domenica 4 maggio 2025

FDA: SU RFK JR E MAKARY MI SBAGLIAVO DI GROSSO, PURTROPPO

Se veramente avessi scommesso qualcosa sul fatto che nonostante RFK jr il lavoro di FDA sarebbe andato come al solito, avrei perso. Pensavo (e speravo) che Makary si sarebbe comportato come Hahn si era comportato durante la prima presidenza Trump - e mi sbagliavo di grosso. Hahn difese l´agenzia e la sua autonomia, Makary pare che non abbia intenzione di difendere niente, anzi. Non una parola sui licenziamenti che hanno decimato lo staff, rendendolo incapace di star dietro a tutte le pratiche (INDA) presentate.

Intendiamoci, si sta parlando di un massacro: Trump proporrà al congresso una riduzione del budget di NIH del 44%. E rispetto alla sua prima presidenza le cose sono cambiate: allora pochi dei repubblicani al congresso lo appoggiavano, a questo giro invece dispone di una maggioranza repubblicana compatta e a lui favorevole. Nature si chiede se la scienza USA sopravviverà:

https://www.nature.com/articles/d41586-025-01295-6
 

Ma Nature non è precisamente un'osservatore neutrale in questa vicenda: otto anni fa fu tra i primi a lanciare all'allora candidato Trump una dichiarazione di guerra. Già, le presenti vicende hanno radici abbastanza lontane nel tempo, di cui ho già parlato

Il contesto più ampio è noto: da oltre un decennio si registra una crescente disaffezione tra una parte consistente della popolazione occidentale e le cosiddette élite. Le rivendicazioni di questa parte sono state per lo più etichettate come "populiste". Il fatto che, oltreoceano, il conflitto politico venga narrato come una guerra tra culture – i “buoni” che votano democratico e credono nella scienza, contro i “buzzurri” ignoranti e complottisti che votano Trump – non dovrebbe suonare nuovo. È abbastanza evidente che la cosiddetta comunità scientifica si sia schierata, senza ambiguità, nel primo dei due campi.

Tuttavia, trattandosi prima di tutto di uno scontro politico, lo schierarsi apertamente con una parte non è senza conseguenze – soprattutto quando a farlo sono istituzioni pubbliche. A quel punto, è l’istituzione stessa a diventare un bersaglio politico. Durante questo periodo, chi chiedeva che la scienza mantenesse neutralità in ambito politico veniva bollato come “pericoloso”. In Italia, chi poteva sostenere questa posizione se non lui?

 Il riferimento è all'appello di Marcia McNutt, per la neutralità della scienza in politica. "La scienza non è blu o rossa" non significava "La scienza si tira fuori", bensì "La scienza deve rimanere istituzionale". Ma in tempi in cui le istituzioni hanno perso la loro natura super partes un po' ovunque il discorso della Mutt poteva sembrare obsoleto. Eppure, resta forse l’unico argine credibile al discredito sistemico che oggi investe l’intero comparto scientifico pubblico. (Considerate che da anni la medicina istituzionale italiana è completamente in mano alla politica dei partiti e tiratene le debite conseguenze).

L´amara considerazione è che chi ha voluto questa guerra per la cultura "giusta" (che era in realtà per una parte politica) oggi la guerra l'ha anche persa, indipendentemente da quel che succederà alle prossime elezioni di midterm o nel 2028. Perché è difficile pensare che per il settore pubblico non valga quello che succede da sempre nel privato: per distruggere (tagliando, licenziando) servono giorni, per ricostruire servono anni e anni.

I big del tecnocapitalismo che hanno appoggiato Trump sono tutt'altro che alieni o contrari alla "scienza", figuriamoci: con la tecnologia sono entrati nel novero degli individui più ricchi del pianeta. Ma una cosa la sanno bene: quando il pubblico smantella per il privato si aprono grandi occasioni per accumulare ancora maggiori profitti.

