità delle affermazioni degli “esperti”. Pensavamo: se trasmettiamo strumenti ai colleghi, lavoreranno meglio. Ci sbagliavamo. Anni di impegno non hanno prodotto risultati...
Possiamo trarre una conclusione: tre anni di crisi si sono trasformati nel requiem del giornalismo: la missione di raccontare una storia dopo averla verificata. Il dovere di confrontare fonti diverse. La necessità di porre domande scomode a chi governa e a chi dalla crisi trae vantaggio...
Il COVID è stato per lo più raccontato da cronisti politici e generalisti, che hanno continuato a “copiare e incollare” dichiarazioni di governo e industria.
Si è diffuso un tragico equivoco: i miei colleghi si sono sentiti investiti di ruoli che non spettano al giornalismo.
Come invocare maggiori restrizioni (“non servirebbe un lockdown in più?”), e farsi megafoni e stenografi di autorità, presunti esperti e aziende farmaceutiche...
L’era COVID ha lasciato il giornalismo con le ossa rotte: da Quarto Potere a porta-microfono.
I comunicati stampa delle aziende in prima pagina, gli amministratori delegati chiamati a pontificare su complesse politiche sanitarie. Verifica? Nessuna...
E mentre molti colleghi amplificavano le conferenze stampa del governo, i “fact-checker” si occupavano del resto.
Come se analisi, prove e verifiche non fossero il sale del giornalismo, a queste figure stravaganti è stato delegato il compito di certificare la Verità.
Nel culto dell’esperto in camice bianco, è nato il ministero orwelliano della “Scienza Vera”...
Un inquietante miscuglio di giornalisti scientifici ed esperti improvvisati, il mondo dei fact-checker pandemici ha visto la collaborazione di governi, ONG, star del giornalismo investigativo, servizi segreti e social media.
Infiniti sono i disastri causati da questa macchina della propaganda che ha creato, gestito e governato la crisi.
Appoggiati dai fact-checker, i giornalisti sono caduti in trappole orchestrate dagli uffici stampa di aziende e governi...
Il vecchio vizio di trovare formule accattivanti è stato fatale al giornalismo, e ha generato mostri: “no vax”, “no mask”, “negazionista”.
Neologismi che hanno diviso la società e sono stati affibbiati anche ad accademici di fama.
Persone riconosciute dalle agenzie regolatorie come danneggiate dai vaccini, etichettate come “no vax”...
Da missione di servizio pubblico, il giornalismo si è trasformato in una macchina infernale per manipolare le masse, alimentando l’odio verso il prossimo.
Tra le creature inquietanti del giornalismo pandemico ci sono i disobbedienti, a cui si possono togliere i diritti fondamentali.
Giornalismo come braccio armato del potere, che demonizza chi fa domande o dissente...
Giornalisti trasformati in censori, giudici, esecutori di sentenze.
Il giornalismo porta a casa da questa esperienza un corteo di errori. Alcuni clamorosi, molti imbarazzanti.
La crisi dei media ne esce aggravata, perché la sfiducia verso un giornalismo che tradisce la propria missione è inevitabile.
lunedì 21 aprile 2025
I CONTI CHE NON TORNAVANO IERI E CHE NON TORNANO OGGI (DA COVID AGLI INCENDI DI LOS ANGELES)
Qualche tempo fa, in calce a questo post, precisavo che CS era venuto fuori al tempo e che da subito raccolse i contributi di persone con lauree "pesanti", di quelle antiche, a cui i conti non tornavano. Sono passati otto anni e quella memoria della rete di cui tanto si parlava si sta dimostrando una memoria a breve termine, la pagina fb CS non esiste più e quindi chi allora non c'era può essersi chiesto di cosa si parlasse (o può aver pensato "Questo lo dice lui!"). Si parlava, per esempio di dispense di statistica per un esame a medicina che esibivano gaussiane non normalizzate, di ostentate correlazioni lineari tra tassi di vaccinazione MPR pediatrici e casi di morbillo nella popolazione intera, oppure di questo:
Questa roba avrebbe dovuto dimostrare che il vaccino antiinfluenzale proteggeva da COVID, pensate un po', e la mia risposta a chi in quel caso per ridere si era rifatto i conti, dichiarando con uno sghignazzo "E' una cubica!", fu: quante volte s'è detto "levategli dalle zampette il software statistico"?