 

giovedì 1 maggio 2025

I RITMI CAOTICI DEL SISTEMA SOLARE

Ho citato più di una volta i coefficienti di Lyapunov, dicendo che danno ragione della velocità di divergenza di traiettorie del sistema nello spazio delle fasi. E mi sono sempre reso conto che questa definizione risultasse decisamente oscura per i più. Marco Casolino è stato molto più bravo di me e ha saputo produrre un working example molto chiaro e digeribile inerente il comportamento dei pianeti nel sistema solare.


lunedì 28 aprile 2025

I RITMI CAOTICI DELLA VITA

 

https://drive.google.com/file/d/1_0_f8fKffhRWIlQas90j9XT_cU6PhNZr/view?usp=sharing

Quando tempo fa ho scritto questo post mi sono accorto che il New Scientist del 1989 che citavo non era più dove lo avevo trovato, cioè su Google Books. E' il decadimento digitale: nel 2023 il 38% delle pagine web presenti nel 2013 era sparito. I motivi sono svariati, ma la più logica delle considerazioni al riguardo è che nessuno può pensare che la capacità di archiviazione della rete sia infinita. E l'urgenza delle rete è dare spazio al presente effimero, non conservare un passato cristallizato, quindi l'allocazione delle capacità di archiviazione privilegia il primo dei due. Non molti danno peso a questo fenomeno. E del resto l'impostazione prevalente del pubblico discorso scientifico attuale tende a mettere da parte (o espungere direttamente) i testi che hanno fatto storia o di rilevanza storica, e questo vale in special modo per quel che succede in Italia. E' così che la conferma sperimentale di qualcosa previsto dalla teoria nel 1921 (il legame molecolare con un unico elettrone) è stata venduta da molti come una scoperta epocale e puramente attuale, senza radici lontane nel tempo. Questa fenomenologia è anche la cifra di una modificata ragione sociale dello scrivere di scienza, oggi perlopiù ridottasi al raccontare la favola delle magnifiche sorti e progressive e allo stigmatizzare i vari complottismi (senza risultati).

L'articolo di Robert May su quel New Scientist è bene o male una delle pietre d'angolo su cui è stato costruito CS, quando da subito cominciai a recuperare i riferimenti bibliografici di alcuni libri che, una trentina e qualcosa di anni fa, sono stati pezzi importanti della mia formazione. Il primo di tali libri fu Gli Ordini del Caos, edito da Manifestolibri (lo trovate nei negozi di libri online attorno ai cinque euro, se vi interessa). Di sicuro fu la prima volta che leggendo ho visto citato il lavoro di May e Anderson. Dato che quel New Scientist è diventato irreperibile online ho deciso di renderlo nuovamente disponibile (la stessa cosa vale per The logic of vaccination, apparso sulla stessa rivista qualche anno prima). 

Il termine "caos" è uno di quelli che si prestano più facilmente all’abuso. Viene evocato per descrivere disordine, confusione. Eppure, nelle discipline scientifiche, ha un significato molto più raffinato: il caos è ciò che nasce non dal disordine, ma dalle proprietà dinamiche dei sistemi governati da feedback. E questi sistemi costituiscono buona parte di quel che ci circonda e sperimentiamo, vita inclusa. Quindi volendo descrivere questi fenomeni ci si trova spesso a navigare in territori non lineari, dove la causa produce un effetto prevedibile solo nel breve periodo che poi lascia il posto a una miriade di possibilità intrecciate. Sistemi chimici che oscillano, ritmi circadiani, cambiamenti climatici, meteo, epidemie che seguono traiettorie imprevedibili, stati stazionari che si rompono per un soffio: il caos non è l’assenza di regole, ma il regno delle regole sensibili alle condizioni iniziali, inaccessibile alle semplificazioni giornalistiche, inviso alle ideologie e al dogmatismo dello scientismo pop.

The Chaotic Rythms of Life è una rassegna di oggetti caotici nell'ecologia delle popolazioni, ma non solo: 

Nei primi '70 George Oster all'Università della California a Berkeley, Jim Yorke all'Università del Maryland, io e altri iniziammo a guardare più da vicino le equazioni che biologi marini e entomologi avevano proposto per descrivere la fluttuazione delle popolazioni. Trovammo che tali equazioni mostrano una straordinaria varietà di comportamenti dinamici, sorprendentemente più ricca di quanto i biologi avessero inizialmente creduto. Prendete l'equazione xt+1=λxt(1-xt), che può descrivere il comportamento di una popolazione... xt può rappresentare Supponete che un individuo adulto della popolazione di una specie di insetti con il pedice che etichetta ogni successiva, discreta generazione. Supponete che in assenza di sovrappopolamento ogni adulto della popolazione t produca λ figli, La popolazione della generazione successiva, xt+1 sarà λxt . Il fattore addizionale (1-xt) rappresenta gli effetti di feedback da densità o sovrappopolazione. La densità della popolazione è scalata in modo che oltre a un livello di sovrappopolazione x=1 va a zero (cioè valori negativi di x corrispondono all'estinzione). All'inizio degli anni '70 tali studi ecologici hanno portato questa importante equazione al centro di diverse discipline scientifiche. Quando λ è minore di 1 la popolazione decresce fino allo 0. Quando λ è maggiore di 1 ma minore di 3 la popolazione si stabilizza. Un uteriore incremento di λ provoca un'aumentata propensione della popolazione a boom quando la densità è bassa e crolli quando è alta.

(l'equazione di cui si parla è l'equazione logistica)

May e questi ecologi attivi a partire dagli anni '70 dello scorso secolo non furono certo i primi ad esplorare questo tipo di dinamiche: tra gli anni '20 e '30 del XX secolo la strada fu aperta da Lotka e Volterra (sistemi preda-predatore) e Kermack e McKendrick - primi a proporre un modello epidemico compartimentale, più volte invocati dal sottoscritto in tempi di COVID quando arrivava lo scienziato da telecamera o da social media a sostenere che senza misure restrittive i casi sarebbero cresciuti all'infinito. Già, perché nella sfilata di oggetti caotici dell'articolo di Sir Robert May oltre alle popolazioni di insetti ci sono battito cardiaco, disfunzioni neurologiche, la contrazione della pupilla e le epidemie.

Mi ricordo bene che al tempo più d'uno classificò tutto questo come obsoleto. Roba vecchia, inattuale, inutile per l'analisi della situazione presente (fosse il morbillo nel 2017 o COVID nel 2020). Come dire che, dati gli anni passati, il modello atomico di Bohr è diventato obsoleto (e in effetti, guardando in giro, parrebbe prioprio questo il caso). In realtà no, non è così: non solo questo approccio continua ad essere usato in ecologia delle popolazioni (per fare un esempio qui), ma continuava ad essere rilevante in tempi di COVID. Però c'è un limite alla permeabilità del pubblico generale e dei decisori verso certi concetti, concetti che richiedono competenze matematiche, che si tratti di funzioni d'onda o di traiettorie nello spazio delle fasi di un sistema dinamico: non è roba pop e non è popolarizzabile senza catastrofiche perdite di significato (due parole al riguardo le spesi qui). Inoltre sia i decisori che il pubblico chiedono alle discipline scientifiche certezze: sì o no, fare questo per ottenere questo effetto. Risposte come "non è calcolabile", "le soluzioni divergono", "vero al 75%" non sono accettabili. Eppure sono esattamente di questo tipo la maggior parte delle risposte inerenti i sistemi a dinamiche non lineari.

Riporterò per l'ennesima volta la conclusione di questo articolo, in originale:

One thing is certain. Biological systems, from communities to and polulations to physiological processesare governed by nonlinear mechanisms. This means that we expect to see chaos as often as we see cycles or steadiness. The message that I urged more than 10 years ago is even more true today: not only in biological research, but also in the everyday world of politics and economics, we all would be better off if more peaople realized that simple nonlinear systems do not necessarily possess simple dynamical properties.

Mi verrebbe da dire, di nuovo, che questa urgenza un quarto di secolo dopo è esattamente la stessa.


mercoledì 23 aprile 2025

CRITICA, RAGIONE E RICORDO: UN REQUIEM PER IL GIORNALISMO

 

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/19/critica-della-ragione-pandemica-tinari-giornalismo/7957844/

L'agonia della democrazia italiana è alimentata da politiche emergenziali che si susseguono senza soluzione di continuità. Una politica emergenziale ha bisogno di un'apparato propagandistico che la maggioranza del giornalismo è sempre stata pronta a fornire. L'impressione è che neanche ci fosse bisogno di chiederglielo.

Lasciando da parte considerazioni usurate e facili da pervertire ("La storia serve a non ripetere gli stessi errori", "La qualità dell'informazione determina la qualità di una democrazia") vorrei solo ricordare che prima della crisi pandemica, ormai quasi dieci anni fa, un tweet di Roberto Burioni o uno di Walter Ricciardi bastava a fare una notizia, così come trenta anni fa un entomologo era diventato l'esperto di OGM per eccellenza. Più che nel cercare le fonti il giornalismo italiano ha una lunga storia nel crearsele su misura, conformi all'hype del momento. E' il meccanismo di creazione dei "competenti" nel sistema mediatico italiano - ed in automatico chi non si allinea all'hype, indipendentemente dalle sue qualifiche, per magia diventa "non competente". Le eccezioni sono rare.

In ragione di tutto ciò, dall'esterno, non stupise che il lavoro di Serena Tinari sui metodi del giornalismo di inchiesta in materia di sanità sia caduto nel nulla: semplicemente non funzionale alla missione della maggioranza del giornalismo che non è informare, ma orientare la pubblica opinione, esattamente come il fact-checking a cui lo stesso giornalismo si è rivolto. 