In pratica era l'ennesima dimostrazione che xkcd non doveva inventarsi niente per la sua satira:
E il punto, quando un articolo veniva molto citato sui media, social o no che fossero, era il più delle volte quello di xkcd: la solidità della statistica non importava, bastava fare un po' di scena, con buona pace del peer reviewing. In che senso? Nel senso che immaginate che si tratti di un articolo che va a finire su una rivista di malattie infettive, pure con buon Impact Factor: i revisori saranno infettivologi o biologi o medici, cioè soggetti senza gli strumenti per valutare la solidità del trattamento statistico (si limiteranno a dare un'occhiata al p-value, con la famosa regoletta farlocca che se è maggiore di 0,05 allora la correlazione è falsa).
Nota con i dettagli:
p-value è la probabilità dell'ipotesi nulla, quindi p-value 0,05 vuol dire "vero al 95%". Considerarlo un valore discriminante tra vero e falso significa, per fare un esempio, che "vero al 93,5%" viene tradotto con "falso". In più un p-value basso non implica un R2 alto, cioè in soldoni un buon intervallo di confidenza. Con un p-value basso la significatività del modello è alta ma l'affidabilità delle sue predizioni può essere bassa o nulla - tipo che il modello dice 2, ma poi il valore rilevato sperimentalmente può essere 4 o 0, con un errore che è uguale al valore della predizione.
La statistica può fare acqua ad un'analisi appena più attenta, dicevamo, perché quello che conta è il messaggio. Passano gli anni, cambiano i temi, ma il metodo continua ad essere lo stesso. Per esempio riguardo gli incendi di Los Angeles di gennaio: colpa del cambiamento climatico! Uhm, non proprio, andando a vedere gli intervalli di confidenza:
E qui ci sono le relative precisazioni:
Facile immaginare che ci sarà chi legge saltando i video, quindi ecco il riassunto breve: gli intervalli di confidenza riportati nello studio dicono che i risultati non sono statisticamente significativi, quindi non si dimostra alcuna correlazione tra cambiamento climatico e incendi di Los Angeles a gennaio di questo anno. La comunità dei climatologi lo sapeva perfettamente e non ha detto mezza parola al riguardo. Certo, perché altrimenti certe trenodie di membri di tale comunità sarebbero apparse episodi di infondato, teatrale e stucchevole moralismo.
Dopodichè, a freddo, cioè tre mesi dopo, in Italia chi è che ha rilanciato "Incendi a Los Angeles, è il climate change" senza far seguire un errata corrige? La lista è lunga. Tralasciamo la stampa generalista, che ha rilanciato senza pensare come fa di solito, per guardare alla comunicazione scientifica che ha fatto esattamente lo stesso: Università degli Studi Milano-Bicocca, Le Scienze e via dicendo. Ma non c'è problema, il messaggio era quello giusto. E' colpa mia, Dio mi strafulmini, che non riesco a farmi entrare in testa questa cosa.
giovedì 10 aprile 2025
PAUSA PASQUALE
Un augurio, se non di pace almeno di una tregua pasquale. Questo blog ritorna, con calma, dopo la settimana santa.
martedì 8 aprile 2025
I VALORI DELL'OCCIDENTE: LA LIBERTA' ACCADEMICA (?)
![]() |
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/05/epidemiologo-ioannidis-effetti-lockdown-covid/7938854/ |
L'articolo di Gandini e Bartolini merita la lettura, ma più merita l'intervista di Ioannidis:
Riguardo il clima del dibattito scientifico nel 2020:
Era un ambiente altamente tossico, credo, per chiunque volesse contribuire al dibattito presentando dati e evidenze ragionando su cosa stessero a significare. Molti hanno preso posizioni molto forti, c'era una polarizzazione molto forte, molta partigianeria e la sensazione che fosse l'ideologia a mandare avanti il tutto. Non le migliori condizioni per l'attività scientifica, specialmente per chi non aveva ideologia politica e che non voleva soddisfare una o l'altra narrativa. Le minacce di morte erano frequenti... Credo che l'ambiente fosse così tossico che la maggioranza degli scienziati che avessero una qualche esperienza rilevante in campo epidemiologico si è autosilenziata. In molti mi hanno detto: John, è incredibile, non possiamo credere che stia accadendo, se tu sei attaccato in tal modo se tentassimo di dire qualcosa noi saremmo completamente annientati.