Di seguito riporto alcuni passi salienti del contributo di Serena Tinari a Critica della Ragione Pandemica, reperibile qui:

Un’ondata inarrestabile. Un esercito di reporter che alla velocità della luce si sono improvvisati esperti in epidemiologia delle malattie infettive, nello sviluppo, approvazione, efficacia e sicurezza di farmaci e vaccini. Tutti diventati esperti in statistica da un giorno all’altro, capaci di interpretare disegni e risultati di trial clinici, consapevoli della pervasività dei conflitti d’interesse nella medicina.
È possibile acquisire una specializzazione in un batter d’occhio, tanto più sotto la pressione di un clima generalizzato di panico? No. E tre anni di copertura mediatica lo dimostrano...

Partivamo da un presupposto: la copertura mediatica della medicina e della salute pubblica riproduce schemi sempre uguali. Ci sono le “news”, semplici copia-incolla dei comunicati stampa, notizie trionfali che celebrano presunti miracoli medici (che chi è del mestiere sa essere rari).
E poi ci sono i “giornalisti scientifici”, che traducono i comunicati di governi, aziende e università in linguaggio comprensibile alle masse. Manca cronicamente la prospettiva e il vaglio critico, soprattutto sull’attendibilità delle affermazioni degli “esperti”. Pensavamo: se trasmettiamo strumenti ai colleghi, lavoreranno meglio. Ci sbagliavamo. Anni di impegno non hanno prodotto risultati...

Possiamo trarre una conclusione: tre anni di crisi si sono trasformati nel requiem del giornalismo: la missione di raccontare una storia dopo averla verificata. Il dovere di confrontare fonti diverse. La necessità di porre domande scomode a chi governa e a chi dalla crisi trae vantaggio...

Il COVID è stato per lo più raccontato da cronisti politici e generalisti, che hanno continuato a “copiare e incollare” dichiarazioni di governo e industria.
Si è diffuso un tragico equivoco: i miei colleghi si sono sentiti investiti di ruoli che non spettano al giornalismo.
Come invocare maggiori restrizioni (“non servirebbe un lockdown in più?”), e farsi megafoni e stenografi di autorità, presunti esperti e aziende farmaceutiche...

L’era COVID ha lasciato il giornalismo con le ossa rotte: da Quarto Potere a porta-microfono.
I comunicati stampa delle aziende in prima pagina, gli amministratori delegati chiamati a pontificare su complesse politiche sanitarie. Verifica? Nessuna...

E mentre molti colleghi amplificavano le conferenze stampa del governo, i “fact-checker” si occupavano del resto.
Come se analisi, prove e verifiche non fossero il sale del giornalismo, a queste figure stravaganti è stato delegato il compito di certificare la Verità.
Nel culto dell’esperto in camice bianco, è nato il ministero orwelliano della “Scienza Vera”...

Un inquietante miscuglio di giornalisti scientifici ed esperti improvvisati, il mondo dei fact-checker pandemici ha visto la collaborazione di governi, ONG, star del giornalismo investigativo, servizi segreti e social media.
Infiniti sono i disastri causati da questa macchina della propaganda che ha creato, gestito e governato la crisi.
Appoggiati dai fact-checker, i giornalisti sono caduti in trappole orchestrate dagli uffici stampa di aziende e governi...

Il vecchio vizio di trovare formule accattivanti è stato fatale al giornalismo, e ha generato mostri: “no vax”, “no mask”, “negazionista”.
Neologismi che hanno diviso la società e sono stati affibbiati anche ad accademici di fama.
Persone riconosciute dalle agenzie regolatorie come danneggiate dai vaccini, etichettate come “no vax”...

Da missione di servizio pubblico, il giornalismo si è trasformato in una macchina infernale per manipolare le masse, alimentando l’odio verso il prossimo.
Tra le creature inquietanti del giornalismo pandemico ci sono i disobbedienti, a cui si possono togliere i diritti fondamentali.
Giornalismo come braccio armato del potere, che demonizza chi fa domande o dissente...

Giornalisti trasformati in censori, giudici, esecutori di sentenze.
Il giornalismo porta a casa da questa esperienza un corteo di errori. Alcuni clamorosi, molti imbarazzanti.
La crisi dei media ne esce aggravata, perché la sfiducia verso un giornalismo che tradisce la propria missione è inevitabile.



lunedì 21 aprile 2025

I CONTI CHE NON TORNAVANO IERI E CHE NON TORNANO OGGI (DA COVID AGLI INCENDI DI LOS ANGELES)

Qualche tempo fa, in calce a questo post, precisavo che CS era venuto fuori al tempo e che da subito raccolse i contributi di persone con lauree "pesanti", di quelle antiche, a cui i conti non tornavano. Sono passati otto anni e quella memoria della rete di cui tanto si parlava si sta dimostrando una memoria a breve termine, la pagina fb CS non esiste più e quindi chi allora non c'era può essersi chiesto di cosa si parlasse (o può aver pensato "Questo lo dice lui!"). Si parlava, per esempio di dispense di statistica per un esame a medicina che esibivano gaussiane non normalizzate, di ostentate correlazioni lineari tra tassi di vaccinazione MPR pediatrici e casi di morbillo nella popolazione intera, oppure di questo:

Questa roba avrebbe dovuto dimostrare che il vaccino antiinfluenzale proteggeva da COVID, pensate un po', e la mia risposta a chi in quel caso per ridere si era rifatto i conti, dichiarando con uno sghignazzo "E' una cubica!", fu: quante volte s'è detto "levategli dalle zampette il software statistico"?

In pratica era l'ennesima dimostrazione che xkcd non doveva inventarsi niente per la sua satira:

 

 

E il punto, quando un articolo veniva molto citato sui media, social o no che fossero, era il più delle volte quello di xkcd: la solidità della statistica non importava, bastava fare un po' di scena, con buona pace del peer reviewing. In che senso? Nel senso che immaginate che si tratti di un articolo che va a finire su una rivista di malattie infettive, pure con buon Impact Factor: i revisori saranno infettivologi o biologi o medici, cioè soggetti senza gli strumenti per valutare la solidità del trattamento statistico (si limiteranno a dare un'occhiata al p-value, con la famosa regoletta farlocca che se è maggiore di 0,05 allora la correlazione è falsa). 

Nota con i dettagli: 

p-value è la probabilità dell'ipotesi nulla, quindi p-value 0,05 vuol dire "vero al 95%". Considerarlo un valore discriminante tra vero e falso significa, per fare un esempio, che "vero al 93,5%" viene tradotto con "falso". In più un p-value basso non implica un R2 alto, cioè in soldoni un buon intervallo di confidenza. Con un p-value basso la significatività del modello è alta ma l'affidabilità delle sue predizioni può essere bassa o nulla - tipo che il modello dice 2, ma poi il valore rilevato sperimentalmente può essere 4 o 0, con un errore che è uguale al valore della predizione.

La statistica può fare acqua ad un'analisi appena più attenta, dicevamo, perché quello che conta è il messaggio. Passano gli anni, cambiano i temi, ma il metodo continua ad essere lo stesso. Per esempio riguardo gli incendi di Los Angeles di gennaio: colpa del cambiamento climatico! Uhm, non proprio, andando a vedere gli intervalli di confidenza:


E qui ci sono le relative precisazioni:

Facile immaginare che ci sarà chi legge saltando i video, quindi ecco il riassunto breve: gli intervalli di confidenza riportati nello studio dicono che i risultati non sono statisticamente significativi, quindi non si dimostra alcuna correlazione tra cambiamento climatico e incendi di Los Angeles a gennaio di questo anno. La comunità dei climatologi lo sapeva perfettamente e non ha detto mezza parola al riguardo. Certo, perché altrimenti certe trenodie di membri di tale comunità sarebbero apparse episodi di infondato, teatrale e stucchevole moralismo.

Dopodichè, a freddo, cioè tre mesi dopo, in Italia chi è che ha rilanciato "Incendi a Los Angeles, è il climate change" senza far seguire un errata corrige? La lista è lunga. Tralasciamo la stampa generalista, che ha rilanciato senza pensare come fa di solito, per guardare alla comunicazione scientifica che ha fatto esattamente lo stesso: Università degli Studi Milano-Bicocca, Le Scienze e via dicendo. Ma non c'è problema, il messaggio era quello giusto. E' colpa mia, Dio mi strafulmini, che non riesco a farmi entrare in testa questa cosa.


giovedì 10 aprile 2025

PAUSA PASQUALE

Un augurio, se non di pace almeno di una tregua pasquale. Questo blog ritorna, con calma, dopo la settimana santa.

CHI SONO? UNO COME TANTI (O POCHI)

Con una laurea in Chimica Industriale (ordinamento ANTICO, come sottolineava un mio collega più giovane) mi sono ritrovato a lavorare in ...