Vi consiglio caldamente la visione di tutto il video, ma vorrei espandere questo punto. Il "caso Ioannidis" ha riguardato anche il pubblico generale e la politica, ma l'aspetto per me più significativo è stata la reazione della "comunità scientifica" e delle sue estensioni comunicative. Se ne occupò un pezzo sul BMJ:
John Ioannidis è un professore della Stanford riconosciuto ampiamente come uno dei più importanti scienziati medici del nostro tempo; molti dei suoi studi e delle sue analisi sono tra i più citati in medicina e sanità pubblica. Tuttavia, nell’ultimo anno è diventato anche bersaglio di attacchi intensi, e spesso ad hominem, a causa dei suoi scritti, interviste e ricerche sul covid-19. Sebbene ci siano chiaramente critiche valide a uno studio sulla prevalenza del covid-19, di cui era coautore secondario, molti degli attacchi rivolti a Ioannidis hanno distorto la sua posizione complessiva e hanno anche affermato, senza alcuna prova, che la sua opinione fosse basata su simpatie politiche pro-Trump e/o su un conflitto di interessi economico personale.
Jeanne Lenzer e Shannon Brownlee hanno descritto gli attacchi a Ioannidis in un articolo d’opinione (e un box di approfondimento) su Scientific American, in cui riportano anche che un’indagine indipendente a Stanford non ha trovato alcuna prova a giustificazione di tali attacchi. Inoltre, hanno lanciato un appello ragionato alla comunità sanitaria affinché si evitasse di inquadrare le opinioni sul covid-19 in termini politici, sostenendo non solo che è di importanza cruciale affrontare questa pandemia da scienziati, ma anche celebrando un recente incontro alla Johns Hopkins in cui gruppi con visioni inizialmente molto diverse hanno riconosciuto i modi significativi in cui in realtà erano d’accordo, indicando così una strada promettente per il futuro. In sostanza, chiedevano che le divergenze venissero affrontate come colleghi, e non come inquisitori moralisti, per poter collaborare alla ricerca del miglior modo di proteggere la salute pubblica.
Lenzer e Brownlee, a loro volta, sono state attaccate personalmente dopo la pubblicazione del loro saggio, non solo sui social media, ma – cosa più rilevante – anche tramite comunicazioni inviate a organizzazioni di cui fanno parte e a riviste per cui avevano scritto in passato, con richieste affinché non fosse più permesso loro di pubblicare. Questo ha portato alla rimozione di Brownlee dal comitato consultivo della rivista Undark, nonché alla pubblicazione di emendamenti critici agli articoli originali sia su Undark che su Scientific American, i quali suggerivano che le due giornaliste avessero un conflitto di interesse non dichiarato, e le rappresentavano come se avessero fuorviato le redazioni. Queste accuse si basavano sul fatto che Ioannidis era stato coautore di un piccolo numero di articoli di revisione scritti da una o l’altra di loro. Lenzer e Brownlee contestano tale interpretazione generale e molte delle “correzioni” specifiche; affermano che la loro risposta non sia stata adeguatamente considerata da nessuna delle due pubblicazioni.
L’ironia evidente di tutta questa vicenda è sia sconvolgente che demoralizzante—Lenzer e Brownlee sono state attaccate per aver scritto un articolo che ci invitava a non attaccare qualcuno solo perché ha assunto una posizione impopolare.
La libertà accademica al suo meglio, vero? Notare le "comunicazioni alle istituzioni". La delazione/denuncia alle istituzioni in cui lavoravano i bersagli dell'indignazione proscienza è un qualcosa che è iniziato ai tempi del morbillo 2017 in Italia ed è lievitato a dismisura in tempi pandemici. Delazioni e denunce il più delle volte surrettizie, contestanti qualcosa di fin troppo simile a un attentato all'ordine morale dello Stato (fascismo) o al comune sentire del popolo (nazismo). Alla voce "quanto ne siamo usciti migliori".
Oggi a ragione si parla delle politiche di Trump nei confronti della ricerca pubblica e delle università USA come un attacco contro la libertà accademica. Ma chi lo lamenta molto probabilmente faceva parte della torma dei linciatori di Ioannidis, che oltreoceano erano una solida maggioranza nel mondo scientifico. Come ogni libertà, anche la libertà accademica non è mai quella degli altri.
CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)
Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...
